La fine dell`equilibrio bipolare: dalla caduta del muro di Berlino al

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Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D
La fine dell’equilibrio bipolare: dalla caduta del muro di Berlino
al crollo dell’Unione Sovietica
Berlino, 9 novembre 1989, crollo del muro; 1991, rimozione di una statua di Lenin
A cura di Alessandro Pasqua, Caterina Pinelli, Filippo Savi, Sara Signorini
1
Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D
1.Introduzione
La caduta del muro di Berlino e il crollo del comunismo e dell’Unione Sovietica hanno segnato la
storia mondiale. La fine del bipolarismo ha fatto sognare un mondo unito e avviato verso la pace e
la libertà. Oggi sappiamo che era un’illusione: terrorismo, conflitti a base etnica o religiosa, nuovi
nazionalismi caratterizzano un mondo in cui ogni giorno si costruiscono nuovi muri. Ma quegli
eventi costituiscono comunque una "cesura profonda nella storia della modernità" e sono alla base
dell’Europa di oggi.
2.La Germania
2.1 La divisione della Germania e l'erezione del muro di Berlino (1961)
Il discorso di Winston Churchill sulla “Cortina di Ferro” pronunciato negli Usa il 5 marzo 1946 è
considerato da molti storici l’inizio della Guerra Fredda, termine che venne coniato l’anno dopo ad
indicare la lotta per il controllo del mondo tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Il presidente
americano Henry Truman il 17 marzo 1947 enunciò a sua volta la dottrina del “containment”,
ovvero la necessità di contenere su scala mondiale la diffusione delle idee comuniste e del
socialismo reale.
Il primo terreno di scontro fu la Germania, che subito
dopo la guerra fu divisa in quattro zone d’occupazione,
così come la città di Berlino. Stalin attuò nel giugno del
1948 il blocco di Berlino, chiudendo gli accessi alla città
e impedendone il rifornimento. Per nove mesi un
gigantesco ponte aereo degli americani e dei loro
alleati rifornì la città dal cielo. Nel maggio del 1949
Stalin tolse il blocco; le tre zone occidentali della
Germania si unirono, proclamando la Repubblica
Federale Tedesca (BRD) con capitale Bonn.
Contemporaneamente venne creata la Repubblica
Democratica Tedesca (DDR) con capitale Pankow
(sobborgo di Berlino).
1948-1949, Berlino, il ponte aereo
2
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La DDR era naturalmente sotto l'influenza dell'Unione Sovietica, mentre la BRD sotto quella degli
Stati Uniti. Grazie all’appoggio degli americani, quest'ultima visse, negli anni '50, un boom
economico che le permise di affermarsi come nazione rispettata.
La Repubblica Democratica Tedesca si trovò invece in una situazione difficile: la repressione
dell'industria e del commercio privati, la collettivizzazione forzata dell'agricoltura e la mancanza di
risorse provocarono un vero e proprio esodo. Nel corso degli anni '50, infatti, il confine tra est ed
ovest, non essendo ancora insuperabile, vide circa 2,5 milioni di persone fuggire dalla DDR per
raggiungere la BRD: giovani e persone con una buona formazione professionale, laureati, operai
specializzati e artigiani, si spostarono con la speranza di un futuro più proficuo e libero.
Dopo il fallimentare incontro Kennedy-Kruscev a Vienna nel giugno del 1961, all'alba del 13 agosto
venne iniziata la costruzione del “muro di protezione antifascista”, una barriera in cemento lunga
155 km e alta 3 mt e mezzo che separava Berlino est (e la DDR) da Berlino Ovest (e la BRD).
Davanti agli occhi increduli degli abitanti di tutte e due le parti, un muro insuperabile attraversò e
divise tutta la città (famiglie, strade e posti di lavoro, scuole e università), interrompendo tutti i
collegamenti tra Berlino est ed ovest. Da quel momento in poi i soldati avrebbero avuto l'obbligo di
sparare su tutti coloro che avrebbero cercato di oltrepassare la zona di confine. Dal ’75 si aggiunse
la “striscia della morte” (trincee anticarro, torri di guardia, bunker)1. Bloccate così quasi
completamente le fughe di cittadini (non più di 5.000 tentarono di andarsene), negli anni '60 e '70
1
Cfr. video di animazione realizzato da Till Nowak http://www.ilmitte.com/video-la-costruzione-e-la-caduta-del-murodi-berlino-in-un-video-di-animazione/
3
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la DDR visse anch'essa un boom economico che la portò ad affermarsi come la nazione
economicamente più forte tra gli stati dell'est. I tedeschi, sia dell'est che dell'ovest, cominciarono a
rassegnarsi alla divisione.
2.2. La caduta del muro (9 novembre 1989)
Alla fine degli anni '80 la DDR sembrava economicamente abbastanza forte, l'apparato statale si
pensava indistruttibile e nessuno poteva prevedere il crollo che, nel 1989, sarebbe avvenuto in
pochissimi mesi.
Ogni tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest equivaleva alla morte, ma nell'estate del 1989 si
trovò un'altra via di fuga, tentando di raggiungere le ambasciate della Germania Federale a Praga,
Varsavia e Budapest. Cominciò un assalto in massa a queste tre ambasciate; l'Ungheria, il 10
settembre del 1989, aprì i suoi confini con l'Austria: ora la strada dalla Germania dell'est all'ovest
(attraverso l'Ungheria e l'Austria) era libera. Mentre il flusso di persone che arrivava nella
Germania dell'ovest attraverso l'Ungheria e l'Austria aumentava di giorno in giorno, anche nella
DDR crescevano le proteste e la gente si fece più coraggiosa.
Il 9 novembre un portavoce del governo della Repubblica Democratica Tedesca annunciò una
riforma della legge sui viaggi all'estero e la gente di Berlino est lo interpretò a modo suo: il muro
doveva essere abbattuto. Migliaia di persone si riunirono all'est e all'ovest con ansia e
preoccupazione. Nella confusione di quella notte, qualcuno, e ancora oggi non si sa esattamente
chi sia stato, dette l'ordine ai soldati dei posti di blocco di ritirarsi e migliaia di persone dall'est e
dall'ovest, scavalcando il muro, si incontrarono per la prima volta dopo 29 anni. Si aprì, così, un
nuovo periodo per la Germania, i cui effetti erano destinati a ripercuotersi sul resto del mondo
comunista.
Berlino, 9 novembre 1989, il muro viene abbattuto
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La cronaca di quanto accadde, del tumulto e del fermento, è riportata da Paolo Borella 2 e Lilli
Gruber3 che, nell'estate 1989, si recarono in Germania per seguire gli eventi che li resero partecipi
della ribellione in massa del popolo della Germania comunista e del crollo del muro di Berlino.
Questa forte esperienza venne descritta in Quei giorni a Berlino: il crollo del muro, l'agonia della
Germania Est, il sogno della riunificazione: diario di una stagione che ha cambiato l'Europa (1990).
Nel libro si leggono queste parole:
"La gente ha molta voglia di parlare, non importa con chi, vogliono solo esprimere quello
che sentono mentre tentano di raggiungere l'agognata breccia. “Libera, capisce?, sono
finalmente libera” mi dice tra le lacrime una donna che avrà una cinquantina d'anni... Una
donna vicino a me piange silenziosamente: “È la prima volta... Finalmente dopo tre anni
posso rivedere mio figlio. È stato perseguitato a lungo, fino a quando è riuscito a
scappare”... “Quando è morta mia mamma che viveva a Colonia, quasi vent'anni, non mi
hanno neanche permesso di andare ai suoi funerali” racconta una signora dal viso
segnato ma ancora fiero. “Dopo infinite lungaggini burocratiche, l'autorizzazione al
viaggio è arrivata troppo tardi. Facevano spesso così, era una maniera come tante altre
per umiliarci tutti. Mia figlia ha deciso quest'estate che non ne poteva più ed è scappata
con il suo fidanzato. È di là. Pensi che faccia farà quando mi vedrà!”"4
Furono principalmente due fattori a portare alla riunificazione: l'arrivo di Mikhail Gorbačëv5 come
leader dell'Unione Sovietica e le crescenti difficoltà politiche ed economiche dei paesi dell'est,
specialmente della DDR.
2.3 La riunificazione della Germania
Sin dal 28 novembre, il cancelliere della Germania Ovest, Helmut Kohl,
presentò un piano per una rapida riunificazione delle due Germanie,
mediante libere elezioni e a seguito di una fase transitoria gestita
parallelamente dalle istituzioni dei due paesi. Dopo l'iniziale proposta di
mantenere la nuova Germania riunificata neutrale rispetto ai due blocchi,
Mikhail Gorbačëv acconsentì alla sua permanenza nella NATO6 e si
impegnò con Kohl, dietro un risarcimento economico, a ritirare le truppe
dalla Germania orientale. Contemporaneamente ordinò il rimpatrio delle
2
Paolo Borella (Bergamo, 17 agosto 1953), giornalista, conduttore radiofonico italiano e laureato in filosofia
all'Università Normale di Pisa, lavorò come inviato speciale all'estero seguendo per la RAI nel 1989 le fasi precedenti il
crollo del muro di Berlino insieme a Lilli Gruber.
3
Dietlinde Gruber, detta Lilli (Bolzano, 19 aprile 1957), è una giornalista, scrittrice, conduttrice televisiva ed ex politica
italiana. Attiva come giornalista televisiva dai primi anni Ottanta, lavorò per il TGR, il TG2 e il TG1, conducendo le
principali edizioni delle testate, ricoprendo pure il ruolo di inviata, seguendo per la RAI avvenimenti importanti come il
crollo del muro di Berlino e la guerra in Iraq.
4
P.Borella, L.Gruber, Quei giorni a Berlino: il crollo del muro, l'agonia della Germania Est, il sogno della riunificazione:
diario di una stagione che ha cambiato l'Europa, Nuova Eri, Torino, 1990 pp.203-205
5
Vedi paragrafo 4
6
L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (in inglese North Atlantic Treaty Organization, in sigla NATO) è
un'alleanza internazionale per la collaborazione nel settore della difesa, fondata nel 1949.
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unità dell'Armata Rossa di stanza in Ungheria e Cecoslovacchia: fu così sancita la fine del Patto di
Varsavia7 (ufficiale il 25 febbraio 1991).
In Germania, il muro era caduto ma esistevano ancora due stati tedeschi, con organizzazioni
politiche ed economiche diverse; ma non solo: i sistemi alla base della vita pubblica erano diversi e
ciò si riscontrava nelle leggi, nelle scuole, nelle università. La libertà a lungo desiderata c'era,
mancava il benessere collettivo e la gente all'est non voleva più aspettare: dopo la caduta del
muro, infatti, il flusso dall'est all'ovest aumentò di colpo e nella DDR cominciò a regnare il caos.
Riunire i due stati non si dimostrò così facile: mentre la DDR era direttamente sotto l'influenza
russa, la Germania Federale era vincolata nelle sue azioni dall'approvazione degli ex-alleati della
Seconda Guerra Mondiale. Questo rendeva la riunificazione un problema internazionale e solo
dopo lunghe procedure tra Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia e Gran Bretagna, e dopo
l'approvazione definitiva di Mikhail Gorbačëv, la strada per la riunificazione fu libera.
Il 18 marzo 1990 furono tenute le prime libere elezioni della Repubblica Democratica Tedesca, che
vennero vinte dal partito democratico cristiano; si procedette poi con l'unificazione monetaria tra
le due "vecchie Germanie". La Germania fu ufficialmente riunificata il 3 ottobre 1990, quando la
DDR si auto-sciolse e le sue regioni vennero annesse alla Repubblica Federale.
Il filosofo, sociologo e politico tedesco Dahrendorf8, in La società riaperta9, analizza passo dopo
passo crisi e mutamenti innescati da quella che l’autore definisce come una "cesura profonda nella
storia della modernità". Fa riferimento, ovviamente, della “rivoluzione del 1989”, accostata alla
"ripartenza dopo il 1945". La fine del dominio sovietico e il collasso delle democrazie popolari ha
costituito, secondo Dahrendorf, una riapertura della società e ha esposto gli individui, a lungo
costretti nella morsa dell’immobilismo ideologico e burocratico, al cambiamento, non
riconsegnando ai cittadini di quei paesi la libertà ma piuttosto la possibilità rischiosa di sviluppare
un metodo per "costruire una società aperta sulle macerie della tirannia". Questo tentativo di
costruzione viene prospettato da Dahrendorf come insidiato dai rischi di un decadimento di tipo
"demagogico-autoritario" oppure di un’anarchia, nel caso in cui non si fosse capaci di costruire, con
pazienza e riforme, un intreccio tra istituzioni democratiche (fatte di rappresentanza e
partecipazione), libertà di mercato (ma con una forte rivendicazione del primato della politica
sull’economia) e attiva presenza di una società civile. C’è in Dahrendorf l’attenzione vigile alle
“lezioni della storia” e alla complessità dei problemi proposti dall’intreccio tra il nuovo e il vecchio;
ci sono il gusto per le libertà individuali e la rivendicazione del “rule of law” 10; c’è la lotta per una
“maturità” civile che riesca ad essere immune da utopismi ma, ancor di più, sostanziata di passione
per la cosa pubblica. Di qui il convincimento circa la “natura procedurale" della società aperta, che
non va distanziato dalla rivendicazione della necessità di un impegno etico, critico e consapevole
7
Il Patto di Varsavia del 1955, detto anche Trattato di Varsavia, fu un'alleanza militare tra i paesi del Blocco Sovietico,
nata come contrapposizione alla NATO.
8
Ralf Gustav Dahrendorf (Amburgo, 1929-Colonia 2009), è stato un filosofo, sociologo e politico tedesco, cittadino
britannico dal 1988.
9
Ralf Dahrendorf, La società riaperta. Dal crollo del muro alla guerra in Iraq, Laterza, Bari-Roma 2005
10
Per rule of law si intende quel sistema di regole che disciplinano l'esercizio del potere pubblico in genere, in
particolare attraverso la pubblica amministrazione.
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da parte di individui che quella società vogliono difendere e rafforzare. Allo stesso modo l’adesione
a un modello di società secolarizzata e immune da autoritarismi a sfondo etico non nasconde la
preoccupazione per la distruzione dei legami sociali e l’indebolimento del senso di appartenenza e
di condivisione di comuni responsabilità, con il rischio di un precipitare nell’apatia e nel
fondamentalismo (etnico, religioso, politico), entrambi distruttori del conflittuale, ma disciplinato,
cosmo liberale.
3. La crisi polacca
In Polonia e in Ungheria, dove la crisi economica e le spinte per una riforma erano più forti, la
politica di Gorbačëv trovò sempre più consensi, anche tra i governanti; ma i movimenti di
opposizione nei confronti della dirigenza comunista si susseguirono in Polonia per tutti gli anni ‘80,
preludendo la caduta dei regimi comunisti dell'Europa dell'Est. Questo paese era il tassello più
vulnerabile del sistema sovietico, per la presenza di una classe operaia ben organizzata e
insofferente nei confronti dell'apparato burocratico del partito e per quello della Chiesa cattolica,
rimasta un saldo punto di riferimento per l'area del dissenso politico, di cui aveva continuato a
recepire le istanze.
A provocare le prime agitazioni operaie in Polonia
era stato un rincaro dei prezzi dei generi alimentari.
Dopo gli scioperi avvenuti nel 1980 a Danzica, gli
operai che li avevano indetti si erano uniti in un
sindacato indipendente, Solidarność, con radici
negli ambienti cattolici. Il governo, preso alla
sprovvista, decise di intavolare le trattative con il
leader del sindacato Lech Walesa (nella foto a
fianco), ciò valse a legittimare implicitamente il
nuovo sindacato. Tuttavia, di fronte al perdurare di
una situazione critica, le redini del governo
passarono nel 1981 al ministro della difesa, il
generale Jaruzelski. Questi, temendo il rischio di un intervento sovietico, lo anticipò instaurando la
legge marziale11. Solidarność venne sciolto e dichiarato illegale, migliaia di dirigenti sindacali, fra
cui Walesa, furono arrestati, lo sciopero vietato, le industrie e i servizi pubblici militarizzati. Non
per questo cessarono le agitazioni operaie. Nel luglio 1983 la legge marziale venne revocata e fu
concessa un'amnistia12 che riportò in libertà Walesa, simbolo della lotta per la libertà. Dalla
collaborazione tra governo e sindacati liberi scaturì la decisione di chiamare i polacchi alle urne nel
11
La legge marziale è un sistema di governo in cui le leggi ordinariamente in vigore in uno Stato vengono
temporaneamente sospese e i tribunali militari prendono il controllo della normale amministrazione della giustizia.
L'aggettivo marziale deriva dal latino Martialis, e si riferisce a Marte, antico dio italico e romano venerato soprattutto
come divinità guerresca.
12
L'amnistia è una causa di estinzione del reato e consiste nella rinuncia, da parte dello Stato, a perseguire determinati
reati. Si tratta di un provvedimento generale di clemenza, ispirato, almeno originariamente, a ragioni di opportunità
politica e pacificazione sociale.
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giugno 1989. Il risultato elettorale fu una schiacciante vittoria di Solidarność. Ciò nonostante, il
partito comunista mantenne la guida del paese, ma in agosto la pressione esercitata dalle masse
popolari costrinse la dirigenza comunista a cedere alla proposta di Walesa di formare un governo di
coalizione. Successivamente, le elezioni presidenziali del 1990 confermarono il successo di Walesa
che così divenne presidente della repubblica.
4. L’URSS
4.1 Mikhail Gorbačëv
Mikhail Gorbačëv non solo aprì le porte dell’URSS
all’Occidente, ma ne causò al tempo stesso il collasso,
portando la nazione verso un’era di libertà e instabilità;
favorì inoltre il crollo degli altri regimi comunisti e la
liquidazione della Guerra Fredda.
Mikhail Gorbačëv (nato nel 1931) nel 1985 diviene
segretario del PCUS13, la carica più importante del paese,
acquisendo quindi l’effettivo controllo dell’Unione
Sovietica. Quando salì al potere già da parecchi anni l’URSS
stava attraversando una profonda crisi economica. Infatti il
sistema economico era divenuto sempre più sconnesso,
incapace di svilupparsi tecnologicamente e soddisfare le
esigenze della popolazione. I suoi obiettivi erano due
principalmente: prima di tutto voleva dare nuova vita al
sistema economico del Paese; poi voleva rivoluzionare
totalmente l’URSS, cambiando il sistema politico.
Dal punto di vista economico avviò il processo di cambiamento dell'Unione Sovietica che più avanti
sarà definito “Perestrojka”, parola russa che letteralmente significa “ricostruzione” e identifica
tutte le riforme economiche attuate con lo scopo di rendere più efficiente la produzione
industriale e quella agricola, attraverso un decentramento delle decisioni dal vertice alla base, in
simbiosi con una maggiore trasparenza nella vita pubblica, definita “Glasnost”.14 La parola russa è
tradotta con il termine “trasparenza”: attraverso l’eliminazione dei privilegi dell’apparato
burocratico, la lotta alla corruzione, una più ampia circolazione delle informazioni e un aperto
confronto di idee, con l'abolizione della censura preventiva e il controllo su ogni genere di
produzione, rese più trasparenti e consensuali i procedimenti decisionali.
Per Gorbačëv la parola d'ordine per l'economia sovietica era “accelerazione”, nel senso di
progresso tecnico attraverso l'aumento di produzione di macchine sofisticate, in modo da
aumentare la produttività dell'intero sistema economico. A tal fine introdusse una nuova struttura
13
Acronimo di Partito Comunista dell'Unione Sovietica
Definizione “perestrojka” e “glasnost” ricavate da Valerio Castronovo, Nel segno dei tempi, Mille Duemila, La Nuova
Italia, Firenze 2015 pp.492-493
14
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amministrativa, la “Gospriemka”, con il compito di esaminare la qualità della produzione di ogni
impresa e per migliorare la produzione, dando lavoro nel frattempo ad oltre 140.000 persone. 15
Le riforme gorbacioviane trascurarono gli effetti dei provvedimenti, causando danni irreparabili al
sistema economico, peggiorando anche la vita dei cittadini. Un esempio di effetto economico
indesiderato è legato alla Gospriemka, che con i suoi rigidi controlli costrinse molte imprese a
ridurre l'offerta dei beni ed aumentare i costi di produzione. Con l’attuazione di queste riforme
peggiorarono il tenore di vita dei contadini, i servizi pubblici, le condizione dei lavoratori. Il
fallimento, infine, fu anche sottolineato da due eventi catastrofici che si abbatterono sull’Unione
Sovietica: il disastro di Cernobyl16 e il terremoto in Armenia17.
A partire dal 1986 iniziò un secondo periodo dell’economia gorbacioviana, chiamato “Nep”18. Varie
riforme riguardarono relazioni economiche e di mercato al fine di migliorare e aumentare la
produzione: venne data importanza ai privati e alle cooperative attraverso le leggi del maggio
198819 ed una maggiore autonomia alle imprese con la diminuzione dei poteri dei ministeri
centrali. Anche in questo caso però le riforme non ebbero effetti positivi: la troppa libertà da parte
delle aziende favorì comportamenti illeciti e uso di materiali a scopo privato. Tutto ciò causò
quindi un indebolimento del controllo politico, amministrativo e giuridico da parte di tutte le
istituzioni sovietiche.20
4.2 La svolta strategica di Gorbačëv
Dal punto di vista economico le idee di Gorbačëv si rivelarono quasi del tutto fallimentari,
causando l’aumento del malcontento popolare, ma durante il periodo in cui rimase al potere
introdusse vari provvedimenti che rivoluzionarono in modo radicale la politica del mondo,
favorendo il cammino della Russia e dell’Europa orientale verso la liberazione dai regimi comunisti
e la liquidazione della Guerra Fredda.
Gorbačëv si rese conto della necessità di una profonda modifica nei rapporti internazionali: al fine
di instaurare una collaborazione per un comune programma di pace e sviluppo, propose, il 15
gennaio 1986, un programma concreto per l’abolizione delle armi nucleari entro il 2000, secondo il
quale USA e URSS avrebbero dovuto dimezzare il numero delle armi nucleari in loro possesso.
Invitò poi le altre potenze nucleari ad unirsi al processo, eliminando a loro volta le armi nucleari e
congelando i sistemi tattici: in questo modo i test nucleari sarebbero cessati ovunque. La
distruzione delle armi sarebbe risultata positiva per l’Unione Sovietica, dato che avrebbe potuto
15
Gian Paolo Caselli, La Russia nuova: economia e storia da Gorbačëv a Putin, Mimesis, Milano 2013 p.16
Il disastro di Černobyl' è stato il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare (26 aprile 1986).
17
1988: un violento terremoto di 6,9 gradi della scala Richter devasta il nord dell’Armenia. La scossa sismica provoca
più di 25.000 morti, decine di migliaia di feriti ed immani distruzioni.
18
Nuova politica economica: fu un sistema di riforme economiche, in parte orientate al libero mercato, che Lenin istituì
per primo in Russia nel 1921 e che durò fino al 1929.
19
La Legge delle Cooperative promulgata nel maggio 1988 fu forse la più radicale delle riforme economiche di
Gorbačëv. La legge permetteva la proprietà privata nelle imprese di servizi, nell'industria manifatturiera ed in settori
del commercio esterno.
20
Gian Paolo Caselli, op.cit. p.20
16
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permettere alle industrie belliche di convertire la produzione al settore civile, aiutando quindi lo
sviluppo economico e il superamento della crisi.
Ronald Reagan21 e il Segretario di Stato George Shultz22 accolsero la proposta: le due potenze
giunsero così all’incontro di Reykjavik (11-12 ottobre 1986) dove concordarono che “una guerra
nucleare non poteva essere vinta e pertanto non doveva mai essere combattuta”; sebbene Reagan
non accettasse la totale eliminazione delle armi nucleari, l'incontro ruppe comunque la logica e il
linguaggio del confronto nucleare fra USA e URSS e aprì la via a una serie di accordi che
realizzarono in parte il primo degli obiettivi proposti da Gorbačëv: il Trattato "INF"23, che
prevedeva lo stazionamento dei missili balistici e Cruise con base a terra e con raggio d’azione fra
500 e 5500 km, considerato in quegli anni come la questione più urgente della Guerra Fredda, fu
pubblicato l’8 dicembre 1987; il trattato "CFE", del 19 novembre 1990, firmato da 22 paesi della
NATO24 e dai paesi membri dell’ex patto di Varsavia25, comportò la riduzione delle armi
convenzionali necessarie per condurre attacchi di sorpresa o per effettuare operazioni offensive di
larga scala.
Infine, dopo altre faticose trattative, USA e URSS il 31 luglio 1991 firmarono l'accordo START I,
impegnandosi al dispiegamento di non più di 6.000 testate nucleari ed un massimo 1.600 missili
balistici lanciabili da sottomarini e da bombardieri.
Gorbačëv e Reagan
21
Politico e attore statunitense. È stato il 40º presidente degli Stati Uniti d'America, in carica dal 1981 al 1989.
George Pratt Shultz è un politico ed economista statunitense. È stato il 60° Segretario di Stato degli Stati Uniti
d'America, in carica dal 1982 al 1989 durante la presidenza di Ronald Reagan.
23
Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty venne siglato a Washington DC l'8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e
Michail Gorbačëv
24
Vedi nota 6
25
Vedi nota 7
22
10
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4.3 La caduta dell'URSS e la fine del bipolarismo
L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, nata dalla rivoluzione d'ottobre nel 1917,
comprendeva territori attribuiti in parte all’Europa orientale e in parte all’Asia centrosettentrionale.
Mikhail Gorbaciov aveva cercato di attuare riforme economiche, favorendo l'iniziativa dei direttori
industriali e agricoli, ma questo non bastò a risolvere la crisi, tanto che sul finire degli anni '80
iniziarono le proteste dei lavoratori e i beni di consumo sparirono dai negozi.
L’unione delle varie etnie, lingue e culture diverse inglobate all'interno dell'URSS cominciò a
svanire a partire dal 1986, con la rivolta anti-russa in Kazakistan. Nel 1988, iniziarono gli scontri tra
armeni prevalentemente cattolici e i musulmani della repubblica dell'Arzeibajan; lo stesso accadde
un anno dopo in Uzbekistan, tra turchi e uzbechi.
Tra il dicembre 1989 e il 1990 le repubbliche baltiche, Estonia, Lettonia e Lituania si proclamarono
indipendenti, mentre tra il 1990 e il 1991, aumentarono le manifestazioni contro Gorbačëv e il
Partito Comunista, ormai ridotto all'osso per la defezione di molti suoi membri. Sono infatti queste
nazioni a fare scoppiare la crisi finale. Questi paesi, annessi a seguito del patto MolotovRibbentrop26 del 1939, si erano da sempre sentiti culturalmente e politicamente estranei
all’Unione Sovietica. La piccola Lituania è la prima a sfidare apertamente l’URSS dichiarandosi
indipendente nel marzo 1990, e trova il potere centrale totalmente impreparato. Il governo
reagisce imponendo pesanti sanzioni economiche, senza tuttavia riuscire a ottenere una marcia
indietro. Si tenta il pugno di ferro. Il 13 gennaio del 1991 truppe speciali sovietiche assaltano il
parlamento lituano e aprono il fuoco sulla folla causando 14 morti e 600 feriti. A Mosca più di
300mila persone si radunano, in segno di solidarietà con le vittime, per protestare contro la
repressione. È ormai chiaro che Mosca non è in grado di impedire con la forza l’indipendenza delle
26
Il patto Molotov-Ribbentrop, chiamato anche patto Hitler-Stalin, fu un trattato di non aggressione fra la Germania
nazista e l'Unione Sovietica.
11
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Repubbliche. Seguendo l’esempio lituano, Lettonia ed Estonia si dichiarano a loro volta
indipendenti. L’Unione Sovietica comincia a perdere pezzi.
A marzo, in un disperato tentativo di proteggere l’integrità territoriale del paese, Gorbačëv indice
un referendum sul mantenimento dell’URSS “sotto forma di una rinnovata federazione di
repubbliche sovrane ed eguali”. Nonostante il boicottaggio di Armenia, Georgia, Moldavia e delle
tre repubbliche baltiche, che si rifiutano di partecipare, l’iniziativa è un successo. Il “sì” vince in
tutte le nove repubbliche con oltre il 70% dei voti.
Si aprono subito dei negoziati per trovare un compromesso tra centro
e periferia, capace allo stesso tempo di salvare l’Unione e soddisfare le
aspirazioni autonomiste delle repubbliche. Nel giugno 1991 viene
eletto presidente, per la prima volta con elezione diretta, Boris Eltsin
(nella foto) le cui posizioni liberiste portarono alla fine dell'URSS. Forte
del suo mandato popolare, moltiplica gli attacchi al potere centrale.
Dopo aver riconosciuto l’indipendenza dei paesi baltici, dichiara la
preponderanza del diritto della Repubblica Russa sul diritto federale e
dota il governo di un proprio Ministro degli Esteri e di servizi di
sicurezza. Il paese è sull'orlo del collasso. Le riforme di Gorbačëv in
campo economico avevano sortito un effetto disastroso e l'opposizione
contro il Partito Comunista cresce a dismisura, come le rivolte nelle
repubbliche della federazione. Nell'agosto dello stesso anno, un colpo di stato organizzato dai
partiti d'opposizione cerca di spodestare Gorbačëv, che è confinato nella sua villa in Crimea.
Il 25 dicembre del 1991 si ammaina sulle mura del Cremlino27 la bandiera rossa con la falce e il
martello: è la fine di un’era. L’Unione delle Repubbliche Socialistiche Sovietiche, che da speranza di
un mondo più giusto si era trasformata in uno dei più perversi sistemi totalitari della storia
dell’umanità, ha cessato di esistere. Michail Gorbačëv, a capo dell'URSS dal 1985, presenta le sue
dimissioni. Nel suo discorso d’addio, prende atto della sua sconfitta: i suoi tentativi di riforma
avevano innescato un processo di disgregazione che aveva portato, in pochi anni, al crollo
definitivo. Eppure all’inizio del 1990, malgrado l’erosione del blocco comunista, con le rivoluzioni di
velluto28 e la caduta del Muro di Berlino, erano in pochi a immaginare un mondo senza URSS. Nel
1991 i presidenti dei nuovi stati indipendenti si incontrarono in Kazakistan, dove decretarono
ufficialmente la fine dell’Unione Sovietica. Costruirono al suo posto una “organizzazione
internazionale, la Comunità degli Stati Indipendenti, aperta a tutte le ex repubbliche sovietiche” 29,
27
Cremlino è il termine russo corrispondente all'italiano fortezza, cittadella o castello e fa riferimento al complesso di
edifici presente all'interno di quelle città russe che risalgono all'epoca medioevale. Questa parola è solitamente usata
per indicare il più conosciuto, il Cremlino di Mosca o, per metonimia, il governo dello Stato.
28
Il termine Rivoluzione di velluto (17 novembre - 29 dicembre 1989) si riferisce alla rivoluzione non violenta che
rovesciò il regime comunista cecoslovacco.
29
Augusto Come, La fine dell'Unione Sovietica http://www.ilpost.it/2011/12/25/la-fine-dellunione-sovietica/ fonte di
tutto il paragrafo
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per la cooperazione economica, militare e di politica estera (CSI)30.
Il collasso dell’Unione Sovietica e il crollo dei regimi comunisti dell’Europa dell’Est segnarono
l’epilogo di una fase storica, caratterizzata per quasi cinquant’anni da un equilibrio bipolare fra le
due superpotenze, USA e URSS. La dissoluzione dell’impero sovietico non solo mutò l’animo dei
cittadini ma anche la carta geopolitica del Vecchio continente.
Il regime sovietico era stato contraddistinto da una vecchia dottrina rivisitata sotto forma di
ideologia radicale dall'opera di Marx ed Engels. Ne prendiamo in esame i capisaldi nel paragrafo
successivo.
5.Il comunismo
5.1 Nascita del comunismo
“Il comunismo è la dottrina che teorizza la necessità di porre fine alla proprietà privata dei mezzi di
produzione e di introdurre la proprietà collettiva, al fine di costituire una società di eguali, liberata
dai conflitti politici e sociali e dalle guerre tra gli Stati.”31
Il movimento internazionale che si è posto l'obiettivo di attuare questo tipo di società si divise, nel
corso del tempo, in correnti che hanno quasi sempre preso il nome da capi politici che si sono
distinti nelle varie rivoluzioni moderne: marxismo, leninismo, stalinismo, trotzkismo, maoismo.
Il comunismo contemporaneo ha avuto inizio con il
pensiero dei tedeschi Karl Marx32 e Friedrich
Engels33, dai quali derivò il marxismo. Le loro opere
principali sono Il Manifesto dei comunisti (1848),
scritto da entrambi, ed Il capitale (1867), di cui fu
autore il solo Marx.
5.2 La Rivoluzione d'Ottobre
Secondo quella che gli autori definirono una vera e propria “teoria scientifica”, Marx ed Engels
avevano pensato che la rivoluzione comunista sarebbe partita dai paesi capitalistici avanzati.
Invece essa ebbe successo la prima volta nell'ottobre 1917, nella arretrata Russia, sotto la guida di
Vladimir Il´ič Ul´janov, detto Lenin34.
Il partito leninista conquista la maggioranza e prende il potere in Russia con la Rivoluzione
d'ottobre attraverso lo scioglimento della Assemblea Costituente eletta nel novembre 1917. Dopo
la rivoluzione Lenin propone alle fazioni rivoluzionarie dei socialisti marxisti di espellere la fazione
30
La Comunità degli Stati Indipendenti «CSI» è una confederazione composta da 9 delle 15 repubbliche dell'ex Unione
Sovietica, dopo il ritiro di Georgia e Ucraina.
31
Definizione tratta dal sito dell’enciclopedia Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/comunismo_(Enciclopediadei-ragazzi)/
32
Karl Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883) è stato un filosofo, economista, storico, sociologo e
giornalista tedesco.
33
Friedrich Engels (Barmen, 28 novembre 1820 – Londra, 5 agosto 1895) è stato un economista e filosofo tedesco,
fondatore con Karl Marx del materialismo storico, del materialismo dialettico e del marxismo.
34
Capo del Partito Operaio Socialista Democratico Russo, detto bolscevico.
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riformista, cambiare il nome dei loro partiti in Partito Comunista e unirsi in una nuova
Internazionale35, la terza, nel 1919, che poi diventa l'Internazionale Comunista, abbreviato in
seguito in Comintern. Giunti al potere, i bolscevichi stabilirono la dittatura non già della classe
proletaria ma del loro partito.
5.3 Il “leninismo”
Lenin, dopo aver tentato senza successo di
diffondere gli ideali comunisti nel resto
d’Europa, ipotizzò che la rivoluzione potesse
avvenire prima soltanto nelle nazioni
arretrate, come la Russia zarista, che erano
più
fragili
perché
subivano
contemporaneamente sia le sollecitazioni
interne del cambiamento sociale sia la
pressione concorrente degli stati confinanti,
economicamente e socialmente più moderni.
Lenin puntava sul movimento di massa, alla
cui testa doveva porsi il proletariato guidato da un'avanguardia proletaria composta di partiti coesi,
bene organizzati e retti da una rigida disciplina. Questa versione del marxismo rientra nella teoria
detta leninismo.
5.4 La Russia di Stalin
Alla morte di Lenin prese il potere Iosif V. Džugašvili, detto Stalin,
che pose l'intera economia nelle mani dello Stato e, nel corso degli
anni Trenta, rafforzò il paese creando un forte apparato industriale.
L’abolizione della proprietà privata, contrariamente alle aspettative,
non generò affatto una società di eguali, bensì un sistema
dominato dal solo partito comunista e da Stalin, un dittatore che
usò la violenza terroristica per imporre il suo potere. Quale
padrone assoluto dell’Unione Sovietica, Stalin, che regnò dal 1937
fino alla sua morte nel 1953, instaurò, attraverso la propaganda e la
repressione, il culto dell’ordine, della gerarchia e soprattutto della
sua persona: ogni attività era finalizzata alla glorificazione della
patria russa e della sua guida, del suo capo.
Gli enormi progressi economici del paese avvennero a scapito della libertà di espressione e di
movimento dei milioni di cittadini sovietici, a prezzo di torture, omicidi e deportazioni in massa nei
35
L'Associazione internazionale dei lavoratori (A.I.L.) era un organismo avente lo scopo di creare un legame
internazionale tra i diversi gruppi politici di sinistra: socialisti, anarchico-comunisti, repubblicani mazziniani, marxisti e
tra le varie organizzazioni di lavoratori, in particolare operai. Per questo motivo viene anche conosciuta come
Associazione internazionale degli operai.
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campi di concentramento, i “gulag”.36 Gli anni Trenta furono gli anni delle cosiddette “grandi
purghe”, l’eliminazione fisica di tutti coloro che si opponevano, anche dall’interno del Partito
Comunista, al potere assoluto e totale di Stalin.
In alto: arrivo in un gulag siberiano; sotto: mappa dei gulag e delle linee di comunicazione costruite dai condannati
Oltre all’innumerevole numero di morti, ulteriori elementi che contribuirono ad alimentare un
clima di terrore furono le campagne di calunnia e di denigrazione contro gli oppositori, con
privazione del lavoro e isolamento sociale, le deportazioni di massa di intere popolazioni, la
36
Campi di lavoro forzato creati in periodo zarista, furono riaperti sotto Lenin ma sfruttati soprattutto da Stalin, che vi
rinchiuse milioni di russi. Lo scrittore russo Aleksandr Solženicyn (1918-2008) fece conoscere al mondo i Gulag, dove fu
rinchiuso per otto anni dal 1945 per aver criticato Stalin, con diversi testi e in particolare col saggio-inchiesta
Arcipelago Gulag, a causa del quale fu privato della cittadinanza e mandato in esilio nella Germania orientale.
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soppressione delle più elementari libertà e di ogni creatività artistica che non fosse esaltazione
dell’ideologia di regime: insomma un clima di perenne inquisizione.
5.5 Il carattere totalitario del comunismo
Il comunismo non fu semplicemente una dittatura, ma un totalitarismo ideologico con pretese di
egemonia mondiale. Infatti una dittatura è un sistema di governo nel quale il potere è nelle mani di
pochi e pone le sue fondamenta sull’utilizzo della violenza; le libertà umane, civili ed economiche
vengono limitate nella misura in cui possano avere riflessi politici ma non eliminate del tutto. Il
totalitarismo, invece, si fonda su un’ideologia, una visione del mondo, con la pretesa di poter
interpretare ogni aspetto della vita umana; questa si impone con la forza e priva l’individuo di ogni
libertà al punto che il potere “invade” in tutto e per tutto la vita delle persone: si fa “totalitario”.
5.6 Le cause del “successo” (e della sconfitta) del Comunismo
L’ascesa del fenomeno comunista venne agevolata da quegli stessi fattori che poi, rivelatisi fallaci,
ne hanno decretato la condanna. Innanzitutto il comunismo ha cercato una sua legittimazione
creando una base di consenso, attraverso lusinghe, denaro, inganno o addirittura minaccia; quella
minima parte di appoggio autentico si trasformò poi in pentimento nel momento in cui il regime
salì al potere: le pagine della storia sono piene di omicidi di comunisti che denunciavano il
“tradimento” delle loro utopie37.
Venne poi utilizzata la promessa di uguaglianza e giustizia sociale. La prima, intesa come
egualitarismo assoluto tanto da soffocare la libertà umana e il merito, si tradusse in disuguaglianza
profonda e ingiustizia sociale: “uguaglianza” significa trattare in modo uguale ciò che è
effettivamente tale, come la dignità di ogni individuo ed i diritti fondamentali che ne derivano. Il
benessere deve invece corrispondere all’impegno e al merito. “Le diverse condizioni economiche,
se sono espressione della creatività dell’individuo, e non della prepotenza, non sono
necessariamente frutto di ingiustizia e sono anzi il motore dello sviluppo. Senza premiare merito e
responsabilità, si ottiene solo un’uguale… miseria”. 38
Un ulteriore strumento di consenso fu infine la pretesa di porsi come dottrina “vera e scientifica”.
La fiducia nella scienza, tipica degli ultimi secoli, ha prodotto quindi un’infatuazione verso una
dottrina che si spacciava per “scientifica”, pur non essendolo: l’analisi scientifica alla base
dell’intero sistema ideologico conteneva numerosi errori, equivoci di fondo (il concetto di
“sfruttamento”), previsioni sbagliate (la progressiva crisi endogena del capitalismo) o non fatte (la
società postindustriale e la fine della “classe operaia”). Il marxismo non aveva in realtà nulla di
scientifico; non si poneva l’obiettivo di “conoscere” la realtà (come fanno la scienza e ogni teoria
correttamente “cognitivista”), ma di reinterpretarla e trasformarla: era un’ideologia
37
G.Martino, Il crollo del comunismo, la fine di un incubo, http://www.europaoggi.it/content/view/1999/1/
Ivi; Martino riporta anche questi dati: “L’economista francese Christian Morrisson, in un saggio (“Income distribution
in east European and western countries”) pubblicato sul numero di giugno 1984 del Journal of Comparative Economics,
poté calcolare che il tasso di disuguaglianza nei Paesi socialisti era simile a quello dei Paesi capitalisti! Quello
dell’Unione Sovietica, leggermente inferiore a quello degli Stati Uniti, era quasi il doppio di Svezia e Gran Bretagna”.
38
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“costruttivista”, non riconosceva la verità ma la voleva creare.
Per cui, per concludere, la pretesa di “verità scientifica” di questa ideologia poteva convincere solo
coloro che con la scienza non avevano una reale confidenza, e purtroppo erano in molti.
Bibliografia e sitografia
P.Borella, L.Gruber, Quei giorni a Berlino: il crollo del muro, l'agonia della Germania Est, il sogno
della riunificazione: diario di una stagione che ha cambiato l'Europa, Nuova Eri, Torino, 1990
Gian Paolo Caselli, La Russia nuova: economia e storia da Gorbačëv a Putin, Mimesis, Milano 2013
Valerio Castronovo, Nel segno dei tempi, Mille Duemila, La Nuova Italia, Firenze 2015
Ralf Dahrendorf, La società riaperta. Dal crollo del muro alla guerra in Iraq, Laterza, Bari-Roma
2005
E.J.Hobsbawn, Il secolo breve, Rizzoli, Milano 1995
La storia del muro di Berlino, http://www.viaggio-in-germania.de/muro-berlino.html
Voce “URSS” http://www.treccani.it/enciclopedia/urss/
Augusto Come, La fine dell'Unione Sovietica http://www.ilpost.it/2011/12/25/la-fine-dellunionesovietica/
Il comunismo sovietico, http://www.treccani.it/scuola/lezioni/storia/comunismo_sovietico.html
Roberta Daveri, Gorbacev e la politica di disarmo dell’URSS,
http://www.senzatomica.it/notizie/gorbachev-e-la-politica-di-disarmo-dell-urss/
Giovanni Martino, Il crollo del comunismo, la fine di un incubo,
http://www.europaoggi.it/content/view/1999/94/
Till Nowak, video di animazione sul muro di Berlino http://www.ilmitte.com/video-la-costruzionee-la-caduta-del-muro-di-berlino-in-un-video-di-animazione/
Film di Wolfgang Becker, Good bye, Lenin!, Germania 2003
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