2 PRIMO PIANO 9-15 dicembre 2008 CENSIS/ L’indagine annuale fotografa i timori dei cittadini verso un Welfare che perde Troppe incertezze: gli italiani In 30 anni la spesa cresce il doppio rispetto al Pil - Servono risposte ai L a coperta del Welfare è sempre più corta e sfilacciata. E gli italiani si sentono pieni di paure e incertezze e con le «spalle scoperte» di fronte a un Ssn e a un pacchetto di prestazioni sociali che sembra abbandonare la strada dell’«universalismo» (il vecchio “tutto a tutti”) in favore di interventi spot per degli specifici bisogni («l’esempio più eclatante è la social card»). Un tracollo di fiducia e speranze contro il quale la migliore ricetta non è né quella di buttare via il Ssn verso improbabili sistemi importati dall’estero, né quella di arroccarsi in difesa di inutili «conservatorismi»: piuttosto è necessario «riarticolare» le coperture del Servizio sanitario verso i nuovi «bisogni emergenti», a cominciare dall’assistenza ai non autosufficienti. A sondare paure «definite e indefinite» degli italiani, provando a tracciare un bilancio dei trent’anni del nostro Ssn con tanto di consigli utili per il futuro è il nuovo rapporto annuale del Censis (il quarantaduesimo), presentato a Roma la scorsa settimana. Che, come al solito, fa la radiografia di tutto il Paese, in tutte le sue sfaccettature, scandagliando Spesa sanitaria pubblica e privata Le tappe del Servizio sanitario: il bilancio di 30 anni ● ● ● ● ● ● ● Anni ’70 Arriva il Ssn Saturazione del numero di tutelati (95% nel 1976), fine delle mutue; Pieno potere medico, paziente subordinato; Avvento del Ssn, copertura universale; nuove regole (Usl, prontuario terapeutico nazionale, ticket ecc.) Anni ’80 Cresce la cultura della salute Mutazione genetica della domanda: dalla cultura della malattia a quella della salute; Medico “confessore” che deve ascoltare, dialogare, a volte accettare indicazioni del paziente; Decollano autocura e automedicazione, soprattutto dei farmaci Anni ’90 Tra stili di vita salutari e crisi del Ssn Responsabilizzazione individuale nella anche il sistema del Welfare. Sempre più in crisi d’identità. E così «cresce tra gli italiani avverte il rapporto del Censis la percezione di non avere più le spalle coperte come in passato» e si «registrano quote crescenti di bisogni sociali non coperti, da qui anche la percezione di insicurezza e incertezza». Con una «lenta ma progressiva torsione» verso un modello più prettamente assisten- ● ● ● tutela della salute: stili di vita salutari, prevenzione sanitaria e investimento privato; Crisi e mutamento del Ssn, scandali e mala-sanità, nuove norme del 1992-’93; Aziendalizzazione; Centralità del controllo dei costi della Sanità Anni 2000 Cercando nuove tutele nella devolution sanitaria ● ● ● ● ● Concezione essenziale di salute: essere attivi e/o assenza di malattie; Diaspora regionale del Servizio sanitario nazionale; Problemi del finanziamento della spesa sanitaria regionalizzata; Maggiore attenzione a rischi ed effetti collaterali dei farmaci; Elevate aspettative nella ricerca biomedica e in quella farmaceutica Fonte: elaborazione Censis-Fbm, 2008 ziale, «in cui l’accesso al Welfare risulta meno universalistico e sempre più soggetto alla presenza di un bisogno specifico». Rispondere ai nuovi bisogni. Il Censis cita tra gli esempi il progetto dei nuovi livelli essenziali di assistenza che sembra non decollare, rimessi recentemente in discussione quando erano arrivati in dirittura d’arrivo. Così risposte a bi- sogni «sempre più pressanti» (dall’integrazione socio-sanitaria alle cure palliative fino all’attivazione di una rete diffusa per la non autosufficienza) e la cui erogazione appariva ormai come «consolidata e necessaria» sono state di nuovo «ricacciate indietro come avveniristiche e di fatto poco praticabili». Non si può, infatti, pensare di deospedalizzare la Sanità - avverte ancora il Censis - senza 1978 1980 133.048 203.383 Uscite correnti per la Sanità (mln euro) 6.527 10.711 Spesa delle famiglie per servizi sanitari (mln euro) 1.224 2.073 874.834 958.761 42.917 50.492 6.928 8.705 Uscite correnti per la sanità/Pil (%) 4,91 5,27 Spesa delle famiglie per servizi sanitari/Pil (%) 0,92 1,02 Prezzi correnti Pil ai prezzi di mercato (mln euro) A prezzi 2007 Pil ai prezzi di mercato (mln euro) Uscite correnti per la Sanità (mln euro) Spesa delle famiglie per servizi sanitari (mln euro) * Reale 1978-2007, per le % sul Pil è calcolata la differenza assoluta Fonte: elaborazione Censis su dati Rssp, Osmed e Istat «rendere disponibili e visibili servizi territoriali tarati sui nuovi bisogni socio-sanitari». Come uscirne, dunque? Per fronteggiare questa situazione non serve né il «catastrofismo di chi giudica da buttare a mare il nostro sistema di tutele magari in nome di improbabili modelli stranieri più efficienti da impiantare ex-novo, né il conservatorismo di chi urla sempre e comunque al taglio del Welfare». A trent’anni dalla costituzione del Servizio sanitario nazionale, uno dei pilastri del sistema di Welfare, l’Italia può ancora vantare un grado di copertura rispetto ai grandi rischi «assolutamente invidiabile»: è però ormai indispensabile una «riarticolazione delle coperture rispetto ai bisogni insorgenti, restituendo agli italiani - aggiunge ancora il Censis - la certezza di avere le CHECK UP SU CONSUMI E ABITUDINI NELL’USO DEI MEDICINALI «I l rapporto tra italiani e farmaco sembra avviato verso una nuova maturità, in termini di consapevolezza e capacità di fruizione». Per il Censis non ci sono dubbi: la bandiera dell’appropriatezza, tanto agognata in Sanità, sembra già sventolare nel pianeta dei farmaci dove si registra - spiega il rapporto annuale - «una gestione tendenzialmente appropriata», come dimostrano del resto i dati dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali che confermano una «certa stabilità nelle scelte di consumo». Questa stabilità dei consumi farmaceutici si inserisce in un contesto nel quale il bene farmaco sembra acquisire sempre «maggiore credito», conquistato «peraltro dalla pluralità di funzioni sociali che svolge e dal rapporto soggettivo, quasi intimo, che le persone nella quotidianità costruiscono con esso». È infatti l’80% degli italiani a ritenere che il farmaco contribuisca alla possibilità di convivere con le patologie a lungo decorso (quota cresciuta di quasi il 26% rispetto al 2002). È, poi, il 76% (+15,7% rispetto al 2002) a condividere l’importanza del contributo del farmaco al miglioramento della qualità della vita e infine è quasi il 54% a ritenere importante il contributo del farmaco alla sconfitta delle malattie mortali (+14% rispetto al 2002). «La fiducia riposta nei farmaci cresce - aggiunge ancora il Censis - e si nutre in un rapporto che rispetto alle generazioni precedenti risulta essere connotato da una maggiore sicurezza, confidenza e competenza». Il 54% dei cittadini ritiene infatti di avere maggiore capacità rispetto ai propri genitori di raccogliere informazioni utili per la loro corretta assunzione; oltre il 52% si attribuisce una maggiore dimesti- Un rapporto «maturo» con i farmaci Generazioni a confronto La farmaco-dipendenza Rispetto ai propri genitori le attuali generazioni nel rapporto con i farmaci hanno maggiore: Capacità di raccogliere informazioni utili per la 54,7 lorocorretta assunzione Consapevolezza nella scelta di quando e come uti- 52,1 lizzarli Conoscenza dei rischi di una eccessiva assunzione 51,3 e degli effetti collaterali Fiducia nella loro efficacia 45,5 Capacità di dialogare con i medico sui farmaci 44,7 Tendenza ad assumerli per migliorare prestazioni 40,3 Fonte: indagine Censis-Fbm, 2008 A chi attribuisce la responsabilità della dipendenza da farmaci della/delle persona/e farmaco-dipendenti che conosce? Alla personalità di questo individuo 74,7 (ansiosa, ipocondriaca ecc.) Ai medici che prescrivono i farmaci 11,7 con troppa leggerezza Alle industrie farmaceutiche 10,1 che inducono il consumo di farmaci Alle carenze di altri ambiti di offerta 3,5 Fonte: indagine Censis-Fbm, 2008 Così è cresciuta la spesa farmaceutica chezza e consapevolezza nella scelta di quando e come utilizzarli; più del 51% sostiene di avere, rispetto ai genitori, maggiore conoscenza dei rischi di un eccessivo consumo e degli effetti collaterali; mentre il 45,5% e il 44,7% affermano di avere, rispettivamente, maggiore fiducia nell’efficacia dei farmaci e maggiore capacità di dialogare con il medico sui farmaci da prendere. Il “fai da te” in caso di disturbi percepiti come lievi figura dunque ormai come una pratica acquisita da larga parte degli italiani «ed esercitata attraverso pattern comportamentali sempre più responsabili e consapevoli». Infatti, in relazione alle reazioni iniziali alla malattia, esiste una cesura netta tra comportamenti attuati in risposta ai sintomi gravi e lievi. In caso di sintomi gravi, oltre il 73% degli italiani consulta subito il medico di medicina generale, mentre è molto più articolato il set di comportamenti reattivi in caso di sintomo percepito come lieve: il 47,6% tenta infatti di curarsi “da solo”, stando a casa, controllando l’alimentazione e con il riposo. E questa quota cresce al crescere dell’età degli intervistati e anche del titolo di studio. «Il rapporto con il farmaco finisce dunque - avverte ancora il Cen- sis - per rappresentare il terreno privilegiato della soggettività matura, della capacità delle persone di utilizzare con oculatezza sia le informazioni selezionate che le esperienze effettuate, per scegliere il medicinale terapeuticamente più adatto». È questo il nucleo essenziale dell’automedicazione, «ciò che l’ha resa così radicata e degna di fiducia da parte dei cittadini»: in presenza di piccoli disturbi gli italiani, una prima volta fanno una vera e propria ricognizione delle informazioni per individuare il farmaco più adatto, lo provano e, poi, se ha dato risultati soddisfacenti, se e quando il disturbo ritorna, lo riutilizzano riducendo i tempi di risposta e di guarigione. Oggi più di un italiano su due è in grado di definire correttamente il profilo dei farmaci generici-equivalenti, laddove però quote ancora consistenti della popolazione nutrono qualche difficoltà a fornirne una descrizione puntuale. «La fruttuosa sinergia tra medico, farmacista e cittadino - spiega il rapporto - che ha prodotto l’aumento dei consumi di farmaci generici/equivalenti non rappresenta dunque l’unica evidenza dell’adozione da parte degli italiani di un atteggiamento positivo nei confronti degli equivalenti che si esprime dunque anche qualora il paziente operi in solitudine la scelta del farmaco». Ma il Censis lancia anche un allarme sul fatto che una relazione «improntata sulla confidenza e l’iperfamiliarizzazione» può rappresentare una pericolosa «zona di confine» dove «l’equilibrio tra consapevolezza e responsabilizzazione, superficialità e iperconsumo risulta essere in molti casi labile». PRIMO PIANO 9-15 dicembre 2008 3 la sua natura «universale» a favore di interventi di tipo assistenziale L’INTERVENTO si sentono traditi dal Ssn Come sconfiggere la grande paura nuovi bisogni - E la devolution può far crescere le differenze CARLA COLICELLI * e incidenza sul Pil, 1978-2007 1990 2000 2005 2006 2007 Var. % * 701.352 1.191.057 1.428.375 1.479.981 1.535.540 – 41.672 67.575 96.141 101.349 102.290 – 9.553 24.373 27.269 27.982 28.608 – 1.216.209 1.423.428 1.486.132 1.513.493 1.535.540 75,5 72.263 80.759 100.028 103.644 102.290 138,3 14.459 24.919 26.884 27.743 28.608 312,9 5,94 5,67 6,73 6,85 6,66 1,76 1,36 2,05 1,91 1,89 1,86 0,94 tra gli anni considerati spalle coperte rispetto a tutti i rischi che travalicano la capacità individuale e familiare di fronteggiarli». Questo è un nodo cruciale non solo per il modello sociale, ma per il futuro delle comunità, «perché solo la capacità del Welfare di generare tra gli italiani la sensazione di essere adeguatamente tutelati può stimolare la voglia diffusa di tornare a rischiare per costruire benessere individuale e collettivo». Dalla mutue alla devolution. Un primo importante indicatore del rapporto tra evoluzione del sistema sanitario e domanda di salute nel Paese arriva sicuramente dall’andamento della spesa sanitaria sia pubblica che privata: sul primo fronte negli ultimi trent’anni si è assistito a una crescita del valore reale pari al 138,3%, doppia rispetto all’incremento del Pil (risultato invece nel periodo 1978-2007 pari al 75,5 per cento). Ma la vera esplosione si è registrata nella spesa delle famiglie, con un incremento nel periodo considerato di ben il 312,9 per cento. All’aumento consistente della spesa pubblica registratosi nel corso degli anni Ottanta (nel 1978 l’incidenza delle uscite correnti per la Sanità sul Pil era pari al 4,91%, mentre all’inizio degli anni ’90 rappresentava il 5,94%, un punto percentuale in più dunque), è seguita la stabilizzazione nella seconda metà del decennio degli anni Novanta (nel 2000 la proporzione spesa sanitaria pubblica/Pil era pari al 5,67%) con una successiva nuova visibile accelerazione a partire dal 2000. Questo andamento della spesa è un chiaro indicatore di una serie di tappe strategiche, cominciato dall’addio alle mutue sancito nel 1978 per arrivare alla devolution sanitaria. In pratica un’“era glaciale”. Da una parte oggi emerge un paziente sicuramente autonomo e responsabile, capace di confrontarsi con il medico e di utilizzare informazioni tratte da più fonti per praticare forme di autocura circoscritte alle malattie percepite come meno gravi. Si affermano concezioni essenzialistiche di salute, per raggiungere le quali gli stili di vita salutari contano, ma non bastano, perché occorre dare maggiore attenzione, a esempio, ai fattori ambientali e genetici. Dall’altra con l’avvento della devolution si apre un nuovo capitolo, con una sfida durissima sulle implicazioni economiche e finanziarie, e una «forte vertenzialità», senza però riuscire a scalfire le differenze regionali radicate nella vicenda nazionale, che appaiono anzi sempre più profonde. In questo scenario diventa cruciale la partita del finanziamento, «alla luce anche della evidente disparità regionale dei servizi sanitari». La devolution dà infatti «visibilità - spiega il Censis - a una differenziazione che ha radici antiche ma allo stesso tempo sembra creare i presupposti per un suo ulteriore approfondimento, che si inscrive in un contesto più generale di incertezza e precarietà sociale tale da produrre ansie individuali e collettive che impattano in modo significativo anche sulla dimensione della salute». Insomma, così si rischia di andare di male in peggio. Marzio Bartoloni RISULTATI D’ECCELLENZA PER IL NOSTRO SISTEMA DI DONAZIONE Trapianti, modello vincente di servizi efficienti I l sistema trapianti, fiore all’occhiello del nostro Servizio sanitario, è certamente merito della capacità organizzativa del Cnt. Ma all’origine di quello che è un modello vincente e affermato a livello internazionale - 21 donatori effettivi per milione di persone nel 2006 - c’è soprattutto, secondo il Censis, il buon funzionamento della rete dei servizi. Il progressivo riequilibrio dell’assistenza tra ospedale e territorio, che ha favorito il recupero del ruolo d’elezione dei nosocomi, dedicati ad acuzie, medicina d’urgenza e chirurgia d’alto livello, ha infatti lasciato spazio alle cure altamente specialistiche. E «si sono creati i presupposti - si legge nel Rapporto Censis - per lo sviluppo di attività di trapianti e donazione d’organi». A monte dell’exploit a cui i cittadini hanno assistito tra il 1999 e il 2007 (in numeri assoluti si è passati dai 2.162 ai 3.043 interventi), insomma, c’è una maggiore disponibilità di strutture, “liberate” da incombenze inappropriate passate al territorio (cronicità e prevenzione) e inserite in attività di procurement favorite dall’efficienza (dove più dove meno) delle singole Regioni. A fare da traino, prima l’Emilia Romagna e più di recente la Toscana, dove «è decisamente più alta la quota di donatori segnalati negli ospedali più piccoli, in virtù di un modello di assistenza che permette di ottimizzare le risorse sul territorio, limitando i trasferimenti dei pazienti critici anche grazie a un sistema di telemedicina e dunque garantendo una gestione razionale delle risorse». Faro guida è il modello spagnolo, che si basa sulla figura del coordinatore locale e prevede la corrispondenza tra centri di donazione e reparti di terapia intensiva. Dotazione finanziaria, strutturale e tecnologica sono le tre chiavi del successo, la cartina di tornasole di un sistema regionale trapianti che funzioni I donatori effettivi nel mondo Paese Totale Pmp * Spagna 1.509 33,8 Usa 8.022 26,9 Austria 202 24,8 Francia 1.441 23,2 Italia 1.224 20,8 Germania 1.259 15,3 Svezia 137 15,1 Canada 468 14,1 Polonia 496 13,0 Paesi Bassi 200 12,3 Danimarca 62 11,4 Svizzera 80 10,7 633 10,5 22 1,0 Regno Unito Romania * Per milione di abitanti Fonte: elab. Censis su dati Irodat (International registry of organ donation and transplantation) davvero: non a caso, nelle Regioni più deboli su questo triplice fronte i dati su donazioni e interventi calano a picco. E ancora una volta, purtroppo, la maglia nera va al Meridione. Che nel 2007 ha registrato una media di 27,5 donatori pmp contro la media nazionale di 37,3. Il ritardo cronico delle amministrazioni del Sud, dunque, ancora una volta si riflette sulla disponibilità effettiva di prestazioni in loco per i loro cittadini. Nord e Sud sono invece accomunati dal Donatori segnalati nel 2007 Donatori Tasso per segnalati mln ab. Nord-Ovest 593 37,9 Nord-Est 466 41,6 Centro 573 49,7 Sud e Isole 571 27,5 Italia 2.203 37,3 Fonte: elab. Censis su dati Cnt Opinione sulla “fine vita” % Il malato o il familiare più prossimo ha diritto a scegliere quan- 49,9 do interrompere la terapia I medici devono continuare le cure sino a che c’è la possibilità 35,4 di mantenere il malato in vita No sa 14,7 Testamento biologico Favorevole 68,0 Contrario 17,9 Non sa 14,1 Fonte: indagini Censis-Fbm, 2007 e 2008 gap nell’efficienza della comunicazione e nella mancanza di informazioni corrette, a partire dalla costante sovrapposizione tra definizioni tecniche come “morte clinica” e “morte encefalica”. Quest’ultima messa addirittura in discussione solo pochi mesi fa. Una confusione che si riverbera sull’aumento dei “no” a donare, malgrado l’apertura dichiarata dei cittadini su temi affini come il testamento biologico. B.Gob. I l rapporto annuale del Censis sulla situazione del Paese, presentato al Cnel il 5 dicembre, segnala quest’anno l’affacciarsi all’orizzonte di una nuova metamorfosi sociale, dopo quella della ricostruzione post-bellica, centrata su alcune prospettive inedite del terzo millennio. L’anno che sta per concludersi, il 2008, sta incidendo, infatti, sulla società e sulla politica italiana con una segnatura particolare, determinata principalmente dall’emergere di una “grande paura”, la paura della recessione, che si aggiunge alle tante piccole paure della modernità, ma anche dalle sfide poste dal necessario riequilibrio territoriale ed economico, che non ha precedenti. Superare positivamente la crisi significa, allora, affrontare con responsabilità i drammi indotti dalla globalizzazione dei mercati, e lo spaesamento delle comunità territoriali e professionali, puntando alla valorizzazione dei bisogni sociali autentici ed essenziali, alla qualità dell’offerta di servizi, a sani rapporti di solidarietà sui territori. Anche nell’ambito del Welfare e della Sanità la situazione è a un punto di svolta. Tra grandi e piccole paure, dai dati del Censis risulta che gli italiani temono soprattutto di non riuscire a mantenere il proprio tenore di vita (71,1%) e di non avere i mezzi per far fronte alle cure mediche personali o di un familiare (62,2%), specie se si è donna (68,1%), se si vive nel Sud (68,8%) e se si è famiglia a basso reddito (76,4%). Le spese sanitarie private per visite mediche specialistiche sono considerate irrinunciabili dall’85,8% degli italiani, più di ogni altra spesa. Ci si rende conto d’altra parte che sono i propri comportamenti quelli che più incidono sulla salute, e continuano per questo motivo a calare tra gli italiani i fumatori e i bevitori, secondo quella che il Censis chiama una «normalizzazione virtuosa della routine quotidiana». Virtù accompagnata però da fenomeni di trasgressione, circoscritti ma non per questo meno gravi, come l’abuso e lo sballo da alcol e stupefacenti, originati dalla difficile condizione giovanile e dal disorientamento generale del momento. Di fronte a un italiano più sobrio, anche nei consumi sanitari, e consapevole dell’importanza crescente del bene salute, le politiche di Welfare e quelle sanitarie incontrano le stesse difficoltà che si hanno nelle politiche generali: saper leggere gli avvenimenti in un quadro complessivo e riconoscerne in tempo i rischi e i possibili rimedi, fare attenzione alla coesione sociale, alle iniquità e alle condizioni delle fasce più deboli di cittadini, ricostruire il tessuto locale della solidarietà e dei servizi, coinvolgere tutti i soggetti pubblici e privati e tutte le reti di mutuo-aiuto per la salvaguardia del bene salute. Il capitolo Welfare e Sanità del Rapporto Censis 2008 scandaglia con cura tutte queste piste di lavoro, che lo scadere dei 30 anni di vita del Servizio sanitario nazionale rende più urgenti da attuare. Dalla non autosufficienza alla tutela dell’infanzia, dagli adolescenti a disagio agli immigrati emarginati, sono ormai tante le tipologie di utenti e di bisogni che non trovano copertura adeguata. La vicenda della revisione dei Lea, rimessi in discussione in dirittura di arrivo sulla base di valutazioni economiche, pesa fortemente su bisogni pressanti e penalizzanti e su rischi difficilmente affrontabili con gli strumenti tradizionali. Il Libro Verde sul futuro del modello sociale italiano, «La vita buona nella società attiva», del luglio 2008, è un chiaro segnale di una volontà forte di riforma e di miglioramento da parte del Governo. Ma non è facile individuarne la capacità di incidere sulla sostanza delle cose, in una situazione di contraddizioni pesanti nei processi di negoziazione tra Stato e Regioni, nei Piani di rientro come nel futuro federalismo fiscale. La devolution ha dato visibilità a una differenziazione che ha radici antiche e allo stesso tempo sembra creare i presupposti per un suo ulteriore approfondimento in un contesto generale di incertezza e precarietà. Eppure casi di eccellenza, come quello dei trapianti, mostrano come non sia impossibile far interagire sistemi di offerta già adeguati e in qualche caso di grande eccellenza e piccoli centri, utilizzando nel contempo le possibilità offerte da una buona comunicazione pubblica e dalle reti di terzo settore e volontariato della donazione. La fruttuosa sinergia tra medico, farmacista e cittadino nella diffusione dei farmaci generici/equivalenti è un altro esempio da seguire, che ha contribuito a rafforzare un atteggiamento di nuova responsabilità sociale nei confronti dei consumi sanitari e in particolare farmaceutici, da parte degli utenti. Una «autogestione moderata», come ha concluso il Forum per la ricerca biomedica nelle sue ultime indagini di settore. Il gap tra la domanda di servizi per la prima infanzia e la relativa offerta costituisce invece un esempio in negativo, che trova compensazione solo nelle risorse spontanee delle famiglie e nel sacrificio delle tante madri che lavorano o vorrebbero lavorare. Come pure la previdenza sanitaria complementare, che stenta a decollare, mentre potrebbe costituire una risorsa molto utile per integrare i finanziamenti pubblici dei servizi con formule di tipo mutualistico. Le cure considerate «irrinunciabili» * Vice-direttore Censis