www.associazionemediciendocrinologi.it Breaking news nr. 2 - gennaio 2014 ROMOSOZUMAB NELLE DONNE IN MENOPAUSA CON BASSA DENSITÀ MINERALE OSSEA Responsabile Editoriale Vincenzo Toscano La terapia dell’osteoporosi si basa storicamente sull’uso di farmaci anti-riassorbitivi (bisfosfonati e denosumab) e sull’uso di teriparatide, che ha un’azione osteo-anabolizzante, che produce effetti più evidenti sulla densità minerale, sulla resistenza e sull’architettura ossea. La sclerostina, codificata dal gene SOST, è una glicoproteina secreta dagli osteociti che gioca un ruolo fondamentale negativo nei processi di osteo-formazione, attraverso l’inibizione della proliferazione e dell’attività osteoblastica. Il gene SOST è espresso solamente nel tessuto osseo e ciò rende ragione del fatto che la sclerostina è stata considerata un bersaglio preferenziale nella terapie anti-osteoporotiche, per la ridotta probabilità di effetti collaterali extra-scheletrici (1). Sulla scorta di queste osservazioni è stato prodotto romosozumab, un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro sclerostina che, negli studi di fase 1, si è dimostrato in grado di aumentare la BMD, ridurre il riassorbimento osseo e stimolare l’osteo-formazione (2). Recentemente sono stati pubblicati i risultati dello studio di fase 2 condotto con romosozumab su un gruppo di donne in menopausa con bassa massa ossea (3). Si tratta di uno studio multicentrico, randomizzato, controllato contro placebo, che ha arruolato 419 donne (range 55-85 anni) con T-score compreso fra -2 e -3.5 in almeno uno dei seguenti tre siti ossei: rachide, femore in toto, collo del femore. I criteri di esclusione comprendevano le pregresse fratture, vertebrali e non-vertebrali, tutte le patologie e i farmaci osteopenizzanti, valori di 25(OH)-vitamina D plasmatica < 20 ng/mL e il pregresso uso di bisfosfonati. Le pazienti sono state suddivise in 8 gruppi e randomizzate, in cieco, a ricevere romosozumab sottocute a 5 diverse posologie (mensili di 70, 140 e 210 mg o trimestrali di 140 e 210 mg), ovvero placebo (mensile o trimestrale, sottocute); la randomizzazione dei due gruppi trattati con alendronato (70 mg/settimana) o teriparatide (20 µg/die) era, ovviamente, in aperto. L’end-point primario dello studio era l’incremento percentuale della BMD lombare a distanza di 12 mesi dalla randomizzazione. Gli end-point secondari comprendevano le variazioni della BMD a livello vertebrale e degli altri siti ossei (femore e radio), nonché le modificazioni dei marcatori di turn-over osseo. Tutti i gruppi trattati con un farmaco attivo (romosozumab, alendronato, teriparatide) hanno mostrato un significativo aumento della BMD lombare a 12 mesi (figura), rispetto al gruppo trattato con placebo; l’incremento della BMD era significativamente maggiore rispetto al placebo anche a livello del femore in toto e del collo femorale. Le variazioni della BMD, misurata al III distale del radio non erano, al contrario, significativamente differenti fra i gruppi trattati con romosozumab e, rispettivamente placebo, alendronato o teriparatide. Fabio Vescini ([email protected] ) & Franco Grimaldi SOC Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, AOU S. Maria della Misericordia, Udine A cura di: Renato Cozzi 1/2 www.associazionemediciendocrinologi.it Breaking news gennaio 2014 Il maggiore guadagno, in termini di BMD, è stato osservato nel gruppo trattato con 210 mg/mese di romosozumab, con incrementi medi a 12 mesi, rispetto al basale, pari all’11.3% sulla colonna lombare, al 4.1% sul femore e al 3.7% sul collo femorale. Questi valori erano significativamente maggiori di quelli osservati nei gruppi trattati con alendronato o teriparatide. In tutti i gruppi trattati con romosozumab si è osservato un incremento dei marcatori di osteoformazione che iniziava già dopo 7 giorni dalla somministrazione del farmaco e raggiungeva lo zenit a distanza di 1 mese. I valori tornavano nella norma fra i 2 e i 9 mesi dall’inizio dello studio. Il marcatore di riassorbimento osseo (ß-CTX) diminuiva, rispetto al basale, in tutti i gruppi trattati con romosozumab, a distanza di una settimana dall’iniezione del farmaco. Nei 3 gruppi che avevano ricevuto il farmaco una volta al mese il ß-CTX rimaneva al di sotto del valore basale anche a 12 mesi dall’inizio dello studio. Le variazioni dei marcatori di turn-over osseo indotte da romosozumab differiscono sia da quelle dei farmaci anti-riassorbitivi (diminuzione del marcatore di formazione e di quello di riassorbimento), sia da quelle di teriparatide (incremento del marcatore di formazione e di quello di riassorbimento). Le conseguenze dell’andamento divergente dei marcatori di rimodellamento osseo con romosozumab (aumento della formazione e diminuzione del riassorbimento) confermano quanto osservato nello studio di fase 1 (2) e, secondo gli autori, possono fornire la spiegazione dell’ampio incremento della BMD osservato in questo studio. La transitorietà dell’effetto osteo-formativo non è stata correlata alla comparsa di auto-anticorpi neutralizzanti e, insieme al sostenuto effetto anti-riassorbitivo, rimane ancora non spiegata. A parte una reazione cutanea, di grado moderato, nel sito di iniezione, non sono state rilevate differenze nell’incidenza di eventi avversi fra i gruppi trattati con romosozumab e, rispettivamente, placebo, alendronato e teriparatide. In conclusione, pur in assenza di dati relativi all’incidenza di fratture, romosozumab, in somministrazione sottocutanea mensile o trimestrale, si è mostrato in grado di indurre un rapido e transitorio incremento dei marcatori di neoformazione ossea, insieme ad una moderata e prolungata diminuzione di quelli di riassorbimento e, soprattutto, un marcato aumento della BMD sia rispetto al placebo, sia in confronto con i “comparatori” attivi alendronato e teriparatide. I risultati di questo studio sono molto promettenti e, pur in attesa di conferme in termini di efficacia anti-fratturativa, evidenziano la necessità di nuovi studi per valutare romosozumab nel trattamento dei pazienti con osteoporosi. Bibliografia 1. Baron R, Rawadi G. Targeting the Wnt/beta-catenin pathway to regulate bone formation in the adult skeleton. Endocrinology 2007, 148: 2635-43. 2. Padhi D, Jang G, Stouch B, et al. Single-dose, placebo-controlled, randomized study of AMG 785, a sclerostin monoclonal antibody. J Bone Miner Res 2011, 26: 19-26. 3. McClung MR, Grauer A, Boonen S, et al. Romosozumab in postmenopausal women with low bone mineral density. N Engl J Med 2014, DOI: 10.1056/NEJMoa1305224. 2/2