LA TELEVISIONE E IL CORPO FEMMINILE di Don Salvatore Rinaldi articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 5 agosto2013 Dalla “Lettera alle donne” di Giovanni Paolo II 1995: “Dopo aver creato l’uomo maschio e femmina, Dio dice ad entrambi: «riempite la terra e soggiogatela» (Gen 1,28). Non conferisce loro soltanto il potere di procreare per perpetuare nel tempo il genere umano, ma affida loro anche la terra come compito, impegnandoli ad amministrare le risorse con responsabilità. L’uomo, essere razionale e libero, è chiamato a trasformare il volto della terra. In questo compito, che in misura essenziale è opera di cultura, sia l’uomo che la donna hanno sin dall’inizio uguale responsabilità. Nella loro reciprocità sponsale e feconda, nel loro comune compito di dominare e assoggettare la terra, la donna e l’uomo non riflettono un’uguaglianza statica e omologante, ma nemmeno una differenza abissale e inesorabilmente conflittuale: il loro rapporto più naturale, rispondente al disegno di Dio, è l’«unità dei due», ossia una «unidualità» relazionale, che consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono arricchente e responsabilizzante”. Le cronache di questi ultimi mesi ci hanno raccontato con dovizia di particolari le vicende di giovani donne minorenni, che si sarebbero offerte a pagamento per prestazioni sessuali di diversa natura.. Alcune ragazze arrivano ancora a considerare la prostituzione con uomini potenti come l’unico mezzo di promozione personale e sociale. Perché alcune ragazze giungono a ritenere che vendere i propri favori sessuali a maschi di successo, nel mondo dello spettacolo così come della politica, sia l’unico modo per realizzare il proprio desiderio di emergere? L’esistenza di questo tipo di realtà non sarebbe certo un fatto nuovo ed è possibile riscontare molti precedenti, in epoche storiche più o meno lontane, di giovani donne che sono state usate dalle famiglie o hanno consapevolmente utilizzato per propria scelta la concessione di favori sessuali per guadagnare denaro e fare carriera. Se la prostituzione con uomini potenti non è una novità, diverso è il momento storico in cui questa, oggi, si realizzerebbe. Esso è caratterizzato nella sostanza dalla progressiva conquista della parità femminile, cioè dal riconoscimento alla donna di tutte quelle prerogative che sono proprie dell’essere umano in sé e del cittadino di una particolare nazione, indipendentemente dal sesso. Siamo quindi oggi, nel mondo occidentale, in una situazione in cui le donne hanno di fronte a sé in misura diversa a seconda delle nazioni, ruoli sociali molto ampi e molto diversificati, che non si limitano alla funzione riproduttiva o a quella sessuale. Si aprono insomma alle donne, non solo in teoria ma sempre più in concreto, strade diverse, creative e di pari dignità rispetto a quelle maschili, ben differenti e lontane da quell’arcaico ruolo che sembra emergere dalle cronache. Per queste ragioni, anche quando questa scelta sia sufficientemente cosciente e libera, essa rimane sul piano personale e sociale una scelta di regressione e non di libertà, poiché imprigiona la donna in un ruolo che appartiene a un passato di subordinazione che le donne occidentali si stanno progressivamente lasciando alle spalle. La televisione italiana e no solo quella commerciale, non è altro che un grande contenitore volto a trasmettere messaggi pubblicitari utili per potenziare i consumi, come afferma ormai il rigido legame tra indice di ascolto e mantenimento di una trasmissione. La pubblicità ricorre con molta facilità all’uso pervasivo dell’immagine sessualizzata del corpo femminile. Nell’esigenza di catturare l’attenzione dello spettatore, distratto più che mai da un rumore di fondo costituito da mille stimoli di ogni genere, il sesso femminile è per molti pubblicitari un facile mezzo per attirare, almeno per un attimo, il potenziale consumatore. L’immagine femminile viene così usata da pubblicitari a corto di idee e di progetti più creativi come strumento utile a pubblicizzare qualunque prodotto: vestiti, auto, profumi, cibo, prodotti bancari e molto altro ancora. La quotidiana visione della pubblicità, non solo televisiva, invia quindi implicitamente ai bambini, sia maschi che femmine, il messaggio che il corpo delle donne e la loro sessualità sono strettamente connessi al possesso e all’acquisto di prodotti di qualunque natura. Non stupisce allora che alcune ragazze, in assenza di modelli pubblicitari, maturino la convinzione che è del tutto legittimo usare il proprio corpo per ottenere dei beni o il denaro che può servire per acquistarli. Per parte loro, i ragazzi si abituano a vedere nelle donne degli oggetti sessuali che, come qualsiasi altro oggetto, possono essere comprati. Che cosa fare di fronte a questa situazione? È necessario agire su diversi fronti. Uno è certamente quello televisivo e pubblicitario, dove gli addetti ai lavori non possono continuare a nascondere le proprie responsabilità accusando i critici di moralismo. il secondo è quello educativo, poiché è indispensabile dare ai giovani gli strumenti per comprendere le manipolazioni a cui la pubblicità li sottopone attraverso l’uso del sesso, per indurli a comprare beni molto spesso inutili. Ad ogni modo, conforta il constatare che il rifiuto di un’immagine femminile ridotta a puro ruolo sessuale sta emergendo in strati sempre più ampi della popolazione femminile italiana, che esprime ormai apertamente il proprio dissenso nei confronti di tale modello. Le donne, sia per il loro numero sia per il loro diretto interessamento, possono agire in modo efficace per arginare il diffondersi di un’immagine che si ritorce contro di loro e che le imprigiona in un passato che oggi sarebbero davvero possibile lasciarsi alle spalle.