ARISTOFANE (gr. Aristophánes, lat. Aristophanes) Cenni biografici Del commediografo piú famoso dell’età antica sono scarse o quasi nulle le notizie biografiche: nato ad Atene intorno al 445 a.C., esordí come autore di commedie nel 427 a.C. con i Banchettanti (ma di questo dramma, come dei Babilonesi dell’anno successivo, non fu però ‘corodidàscalo’, cioè regista) e ben presto incorse nelle ire del maggior esponente di quella democrazia post-periclea che fu tra i principali bersagli della satira di Aristofane: il politico Cleòne, secondo una testimonianza antica, avrebbe tratto in accusa il poeta per aver diffamato la città dinanzi a un pubblico che comprendeva anche numerosi cittadini delle città alleate. In séguito, assumendo in proprio anche la regia dei drammi, presentò sulle scene attiche almeno 40 commedie, risultando spesso vincitore nelle competizioni poetiche delle feste Lenee (meno fortunata, ma non meno prolifica, la sua partecipazioni alle Dionisie) e finendo per essere considerato, già in vita, il piú grande commediografo dei suoi giorni. Sappiamo che le ultime pièces di Aristofane (il Cocalo e l’Eolosicone) furono rappresentate postume per le cure del figlio Araros, dopo la morte del poeta nel 385 a.C.: sicché la sua vita segna un arco cronologico che copre non solo i principali eventi politici del V secolo a.C., dall’apogeo alla crisi dell’Atene democratica, ma anche i piú importanti fenomeni culturali dell’epoca, dall’avvento della sofistica e del socratismo (che Aristofane non seppe o non volle distinguere, mettendo in crisi cosí uno dei capisaldi della ricostruzione storicofilosofica moderna), alle articolate evoluzioni (euripidee e post-euripidee) della drammaturgia attica, di cui egli fu aspro critico, ma anche – in molti aspetti della sua produzione – sapiente maestro. Le opere Sotto il nome di Aristofane erano giunte agli Alessandrini 44 commedie, di cui 4 erano unanimemente considerate spurie; di tale corpus sono sopravvissute – isolata e preziosissima eccezione nel panorama della commedia antica – 11 commedie integre. In ordine cronologico: gli Acarnesi (primo premio alle Lenee del 425 a.C.), i Cavalieri (primo premio alle Lenee del 424 a.C.), le Nuvole (battute dai drammi di Cratino e Amipsia alle Dionisie del 423 a.C.: la versione che è giunta sino a noi è una rielaborazione risalente con ogni probabilità al 421-418 a.C.), le Vespe (primo premio alle Lenee del 422 a.C.), la Pace (secondo premio alle Dionisie del 421 a.C.), gli Uccelli (secondo premio alle Dionisie del 414 a.C.), la Lisistrata (411 a.C.: incerti esito e contesto agonale), le Donne alle Tesmoforie (411 o 410 a.C.: incerti esito e contesto agonale), le Rane (primo premio alle Lenee del 405 a.C.), le Donne all’assemblea (391 a.C.: incerti esito e contesto agonale), il Pluto (388 a.C.; incerti esito e contesto agonale). Fasi della produzione aristofanea Fra gli studiosi è invalso l’uso di dividere la produzione aristofanea in tre fasi: la prima, dagli esordi sino alla Pace del 421 a.C., intonata a un vivace impegno politico e a un’inesausta satira del malcostume demagogico contemporaneo, con vibranti accuse personali (il famoso onomastí komo(i)dêin, «sfottere per nome») e con un’assoluta prevalenza della tematica civile, che è considerata la cifra piú caratteristica di tutta la cosiddetta ‘commedia antica’ o archáia (anche se siffatto stile satirico è nato nella generazione precedente Aristofane, e in funzione eminentemente anti-periclea). La seconda fase, che va dagli Uccelli alle Rane del 405 a.C. (considerata spesso la data finale dell’archáia), segna il progressivo prevalere di tematiche fantastiche o apertamente utopistiche sull’originario realismo e sul programmatico interventismo politico della commedia aristofanea: ha inizio cosí quella poetica dell’evasione e del disimpegno che darà i suoi frutti nella terza fase, posteriore al 405 a.C. (e dunque alla fine della guerra peloponnesiaca) e tale da annunciare ormai temi e stile della cosiddetta ‘commedia di mezzo’, con la sua rinuncia definitiva all’impegno civile e il suo ripiegamento su soluzioni di comicità utopica o su trame svincolate da ogni diretto o men che generico aggancio con la realtà contemporanea. Gli studiosi si sono a lungo interrogati sulle cause di tale evoluzione: scelte consapevoli di poetica (già nelle Nuvole Aristofane si scaglia contro la satira politica stereotipata e ormai stucchevole dei suoi rivali) oppure scelte dettati dalle mutate condizioni politiche e sociali. Non si deve però minimizzare il rilievo politico che i drammi aristofanei assumono anche dopo il presunto spartiacque del 421 a.C.: gli Uccelli alludono senza troppi veli alla vicenda scandalosa e scottante degli Ermocopidi (un famoso scandalo che travolse fra gli altri Alcibiade nel 415 a.C.); la Lisistrata prefigura (o forse commenta per via allusiva) il clima da golpe imminente che non tardò a concretizzarsi nell’impresa dei Quattrocento; e ancora le Rane difendono l’impegno civile e politico del poeta come massimo criterio di apprezzamento estetico. Le ultime commedie di Aristofane – su questo non vi è dubbio – segnano invece la definitiva vittoria dell’utopia e del disimpegno sul realismo e sul diretto engagement dell’artista, con importanti ricadute sulla stessa tecnica drammaturgica (lo spazio sempre minore riconosciuto al coro, in passato autentico protagonista della paràbasi, cioè di quella sezione drammatica in cui la finzione scenica veniva interrotta e il pubblico interpellato direttamente su alcune delle piú urgenti questioni sociali e politiche). L’ideologia aristofanea Al di là della loro evoluzione, le commedie di Aristofane restituiscono l’immagine di un convinto conservatore, che mena vanto del passato e si fa paladino (ma anche ironico osservatore) di quel ceto sociale che si riteneva il nucleo piú antico e piú sano della società ateniese: il piccolo proprietario terriero, con le sue debolezze e le sue tradizioni radicate nell’ideologia della democrazia prima di Pericle. Di qui i costanti obiettivi polemici degli strali aristofanei: da una parte la democrazia post-periclea, ritenuta corrotta e guerrafondaia, dell’ultimo venticinquennio del V secolo a.C. (ma anche il ‘pacifismo’ di Aristofane non è che una forma della sua avversione alla democrazia mercantile, affaristica e imperialistica), dall’altra i rappresentanti delle nuovi correnti intellettuali: i sofisti, Socrate, e sul piano della produzione teatrale Euripide e i suoi seguaci. Pure, delle ricerche intellettuali e artistiche che Aristofane derise e parodiò per tutto l’arco della sua produzione, egli si mostra a larghi tratti un partecipe e spesso geniale conoscitore. Ritenuto già da vivo uno dei massimi esponenti della poesia comica, e sin dagli Alessandrini il piú grande commediografo attico, dai moderni Aristofane è considerato uno dei piú importanti autori di tutta l’antichità greco-latina. Se è impossibile riassumerne le ragioni, è sufficiente qui richiamare l’eccezionalità dell’impegno politico-ideologico (che offre ampia documentazione sulla vita sociale e culturale del periodo), la straordinaria ricchezza linguistica (spesso testimonianza privilegiata del ‘parlato’ attico), l’immensa varietà di soluzioni comiche (dalla parodia alla trivialità, dall’ironia sottile alla satira esplicita, dal gioco letterario alla caricatura dei tipi sociali piú caratteristici). Tutta la commedia occidentale, fino ai giorni nostri, gli è, in un modo o nell’altro, debitrice.