Depressione post-partum nei papà - La consulenza psicologica, è

Pianoterra445
Associazione di Psicologia
Depressione post-partum dei neo-papà
Dott. Piero Caponeri
Indice
Premessa
pag.
3
Quando nasce un figlio
pag.
4
Il periodo Post-Partum
pag.
6
Aspetti della Depressione Post-Partum
pag.
7
Depressione Post-Partum nell’uomo
pag.
9
Interpretazione psicodinamica
pag.
14
Conclusioni
pag.
16
Bibliografia
pag.
17
2
PREMESSA
Parlare oggi di famiglia significa addentrarsi in un territorio complesso e
implica necessariamente confrontarsi con grandi trasformazioni che la nostra
società ci impone.
Stiamo passando da una famiglia che fino a poco tempo fa era una famiglia
patriarcale, con tradizioni forti, condivise, dove l’uomo era al vertice e capo
indiscusso, a una famiglia dove i ruoli genitoriali non hanno più confini; inoltre,
viviamo in una società che plasma costantemente e in modo complesso gli
individui.
Il ruolo delle donne è completamente cambiato; investono in percorsi di studi,
raggiungono posizioni importanti di successo e spesso, per motivi pratici e di
necessità, coinvolgono l’uomo nella cura dei figli.
Questi cambiamenti all’interno della coppia implicano cambiamenti forti tra le
parti e l’uomo si trova, in un certo senso, “obbligato” a modificare il suo ruolo
al fine di essere di supporto alla propria compagna sia nei lavori quotidiani sia
come sostegno emotivo nel periodo successivo al parto condividendo così,
anche problematiche tipiche delle donne come la depressione post-partum.
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QUANDO NASCE UN FIGLIO
La nascita di un figlio è un evento importante, soprattutto in questi tempi; una
sfida impegnativa, straordinaria che segna un passaggio importante dove la
donna diventa madre e l’uomo padre.
Il neonato porta un cambiamento radicale nella coppia di elementi senz’altro
positivi ma anche negativi come ansia, senso di inadeguatezza e spesso
problemi di tipo economico.
Le abitudini apprese devono essere cambiate; il centro del mondo si identifica
con il bambino e spesso, quei ruoli che si apprendono in modo istintivo, di
fatto poi non sono così scontati ed intuitivi.
Alcuni autori evidenziano che la maternità sia un fatto naturale, biologico
mentre la paternità sia un fenomeno sociale fortemente condizionato dalla
cultura; tuttavia anche il ruolo di madre deve essere accettato e riconosciuto
sia per quanto riguarda gli aspetti cognitivi che affettivi.
La scelta di avere un figlio dovrebbe essere determinata da una serie di
motivazioni proprie, da un livello di maturità che la donna, ma anche l’uomo,
pensano di aver raggiunto tuttavia, non basta la motivazione, di fatto servono
anche altri fattori come una sicurezza occupazionale, una relazione stabile di
coppia, l’età biologica giusta; spesso invece, le motivazioni di una donna
prevalgono su decisioni prese da parte degli uomini e ciò potrebbe
determinare in futuro contrasto poiché un figlio non è sinonimo di maggiore
accordo di coppia.
La scelta di un figlio fa sperimentare sia nell’uomo sia nella donna un grande
entusiasmo ma nello stesso tempo obbliga la ristrutturazione delle proprie
abitudini cosa non sempre facile da ottenere; i partner devono ripensarsi in un
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ruolo diverso e vivere una dimensione diversa di rapporto con probabili
oscillazioni e sensi di colpa che tuttavia devono imparare a gestire.
Insieme al desiderio di diventare genitori, si innescano quindi una serie di
preoccupazioni, ansie, fatiche e dubbi, che se non supportati da un idoneo
ambiente possono generare problemi che potrebbero deteriorare il rapporto di
coppia.
Oggi le future madri frequentano corsi di pre-parto, leggono libri dedicati
all’insegnamento della cura dei propri figli, ma poco si racconta su aspetti
legati all’importanza del ruolo materno riguardo il legame madre-bambinopadre (Triade) o su aspetti che potrebbero riguardare stati depressivi postpartum e, nell’eventualità di insorgenza, su come affrontarli.
La nostra società apparentemente perfetta, implica che anche le future
mamme debbano essere madri perfette e quando qualcosa non va si
percepiscono come madri cattive, fallite nel loro ruolo e questi fallimenti ed
errori, spesso percepiti nella cura del bambino, possono rinforzare il
sentimento
di
scarsa
autostima,
generare
tristezza,
disperazione
incrementando il rischio di depressione post-partum.
In tutto questo il padre dove è?
Lo spazio concessogli è poco o nullo; probabilmente ciò è dovuto alla nostra
cultura in cui il rapporto padre-figlio è considerato un rapporto “a divenire”, da
prendere in considerazione successivamente in quanto l’uomo non ha quello
che viene definito “l’istinto materno”.
Nel passato la paternità era vista più come un insieme di obblighi morali che
come condizione biologica e soddisfazione psicologica per lui stesso e per il
proprio figlio.
Oggi, dopo molti anni, si comincia a vedere i padri non solo nel loro ruolo di
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lavoratori, ma anche nel ruolo attivo nel quale si prendono cura della propria
creatura formando la cosiddetta “triade” con la madre e il bambino.
Il bambino diventa per la madre il centro dell’attenzione e spesso i padri si
sentono esclusi da questa diade; quello che ormai sembrava consolidato
viene interrotto e disgregato da dubbi; i quesiti emergono all’improvviso
creando incomprensioni, stanchezza e minore comunicazione di coppia.
IL PERIODO POST-PARTUM
E’ un periodo molto delicato per le neo-mamme sia dal punto di vista fisico che
mentale in cui è facile “sentirsi diverse”, scombussolate e resistenti verso tutto
persino dal punto di vista sessuale; anche l’allattamento rappresenta sotto
certi aspetti un ostacolo in quanto la madre si adatta alle richieste del bambino
e quando può recupera le energie che le sono state sottratte, inoltre vi è una
preoccupazione riguardo il corpo il quale ha subito modifiche e dovrà ritornare
il più possibile uguale alla precedente situazione.
Spesso gli uomini non condividono questi tempi di ripresa e non si adattano
alle nuove esigenze manifestando un probabile minor interesse sessuale
probabilmente anche per un risentimento di gelosia verso la coppia madrebambino o a causa di un possibile trauma vissuto nell’ essere presenti al
travaglio e parto della propria compagna.
Ricerche importanti hanno dimostrato che la diminuzione dei rapporti sessuali
è spesso causa di insoddisfazione coniugale non solo da parte degli uomini,
ma anche dalla parte delle donne che tra l’altro, devono mediare anche il
conflitto tra donna/madre.
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ASPETTI DELLA DEPRESSIONE POST PARTUM
Il termine depressione si riferisce a una sofferenza psichica che include
sintomi sia fisici che psicologici; l’aspetto principale riguarda l’abbattimento del
tono dell’umore e può manifestarsi come unico episodio oppure a volte, si
cronicizza in un vero e proprio disturbo depressivo maggiore con grosso
impatto sulla quotidianità della vita.
I sintomi sono di tristezza, apatia, sensazioni di incapacità a svolgere qualsiasi
ruolo; la sensazione che si prova è che tutto sia senza senso.
L’autostima si appiattisce e insorgono grandi sensi di colpa e di
autosvalutazione.
La vita perde di senso e non si ritrova nessun piacere nelle attività quotidiane;
emerge una forte ansia, vi è insonnia e la persona può arrivare fino al punto
da favorire l’innescarsi di pensieri di morte.
Brooke Shilds in “E poi venne la pioggia” racconta il suo viaggio attraverso la
depressione post-partum:
"All'inizio pensavo semplicemente di essere esausta, ma poi sono stata
travolta da una violenta sensazione di panico che non avevo mai provato.
Rowan continuava a piangere e temevo il momento in cui Chris me l'avrebbe
riportata. Mi è venuta una specie di nausea, e sentivo come una morsa che mi
stringeva il petto. Non avevo l'ansia che di solito accompagna le crisi di
panico, ma avvertivo un senso di catastrofe.
Seduta sul letto pressoché immobile, ho emesso un lamento sordo, profondo.
Non è che fossi nervosa o avessi voglia di piangere, come mi avevano detto
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che sarebbe potuto succedere, ciò che provavo era una tristezza
profondissima, sconfinata, che credevo non sarebbe mai passata. "
Quindi, per depressione post-partum si intende un disturbo di tipo depressivo
che comincia il suo esordio dopo la nascita del bambino.
Si parla di depressione post-partum se l’esordio ha inizio entro le prime
quattro settimane successive al parto anche se ci sono casi, che si sviluppano
anche dopo due tre mesi con picchi di nuova insorgenza anche dopo sei/otto
mesi.
Il disturbo in genere può colpire dal 10 al 15 % delle madri dove sintomi come
il pianto, labilità dell’umore, ansia disturbi del sonno rappresentano i sintomi
più importanti e comunque va distinto dalla psicosi post-partum la quale
rappresenta un disturbo psichiatrico più grave ma anche molto più raro che di
solito si manifesta nella prima settimana dopo il parto.
I fattori di rischio vanno ricercati nelle molteplici cause sia di tipo biologico ma
anche di tipo psicologico e sociale.
Le ricerche si sono concentrate verso fattori di rischio probabilmente più
importanti e cioè: di tipo biologico come i cambiamenti ormonali, ma anche di
tipo
psicologico
e
psicosociali
in
quanto
anch’essi
rappresentano,
specialmente in questo momento di grossi cambiamenti sociali e culturali,
aspetti determinanti riguardo l’attivazione dei sintomi.
Molti studiosi sono concordi nell’individuare come fattori stressanti, problemi di
tipo economico, carenza di sostegno in ambito familiare, eventuali lutti e
divorzi quali cause che attivano la comparsa dei sintomi depressivi.
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Per questi motivi sono da tenere in considerazione l’importanza delle risorse
sia personali ma anche di tipo ambientale, che la persona ha a disposizione
per affrontare gli aspetti negativi che sono causa della sintomatologia
depressiva.
Naturalmente ci sono diversi punti di vista riguardo gli effetti scatenanti; alcuni
sostengono per esempio l’importanza del partner come figura fondamentale di
sostegno, altri invece sostengono l’ininfluenza di questo in quanto anche il neo
padre, si trova in un momento di difficile cambiamento per cui difficilmente si
può contare nel suo apporto.
DEPRESSIONE POST PARTUM NELL’UOMO
I sintomi come nel caso della depressione post-parto femminile, sono ansia
senso di colpevolezza immotivati, paura, panico, senso di inadeguatezza e
inefficacia rispetto agli eventi, insonnia, crisi di pianto e pensieri autodistruttivi.
Una ricerca condotta in Inghilterra da parte di due psichiatri (Trethowan e
Conlon) e realizzata su un campione di 327 mariti, dimostrava come un futuro
padre su 9, circa l´11% del campione, manifestasse sintomi particolari quali
perdita di appetito e nausea; gli stessi disturbi che sopravvengono nella donna
durante la gravidanza.
I due ricercatori definirono il disturbo “sindrome della couvade” (serie di rituali
che nelle società tribali riassorbivano in maniera indolore i disagi legati al
passaggio di stato verso la paternità) e la interpretarono come una forma di
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somatizzazione dei disturbi dei quali soffrivano le mogli in attesa e indotta nei
papà a causa della situazione d´ansia che sperimentavano a causa del grande
cambiamento.
Sicuramente gli uomini non devono fare i conti con gli ormoni i quali invece
incidono sull’umore della neo mamma, ma per il resto si prendono nella sua
totalità il pacchetto completo di un nuovo ruolo genitoriale depressione
compresa.
Fino ad oggi quasi tutte le ricerche si sono incentrate sulla figura della madre
e sul suo ruolo nel rapporto con il bambino.
La paternità è stata per lungo tempo vista come un ruolo prevalentemente di
supporto economico e in parte disciplinare mentre il ruolo materno è stato per
secoli definito “un istinto”; solo ultimamente si è presa in considerazione “la
triade” famigliare come una necessità imprescindibile per un sano sviluppo
psico-fisico del bambino e per una buona relazione affettiva familiare
reciproca.
La paternità cosi ha visto incrementare la sua importanza e soprattutto la sua
attenzione da parte di molti studiosi.
Questo maggiore interesse è scaturito dal progressivo aumento di separazioni
e divorzi, da un maggiore scambio di ruoli da parte delle donne verso il
mercato del lavoro, ma anche da fattori che coinvolgono i padri nella divisione
dei lavori domestici e nella cura dei figli.
Alcuni studi condotti in Italia hanno dimostrato l’importanza del ruolo che il
padre svolge nello sviluppo del bambino (Dell’Agnese & Ruspini, 2007); di
fatto, è stato rilevato che l’investimento emotivo del padre nella cura del
bambino è correlato ad una buona salute del bambino, al suo sviluppo
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cognitivo e alla sua competenza sociale, ma soprattutto svolge una funzione di
controllo emotivo regolando la qualità dell’attaccamento madre-bambino.
Solo recentemente la società ha cominciato a sostenere che la genitorialità è
un’impresa condivisa sia dalle madri che dai padri contribuendo così a
restituire
al
padre
quell’immagine
di
autorevolezza
che
l’avevano
caratterizzato in passato; uno dei segnali di cambiamento è la partecipazione
del padre alla gestazione, alla nascita e la sua presenza in sala parto, grazie
anche all’incoraggiamento da parte delle figure professionali e ai vari servizi
per l’infanzia.
Tuttavia nonostante cambiamenti alcune ricerche hanno evidenziato che il
disturbo DPP non riguarda solamente le neo-mamme ma anche circa il 10 %
dei padri i quali soffrono di questo disturbo.
La differenza, almeno sempre secondo il punto di vista di alcuni studiosi,
sarebbe da ricercare nei fattori psicologici dove lo stato depressivo sarebbe
indotto dall’altro partner depresso che farebbe vivere una relazione di coppia
conflittuale.
Di sicuro ci sono anche altre cause non ultimo, problemi legati alla perdita del
lavoro i quali influiscono in modo importante nello scatenare i sintomi
depressivi.
Naturalmente il DPP non riguarda solo la coppia padre-madre ma coinvolge
anche il bambino dove i figli di genitori depressi, sono portati a sviluppare
problemi comportamentali e soprattutto disturbi emotivi tra i 3 e 5 anni.
Anche studiosi come Deater‐ Deckard et al. (1998) sono concordi
nell’ipotizzare che la relazione tra DPP materna e paterna dipenderebbe dal
fatto che vivendo insieme lo stato depressivo questo, influisca direttamente
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sull’uno e sull’altro rinforzandosi a vicenda; altri invece riconoscono come
fattore precipitante un basso controllo individuale e vivere con bassa
gratificazione sociale la propria esistenza (Leathers, Kelley & Richman, 1997)
dove lo stress agisce determinando una insoddisfazione coniugale
compromettendo il benessere di tutta la famiglia.
Studiosi come Matthey e Barnett (1999) hanno ipotizzato che, mentre la
donna durante la gravidanza frequenta i corsi preparto e dopo la nascita ha
una ricca rete informale che può sostenerla (amici, madre, suocera) e servizi
con cui può entrare in contatto grazie al bambino, l’uomo non avendo le
medesime opportunità della donna ha meno possibilità di prepararsi alla
paternità in modo adeguato e spesso, non può contare su nessun aiuto.
Questa mancanza di preparazione porterebbe l’uomo a non condividere le
attività di cura e domestiche con la propria partner provocando un decremento
della soddisfazione della relazione di coppia.
E’ evidente come il ruolo del padre nella vita del bambino appena nato e nel
rapporto con la propria compagna stia cambiando sia in Italia e nel resto del
mondo
occidentale;
i
futuri
padri
partecipano
ai
corsi
pre-parto,
accompagnano le partner alle visite, le assistono in sala parto, fungono da
importante supporto influenzando positivamente la compagna soprattutto dopo
il parto, ma solo recentemente si è cominciato a parlare di depressione postpartum nei papà (Ballard & Davis, 1996; Paulson et al., 2006) e degli effetti
che può avere anche sul comportamento e sullo sviluppo emotivo del bambino
(Ramchandani et al., 2005).
Il Dott. Alberto Pellai medico ricercatore presso il Dipartimento di Sanità
Pubblica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano nel
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2007, dimostra come questo problema sia molto diffuso anche nel nostro
territorio.
E’ stato somministrato un questionario ai neo‐ papà subito dopo la nascita del
bambino in quattro ospedali diversi nel Nord‐ Ovest d’Italia.
Le domande sottoposte ai padri riguardavano il proprio stato di salute
psicologica durante la gravidanza, le conoscenze relative alle competenze del
neonato, lo stato di salute della madre dopo il parto, partecipazione ai corsi
preparto, le preoccupazioni sul futuro ruolo di genitore, domande sui ruoli di
genere, il supporto della rete amicale.
Dalle risposte date sono emerse ancora oggi, forti convinzioni e opinioni
influenzate da stereotipi legati all’identità di genere.
Solamente la metà del campione è consapevole che la nascita del bambino
influenzerà profondamente il suo modo di trascorrere il tempo libero; inoltre
sono molti che ignorano il fatto che le loro compagne probabilmente andranno
incontro a possibili difficoltà fisiche e psicologiche.
La ricerca rileva che il 27% degli uomini dichiara di avere avuto durante la
gravidanza problemi di sonno dovuti alle preoccupazioni del nuovo ruolo di
padre, e solamente il 50% dichiara di aver avuto il sostegno da parte di amici
o parenti amici.
Da questi risultati si intuisce l’esigenza di promuovere interventi e progetti al
fine di rendere più consapevole il ruolo della paternità e delle difficoltà a cui
possono andare incontro lui, la propria partner e di conseguenza il bambino.
Questo tipo e altri esempi di valutazioni ancora oggi non sono sostenute ed
incentivate in Italia e ancora si da poca importanza alla “Triade” come
condizione essenziale per la coppia e soprattutto per il benessere psico-fisico
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del bambino.
Interpretazione psicodinamica
L'interpretazione psicodinamica della paternità rievoca nel neo-padre il ricordo
esatto di quando lui era inserito nella posizione triangolare nel rapporto con i
propri genitori, ma la differenza è che questa volta, le posizioni dei genitori
sono sostituiti dalla moglie e dal bambino; ma in questo secondo triangolo si
riportano tutte le specifiche esperienze che il neo-padre ha vissuto come figlio
nel primo triangolo dove la moglie viene vissuta come madre che dedica tutte
le sue attenzioni al bambino privando il compagno dell'amore.
Questo sentimento è tanto più evidente e tanto più conflittuale quanto più nel
rapporto di coppia la donna (moglie) gioca un ruolo materno nei confronti del
proprio uomo soddisfacendo così i suoi bisogni di dipendenza; la dipendenza
però nel neo-padre viene vissuta come frustrante perché generà in lui senso
di inferiorità reso ancora più forte dal fatto di vedere, la capacità della donna di
essere gravida, di partorire e allattare e ciò suscita in lui sentimenti di invidia e
gelosia verso la parte generatrice femminile sentita come onnipotente in
quanto ha la capacità di procreare a dispetto di lui.
Per questo nascono conflitti, sicuramente mossi dalla rivalità e che prendono
origine prima di tutto, da identificazioni femminili dell'uomo.
Quindi, da una parte il padre, con l'arrivo del figlio, risperimenta la propria
nascita e infanzia regredendo con il proprio pensiero, il che dovrebbe fargli
comprendere i bisogni del bambino, dall'altra invece lo stesso bambino lo
separa dalla moglie-madre, riattualizzando così il suo antico rapporto con i
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suoi genitori.
A rinforzare questa conflittualità spesso interviene quel ripiegamento emotivo
su sé stessa che la donna opera in maniera narcisistica durante la gestazione
privando l'uomo della libido oggettuale che precedentemente invece era rivolta
verso di lui.
Queste situazioni creano nell'uomo un senso di insicurezza circa le sue
"competenze" anche di tipo sessuali e spesso si osserva una interruzione o
diminuzione dell'attività sessuale durante il periodo della gravidanza anche per
il timore di nuocere al bambino.
Con la nascita di un figlio si riattualizzano tre generazioni: quella del nonno,
del padre e del figlio e se da un lato, il padre teme di essere punito da suo
padre per aver realizzato dei desideri proibiti, dall'altro teme che il figlio nutra
verso di lui i suoi desideri.
Tuttavia da questo coinvolgimento scaturiscono aspetti anche positivi; questa
identificazione dell'uomo con il padre comporta l'orgoglio per la propria virilità,
così finalmente egli può assumere quel ruolo tanto desiderato di sentirsi sia
protettore che provvidente verso tutti i bisogni della famiglia e questo in parte,
contribuisce a “ridare” quella giusta onnipotenza che aveva perduto
precedentemente dopo la nascita del proprio figlio.
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Conclusioni
La depressione maschile scatenata dall´arrivo di un figlio resta ancora un
fenomeno poco comprensibile.
La nascita è un momento di grande gioia, ma non sempre è così; nella società
moderna il sesso forte diventa un remoto ricordo, e se le donne vivono grandi
disagi, i maschi soffrono enormi debolezze.
Molte situazioni di difficoltà sono legate allo stress e quindi alla difficoltà di
adattamento; molti padri sono impreparati riguardo il nuovo ruolo e pochi sono
consapevoli riguardo le trasformazioni della donna durante e dopo l
gravidanza.
Lo stress gioca un ruolo fondamentale in questa delicata situazione famigliare,
ma non solo in questa; bisogna quindi cercare di curarlo attraverso tecniche di
rilassamento ma anche attraverso un’attività di pensiero necessaria per
riflettere riguardo nostri lati umani, i nostri limiti e soprattutto per riconoscere il
giusto senso e valore della vita.
Tuttavia l’obiettivo rimane comunque quello della prevenzione attraverso
un’esatta informazione; bisogna quindi cercare di utilizzare strumenti adatti
allo scopo, alla popolazione e di conseguenza alla cultura di appartenenza e
soprattutto, non bisogna farsi degli scrupoli nell’utilizzare sia la rete amicale,
che istituzionale quando ci si trova davanti a momenti di difficoltà.
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Bibliografia
- Ballard, C.G. and Davis, R. (1996). Postnatal depression in fathers.
International
Review of Psychiatry, 8 (1).
- Brooke Shields (Autore) “ E poi venne la pioggia” - E. De Medio
- Deater‐ Deckard, K., Pickering, K., Dunn, J.F., Golding, J. and the Avon
Longitudinal Study of Pregnancy and Childhood Study Team (1998).
- Dott. Alberto Pellai medico ricercatore presso il Dipartimento di Sanità
Pubblica Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano nel 2007
- Leathers, S.J., Kelley, M.A. and Richman J.A. (1997). Postpartum depressive
symptomatology in new mothers and fathers: parenting, work, and support.
- Jou Ramchandani, A.S., Evans, J., O’Connor, T.G. and the ALSPAC study
team,
(2005). Paternal depression in the postnatal period and child development: a
prospective population study.
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