Magia immaginifica della parola

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EDUCAZIONE LINGUISTICA E LETTERARIA
IN UN’OTTICA PLURILINGUE
B-10-FSE-2010-1
Ut pictura
di Donatella Vignola
FASE 2 – MATERIALI 10
Un esempio di lettura semiotica -Magia immaginifica della
parola: il processo traduttivo dalla parola all’immagine 1
Traduzione italiana di Mario Ramous
In Ramous, M., (a cura di), Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi. Garzanti
Editore, Milano 1992 (e all’indirizzo:
http://www.miti3000.it/mito/biblio/ovidio/metamorfosi/undicesimo.htm)
Premessa
Secondo la definizione di De Saussure, la parola o segno linguistico è
“un’immagine acustica”. Quando diventa segno scritto, ad esempio un
disegno, la parola entra già in un processo traduttivo intersemiotico.
La nuova entità semiotica ha una propria identità semantica ed è
comunque atto comunicativo tra un emittente e un destinatario che
condividono lo stesso codice-lingua e riconoscono i paradigmi culturali
impliciti nella parola stessa.
Lo stretto legame tra parola, immagine e paradigmi culturali fa di un
disegno la traduzione dell’idea sottesa alla parola; il disegno ha il potere di
spiegare quell’idea sinotticamente, con un suo proprio metalinguaggio. Se
però mutano i parametri culturali dell’emittente e del destinatario, il
processo traduttivo della stessa parola produrrà esiti grafici diversi.
La lettura del processo può essere bidirezionale, dalla parola all’immagine
o dall’immagine alla parola. Viene qui esemplificata la seconda direzione
attraverso un confronto diacronico tra due immagini. In un contesto
didattico, infatti, il confronto tra due immagini che sottendono la stessa
parola ma fanno riferimento a parametri culturali mutati nel tempo, farà
meglio comprendere come si sviluppa nella mente dell’emittente il processo
traduttivo intersemiotico.
1
Adattamento da Vignola, D. (2013) Ut pictura … Della traduzione intersemiotica. In Astori, D. (a cura
di) Produrre quasi lo stesso effetto. Quindici percorsi nei boschi traduttivi. Bottega del libro, Parma 2013.
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1. La selezione della costante: che cos’hanno in comune queste
immagini?
Figura 1
Figura 2
(http://www.tuttoandroid.net/wpcontent/uploads/2012/12/
unnamed2.png)
Entrambe sono la rappresentazione di un’idea di traduzione.
La figura 2 è l’icona simbolo del “translate” di Google, nota agli utenti
della rete come link di funzione.
La figura 1 è tolta dalle glosse linguistiche del Salterium davidicum
polironianum, un codice benedettino della fine del secolo XI.2 Sulla base
delle note esplicative di Giuseppa Zanichelli che del codice è la più
autorevole studiosa, l’immagine personifica l’atto stesso del tradurre
(ZANICHELLI 2006: 486, fig.12).
2. L’input
In entrambi i casi, i significanti poggiano sulla parola “traduzione”; l’esito
è diverso perché sono diversi i paradigmi culturali da cui proviene l’input. La
lettura dei dati percettibili nelle due icone ne consentirà il riconoscimento.
Mantova, Biblioteca Comunale, ms 340 C. III. 20, f.55v: Psalterium davidicum, Ps. 74. Il manoscritto
proviene dallo Scriptorium del monastero benedettino di San Benedetto al Polirone in provincia di
Mantova; dal 1797 è conservato a Mantova, alla Biblioteca Teresiana.
(http://www.bibliotecateresiana.it/index.php?option=content&task=view&id=24&Itemid=70 )
La riproduzione in esame è in Quintavalle, A. C., Il medioevo delle cattedrali, chiese e impero: la lotta
delle immagini secoli XI-XII [catalogo alla mostra, Parma, Salone delle Scuderie in Pilotta, 9 aprile-16
luglio, 2006]. Skira, Milano,p. 486, fig.12.
2
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3. La lettura dei dati percettibili
Esaminiamo l’icona dell’antico glossatore. All’inizio del Salmo 74, in
corrispondenza del rubricato “Psalmus. Asaph. Cantici” una figura,
rovesciata a testa in giù, regge un riquadro con una spiegazione linguistica
(Asaph. canticum. melius cantici); il berretto frigio sul suo capo indica che
nel riquadro è riportata una traduzione dall’ebraico; a differenza dell’altra
figura che è in posizione statica, questa è dinamica: il disegno delle gambe,
dei piedi e del panneggio dell’abito suggeriscono un movimento; le mani
protese verso la campitura scritta indicano l’atto di chi “porta”, o meglio “fa
passare”, quei significati da uno spazio ad un altro.
A quali paradigmi culturali si è appellato il glossatore ideando questo
significante per gli esegeti del suo tempo? Se si esplora la lingua latina,
lingua veicolare in uno scriptorium benedettino, e si procede per mezzo di
associazioni tra segni linguistici e grafici, si può capire perché nell’immagine
sia stata vista la personificazione dell’atto stesso del tradurre.
L’azione del tradurre è espressa in latino dai verbi vertere e transferre.
Vertere evoca l’atto di un rovesciamento; transferre esprime invece il
movimento necessario per “portare al di là” di un confine linguistico il senso
di un enunciato.
Il latino conosce anche exprimere che più delle altre due parole ha a che
fare con le immagini, anzi con immagini filmiche: come transferre connota
un movimento ma lo scinde in due fotogrammi: mette in successione gli atti
con cui si produce un’immagine da uno stampo, prima premendola sullo
stampo poi togliendola dallo stampo (BETTINI 2012: 34).
La parola-verbo più frequente è però interpretari, “far da mediatore”,
”negoziare”, “interpretare”; rimanda al sostantivo interpres, cioè al
mediatore inter-pretium (v. ancora BETTINI 2012: 96 ss.). Ed in effetti ogni
traduzione nasce da un patteggiamento, da una mediazione. Ecco allora che
nella mente dell’amanuense prima ancora che sul foglio, si disegna la forma
umana di un interpres.
Il glossatore ha sintetizzato insomma nel codice visivo, sinotticamente,
l’immagine mentale inscindibilmente legata alle parole con cui avrebbe
espresso in latino l’atto del tradurre, prima distinguendo con chiari tratti sia
il processo del tradurre (nomen actionis), sia il risultato (nomen rei) sia il
mediatore stesso (nome agentis), poi assommandoli in un unico segno,
destinato a cristallizzarsi nella mente del destinatario come un ideogramma,
un’icona per un link. E di fatto così è ancora nella parola “traduzione” che
evoca sia il processo sia il risultato. Nel trasferimento dalla parola
all’immagine, nulla dunque è andato perso né per il lettore medievale né per
l’esegeta di oggi che conosce il latino.
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4. Dov’è lo scarto?
Lo scarto è evidente nel confronto con il significante di Google: nessuna
traccia resta dell’idea del vertere (soppiantata del resto in molte lingue
moderne), mentre rimane l’idea del trasferimento (comune oggi a più
lingue)3, esplicitata sia dalla didascalia (translate) sia dalla freccia
bidirezionale che collega due riquadri, uno con una lettera alfabetica ed uno
con un carattere cinese (文, morfema wén = “scrittura”; “testo scritto”). La
rappresentazione è schematica: i due riquadri alludono a documenti scritti
in codici diversi e per effetto associativo rinviano a lingue diverse.
La componente iconica del pensiero e del linguaggio verbale è stata
ridotta a tratti figurativi essenziali perché fossero universalmente
decodificabili nell’ampio e variegato contesto scrittorio, linguistico e
culturale del pianeta Google.
5. Conclusioni per la didattica
-
-
Per riconoscere il processo con il quale una parola è stata tradotta
in immagine è stato necessario partire dalla nuova entità
semiotica ed esaminare nell’immagine i dati percettibili che
permettono il riconoscimento di significati.
Il confronto tra due immagini in diacronia ha permesso di
dimostrare che lo stesso input può produrre esiti traduttivi diversi
in rapporto alla cultura dei riceventi.
Mostrando come il pensiero può verbalizzarsi e diventare segno,
l’analisi della traduzione intersemiotica aiuta a scendere dal piano
superficiale di eterogenei significanti ai piani profondi dei
significati dove le diversità linguistiche si annullano in un comune
percepire.
Più in particolare per il latino:
-
-
Il confronto tra segno linguistico (la parola) e segno figurativo,
all’interno di un percorso didattico sulle espressioni latine del
tradurre, può guidare la mente degli apprendenti a più livelli di
analisi e di confronti (intrasegnici, intra/interlinguistici e
intra/interculturali).
Consente anche al latino di partecipare ad un processo di
conoscenza, dando e ricevendo contributi vivificanti, e, uscendo
dal chiuso degli scriptoria, di giustificare da sé la sua ragione di
essere nel dialogo interlinguistico e interculturale di oggi.
3
Cfr. to translate, traduire, dall’antico trans-later, tradurre, calcato sul discusso traducere (si veda in proposito BETTINI 2012:
VII-VIII, n.), über-setzen e übersetzen.
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Bibliografia
Bettini, M. (2012), Vertere. Un’antropologia della traduzione nella cultura
antica. Giulio Einaudi editore, Torino 2012.
Zanichelli, G.(2006), Il codice miniato e la cattedrale, alcuni testimoni tra
XI-XII secolo. In Quintavalle, A. C., Il medioevo delle cattedrali, chiese e
impero: la lotta delle immagini secoli XI-XII [catalogo alla mostra, Parma,
Salone delle Scuderie in Pilotta, 9 aprile-16 luglio, 2006]. Skira, Milano, pp.
483-513.
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