Il processo e la condanna a morte di Socrate Unità didattica realizzata dagli studenti della classe IV H con la guida dei proff. Mario Carini e Christian Vetrugno Anno scolastico 2015-2016 Dette queste cose, egli si alzò per passare in un’altra camera a lavarsi: Critone lo seguì e ci invitò a rimanere. E noi ci fermammo a discutere tra di noi su quanto era stato detto e a riconsiderarlo di nuovo, e insieme meditavamo sulla sventura che ci era capitata, quanto era grande, ben consapevoli che avremmo dovuto trascorrere il resto della nostra vita da orfani, essendo stati privati come di un padre. (Platone, «Fedone») Come si fu lavato e furono condotti da lui i suoi figli, ne aveva due piccoli e uno un po’ più grande, e giunsero anche le sue donne di casa, egli alla presenza di Critone si intrattenne con loro e fatte le raccomandazioni che voleva, invitò le donne e i figli ad andarsene, e se ne tornò da noi. Si era ormai vicini al tramonto del sole. (Platone, «Fedone») Giunse a quel punto il messo degli Undici e stando in piedi di fronte a lui disse: «O Socrate, io non dovrò certo dolermi di te come ho a dolermi degli altri che si adirano e imprecano contro di me quando vengo a dire loro che devono prendere il veleno per ordine degli arconti. Ma tu, come in altro modo ho potuto capire in questo tempo, sei l’uomo più generoso, più calmo e migliore di tutti quelli che sono capitati qui e, soprattutto ora, io so bene che tu non te la prendi con me, perché conosci bene i veri responsabili, ma con loro. Tu conosci ormai quello che sono venuto ad annunciarti: addio, cerca di sopportare meglio che si può questa tua sorte». E scoppiando a piangere voltò le spalle e se ne andò. (Platone, «Fedone») E a lui, ormai, le parti intorno al basso ventre si erano fatte di gelo, allorché si scoprì, si era infatti ricoperto, e fu l’ultima volta che si udì la sua voce: «O Critone», disse, «siamo ancora in debito di un gallo ad Asclepio. Dateglielo e non dimenticatevene». (Platone, «Fedone») Le traduzioni dei brani dal «Fedone» sono di Gino Giardini (da: Platone, Tutte le opere, a cura di Enrico V. Maltese, vol. I, Newton & Compton editori, Roma 1997) Sette domande sui processi ad Atene e sul processo di Socrate agli studenti della classe IV H 1) Che cos’è la capacità di agire e a chi era riconosciuta in Atene? Come si acquistava e come si perdeva la capacità di agire? Risponde Edoardo Fruscio: La capacità di agire serviva per compiere atti giuridici e tutelare i propri interessi ed era riconosciuta solo ai cittadini maggiorenni maschi. Si acquistava quando il cittadino aveva terminato diciassette anni e si perdeva se lo stesso avesse compiuto atti di disonore. 2) Quali erano le due azioni che lo stato ateniese riconosceva al cittadino per portare il suo avversario in tribunale? Risponde Gabriele Sorgente: L’azione privata, che poteva essere messa in atto solo dalla parte lesa in quanto il reato colpiva un interesse personale, e l’azione pubblica, che poteva essere messa in atto da qualunque cittadino, in quanto il reato colpiva gli interessi della póliV. Risponde Walter Pizzaleo: La prima azione che poteva portare l’avversario in tribunale era quella pubblica(grafh́), che spettava a tutti i cittadini; c’era poi quella privata (díkh), che spettava invece alla sola vittima del crimine o alla sua famiglia. In ogni caso, l’accusatore avviava l’azione ordinaria con la citazione in giudizio. 3) Chi esercitava la funzione di giudice nei processi ad Atene? Esistevano in quel tempo gli avvocati difensori? Quali mezzi aveva il cittadino per difendersi o per accusare? Risponde Edoardo Fruscio: C’era un tribunale che svolgeva questa funzione. I cittadini dovevano difendersi da soli, potevano solo contare sull’aiuto dei logografi, che scrivevano discorsi letti poi dai due cittadini in causa. L’accusatore presentava la citazione in giudizio e l’accusato presentava una nota difensiva. 4) Quali erano i tribunali competenti per i casi di omicidio ad Atene e in cosa consistevano le loro differenze? Risponde Ludovica Moschini: I tribunali competenti ad Atene per i casi di omicidio erano: l’Areopago, per i casi di omicidio premeditato, il Palladio per i casi di omicidio non premeditato o involontario, il Delfinio, per i casi di omicidio legittimo e istigazione all’omicidio, e il Freatto, nel caso in cui l’imputato di omicidio fosse un uomo già condannato all’esilio. 5) Dove si svolse il processo a Socrate? Quanti erano i giudici-giurati? Chi presiedeva il tribunale? Quali erano le accuse rivolte a Socrate e chi le rivolse al filosofo? Risponde Ludovica Moschini: Il processo di Socrate si svolse ad Atene nel tribunale popolare dell’Eliea. I giudici-giurati erano 500 e il tribunale era presieduto dall’arconte re. Socrate venne accusato dal poeta Meleto di non riconoscere gli dei venerati ad Atene, di introdurre nuove divinità e di corrompere i giovani. 6) Quale fra le tre accuse rivolte a Socrate ritieni che sia stata la più ingiusta e perché? Risponde Ludovica Moschini: Secondo me l’accusa più ingiusta è quella di non riconoscere gli dei venerati ad Atene poiché ognuno è libero di professare qualsiasi culto. Risponde Matteo Pipelnino: Io ritengo che l’accusa più ingiusta rivolta a Socrate è quella di corruzione dei giovani, perché lui aiutava i giovani ad avere un pensiero autonomo e basato sulla logica, usando la maieutica. Risponde Martina Ielapi: Ritengo che l’accusa più ingiusta rivolta a Socrate sia quella di aver introdotto nuove divinità, in quanto il «demone» in realtà era solo la voce della sua coscienza (che tutti noi abbiamo). 7) Come viene rappresentato il personaggio di Meleto, il principale accusatore di Socrate, nel romanzo di Giorgio Albonico, «Il segreto di Socrate» (Robin Edizioni, Roma 2008)? Risponde Ludovica Moschini: Meleto viene rappresentato come un uomo invidioso di Socrate, come tutti gli altri cittadini di Atene, poiché egli riusciva a comunicare direttamente con un dio, cosa che non era possibile per gli altri. Infatti l’odio verso il filosofo non sarebbe nai bastato per accusarlo e fare un processo in tribunale. Meleto riteneva Socrate un uomo con un alogica fine e sottile, che lo rendeva insopportabile. Risponde Walter Pizzaleo: Meleto viene rappresentato come una persona vile e non molto acuta, poiché accusa Socrate in modo infondato e contraddittorio. Inoltre, ad influenzare il suo comportamento è la sua sete di potere e la paura di perdere il rispetto dei concittadini per colpa di Socrate. Risponde Edoardo Fruscio: Meleto viene rappresentato come un grande poeta per via della sua immensa cultura, però alla fine s’intrappola da solo non riuscendo più a dare valide ragioni per cui ha accusato Socrate. Risponde Matteo Pipelnino: Meleto è descritto come un personaggio spietato a cui interessa scrivere e firmare l’accusa e non indagare su chi era realmente Socrate. Risponde Martina Ielapi: Il personaggio di Meleto, il principale accusatore di Socrate, viene descritto come una persona che riteneva il filosofo un uomo con una logica fine e sottile, e che per questo considerava insopportabile; di fatto a lui importava solo che venisse condannato con un motivo, in realtà, conosciuto da pochi. Egli riteneva che fosse stata propria la sua saggezza a condannarlo, visto che si era creato molte inimicizie congiungendo con le sue parole il potere e il sapere.