LA FINE DEL `SOCIALISMO REALE` ~ La Polonia di Solidarność ~ Il

LA FINE DEL ‘SOCIALISMO REALE’
~ LE CREPE
~ La Polonia di Solidarność
~ Il crollo del Muro di Berlino
~ LA FINE DELL’URSS
~ L’URSS di Gorbačëv
~ La fine della ‘sovranità limitata’
~ Scioglimento del PCUS
LA FINE DEL ‘SOCIALISMO REALE’
LE CREPE
La Polonia di Solidarność
Nel processo che porta alla caduta del blocco sovietico il 1989 è una data epocale. La Polonia, innanzitutto,
aveva visto la nascita del sindacato Solidarność (solidarietà). La Polonia era sempre stata una spina nel
fianco dell’imperialismo sovietico: la popolazione cattolica aveva sempre dato segni di insofferenza verso il
regime. In Polonia, parallelamente al movimento operaio di ispirazione marxista, si venne a creare un
movimento operaio di estrazione cattolica. Nel 1980, il paese venne sottoposto ad una grande agitazione ed
un’ondata di scioperi, ma la protesta si radicalizzò in seguito all’innalzamento dei prezzi alimentari e, quindi,
alla bassa capacità dei salari. Pian piano la lotta si sviluppò verso obiettivi sempre più generali ed importanti.
Si giunse alla volontà di far riconoscere il nuovo sindacato che, ironia della storia, nel cantiere navale Lenin,
era assai forte Solidarność e dove campeggiavano l’immagine della Madonna di Czestochowa e l’effige di
papa Giovanni II.
Il sindacato cattolico guidato da Lech Walesa non poteva non essere in conflitto con il governo presieduto
dal generale Jaruzelski che, presto, proclamò lo stato d’assedio nel Paese. Il conflitto fu smorzato
dall’intervento della Chiesa allora sotto pontificato del polacco Wojtyla: governo e sindacato si incontrarono
in cerca di un compromesso che, per certi versi, fu paradossale, ma tecnicamente geniale. Il risultato fu la
richiesta di elezioni per il giugno 1989. L’accordo prevedeva che si sarebbero indette elezioni a cui avrebbe
pubblicamente partecipato il nuovo sindacato-partito e che, comunque il popolo si fosse espresso, al Partito
comunista veniva attribuita una maggioranza assoluta del 65%.
Il risultato delle elezioni andò oltre ogni aspettativa: il Partito comunista si aspettava una sconfitta, ma non
una vera e propria debacle (disfatta) conseguendo solo il 12% dei voti. Solidarność conseguì quasi tutti i
seggi del senato. Insomma, alla prima prova elettorale democratica, il Partito comunista polacco evaporò
completamente, ma Solidarność stette ai patti pure per evitare bagni di sangue e il Partito comunista così
riuscì a resistere per ancora un po' di tempo. D’altro canto, la mossa di Solidarność fu quella di scongiurare
una repressione violenta da parte sovietica.
Con la vittoria di Solidarność, il generale Jaruzelski affidò a Masoweick l’incarico di formare un governo. Il
12 settembre del 1989 il governo ottenne l’appoggio del parlamento. Questa data segnò una svolta epocale,
poiché, fu la prima volta che in un paese del blocco sovietico si formava un governo di coalizione.
Il 29 dicembre del 1989, invece, la Polonia si proclamò Repubblica e, nel 1990, Walesa fu nominato
presidente della repubblica.
Il crollo del Muro di Berlino
L’evento che simbolicamente rappresenta la caduta del blocco sovietico, dei regimi dell’Est è, sicuramente,
la caduta del muro di Berlino. Il muro era stato costruito in brevissimo tempo nell’agosto del 1961, per
impedire le fughe dalla Germania dell’est a quella dell’ovest e le guardie appartenenti alla fazione sovietica
erano autorizzate a sparare anche sui loro concittadini se questi tentavano di valicare il muro, come spesso
accadeva.
Nell’ottobre del 1989 il presidente della Repubblica e capo del partito, Erich Honecker, diede le dimissioni in
favore di E. Krenz. Il 24 e 25 ottobre del 1989 cominciano manifestazioni di piazza sempre più grandi a
Dresda, Berlino, Lipsia: si chiede maggiore libertà e democrazia.
Il 7 novembre il governo annuncia le dimissioni e diventa Primo ministro il riformista H. Madrow. Intanto,
sorprendendo tutti, il 9 novembre il presidente della DDR annuncia l’apertura delle frontiere con la Germania
federale. Il 10 novembre i cittadini danno salgono sul Muro. Le famigerate e temute guardie (Vapos) non
spararono, le armi tacciono!
Da entrambe le parti, nel momento in cui si diffuse la notizia, i berlinesi si accalcarono presso il Muro, sul
quale salirono e festeggiarono la conquistata libertà di valicarlo.
Nel marzo del 1990, nella DDR si tennero le elezioni che registrarono la volontà di riunificazione delle due
Germanie. Il 2 ottobre 1990 la Germania era di nuovo unita.
Nessuno aveva previsto quello che stava accadendo. Il mondo restò incredulo, attonito difronte a queste
immagini. Tuttavia, la caduta del Muro di Berlino non trova spiegazione a Berlino, con le folle che lo
demoliscono: il Muro cade, sostanzialmente, a Mosca.
LA FINE DELL’URSS
L’URSS di Gorbačëv
Quello del 9 novembre fu un evento epocale: il muro della discordia, che aveva diviso la città in due parti, si
sgretolò e, nelle settimane successive, il ‘socialismo reale’ si dissolse ‘pacificamente’ come uno in spettacolo
surreale. Nella piena indifferenza di Mosca, i carrarmati non arrivarono a schiacciare questo esito
imprevedibile. Per capire come questo Muro, messo e mantenuto in piedi soprattutto per volontà sovietica,
fosse caduto così improvvisamente, occorre tornare indietro ai primi segnali di crisi economica, avuti con la
presidenza di Brežnev. A questi, si erano aggiunti i costi della gara spaziale che fu un elemento
fondamentale nella lotta tra le due super-potenze. In un primo tempo fu assolutamente a favore dell’Unione
Sovietica: basti ricordare che, il 4 ottobre del 1957, lanciava nello spazio lo Sputnik, il primo satellite; poco
dopo, il 12 aprile 1961, lanciava invece Jurij Gagarin, primo uomo nello spazio che compì, con la navicella
Vostok, un giro completo in un’ora e quaranta minuti. Gli USA ci riuscirono il 20 febbraio 1962 con John
Glenn e infine, il 20 luglio 1969, lo scettro passò nelle loro mani con la missione Apollo, che prevedeva
l’atterraggio sulla luna di Neil Armstrong, Michael Collins ed Edwin Aldrin. In seguito alla buona riuscita
della missione, gli americani eseguirono cinque sbarchi sulla luna tra il 1969 e il 1972. Il grande sviluppo
tecnologico dovuto alla conquista dello spazio fece sì che le importanti scoperte si riversassero in campo
militare, con l’invenzione di armi sempre più raffinate. La gara spaziale fu prodromica alla produzione di
missili a testata nucleare dalla distruttività crescente, che rendevano obsolete le bombe sganciate su
Hiroshima e Nagasaki. Gli USA iniziarono a porre un freno alla gara spaziale solo nel 1986, a seguito di un
incidente nel quale la navetta spaziale esplose poco dopo il lancio, causando la morte di tutto l’equipaggio;
l’Unione Sovietica continuò invece fino al 1991, col lancio di astronavi con evidenti spese enormi.
Il mantenimento dell’impero imponeva un apparato militare e una spesa militare enorme che divorava
ingentissime quantità di ricchezza prodotta. Insomma, i sovietici, nella gara spaziale e militare condotta
contro l’altro gendarme del mondo, gli USA, per il controllo delle aree strategiche, hanno dissipato una
quantità enorme di ricchezza che non ha avuto una ricaduta sullo sviluppo reale dell’economia: Il surplus
prodotto dal sistema dell’economia pianificata si è dileguato nelle spese spaziali e militari senza che vi fosse
una ricaduta virtuosa per il miglioramento di vita della gente. Il sistema militare messo in piedi dall’Unione
Sovietica fu un vero e proprio pozzo senza fondo che assorbì enormi ricchezze che potevano essere meglio
distribuite ed investite per il miglioramento economico-sociale dell’intero Paese. Appariva sempre più chiaro
che il sistema militare sovietico fagocitava la sua stessa economia.
Ancora, va ricordato come l’URSS spendeva cifre cospicue per mantenere il suo impero attraverso scambi
ineguali o scambi a prezzi politici: valga per tutti il prezzo politico con cui pagava la canna da zucchero
cubana.
Infine, la classe dirigente del paese era diventata corrotta e parassitaria e questo era un sicuro ‘costo’ per il
paese in cui, tuttavia non si registrarono ribellioni, sommesse sociali o semplici proteste giacché il sistema
sovietico riusciva a mantenere una certa adesione sociale proprio attraverso il lavoro garantito a tutti. Il
lavoro in generale diventava meno produttivo, ma ciò significò che l’abbassamento del tenore di vita reale
non causò insurrezioni, ma solo una stagnazione generalizzata senza che la coesione sociale fosse incrinata.
A ritroso, possiamo dire che l’economia pianificata del capitalismo di Stato non fu assolutamente all’altezza
degli obiettivi storici e che la comparazione tra URSS e USA era puramente ingannevole: l’idea di Krusciov
che l’Unione Sovietica avrebbe, in vent’anni, superato l’economia degli Stati Uniti era solo un pio desiderio.
Questa economia pianificata, sempre più asfittica, non si mostrò all’occidente per le sue arretratezze e crepe
giacché lo stesso occidente era impegnato, a sua volta, nella crisi energetica del 1973 che squassò l’occidente
e diede un duro colpo all’economia mondiale. Così l’URSS sembrava godere di enorme vitalità economica
tanto da potersi permettere scambi economici a prezzi politici (si veda Cuba). Un cambiamento essenziale fu
la designazione, l’11 marzo 1985, di Gorbačëv a segretario del Partito comunista dell’Unione Sovietica:
questo cambiò il corso non solo dell’URSS, ma di tutti i paesi dell’Est. Gorbačëv nasce all’interno dell’élite
del Partito comunista. Ad appena 54 anni, diventa presidente del Soviet supremo, e si pone alla guida
dell’URSS.
La politica di Gorbačëv si sostanzia e racchiude in due parole dirompenti: Perestrojka (ristrutturazioni) e
Glasnost (trasparenza).
La macchina del potere sovietico ovvero la burocrazia sovietica era un animale mastodontico inefficiente, ma
che fagocitava una ingente massa di plus prodotto. Bisognava, dunque, mettervi mano alleggerendola,
semplificandola. Contrassegnata dalle stimmate della lentezza della burocrazia russa quella sovietica era
ugualmente inefficiente, inefficace, parassitaria pur rappresentando, ora, la classe dirigente del paese nella
economia di capitalismo di Stato. Bisognava mettere in atto una serie di riforme economiche di
‘ristrutturazioni’, che rompessero quei lacci e lacciuoli che tenevano l’economia legata ad una burocrazia e ai
dirigenti del Partito. Le riforme economiche dovevano andare nella direzione delle liberalizzazioni per creare
una economia ‘mista’. D’altro canto ciò non era possibile senza metter mano ad un profondo cambiamento
nella nomenclatura del partito, nei suoi organi, nella corruzione.
In questo processo di ammodernamento va pure annoverato l’apertura verso la libertà religiosa e di coscienza
e lo sforzo di eliminare le misure repressive nei confronti degli avversari politici.
La fine della ‘sovranità limitata’
Gorbačëv cercò a più riprese di portare avanti una politica di disarmo. Nel 1985 vi fu il primo summit con
Reagan che non portò a nessun risultato visto che gli americani non vollero rinunciare allo ‘scudo stellare’.
Dopo l’incontro di Reykiavik (1986) vi fu quello più sostanzioso e proficuo a Washington, nel 1987, dove si
ci accordo per l’eliminazione degli euromissili.
Il fatto più importante, però, al fine della comprensione della caduta del Muro di Berlino e della dissoluzione
dei sistemi a ‘socialismo reale’ avvenne il 18 marzo 1988 quando Gorbačëv annunciò la fine della ‘sovranità
limitata’ scherzosamente soprannominata ‘Dottrina Sinatra’ in riferimento alla canzone My way.
La politica estera sovietica non s’ingeriva più nei fatti dei paesi del Patto di Varsavia, ma tutti potevano
scegliere la propria strada al socialismo. Si abbandonava la politica che fu di Breznev che comprimeva le
libertà dei diversi Stati all’interno del blocco sovietico – revival del ‘principio d’intervento’ che fu della
Santa Alleanza. Ogni Stato satellite sovietico era sciolto dal patto di ‘sovranità limitata’ ovvero da quella
stretta politico-militare che obbligava a rimanere all’interno del blocco sovietico e seguirne le direttive. Ai
diversi stati satelliti veniva restituita una sovranità illimitata ovvero la capacità di autodeterminarsi,
l’indipendenza senza essere in vincolati all’URSS. A testimoniare che l’annuncio non fosse propagandisticoideologico, il 25 aprile 1989, l’Armata rossa cominciò a ritirarsi dall’Ungheria e l’11 maggio dalla
Cecoslovacchia; il 14 aprile 1988, l’Unione Sovietica si era già impegnata a ritirarsi dall’Afghanistan.
Addirittura il 6 luglio del 1989 Gorbačëv, in un discorso al Consiglio d’Europa, lanciava l’ipotesi di “una
casa comune europea”.
A partire dal 1991 si proclamarono indipendenti l’Uzbekistan, la Moldavia, l’Ucraina, la Bielorussia e gli
Stati Baltici dell’Estonia, la Lituania e la Lettonia; in sommovimento sono le repubbliche dell’Armenia e
dell’Azerbaijan. La caduta dei diversi regimi comunisti segnò l’inizio del “terzo dopoguerra”. Gorbačëv,
inoltre, nel luglio del 1989, al Consiglio Europeo, lanciò l’idea di un avvicinamento all’Unione Europea,
parlando di ‘casa comune europea’: con ciò, segnò un passo estremamente radicale, allontanando l’idea di
diversificazione ideologica e avvicinandosi a quella di cooperazione economica e politica con l’Europa.
Gorbačëv però fu ancora più radicale nella rottura col passato: venne soppresso l’articolo 6 della
Costituzione, che assegnava la guida del paese al Partito comunista e furono modificati gli articoli che
assegnavano al partito le sole candidature nelle elezioni.
Scioglimento del PCUS
Nell’agosto 1991, abbiamo il tentativo di golpe. Gorbačëv si trovava in Crimea quando fu fatto prigioniero
con la moglie e la sua guardia del corpo: i golpisti annunciarono che era malato e istituirono un Comitato di
emergenza al quale partecipò anche il presidente del KGB. Questo fantomatico Comitato che doveva
presiedere al potere per pochi mesi. Al golpe seppero rispondere gli uomini di Boris Eltsin, leader
democratico radicale e Presidente della Repubblica Russa eletto nel maggio del 1990 attraverso libere
elezioni, che spesso entrò in conflitto con le politiche del più moderato Gorbačëv. Durante il tentativo di
golpe Eltsin e i suoi scesero in piazza, parlarono al mondo intero raccontando ciò che stava succedendo,
occuparono il Parlamento, dalla torretta di un carrarmato davanti al museo di Lenin lesse i decreti con cui si
nominava comandante delle forze armate russe prendendo su di sé i massimi comandi. Intanto, anche a
Leningrado la popolazione si sollevava e Bush, presidente americano, dichiarò di appoggiare Eltsin per
difendere la democrazia nascente in Unione Sovietica e confermava la sua fiducia in Gorbačëv. Il golpe durò
48 ore, poi i golpisti si arresero. Nel frattempo, Gorbačëv tornò a Mosca e, in Parlamento, affrontò le accuse
di Eltsin che in parte lo riteneva responsabile dell’accaduto perché aveva dato posizione di potere ai golpisti.
Gorbačëv si dimise da segretario del Partito comunista e, accertata la responsabilità dell’élite del partito nel
tentativo di golpe, ne decretò lo scioglimento. Con quest’atto, finiva ufficialmente il PCUS.
Il 21 dicembre 1991, l’URSS cessò ufficialmente di esistere: al suo posto, nacque una comunità di stati
indipendenti formata dalla Russia e da dieci repubbliche ex-sovietiche. La caduta dell’URSS portò all’effetto
domino ovvero alla caduta dei regimi dell’Est e a processi di disintegrazione della federazione sovietica. La
caduta dell’URSS portò alla fine dei blocchi – almeno così come lo avevamo conosciuto fino ad allora.
BIBLIOGRAFIA
Libri
Film