UTOPIA WEEKLY REPORT
8 maggio 2015
Cameron, l’Europa e le nazioni del Regno
Nel Regno Unito, il Partito Conservatore, il Tory Party, ha vinto le elezioni politiche conquistando la
maggioranza assoluta dei seggi – 331 su 650 – alla Camera dei Comuni. Per Cameron, Primo Ministro
uscente riconfermato a Downing Street, si tratta di un trionfo per certi versi inaspettato. Quasi tutti i
sondaggi della vigilia parlavano di un presunto equilibrio fra le due maggiori formazioni politiche del regno
(Tory e Labour), che avrebbe portato a uno stallo elettorale – il cosiddetto “hung parliament” – superabile
solo con la formazione di una nuova coalizione di governo oppure con il ricorso a un esecutivo di minoranza.
Fra gli sconfitti, il Labour di Ed Miliband perde 25 seggi rispetto ai 258 del 2010; ancora peggio i
LibDem di Nick Clegg, ex alleati di governo di Cameron, che hanno perso cinquanta deputati e l’Ukip di
Nigel Farage, con un solo deputato eletto a Westminster. Tutti e 3 i leader dei partiti sconfitti si sono
dimessi. Balzo dello Scottish National Party di Nicola Sturgeon, che si afferma come terza forza
parlamentare con i suoi 56 deputati, nonostante abbia raccolto voti solamente in Scozia.
Dai risultati emerge la particolarità del sistema elettorale britannico. Lo Ukip, con circa 4 milioni di
elettori raccolti fra Galles e Inghilterra, porterà in Parlamento un solo deputato, contro i 56 dello Snp con 1,5
milioni di voti. Così, assieme al referendum sulla permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione Europea
(confermato per il 2017), è probabile che Cameron finirà per dover riflettere sui rapporti e gli equilibri che
intercorrono fra le nazioni delle isole britanniche.
In Italia, la settimana politica è stata caratterizzata dall’approvazione della nuova legge elettorale e dagli
strascichi della sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il mancato adeguamento delle pensioni
voluto dal ‘Salva Italia’ del Governo Monti nel 2011. Secondo alcuni osservatori, l’Italicum potrebbe avere
un impatto rivoluzionario sulla mappa politica italiana, spezzando l’influenza dei piccoli partiti o delle
minoranze interne sulla stabilità delle compagini di governo.
Secondo i più critici, ciò provocherà l’assorbimento delle formazioni minori all’interno di quelle più grandi
per non correre il rischio di non riuscire a entrare in Parlamento e concentrerà il potere nelle mani dei leader
come mai successo prima nella storia repubblicana. È probabile che l’Italicum finirà per avvantaggiare i
partiti che meglio sapranno parlare all’elettorato centrista, penalizzando sensibilmente quelli posti agli
estremi del panorama politico.
Stando alla Ragioneria generale dello Stato, il costo per le finanze pubbliche della sentenza della Consulta
ammonta a ben 19 miliardi di euro. Un simile aggravio porterebbe il deficit del 2015 al 3,9% del Pil, col
rischio di provocare l’apertura immediata di procedura per deficit eccessivo da parte della Commissione Ue.
È per questo motivo che il Governo, fatto salvo l’impegno rivolto a Bruxelles di rimanere sotto il tetto del
3%, sembra orientato a posticipare a dopo le elezioni regionali di maggio la soluzione della vicenda.
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