02|03.13 Copertura dei rischi valutari Dossier Copertura valutaria in un contesto di portafoglio internazionale Rubrica Copertura valutaria a tutti i costi? Equity Global Un rendimento da dividendi remunerativo per favore! Indice La frutta viene confezionata a dovere per evitare danni. Asset Allocation Le cose non saranno più così semplici Outlook 4 5 Macro Global Gli effetti del «taglio dei tassi verbale» si avvertono tuttora 6 Equity Global Un rendimento da dividendi remunerativo per favore! 8 Dossier Copertura valutaria in un contesto di portafoglio internazionale 12 Rubrica Copertura valutaria a tutti i costi? 18 Real Estate Investimenti immobiliari internazionali offrono vantaggi significativi di diversificazione 21 Alternative Investments Sfruttare la liquidità – utilizzando alternative liquide per ottimizzare la performance del portafoglio 23 Trends 02|03.13 Editoriale Robert Parker Head Strategic Advisory Group, Member of the Global Investment Committee Cari lettori, le opportunità d’investimento sono un elisir per i mercati finanziari. Ma le opportunità sono sempre accompagnate da rischi, ad esempio i rischi di corso o quelli legati ai tassi. Sulla scia dell’orientamento sempre più globale degli investimenti di capitali, assumono crescente importanza anche i rischi di cambio. L’attuale edizione di «Trends» tratta in maniera approfondita il tema dell’esposizione valutaria dei portafogli con orientamento internazionale. Il nostro «Dossier» ospita considerazioni di carattere strategico su questo argomento. Prendiamo comunque in esame anche gli aspetti tattici connessi alla gestione di patrimoni in valuta estera e illustriamo le caratteristiche distintive delle strategie orientate ai dividendi, oltre a proporre i consueti articoli dedicati ai mercati tradizionali e alle tendenze attuali. Ci auguriamo che il presente numero possa fornirvi nuovi spunti di riflessione e idee d’investimento. Cordiali saluti Robert Parker Head Strategic Advisory Group, Member of the Global Investment Committee | 3/28 Trends 02|03.13 Asset Allocation Le cose non saranno più così semplici Patrick Bucher, Investment Strategy Il 2012 è stato un anno positivo per gli investimenti. Le previsioni della maggior parte degli analisti sono state superate. Eccezionalmente, hanno messo a segno ottimi rendimenti tutte le categorie d’investimento – dai titoli di Stato alle azioni passando per gli immobili. Gli unici a sbagliare completamente approccio, quindi, sono stati coloro che hanno scelto di astenersi del tutto dagli investimenti. Quest’anno si prevede che le cose non saranno più così semplici. Pertanto torna ad acquisire importanza la giusta asset allocation. Nel 2013 la situazione macroeconomica non dovrebbe cambiare in misura sostanziale. Le banche centrali continuano a mantenere la propria politica dei tassi bassi per alimentare la crescita, finora giudicata insufficiente. Almeno nel mondo sviluppato, però, l’espansione congiunturale dovrebbe restare alquanto circoscritta. Le ragioni vanno ricercate nella costante pressione ad adottare misure di risparmio statale e nella reticenza delle imprese a esporsi a investimenti. Di conseguenza, restano per il momento limitati anche i rischi d’inflazione, per cui i tassi rimangono ancorati a una quota prossima allo zero non soltanto dal punto di vista reale, ma anche nominale. A causa di tali fattori, gli investitori si sentono sotto pressione. Se è vero che ne- gli ultimi anni è stato possibile migliorare i rendimenti alla scadenza dei titoli di Stato, sempre più ridotti, mediante utili di corso, in futuro questi ultimi sono limitati già soltanto in termini matematici, se si escludono rendimenti negativi anche per i titoli a più lunga scadenza. Ma anche i titoli aziendali non fruttano guadagni molto più alti. Ciò costringe, all’interno dello spettro d’investimento, a spingersi maggiormente in direzione del rischio. L’ondata di liquidità sta per così dire investendo una categoria d’investimento dopo l’altra. Vicini alla prossima bolla? A detta degli scettici, i mercati finanziari sono manipolati dal denaro a basso prezzo. Secondo questa interpretazione, il rialzo dei prezzi degli immobili o delle azioni non è infatti dettato da un miglioramento dei dati fondamentali e quindi non è destinato a durare. Questa tesi può essere confutata analizzando le valutazioni. Anche volendo, in via precauzionale, correggere al ribasso le stime di utile per i mercati azionari, le azioni non risultano affatto costose. Se confrontiamo la valutazione relativa delle azioni con quella delle obbligazioni governative o anche societarie, notiamo che si attesta addirittura ai minimi storici. Anche i rendimenti immobiliari sono ancora di tutto rispetto nel confronto con le obbligazioni. A quanto pare, l’eccedenza di liquidità ha colpito per primi i mercati obbligazionari, e un eventuale contagio ai mercati azionari è ancora al di là da venire. I primi segnali in tal senso sono già visibili. I flussi di denaro in fondi azionari sono tornati positivi per la prima volta dopo lungo tempo. La pressione al rendimento costringe anche gli scettici a ricercare segmenti d’investimento a maggiore rischio. Ormai non assumere rischi equivale solo a essere esposti alla serpeggiante perdita di valore reale. Una strada non a senso unico L’ampiezza delle oscillazioni di corso registrate nel 2012 è stata inferiore alle nostre attese. Soprattutto l’esplicita dichiarazione formulata la scorsa estate dalla Banca centrale europea ha ridotto la probabilità di uno scenario di rischi estremi (il tanto discusso «tail risk event»). Il fatto che ogni correzione sia stata subito sfruttata per effettuare acquisti è presumibilmente imputabile, tra l’altro, al posizionamento ancora eccessivamente prudente degli operatori di mercato. Con il ritorno degli investitori sui mercati, previsto per il 2013, aumenta però nuovamente il rischio di contraccolpi non indifferenti in caso di sorprese negative. Questi elementi ci inducono a ribadire la nostra strategia di sovraponderazione azionaria controllata, con cuscinetti di liquidità per un ulteriore ampliamento dell’esposizione. I nostri obiettivi di fine anno prevedono ad ogni modo ulteriori utili di corso per le azioni. E forse il «tail risk» più sottovalutato si manifesterà in modo molto diverso dalle attese, ovvero sotto forma di forte movimento al rialzo. Portafoglio modello investito a livello globale per fondi pensione svizzeri* CHF EUR GBPUSD+CAD JPYMerc. Emerg. Totale Mat. prime Mercato monetario 14.6% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 14.6% 9.8% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 9.8% Obbligazioni 47.1% 1.6% 1.4%1.0% 1.1% 52.2% 53.2% 3.0% 1.0% 2.0% 1.0% 60.2% Azioni10.1% 6.9% 1.6%7.0% 1.8% 5.8% 33.2% 10.0% 4.0% 2.0% 8.0% 2.0% 4.0% 30.0% Totale71.8% 8.5% 3.0% 8.0% 2.9% 5.8% 100.0% 73.0% 7.0% 3.0% 10.0% 3.0% 4.0% 100.0% Le frecce segnalano le variazioni intervenute rispetto all’ultima edizione di «Trends», 11|12.12. * L’asset allocation è indicativa e può variare nel corso del tempo. La performance storica e i dati relativi ai mercati finanziari non sono una garanzia per la performance attuale o futura. 4/28 | Asset Allocation Fonte: Credit Suisse Trends 02|03.13 Asset Allocation Outlook 31.12.2012 Stima 12 mesi Rendimento atteso in valuta locale (%) Rendimento atteso in CHF (%) Mercato azionario USA (S&P 500) 1426 1550 8.7 9.2 Germania (DAX) 7612 8200 7.7 10.6 10.8 Paesi Bassi (AEX) 343 370 8.0 Regno Unito (FTSE 100) 5898 6400 8.5 7.4 Francia (CAC 40) 3641 3900 7.1 10.0 Italia (Mibtel) 16273 18000 10.6 13.6 Spagna (IBEX 35) 8168 9000 10.2 13.1 Svizzera (SMI) 6822 7300 7.0 7.0 860 900 4.7 11.3 Giappone (TOPIX) Mercato obbligazionario (titoli di Stato a 10 anni) USD 1.76 1.90 0.61.1 CAD 1.80 2.00 0.10.9 AUD 3.27 3.50 1.5–3.8 JPY 0.79 1.00 –1.05.3 EUR 1.32 1.70 –1.90.8 GBP 1.83 2.20 –1.2–2.2 CHF 0.53 1.00 –3.5–3.5 USD 0.31 0.40 0.30.8 CAD 1.24 1.20 1.21.9 AUD 3.24 3.20 3.2–2.2 JPY 0.17 0.20 0.26.5 EUR 0.13 0.20 0.22.8 GBP 0.52 0.60 0.5–0.5 CHF 0.01 0.10 0.00.0 USD 0.92 0.92 –0.5 CAD 0.92 0.93 –0.7 AUD 0.95 0.90 ––5.2 JPY 1.06 1.12 –6.3 EUR 1.21 1.24 –2.7 GBP 1.49 1.47 ––1.0 1676 1850 10.410.9 Mercato monetario (LIBOR a 3 mesi) Valute rispetto al CHF Oro USD/oz I dati relativi alla performance non comprendono le commissioni prelevate all’acquisto o alla vendita. Né i dati storici né le stime sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari sono garanzia per i redditi attuali o futuri. Fonte: Credit Suisse Asset Allocation | 5/28 Trends 02|03.13 Macro Global Gli effetti del «taglio dei tassi verbale» si avvertono tuttora Thomas Herrmann, Global Economic Research ! Sapevate che … … la BCE non ha ancora acquistato nemmeno un’obbligazione nel quadro del programma OMT? … i governi soddisfano verosimilmente già le condizioni imposte per gli acquisti da parte della BCE? … i rendimenti delle obbligazioni spagnole a due anni sono in ribasso di oltre 400 punti base rispetto al picco di luglio? … la maggior parte dei punti del programma USA per evitare il fiscal cliff è stata affrontata in modo permanente? L’eco del commento fatto dal presidente della BCE Draghi lo scorso luglio («faremo tutto il necessario per salvare l’euro») è ancora molto forte. La manifestata intenzione della BCE di acquistare titoli di Stato (programma OMT) ha attenuato i timori di eventi estremi come l’insolvenza pubblica di paesi importanti o perfino lo smembramento dell’area dell’euro. La BCE non ha ancora acquistato nemmeno un’obbligazione nel quadro di tale 6/28 | Macro Global programma, ma le ripercussioni positive sull’economia e i mercati perdurano. In risposta al forte impegno assunto, i rendimenti delle obbligazioni dei paesi «periferici» europei si sono notevolmente abbassati, soprattutto nel segmento a breve della curva. I rendimenti dei titoli di Stato spagnoli a due anni sono scesi di oltre 400 punti base rispetto al picco di luglio, senza che siano stati ritoccati i tassi di riferimento della BCE. I governi soddisfano probabilmente già le condizioni imposte per gli acquisti della BCE e per beneficiare del sostegno dovrebbero in teoria limitarsi ad «alzare la mano». In periodi di bassi rendimenti su scala globale, qualsiasi ripresa di questi ultimi dovrebbe attrarre acquirenti. Sebbene siano possibili alcune oscillazioni, un aumento significativo dei rendimenti nelle nazioni periferiche europee è dunque improbabile. È infatti inverosimile che riemerga una delle principali fonti di preoccupazione nell’Eurozona (un repentino incremento dei rendimenti). I sondaggi sui prestiti bancari e gli indicatori creditizi ed economici dovrebbero segnalare un graduale miglioramento in concomitanza con il rafforzamento degli «impulsi di politica monetaria». Tuttavia, i governi sono tuttora alle prese con la sfida di ridurre il proprio deficit e, date queste difficoltà a livello fiscale, restiamo prudenti circa le prospettive di crescita generali. Mini baratro USA (una «saga fiscale» non ancora conclusa) Come previsto, a inizio gennaio negli Stati Uniti è stato raggiunto un accordo dell’ultima ora sul cosiddetto «fiscal cliff». Si è riusciti a evitare gli effetti di più ampia portata di un irrigidimento e la maggior parte dei temi correlati al precipizio fiscale è stata affrontata in modo permanente, per cui non dovrà più essere ridiscussa nel contesto di una scadenza comune. La decisione su alcuni punti all’ordine del giorno è stata procrastinata di almeno un anno, determinati sgravi fiscali «temporanei» sono stati resi permanenti e alcune disposizioni sono effettivamente entrate in vigore (ad esempio l’aumento Trends 02|03.13 della pressione fiscale per le famiglie più abbienti). Gli effetti sfavorevoli sulla crescita dovrebbero collocarsi sui valori più bassi delle nostre stime di fine ottobre (1%–2% del PIL). La principale questione ancora irrisolta riguarda la proroga di altri due mesi dei tagli alla spesa, che sarebbero dovuti scattare «automaticamente» il 1° gennaio. I tagli in programma consentono di recuperare 90 miliardi di USD sulla voragine inizialmente stimata in circa 650 miliardi di USD, per cui il baratro fiscale si è trasformato, di fatto, in un «mini baratro». Il dibattito sull’entità dei tagli dovrà ora coincidere con una negoziazione sull’innalzamento del tetto legale del debito pubblico, un’altra misura che dovrà essere varata entro gli inizi di marzo. Anche in questo caso ci aspettiamo una soluzione di compromesso, che potrebbe ancora una volta essere raggiunta in extremis. A meno che non venga raggiunta alcuna forma di intesa, cosa che riteniamo improbabile in un’ottica di «marketing» politico, quest’anno l’impatto aggiuntivo immediato (tagli alla spesa) dovrebbe essere molto contenuto. Tale compromesso dovrà tuttavia garantire anche che i tagli siano sufficienti. In caso contrario, il rating creditizio USA potrebbe essere nuovamente declassato, con il conseguente riaffacciarsi di timori di mercato (a breve termine). Mercati emergenti: un volano fondamentale per la crescita anche nel 2013 I mercati emergenti, in particolare l’Asia (Giappone escluso), dovrebbero nuovamente contribuire per oltre tre quarti alla crescita del PIL globale nel 2013. In Cina, a nostro avviso, sono improbabili misure di stimolo fiscale di più ampia portata poiché l’obiettivo primario della nuova leadership è una crescita sostenibile. In combinazione con le perduranti difficoltà nei principali mercati delle esportazioni, tra cui l’Europa, la crescita cinese dovrebbe quindi mantenersi al di sotto della tendenza degli ultimi anni. Nonostante tali fattori, l’espansione del credito cinese, alimentato in particolare dagli sviluppi dei i I mercati emergenti, in particolare l’Asia (Giappone escluso), dovrebbero nuovamente contribuire per oltre tre quarti alla crescita del PIL globale nel 2013. mercati finanziari (ad es. emissione di obbligazioni), resta favorevole. I sondaggi aziendali in Cina e numerosi altri mercati emergenti (ad es. India, Turchia, Brasile) sembrerebbero indicare un miglioramento ciclico, i cui risultati dovrebbero diventare più visibili agli inizi del 2013. Macro Global | 7/28 Trends 02|03.13 Equity Global Un rendimento da dividendi remunerativo per favore! Intervista al dott. Felix Maag, Senior Portfolio Manager anni Novanta – in cui il rendimento da dividendi occupava un ruolo di secondo piano ai fini della valutazione delle azioni. Negli ultimi tempi, invece, sembra essere diventato un criterio fondamentale. A cosa è riconducibile, a suo avviso, questo cambiamento? Se si confronta l’andamento di lungo periodo delle azioni con un elevato rendimento da dividendi con quello del mercato azionario nel suo insieme, è possibile trarre due conclusioni. In prima istanza, le azioni con un alto dividendo presentano una notevole sovraperformance, come dimostra chiaramente il grafico seguente: negli ultimi 17 anni, l’MSCI World High Dividend Yield NR Index ha battuto l’MSCI World NR Index di oltre 100 punti Attualmente gli investimenti sicuri a reddito fisso non promettono guadagni elevati. Si può quindi parlare a buon diritto di una situazione d’emergenza degli investimenti. Se gli investitori desiderano mettere a segno un discreto rendimento, devono passare a strategie connesse a rischi maggiori. Una opzione consiste nel puntare sulle cosiddette «perle» in termini di dividendi. Si tratta di titoli azionari di aziende solide e ben gestite che corrispondono un dividendo superiore alla media. Nella seguente intervista, Felix Maag affronta interessanti aspetti e opportunità d’investimento degli strumenti che puntano ai dividendi. Maag vanta un’ottima esperienza nel campo delle strategie orientate ai dividendi ed è a capo del team Global Dividend Yield di Credit Suisse. Signor Maag, ci sono state fasi di mercato – ad esempio alla fine degli 8/28 | Equity Global percentuali. In secondo luogo, non in tutti i contesti di mercato le strategie orientate ai dividendi hanno il medesimo successo. Alla fine degli anni Novanta, ad esempio, molti investitori erano concentrati sui titoli growth. Sulla scia dell’euforia scatenata dalle dot.com, sono salite alla ribalta soprattutto le società informatiche, che sembravano promettere tassi di crescita alti, se non vertiginosi. In questo contesto, è naturale che le strategie orientate ai dividendi non riuscissero a competere. Nell’ambito della selezione dei titoli, infatti, questi approcci non si concentrano sulla crescita dei profitti, bensì su aziende con un andamento degli utili stabile – poiché soltanto in questo modo è possibile assicurarsi la distribuzione di dividendi affidabili. MSCI World High Dividend Yield NR Index versus MSCI World NR Index, maggio 1995 – dicembre 2012 % 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 MSCI World High Dividend Yield NR Index in USD, ribasato MSCI World NR Index in USD, ribasato In questo periodo le strategie globali con un elevato rendimento da dividendi hanno sorpassato nettamente il resto del mercato. Fonte: Factset, al 31.12.2012 I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. Trends 02|03.13 Questo vuol dire, quindi, che in fasi di pronunciata crescita le strategie orientate ai dividendi tendono ad archiviare una sottoperformance rispetto al mercato complessivo? Non necessariamente. In seguito allo scoppio della bolla informatica e alla crisi degli anni seguenti, a partire dal 2003 l’economia mondiale ha riacquistato slancio. Tra il 2005 e il 2007 le aziende hanno fatto segnare, in generale, elevati tassi di crescita, il che deponeva in linea di principio a favore dei titoli growth. Le strategie orientate ai dividendi hanno però saputo tenere molto bene il passo con il mercato complessivo, finendo perfino per batterlo in diverse occasioni. La spiegazione sta nel fatto che in questa fase molte aziende del settore finanziario, e segnatamente le banche, ma anche le assicurazioni, si sono trasformate in vere e proprie «perle» in termini di dividendi, registrando ottimi tassi di crescita e riuscendo così a corrispondere dividendi elevati nonché a incrementarli progressivamente. Come regola di massima, si può senz’altro affermare che le strategie orientate ai dividendi tendono a sottoperformare quando l’economia è sostenuta da un elevato ritmo di crescita. In tal senso, la fase tra il 2005 e il 2007 ha rappresentato piuttosto un’eccezione. Ritengo però importante adottare un’ottica d’investimento imperniata sul lungo periodo. Per le azioni, in genere si raccomanda un orizzonte d’investimento compreso tra cinque e dieci anni. In questa prospettiva, il fatto che il mercato azionario privilegi o meno titoli growth assume poca rilevanza. Per quanto concerne l’orizzonte d’investimento a lungo termine, desidero porre l’accento anche su un altro aspetto im- portante. Se i dividendi corrisposti non vengono prelevati bensì reinvestiti sistematicamente non appena avviene la distribuzione, si può beneficiare dell’effetto degli interessi composti. Questi ultimi contribuiscono in misura determinante alla sovraperformance a lungo termine delle strategie orientate ai dividendi. Inoltre, questo comportamento sistematico induce praticamente a investire anche in fasi in cui i mercati subiscono una correzione e molti investitori evitano impegni azionari. A lungo termine, una scelta del genere consente di beneficiare delle valutazioni convenienti al momento del reinvestimento. In questo momento molti gestori patrimoniali propendono per le «perle» in termini di dividendi quale alternativa agli investimenti sul mercato monetario o alle obbligazioni più sicure. Lei condivide questo atteggiamento? A mio avviso le strategie orientate ai dividendi sono sempre valide, e a maggior ragione alla luce dell’attuale contesto di Equity Global | 9/28 Trends 02|03.13 tassi bassi. I guadagni offerti da liquidità e titoli di Stato di prim’ordine, ma anche da obbligazioni societarie con rating investment grade, sono infatti minimi. Inutile sottolineare che le azioni presentano un profilo di rischio diverso da quello delle obbligazioni. Ritengo però che un argomento decisivo a riprova dell’attrattiva dei titoli a dividendo sia il fatto che in alcuni settori ci sono aziende il cui rendimento da dividendi è superiore al livello di rendimento delle obbligazioni emesse dalle rispettive società. Dal punto di vista storico, simili differenze tra i rendimenti da dividendi e quelli obbligazionari sono spesso stati un indizio che segnalava la valutazione conveniente dell’azione in questione. Oggi questo fenomeno può essere osservato in particolare in settori difensivi come beni di consumo primari, sanità, telecomunicazioni o approvvigionamento, ma può manifestarsi anche in settori ciclici, ad esempio in singole aziende del settore industriale o chimico. Ciò significa che lei non vede ancora all’orizzonte una «bolla dei dividendi»? Ho la salda convinzione che i titoli a dividendo siano ben lontani dal poter degenerare in una «bolla». Se, infatti, si considerano le valutazioni, osserviamo che i titoli a dividendo continuano a esibire una valutazione moderata rispetto al mercato nel suo insieme. In altre parole, non è constatabile alcun eccesso di valutazione, com’è invece accaduto, a suo tempo, durante la bolla informatica, quando per i titoli growth veniva pagato un rapporto prezzo/utili estremamente alto. strategie orientate ai dividendi sono una soluzione generalmente migliore rispetto alle obbligazioni, poiché i tassi salgono mentre i prezzi delle obbligazioni scendono. Ciò vale a condizione che le banche centrali innalzino il livello dei tassi in modo lento e graduale. In caso di forte rialzo dei tassi, tuttavia, le strategie orientate ai dividendi dovrebbero accusare un ritardo tendenziale rispetto al mercato nel suo insieme, giacché il rendimento da dividendi diventa un fattore meno allettante rispetto al livello dei tassi. Se si delineano trend inflattivi, occorre pertanto stimarne accuratamente lo sviluppo atteso. Presto o tardi la politica monetaria espansiva delle banche centrali occidentali sfocerà nell’inflazione. Come si comportano le strategie orientate ai dividendi in un contesto inflattivo? In uno scenario di moderato rialzo dell’inflazione, le azioni e naturalmente anche le Potrebbe dirci come si comportano i rendimenti da dividendi rispetto al rendimento complessivo delle azioni? Il rendimento dell’intero mercato si compone di tre fattori: rendimento da dividendi, crescita dei dividendi ed evoluzione C’è un ulteriore argomento a favore delle strategie orientate ai dividendi. Presupponendo che nei prossimi uno-due anni la crescita economica, pur restando in territorio positivo, risulti non più che moderata, anche gli utili societari dovrebbero limitarsi a un rialzo moderato. Di conseguenza, i mercati azionari dovrebbero registrare avanzamenti di corso solo modesti. Questo è proprio il contesto in cui il rendimento da dividendi di un’azione rappresenta la componente di gran lunga più importante della performance complessiva. Se, quindi, la nostra valutazione delle condizioni quadro economiche è corretta, una strategia orientata ai dividendi dovrebbe fornire risultati soddisfacenti ancora per qualche tempo. Suddivisione dei rendimenti azionari reali per vari paesi (1970–2012, % p.a.) 8.0 6.0 4.0 2.0 0.0 –2.0 –4.0 RU USA Rendimento da dividendi Francia Germania Crescita dei dividendi Australia Canada Evoluzione della valutazione In passato il rendimento da dividendi ha rappresentato circa due terzi del rendimento complessivo dei principali mercati azionari. Fonte: Credit Suisse, Société Générale, al 31.12.2012 I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. 10/28 | Equity Global Giappone Trends 02|03.13 I principali vantaggi dei pagamenti da dividendi – I dividendi rappresentano un cash flow reale; il prelievo di liquidità eccedente sotto forma di distribuzione di dividendi riduce il rischio che vengano effettuati investimenti poco redditizi. –I dividendi forniscono segnali importanti sulla solidità e redditività futura di un’azienda. –I dividendi corrispondono a un voto di fiducia del management nei confronti dell’impresa. –In passato i rendimenti da dividendi hanno costituito la parte preponderante dei rendimenti complessivi dei mercati azionari. della valutazione. Dalle analisi emerge che, su un orizzonte temporale a lungo termine, il rendimento da dividendi contribuisce per circa due terzi al rendimento (reale) dei mercati azionari, come può essere desunto dal grafico della pagina precedente. Dove si possono trovare, oggi, i rendimenti da dividendi più elevati? L’attuale rendimento da dividendi dell’ MSCI World Index è pari al 2,75% circa. Se si punta su titoli a dividendo solidi e interessanti, sarebbe lecito aspettarsi un rendimento da dividendi che supera dell’1%–2% tale valore. Nel contesto globale, il livello dei dividendi in Europa e nella regione Asia (Giappone escluso) è più alto di quello degli Stati Uniti e del Giappone. Sul piano settoriale, i rendimenti da dividendi più elevati si individuano nei settori telecomunicazioni e approvvigionamento, mentre i più bassi sono generati, tendenzialmente, dai settori IT e beni voluttuari. Occorre tutta- È inoltre importante far luce sulla politica dei dividendi delle singole imprese e comprenderne i meccanismi. Alcune aziende, ovvero la relativa direzione, mirano a incrementare costantemente i dividendi corrisposti. Altre distribuiscono ad esempio il 40%–60% dell’utile: se aumenta l’utile aumentano i dividendi, e viceversa. In settori difensivi come i beni di consumo primari o la sanità, i dividendi sono più stabili rispetto a quelli dei settori ciclici, ma anche in questi ultimi si trovano aziende la cui direzione persegue una strategia orientata ai dividendi impostata sulla sostenibilità, ovvero si impegna a pagare un dividendo costante anche in un contesto congiunturale difficile. via aggiungere che, sul fronte dei rendimenti da dividendi, ultimamente il settore IT ha recuperato terreno. Ormai esistono alcune aziende informatiche con bilanci molto robusti e liquidità relativamente elevata che hanno quindi iniziato a corrispondere pagamenti da dividendi o ne hanno costantemente aumentato l’entità. In ultima analisi, il processo di selezione consiste nell’individuare aziende che pagano un dividendo superiore alla media a fronte di una buona qualità dei dividendi e di una valutazione moderata. Le azioni che soddisfano questi criteri non si collocano soltanto nei settori difensivi, ma anche in quelli ciclici. Quali sono i principali criteri adottati per la selezione dei titoli? Senza dubbio bisognerebbe puntare su aziende che pagano un dividendo affidabile. Occorre analizzare quali sono le imprese che riescono a continuare a pagare i dividendi perfino in un contesto economico svantaggioso. Un parametro importante in tal senso è il cosiddetto «payout ratio» (rapporto dividendo per azione/utile per azione). Generalmente, un payout ratio troppo elevato è un indizio negativo, poiché a partire da una flessione anche minima degli utili la probabilità di una diminuzione dei dividendi aumenta notevolmente. Ritiene che le «perle» dal punto di vista dei dividendi siano soprattutto le azioni di grandi gruppi? Non si può generalizzare. È vero che i titoli a dividendo vengono associati istintivamente ad aziende come ad esempio Swisscom, Novartis, Nestlé, Total o Heinz – ovvero i classici grandi gruppi imprenditoriali – ma quasi altrettanto spesso i titoli dai buoni dividendi sono quelli delle medie e piccole imprese. Lo spettro d’investimento è quindi abbastanza vasto, sia in termini settoriali sia di capitalizzazione di mercato, da poter comporre un portafoglio ampiamente diversificato di prodotti con buoni dividendi. Equity Global | 11/28 Copertura dei rischi valutari Copertura valutaria in un contesto di portafoglio internazionale Luca Bindelli, Deputy Head of Strategy e Giuseppe Traviglia, Quantitative Strategist Oggi i portafogli d’investimento sono spesso caratterizzati da una significativa e crescente esposizione ad attività estere, per cui i portfolio manager devono far fronte a maggiori rischi valutari. Nel presente articolo proponiamo un quadro di riferimento per analizzare il modo in cui l’esposizione a valute estere incide sulle caratteristiche di rischio dei portafogli e la conseguente decisione di copertura ottimale nel tempo. La nostra analisi ad ampio raggio prende in esame una copertura ottimale per una vasta gamma di investitori, classi di attività e orizzonti d’investimento.1 I risultati delle nostre ricerche confermano che un’ottimizzazione dinamica del rapporto di copertura può migliorare notevolmente nel corso del tempo il profilo di rischio-rendimento di portafogli investiti su scala globale. Ad ogni modo, tali risultati possono variare in funzione delle specifiche valute di riferimento e classi d’investimento o tipologie di costruzione del portafoglio. Inoltre, i nostri risultati contestano la validità delle opinioni statiche secondo cui la copertura valutaria è un’«operazione a somma zero» oppure la soluzione ottimale è rappresentata da una «copertura integrale». Dimostriamo, infatti, che un approccio rigoroso di copertura dinamica può consentire di mettere a segno importanti guadagni a un portfolio manager che investe a livello internazionale. Approccio metodologico e intuitivo Definiamo ottimale una strategia di copertura se è in grado di minimizzare la La nostra analisi prende in considerazione investitori che hanno come valute di riferimento l’EUR, l’USD, il CHF e la GBP. Le classi di attività includono obbligazioni, azioni e materie prime nonché portafogli azionari, obbligazionari e multiasset. Vengono monitorati diversi orizzonti d’investimento in relazione alla decisione di copertura (3 mesi, 1 anno e 3 anni). Il rapporto di copertura da noi definito può essere vincolato all’esposizione alla classe di attività sottostante (0%–100%) o muoversi liberamente. 1 12/28 | Dossier DossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossier Trends 02|03.13 DossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossier Trends 02|03.13 volatilità complessiva dell’investimento estero, a livello della classe di attività o del portafoglio, su un determinato orizzonte temporale. Nel prosieguo vedremo che la decisione di copertura è influenzata da tre fattori. In primo luogo, la riduzione della volatilità di una classe di attività o di un portafoglio dovrebbe a livello intuitivo dipendere sia dalla varianza e dalle covarianze della classe d’investimento o del portafoglio senza copertura, sia dalla valuta. Più precisamente, dovremmo aspettarci di impegnarci in una posizione lunga sulle valute estere che presentano una correlazione negativa con uno specifico investimento nel nostro portafoglio e allo stesso tempo assumere una posizione corta sulle valute estere che esibiscono una correlazione più positiva. In secondo luogo, la volatilità relativa delle valute estere rispetto alla classe d’investimento sottostante riveste importanza nella misura in cui, se priva di copertura, la volatilità del rendimento è determinata prevalentemente dal rischio di cambio. In tal caso sarebbe ottimale incrementare la copertura per ridurre la volatilità complessiva. Infine, poiché le covarianze e varianze sono sensibili a parametri temporali, dovremmo aspettarci che la strategia di copertura ottimale sia dinamica, in modo da cogliere eventuali cambiamenti della correlazione tra valute e investimenti. Stando alla nostra analisi, i costi di copertura sono implicitamente scontati mediante premi a termine sulle transazioni valutarie. Ai fini del calcolo del rapporto di copertura ottimale, non imponiamo alcuna condizione in relazione ai tassi di cambio attesi in futuro o all’evoluzione delle classi d’investimento sottostanti. Per comprendere meglio l’approccio intuitivo, proponiamo l’esempio di un inve- Grafico 1: correlazione tra EUR e azioni estere 0.8 0.6 0.4 0.2 0 –0.2 –0.4 1992 1995 Svizzera 1998 RU 2001 USA 2004 2007 2010 Giappone Il grafico illustra la correlazione mobile su 5 anni tra la valuta di riferimento (EUR) e il mercato azionario in valuta locale. Fonte: Datastream, Credit Suisse, al 30.12.2011. I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. Grafico 2: rapporto di copertura ottimale per le azioni – investitore con l’EUR come valuta di riferimento 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Svizzera RU USA Giappone I rapporti di copertura sono vincolati dallo 0% al 100%. I rapporti di copertura senza vincoli sono disponibili su richiesta. Fonte: Datastream, Credit Suisse, al 30.12.2011. I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. Dossier | 13/28 come valuta di riferimento e un orizzonte d’investimento di 1 anno (grafico 2)2. Per la maggior parte del periodo in rassegna, la decisione ottimale sembrerebbe coincidere con una copertura del 100% delle esposizioni azionarie locali sottostanti. Costituiscono un’eccezione le azioni in CHF. In questo caso, un investitore in EUR avrebbe fatto bene a incrementare l’esposizione al CHF per beneficiare delle sue caratteristiche anticicliche e ridurre la volatilità dell’investimento estero.3 stitore che abbia l’EUR come valuta di riferimento e desideri coprire il suo investimento azionario a livello delle singole classi di attività. Assumiamo inoltre che investa in azioni locali nelle valute GBP, CHF, USD e JPY. Il grafico 1 illustra la correlazione su base mobile della valuta di riferimento con gli indici azionari locali. Esso dimostra che fino al 2008 l’EUR è scarsamente correlato o presenta una correlazione leggermente negativa con le azioni in USD e JPY. Dopo il 2008, l’EUR tende a evidenziare un comportamento più prociclico. Un’eccezione di rilievo è costituita dalle azioni in GBP. Durante 14/28 | Dossier la crisi la sterlina britannica ha accusato una rapida flessione, registrando un andamento perfino più spiccatamente prociclico di quello dell’EUR. Per un investimento in CHF può essere affermato il contrario. Per la maggior parte del periodo, l’EUR ha esibito una correlazione positiva con le azioni in CHF. A partire dal 2009, il cambio EUR/CHF ha continuato a scendere a fronte di un rialzo azionario, mentre la correlazione positiva è stata interesssata da una leggera inversione. Consideriamo ora la decisione di copertura ottimale per un investitore con l’EUR Nella nostra trattazione, abbiamo vincolato il rapporto di copertura ottimale a un livello compreso tra lo 0% e il 100% dell’esposizione azionaria estera sottostante. Se, tuttavia, avessimo previsto rapporti di copertura senza vincoli, un investitore in EUR avrebbe coperto eccessivamente gli investimenti azionari in USD, GBP e JPY. In altri termini, avrebbe venduto valuta estera in misura superiore all’esposizione sottostante relativa all’investimento. Per quale motivo? Perché entrambe le valute mostravano una correlazione positiva con le azioni locali, e avrebbero potuto quindi aggiungere ulteriore rischio all’investimento azionario esistente. Mentre la correlazione tra le nostre valute di riferimento e le obbligazioni dei governi locali appare anch’essa soggetta a variazioni in funzione di parametri temporali, i rapporti di copertura ottimali sono elevati in tutti i casi e tendenzialmente più statici. Più precisamente, constatiamo che i rapporti di copertura che minimizzano la varianza sono compresi Per calcolare rendimenti con copertura utilizziamo i tassi LIBOR a 3 mesi. Se l’orizzonte d’investimento supera i 3 mesi, calcoliamo i rendimenti coperti come il prodotto di rendimenti trimestrali. 3 Si noti inoltre che il rapporto di copertura ideale tende a diminuire in modo direttamente proporzionale all’aumento della correlazione positiva tra azioni in EUR e CHF. 2 DossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossier Trends 02|03.13 Grafico 3: rendimenti dei portafogli azionari – investitore con il CHF come valuta di riferimento e un orizzonte d’investimento a 1 anno 150 140 130 120 Indice DossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossier Trends 02|03.13 110 100 90 80 70 60 50 2005 Senza copertura Senza vincoli 2008 Con copertura Con vincoli 2011 Copertura del 50% Fonte: Datastream, Credit Suisse, al dicembre 2011. I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. tra il 70% e il 100% per tutti gli orizzonti d’investimento e le valute di riferimento. Ciò è dovuto al fatto che la volatilità degli investimenti obbligazionari tende a essere determinata perlopiù dalla componente valutaria, mentre la volatilità dell’obbligazione sottostante resta bassa. L’impatto della copertura sulla performance di portafoglio Quando si analizzano i portafogli di azioni, obbligazioni o un mix di attività, occorre tenere conto di un’ulteriore dimensione che interviene nella decisione di copertura: non soltanto la valuta interagisce con investimenti in singole classi di attività, ma sono le stesse classi sottostanti a interagire fra loro e dar luogo a modelli di correlazione che modificano la decisione ottimale sotto il profilo della copertura. I nostri portafogli azionari sono investiti in mercati locali di Svizzera, Unione europea, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito, mentre i nostri portafogli obbligazionari sono investiti nei mercati delle obbligazioni governative delle stesse aree geografiche e sono altresì investiti in titoli indicizzati all’inflazione, emissioni societarie, titoli high yield e titoli garantiti da attività (ABS). Infine, i nostri portafogli bilanciati investono in tutti gli strumenti sopra elencati, oltre che in oro, materie prime, hedge fund e immobili.4 Ci sono un paio di punti che vanno approfonditi. Per prima cosa, continuiamo a osservare rapporti di copertura ottimali piuttosto elevati per gli investimenti connessi alle obbligazioni in generale. In seconda istanza, riteniamo che il rapporto di copertura ottimale in un portafoglio bilanciato sia più volatile per le classi di attività estere che sono presenti con una bassa quota in portafoglio. In questi casi, la correlazione della valuta di riferimento con la classe di attività sottostante riveste un ruolo di maggiore importanza nella determinazione del rapporto di copertura ottimale. Di converso, maggiore è la quota in portafoglio, più basso e stabile tende a essere il rapporto di copertura ottimale. Nel grafico 3 prendiamo in esame il caso specifico di un investitore con il CHF come valuta di riferimento che detiene 4 Informazioni dettagliate riguardanti gli indici e le ponderazioni di portafoglio per ciascuna valuta di riferimento sono disponibili su richiesta.. Dossier | 15/28 un portafoglio internazionale diversificato di azioni. Mettiamo a confronto tre regole di copertura statica con la nostra strategia di copertura ottimale, rispettivamente con e senza vincoli. La strategia di copertura priva di vincoli risulta chiaramente superiore alle altre. D’altro canto, la nostra strategia vincolata non riesce a sovraperformare una strategia con copertura integrale. Ciò è riconducibile al fatto che l’investitore non può sfruttare i benefici della strategia priva di vincoli. L’investitore con il CHF come valuta di riferimento avrebbe dovuto ridurre l’esposizione alla GBP e aumentarla al JPY e USD in misura superiore alle rispettive esposizioni azionarie per beneficiare delle caratteristiche procicliche della GBP e della natura anticiclica di USD e JPY. Compiendo tali scelte, la volatilità sarebbe diminuita e la performance aumentata. Le caratteristiche di rischio-rendimento delle strategie di copertura a minima varianza, così come le strategie prive di copertura e con copertura integrale, sono sintetizzate nella tabella sotto. Il primo aspetto da sottolineare è che la strategia di copertura svincolata a minima varianza è la strategia migliore su tutti gli orizzonti d’investimento e tutte le valute in rassegna. Ciò ribadisce il concetto che l’attività di copertura valutaria può contribuire in misura decisiva a ottimizzare il rapporto di rischio-rendimento se è possibile acquistare posizioni in eccedenza rispetto all’esposizione dell’attivo/portafoglio sottostante. Inoltre, il fatto che i risultati siano confermati su orizzonti d’investimento più lunghi mette in dubbio la convinzione diffusa ma controversa che un investimento valutario è un «gioco a somma zero». D’altro canto, l’attività di copertura tradizionale che è limitata all’esposizione all’attivo/portafoglio sottostante non sempre garantisce di poter trarre il massimo guadagno dalla strategia di copertura ottimale. Conclusione L’implementazione di un rapporto di copertura piuttosto alto per investimenti obbligazionari è la strategia migliore per ridurre al minimo la volatilità per tutti gli orizzonti d’investimento e le valute di riferimento. A livello azionario, le correlazioni tra valute estere e lo strumento sottostante sono effettivamente più rilevanti. Questo è anche il motivo per cui Information ratio di diverse strategie di copertura di portafoglio Investitore Portafoglio Senza Copertura coperturaintegrale EUR Azioni 0.04 0.06 Obbligazioni 0.70 1.34 Bilanciato 0.29 0.30 Copertura tra 0% e 100% MVHRMVHRMVHR 3 mesi 1 anno 3 anni 0.07 0.08 0.21 1.38 1.42 1.51 0.32 0.34 0.32 Senza vincoli MVHRMVHRMVHR 3 mesi 1 anno 3 anni 0.46 0.33 1.44 1.44 1.54 0.79 0.76 CHF Azioni Obbligazioni Bilanciato –0.15 0.06 –0.03 0.12 1.56 0.44 0.08 1.32 0.15 0.07 1.34 0.15 0.26 1.38 0.17 0.45 1.67 0.95 0.33 1.69 0.94 0.45 1.81 1.00 USD Azioni Obbligazioni Bilanciato 0.12 0.55 0.29 –0.04 1.14 0.24 0.00 1.15 0.27 0.00 1.14 0.27 0.15 1.14 0.27 0.33 1.12 0.67 0.23 1.09 0.65 0.33 1.17 0.76 GBP Azioni Obbligazioni Bilanciato 0.24 0.95 0.50 –0.01 0.99 0.20 0.01 1.07 0.42 0.01 1.09 0.42 0.11 1.12 0.41 0.36 1.06 0.57 0.23 1.01 0.55 0.28 1.06 0.65 MVHR = Minimum Variance Hedge Ratio. Fonte: Datastream, Credit Suisse. I rendimento di portafoglio sono calcolati da gennaio 2006 a dicembre 2011. I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. 16/28 | Dossier DossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossier Trends 02|03.13 DossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossierDossier Trends 02|03.13 Minimum Variance Hedge Ratio (MVHR) Per coloro che investono in valuta estera, il rendimento privo di copertura dell’investimento estero è dato da: Ru,t = (1 + Rl,t )(1 + Et ) = Rl,t + Et + Rl,t Et dove Rl,t è il rendimento della classe di attività in valuta locale ed E t è il rendimento del tasso di cambio. Per i nostri fini, assumiamo che il valore atteso dell’investimento estero sia noto e sia pari all’investimento in un dato momento temporale t. Il rendimento coperto su un investimento estero con la possibilità di copertura può quindi essere formulato come segue: Rf,t = Ru,t – φt (Et – ft ) dove ft è il premio a termine derivante dalla parità coperta sul tasso d’interesse, e φt è il rapporto di copertura. Secondo Schmittmann5, otteniamo un rapporto di copertura ottimale minimizzando la varianza di Rf,t in relazione a φt. Una stima del rapporto di copertura ottimale può essere individuata scorrendo direttamente il calcolo seguente: Ru,t = α + β(Et – ft ) + εt dove εt è un termine di errore e β è la stima del rapporto di copertura a varianza minima. Con alcune modifiche, questo risultato può essere esteso a un portafoglio multi-asset. Il rapporto di copertura ottimale per l’esposizione valutaria associato all’investimento in un paese i è pari al rapporto w–βii , dove wi indica la ponderazione del paese i nel portafoglio6. 5 6 le dinamiche della strategia di copertura sono esposte a maggiori fluttuazioni nel tempo. Nel complesso, i nostri risultati suggeriscono rapporti di copertura azionaria relativamente alti, a seconda della valuta di riferimento. La quota di copertura ottimale è più bassa per un portafoglio bilanciato rispetto a portafogli composti da singole classi di attività. Ciò vale per tutte le valute esaminate ed è verosimilmente dovuto all’effetto di diversificazione del portafoglio, che richiede una copertura inferiore per ridurre la volatilità complessiva. Infine, i nostri risultati sono verificati per tutti i diversi orizzonti d’investimento in esame. A nostro avviso, questo quadro d’insieme offre una base solida e flessibile per un’analisi della copertura di portafoglio ottimale nel contesto di rendimenti futuri ignoti. Inoltre, questo approccio potrebbe essere utilizzato come strategia portante in vista di minimizzare il rischio complessivo dell’investimento/portafoglio mediante un’attività di copertura valutaria. In aggiunta, questo modello può essere facilmente combinato con una strategia di overlay valutario puramente tattica, in cui il portfolio manager punta a ottimizzare i rendimenti di portafoglio assumendo tesi attive sulle valute su un orizzonte di breve periodo. Schmittmann (2010), «Currency Hedging for International Portfolios», Documento di lavoro del FMI. Si noti che il rapporto di copertura ora diminuisce insieme alla ponderazione in portafoglio. L’approccio intuitivo è il seguente: se constatiamo che un’esposizione corta alla GBP è una copertura migliore per il nostro portafoglio (ad esempio perché la GBP è prociclica e positivamente correlata con il mercato azionario), e la ponderazione azionaria in GBP è inizialmente bassa nel portafoglio, vorremmo coprire eccessivamente l’esposizione per ottenere il beneficio aggiuntivo di una volatilità di portafoglio inferiore. Dossier | 17/28 Trends 02|03.13 Rubrica Copertura valutaria a tutti i costi? Markus Kramer, Senior Portfolio Manager, Global Fixed Income Immaginiamo un campo di grano a fine estate: le spighe sono state ormai raccolte e tra i fuscelli di paglia spezzati si trovano qua e là dei semi, e ai margini del campo solo erba secca. Analogo è il quadro attuale dei mercati obbligazionari globali. I redditi da interessi, un tempo abbondanti, sono stati ormai colti – fatta eccezione per qualche titolo di debito. Altri segmenti del mercato finanziario, ad esempio le azioni, offrono un potenziale di 18/28 | Rubrica palmente per conseguire un rendimento, e offrono diverse opportunità agli investitori nell’ambito della gestione tattica di consistenze in valuta estera. La tendenza è (spesso) dalla nostra parte Le valute presentano spesso una dinamica ricorrente che contraddice l’idea di mercati efficienti sotto il profilo delle informazioni. Un esempio è dato dai trend prolungati. I corsi valutari possono svilupparsi per un arco di tempo piuttosto lungo in una determinata direzione, il che dipende non da ultimo dalla politica monetaria non omogenea delle banche centrali. Mentre ad esempio la Banca centrale europea o la Banca Nazionale Svizzera perseguono Trend del dollaro 170 160 150 Punti dell’indice Optando per una copertura integrale del loro patrimonio in valuta estera, numerosi investitori si precludono l’accesso a una fonte di reddito. In funzione dei costi di copertura e delle caratteristiche di rischio di una valuta, infatti, a lungo termine per un portafoglio d’investimento con orientamento internazionale è più sensata una copertura parziale. Anche una gestione tattica può rivelarsi redditizia, considerando che spesso i mercati valutari presentano un andamento ricorrente che contraddice l’idea di mercati efficienti sotto il profilo delle informazioni. guadagno non indifferente, ma sono connessi a notevoli rischi di perdita, come si è visto negli ultimi anni. C’è però un campo, quello delle valute, che appare trascurato. Per gli operatori di mercato con il maggior volume disponibile sui mercati valutari, tra cui le banche centrali o le aziende attive su scala mondiale, lo scambio di valute non è finalizzato a realizzare guadagni di corso, ma è funzionale ad altri scopi: le banche centrali mirano a centrare un determinato obiettivo d’inflazione definito in base a considerazioni di politica monetaria, mentre per le aziende con presenza globale è un mezzo per acquistare o vendere merci. Per questo motivo, le valute si distinguono sensibilmente da altre classi di attivi come le azioni, negoziate princi- 140 130 120 110 100 90 80 70 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 Valore esterno dell’USD (Dollar Index Spot DXY) Fonte: Bloomberg, al 28 dicembre 2012 I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. 2010 Trends 02|03.13 un determinato obiettivo d’inflazione, la Federal Reserve statunitense tiene conto anche del mercato del lavoro e della crescita economica. Ciò si riflette in un dollaro USA che, nell’ambito della politica monetaria particolarmente accomodante della Fed negli ultimi anni – fatta eccezione per una breve fase di robustezza durante la crisi del 2008/2009 – ha accusato continue flessioni di valore (cfr. grafico). Dall’inizio del nuovo millennio, ad esempio, il corso di cambio USD/CHF si è praticamente dimezzato, passando da una quota di circa 1.80 a un valore pari a 0.90. Nel quadro di questa tendenza al ribasso di lungo periodo, la scelta migliore per un investitore svizzero sarebbe stata quella di coprire interamente le sue consistenze in dollari o perlomeno di vendere dollari in condizioni di debolezza – secondo uno stile d’investimento definito «trend following», che consiste nel seguire le tendenze in atto. Nell’anno appena trascorso, questo stile ha tuttavia perso colpi: la maggior parte dei mercati valutari si è mossa orizzontalmente entro un’ampia fascia di negoziazione. In una fase di questo tipo, le valute come il dollaro dovrebbero essere acquistate in condizioni di debolezza e vendute in condizioni di robustezza. Per una gestione remunerativa delle valute è quindi decisivo saper inquadrare se un rapporto di cambio si trova in una fase tendenziale – ascendente o discendente – o in una fase di movimento orizzontale. Alcune valute come il dollaro USA o la sterlina britannica si muovono oggi in senso orizzontale. Si tratta soltanto di un consolidamento all’interno di una fase pluriennale di deprezzamento competitivo o addirittura di un’inversione di tendenza vera e propria? Ci sono diversi argomenti a favore di un rafforzamento del dollaro, tra Gestione delle valute con «currency overlay» Idealmente, le consistenze in valuta estera di investitori con orientamento globale, ad esempio di casse pensione svizzere o assicurazioni, non vengono gestite singolarmente per ciascuna classe d’investimento, bensì per l’intero portafoglio, ricorrendo a una strategia detta di «currency overlay». In una prima fase vengono raggruppate tutte le posizioni (ad esempio fondi d’investimento, azioni, obbligazioni o immobili) e le consistenze in valuta estera. In un secondo momento, con l’ausilio di un modello di rischio, si procede a una stima degli hedge ratio a lungo termine ottimali per ciascuna valuta (con una cosiddetta copertura valutaria strategica). Successivamente, l’investitore può scegliere tra un’implementazione passiva (con ribilanciamento periodico) o attiva (con posizionamento tattico all’interno di un range predefinito). Con un currency overlay a gestione attiva, si punta generalmente a un guadagno annuo medio pari a 50 punti base a fronte di una fascia di oscillazione (tracking error) di 100 punti base. cui una crescita comparativamente vigorosa, un visibile miglioramento della bilancia commerciale e una politica monetaria il cui potenziale è sfruttato decisamente di più rispetto a quello delle banche centrali europee o asiatiche. Premi dei tassi in valute estere Accanto al «trend following», il cosiddetto stile d’investimento «carry» punta su un altro andamento ricorrente osservabile sui mercati valutari. Determinate valute, ad esempio il dollaro australiano, offrono un utile da interessi superiore rispetto a monete come il dollaro USA o lo yen giapponese. Il maggiore reddito da interessi dovrebbe, da manuale, essere compensato da un indebolimento valutario – corrispondente al differenziale dei tassi –, in modo tale che un investitore possa conseguire il medesimo rendimento in tutte le valute. Il dollaro australiano è un noto esempio di confutazione dell’assunto che una valuta ad alto tasso non deve essere necessariamente debole. Lo stesso vale per altre valute di esportatori di materie prime e di mercati emergenti come il Brasile. In fin dei conti, sui mercati valutari – accanto a dinamiche ricorrenti come prolungati trend ascendenti o discendenti oppure fasi orizzontali volatili – si verificano periodicamente situazioni speciali, ad esempio la progressiva sopravvalutazione del franco svizzero a fine estate 2011. La presenza di oscillazioni di corso così rapide e marcate nel confronto storico è spesso sintomo di esagerazioni che, con una certa abilità tattica e sufficiente propensione al rischio, potrebbero essere sfruttate a proprio vantaggio. Le valute intese come «classe d’investimento» sono particolarmente indicate a tal fine: al contrario di numerose obbligazioni, azioni o materie prime, che in fasi di mercato turbolente finiscono per Rubrica | 19/28 Trends 02|03.13 caso migliore, i vantaggi derivanti dalla riduzione dei rischi controbilanciano i costi di copertura: sarebbe indicato che un portafoglio obbligazionario non venga coperto al 100%, bensì mediamente intorno all’85% (cfr. l’articolo «Copertura valutaria in un contesto di portafolio internazionale»). La quota di copertura ottimale dipende anche dall’investimento da coprire. Nel caso delle obbligazioni, i rischi di cambio incidono sul rischio complessivo di più di quanto non accada per le azioni, motivo per cui la quota di copertura degli investimenti a reddito fisso è di norma più alta rispetto a quella dei titoli a dividendo. Anche il contesto di portafoglio svolge un ruolo significativo: numerose valute si muovono in maniera indipendente o addirittura in direzione contraria rispetto ai mercati finanziari, contribuendo così a migliorare il profilo di rischio di un portafoglio. Un esempio è fornito dallo yen giapponese, che in tempi di crisi tende spesso a rafforzarsi e aiuta a contenere le perdite sugli investimenti più rischiosi come quelli azionari. non essere quasi più negoziabili, le valute sono estremamente liquide, per cui una posizione può essere adeguata o liquidata senza eccessivi costi di transazione. Vantaggi e costi della copertura valutaria strategica Oltre alla gestione valutaria tattica, riveste grande importanza anche la copertura strategica a più lungo termine di un portafoglio globale. Negli ultimi anni gli istituti previdenziali svizzeri hanno diversificato i 20/28 | Rubrica loro investimenti a livello internazionale, in genere coprendo interamente le loro consistenze azionarie e obbligazionarie in valuta estera per abbassare il rischio di oscillazione del portafoglio. Questo livello di sicurezza è però associato a dei costi: nell’ambito della copertura di valute, l’investitore paga le spese di copertura derivanti dal differenziale dei tassi tra il mercato monetario svizzero e i mercati dei capitali di altre valute. Nel Trends 02|03.13 Real Estate Investimenti immobiliari internazionali offrono vantaggi significativi di diversificazione Ulrich Braun, Responsabile Strategia e consulenza immobiliare Si tratta di un dato sorprendente, soprattutto per i motivi illustrati di seguito. Innanzitutto, in Svizzera la liquidità in circolazione è in costante crescita mentre gli immobili di buona qualità sono sempre più rari, un binomio che si è tradotto, di riflesso, in un aumento dei prezzi in tutti i segmenti di mercato. I rendimenti netti attualmente conseguiti con investimenti in appartamenti ad uso locativo sono ormai arrivati in alcuni mercati al disotto del 3% ante imposte. La tendenza al rialzo dei prezzi immobiliari svizzeri perdura, con brevi interruzioni, già da 15 anni. Per contro, negli ultimi anni numerosi mercati immobiliari esteri sono stati interessati da una netta correzione e oggi offrono nuovamente opportunità d’ingresso allettanti. Gli investimenti immobiliari degli investitori svizzeri sono fortemente concentrati sul mercato nazionale. Alla luce del protrarsi del trend rialzista sul mercato immobiliare elvetico, è tuttavia opportuno puntare a una maggiore diversificazione mediante investimenti immobiliari internazionali. Gli investitori svizzeri attribuiscono grande valore alla diversificazione internazionale per quanto concerne gli investimenti azionari e obbligazionari, mentre per gli immobili la quota di investimenti esteri nei portafogli resta molto bassa. A fine 2011, ad esempio, le casse pensione svizzere risultavano investite mediamente per il 16,3% del patrimonio complessivo in investimenti immobiliari svizzeri – a fronte di una quota non superiore all’1,3% di investimenti immobiliari esteri. Tra gli investitori privati questa tendenza dovrebbe essere ancora più pronunciata. Ciò significa che oltre il 90% degli investimenti in immobili effettuati dagli investitori svizzeri si concentra sul mercato interno. In secondo luogo, proprio gli investimenti immobiliari sono particolarmente indicati a scopo di diversificazione se si prendono in considerazione diversi mercati. Un esempio: l’evoluzione del mercato degli immobili a uso ufficio a Sydney (Australia) è influenzata in prima linea dalle condizioni di domanda e offerta locali. A ciò si aggiunge l’ordinamento giuridico del mercato immobiliare australiano, che prevede ad esempio contratti di locazione a lungo termine e l’adeguamento annuo dei canoni in base una percentuale fissa. I rispettivi sviluppi e le condizioni quadro sono in ampia misura indipendenti da quelli vigenti sul mercato degli immobili per uso ufficio in città come Berlino (Germania) o Houston (Stati Uniti). Mentre a Sydney la domanda sul mercato delle superfici per uffici è trainata dal settore finanziario, a Berlino lo stesso mercato dipende in proporzione maggiore dalla domanda del settore pubblico. A Houston, per contro, per la domanda di immobili destinati a uffici è particolarmente importante il settore energetico. Come illustrato da questo esempio, l’effetto in termini di diversificazione ottenuto tramite investimenti immobiliari internazionali è decisamente superiore a quello possibile in un mercato su piccola scala come la Svizzera. Stile d’investimento La parte del leone nell’ambito degli investimenti immobiliari internazionali spetta ai cosiddetti investimenti «core». Idealmente, nell’asset allocation immobiliare di investitori istituzionali e privati almeno l’80% degli investimenti immobiliari dovrebbe essere rappresentato da questo segmento. I pilastri portanti di una strategia immobiliare core all’estero sono la concentrazione su mercati immobiliari il più possibile trasparenti e liquidi nonché su un’elevata stabilità degli introiti, che è possibile raggiungere tramite contratti di locazione a medio-lungo termine stipulati con locatari altamente solvibili. Perseguendo una strategia immobiliare di questo tipo, è possibile assicurarsi una corresponsione di dividendi adeguata e regolare e ottenere una crescita costante del capitale. Selezione dei prodotti In passato l’accesso a investimenti immobiliari all’estero avveniva principalmente tramite fondi con azioni immobiliari o REIT (Real Estate Investment Trusts). La correlazione tra le azioni immobiliari internazionali e i mercati azionari globali è però molto alta: tra il 2007 e il 2009, gli investitori hanno subito una perdita di valore del 75% circa. Da allora i prezzi delle azioni immobiliari hanno risalito la china e sono più che raddoppiati. A causa dell’elevata volatilità e correlazione con gli investimenti azionari, scegliendo azioni immobiliari si perde buona parte dei vantaggi in termini di diversificazione offerti da un Real Estate | 21/28 Trends 02|03.13 investimento in immobili. Pertanto, si dovrebbe prendere in considerazione anche l’ipotesi di effettuare investimenti diretti. Per gli investitori svizzeri l’offerta di soluzioni basate sui fondi che investono in immobili internazionali è ancora estremamente limitata. I pochi fondi disponibili pongono l’accento su immobili utilizzati a scopo commerciale in America, Europa e nella regione Asia-Pacifico. L’esposizione in valuta estera rispetto al franco svizzero viene in ciascun caso ampiamente coperta. La valutazione è quindi piuttosto interessante: mentre i fondi focalizzati su immobili svizzeri presentano mediamente un aggio pari al 24%, i fondi orientati all’estero sono attualmente negoziati all’incirca sul livello del rispettivo valore netto d’inventario. Conclusione La maggiore presenza di investimenti immobiliari esteri consente agli investitori svizzeri di ottenere una migliore diversificazione del portafoglio e al contempo di ridurne la concentrazione sul mercato domestico. Rappresentano una soluzione ottimale i prodotti d’investimento che riflettono i cash flow costanti di investimenti immobiliari diretti sotto forma di dividendi regolari, e offrono anche una certa liquidità di scambio. L’offerta di fondi disponibile in Svizzera non è molto ampia, ma consente comunque all’investitore di accedere agevolmente a immobili esteri. 22/28 | Real Estate Trends 02|03.13 Alternative Investments Sfruttare la liquidità – utilizzando alternative liquide per ottimizzare la performance del portafoglio Jordan Drachman, Head of Credit Suisse Alternative Beta Strategies L’emergere di strategie d’investimento alternative liquide ha aiutato gli investitori ad accedere ai benefici dell’esposizione agli hedge fund e incrementare al contempo la liquidità complessiva. Ma in che modo gli investitori possono impiegare la maggiore liquidità così ottenuta per ottimizzare ulteriormente i loro portafogli? Nel presente articolo ci occuperemo del nuovo atteggiamento degli investitori nei confronti della liquidità e analizzeremo il modo in cui si avvalgono di strategie alternative liquide per sfruttare le opportunità d’investimento e gestire meglio il rischio. La liquidità è uno strumento prezioso perché consente agli investitori di sfruttare in modo dinamico una ripresa dei mercati in contesti rialzisti, riducendo al contempo i rischi di ribasso in una fase di calo dei mercati. Detenere grandi quantità di riserve in contanti può però ridurre la performance complessiva di un portafoglio, soprattutto nell’attuale scenario di bassi tassi d’interesse. Di conseguenza, gli investitori sono sempre più in cerca di soluzioni finalizzate a migliorare il loro accesso alla liquidità senza dover sacrificare i rendimenti. Poiché offrono la flessibilità necessaria per sfruttare le opportunità disponibili in una gamma di mercati diversi, l’aggiunta di hedge fund a un portafoglio può contribuire a diversificare le attività, ridurre la volatilità e generare rendimenti più costanti sul lungo periodo. Tuttavia, ottenere un’ampia esposizione agli hedge fund può essere difficile a causa di restrizioni agli investimenti, elevati requisiti d’investimento minimo e possibili limitazioni della liquidità, tra cui periodi di lock- up e una scarsa frequenza di sottoscrizione e riscatto. La strategia Liquid Alternative Beta (anche definita di replica di hedge fund) impiega strumenti con un’elevata liquidità per replicare le caratteristiche di rischio e di rendimento di strategie altrimenti meno liquide come gli hedge fund. Questa strategia si è distinta quale possibile strumento utilizzabile dagli investitori per accedere ai rendimenti dell’ampio universo degli hedge fund e delle relative strategie individuali, con una liquidità pressoché identica a quella dei contanti e senza il rischio di andare incontro a periodi di lock-up. Queste strategie altamente li- quide possono avere una serie di possibili applicazioni di portafoglio, tra cui diversificazione, gestione del rischio e ottimizzazione della performance. Uso di alternative liquide per ridurre il fenomeno del «cash drag» Per un’allocazione iniziale a hedge fund, gli investitori devono spesso dedicare il tempo necessario a individuare i gestori e completare il processo di due diligence. Inoltre, al momento di incrementare le allocazioni o ribilanciare i portafogli di hedge fund, gli investitori potrebbero trovarsi ad affrontare restrizioni in materia sottoscrizioni di fondi. In passato, gli investitori in hedge fund hanno in genere Alternative Investments | 23/28 Trends 02|03.13 La possibilità di essere sottoesposti a un settore di hedge fund può rivelarsi molto utile per investitori che desiderano ridurre rapidamente la propria esposizione at- 24/28 | Alternative Investments Uso di alternative liquide per gestire il rischio I gestori di hedge fund adducono in genere numerose ragioni per motivare la limitata trasparenza offerta, tra cui la necessità di mantenere riservate le informazioni d’investimento al fine di restare competitivi. Questi argomenti hanno un fondo di verità, ma la limitata traspa- Per contribuire ad attenuare tali rischi, gli investitori possono scegliere di diversificare i loro portafogli in hedge fund tra una serie di gestori. La diversificazione offre vantaggi ma può essere soggetta a limitazioni. Innanzitutto, ottenere un’esposizione a un più ampio ventaglio di hedge fund può rivelarsi difficile a causa degli elevati livelli d’investimento minimo Un’ampia dispersione della performance può ostacolare l’individuazione di un alfa costante Dispersione dei rendimenti del Dow Jones Credit Suisse Hedge Fund Index nel 2012 50% 44.3% 38.9% 40% 32.8% 20% 14.7% 24.2% 30.3% 32.1% 30% 17.2% 13.5% 10% 0% –0.8% –7.9% –3.1% –12.8% –20% –13.9% –24.3% –30% –27.7% –27.5% –33.8% –40% –25.2% MultiStrategy Managed Futures Long/Short Equity Global Macro Fixed Income Arbitrage Equity Market Neutral –43.3% –50% Event Driven –10% Emerging Markets Inoltre, dal momento che non sono investite in hedge fund, le alternative liquide possono offrire una piena trasparenza e valutazioni giornaliere a livello della posizione, facilitando agli investitori la determinazione strategica del momento giusto per aumentare o ridurre l’esposizione. Considerando che si ricorre esclusivamente a titoli liquidi, gli investitori possono altresì ottenere un’esposizione corta o lunga a una strategia di hedge fund. renza ha anche lati negativi. Un’insufficiente trasparenza, ad esempio, rende la gestione del rischio di un portafoglio di hedge fund più difficile ed è suscettibile di generare scenari di «style drift» (scostamenti dallo stile prescelto) difficili da individuare. Dedicated Short Bias Uso di alternative liquide per cogliere le opportunità tattiche Storicamente, i tempi piuttosto lunghi di sottoscrizione e riscatto necessari per investire in hedge fund hanno reso difficile una rapida riallocazione dei fondi per sfruttare le opportunità a breve termine che possono esistere tra i diversi settori. Con l’introduzione di strategie alternative liquide, gli investitori possono effettuare un’allocazione tattica tra settori, incrementando o ridimensionando l’esposizione in tempi brevi. tuale a hedge fund senza perdere le competenze dei gestori, o che sono in attesa del pagamento di riscatti. La detenzione di posizioni brevi tramite alternative liquide consente agli investitori di coprire efficacemente la loro esposizione a hedge fund in caso di necessità. Convertible Arbitrage dovuto detenere contanti per assicurarsi la disponibilità di fondi in questi intervalli di tempo. Nell’attuale contesto di tassi d’interesse ridotti, qualsiasi posizione liquida può penalizzare i rendimenti del portafoglio. Introducendo strategie alternative liquide, gli investitori hanno la possibilità di realizzare rendimenti assimilabili a quelli degli hedge fund durante questi periodi di transizione, impegnando in anticipo le loro disponibilità liquide e attenuando l’effetto del «cash drag» (ossia i minori guadagni che si ottengono mantenendo la liquidità in portafoglio anziché investirla). Fonte: Credit Suisse, dati dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2012. La parte preponderante dei rendimenti è indicata tramite i riquadri blu (una deviazione standard dalla media in entrambe le direzioni). Le linee nere rappresentano la dispersione dal 1° al 99° percentile. I dati storici sulla performance e gli scenari dei mercati finanziari non sono garanzia per i rendimenti attuali o futuri. Trends 02|03.13 Vista la crescente popolarità delle alternative liquide, queste strategie sono sempre più spesso offerte in formato UCITS (Undertaking for Collective Investment in Tradeable Securities) con un livello d’investimento minimo relativamente basso. Queste strutture regolamentate possono fungere da efficiente e accessibile soluzione per investitori in cerca di un’esposizione analoga a quella degli hedge fund, inclusi coloro a cui era finora precluso l’accesso. Tali strumenti possono inoltre aiutare a ridurre i rischi di controparte, illiquidità e reputazione, oltre a offrire maggiore trasparenza per una gestione del rischio più efficiente. Alla luce delle sfide che gli investitori sono chiamati ad affrontare per gestire i postumi della crisi finanziaria, e considerate le numerose funzioni che le strategie alternative liquide possono assumere all’interno dei portafogli degli investitori, riteniamo che siano destinate a diventare uno strumento sempre più importante per coloro che intendono sfruttare la liquidità per ottimizzare la performance dei propri portafogli. e dei requisiti richiesti in termini di due diligence. In secondo luogo, l’ampia dispersione della performance tra gestori di singoli hedge fund può ostacolare l’individuazione di gestori che forniscono alfa in modo costante (cfr. grafico). Le alternative liquide puntano a offrire rendimenti paragonabili a quelli di un indice di hedge fund o di un portafoglio diversificato di hedge fund e, in virtù di queste caratteristiche, possono essere utilizzate per ottenere un’esposizione core liquida e trasparente a hedge fund. Gli in- vestitori possono quindi investire in un ridotto numero di hedge fund ad alta convinzione quali investimenti «satellite» allo scopo di generare alfa. Questa combinazione presenta di fatto una performance simile a quella di un portafoglio di hedge fund ben diversificato che richiede uno sforzo di due diligence inferiore e può fornire una migliore trasparenza e maggiore liquidità rispetto a un portafoglio di hedge fund standard. In che modo gli investitori ottengono accesso ad alternative liquide? Alternative Investments | 25/28 Trends 02|03.13 Contatti Italia CREDIT SUISSE Divisione Asset Management Via Santa Margherita, 3 20121 Milano Italia Telefono: +39.02.8855 01 Fax: +39.02.8855 0454 [email protected] www.credit-suisse.com/it 26/28 | Trends 02|03.13 Prodotto da Marketing Core Investments & MACS. Il presente materiale è stato redatto dalla divisione Private Banking & Wealth Management di Credit Suisse (“Credit Suisse”) e non dal Research Department di Credit Suisse. 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