Il fenomeno migratorio in Italia.doc - Distretto della Corte di Appello

L’immigrazione in Italia: spunti di riflessione a partire dalle statistiche
Di Franco Pittau, presidente onorario di IDOS
In Italia talvolta fa difetto la capacità di riflettere sul fenomeno migratorio e di andare oltre
la situazione problematica del momento e gli umori superficiali della popolazione. Questo
intervento si propone di mettere a disposizione del lettore spunti tratti dalle previsioni demografica
e dalla documentazione statistica, che invitano a riflettere in maniera più approfondita sul rapporto
che tra l’immigrazione e le esigenze dell’Italia e medio e lungo termine. La documentazione qui
citata è tratta dal Dossier Statistico 2015 curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS insieme alla
rivista interreligiosa Confronti, con la collaborazione dell’UNAR e il contributo del fondo Otto per
Mille della Chiesa Valdese e Metodista. Si vedrà, nelle conclusioni, che i dati statistici devono
essere presi in considerazione con come una realtà a sé stante bensì come il supporto delle strategie
di intervento, quella politica innanzi tutto in consideraizone della sua globalità, e quindi anche sul
piano giuridico,occupazionale, socio-culturale e religioso.
Lo scenario demografico dell’Italia nel 2014
Questo scenario, adombrato nel Dossier Statistico Immigrazion e, viene attuale presentato
dall’Istat nell’Annuario statistico italiano 2015
Al 31 dicembre 2014, la popolazione residente in Italia è pari a 60.795.612 unità, quasi 13
mila unità in più rispetto all’inizio dell’anno. Le iscrizioni anagrafiche si confermano anche nel
2014 le principali poste dell’incremento della popolazione; il saldo con l’estero, seppure in calo, è
ancora positivo e pari a 141.303 unità, mentre il saldo naturale si conferma negativo (-95.768).
Al 1° gennaio 2015 la componente straniera della popolazione è pari all’8,2 per cento del totale dei
residenti, con un incremento, rispetto all’anno precedente, di 92.352 unità (+1,9 per cento) ma su
questo aspetto si ritornerà successivamente..
Ancora in calo la fecondità, che tra il 2012 e il 2013, registra un numero medio di figli per
donna che passa da 1,42 a 1,39. Le madri straniere, seppure in misura minore rispetto al 2012, fanno
in media più figli di quelle di cittadinanza italiana (rispettivamente 2,10 contro 1,29).
La speranza di vita alla nascita continua a crescere: nel 2014, per i maschi è pari a 80,2 anni
(era 79,8 nel 2013), mentre per le femmine è pari a 84,9 anni (84,6 anni nel 2013). L’insieme di
queste dinamiche rendono l’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo: il rapporto tra la popolazione
di 65 anni e oltre e quella con meno di 15 anni è pari a 157,7 su cento, inferiore, in Europa, solo a
quello della Germania (158,6).
Nel 2013 i matrimoni, dopo la lieve crescita del 2012, tornano a diminuire, passando da
207.138 a 194.057 (circa il 6 per cento in meno). L’instabilità coniugale è in leggera contrazione: le
separazioni legali passano da 88.797 nel 2011 a 88.288 nel 2012, mentre i divorzi da 53.806
scendono a 51.319.
Le famiglie, che al 2011 sono 24.611.766, hanno subito negli ultimi 40 anni un significativo
cambiamento nella struttura: quelle numerose (cinque o più componenti) passano dal 21,5 per cento
del totale, al 5,7 per cento dell’ultimo censimento. Nello stesso periodo si evidenzia un regolare
incremento delle famiglie unipersonali che passano dal 12,9 al 31,2 per cento. Le famiglie con
almeno uno straniero rappresentano il 7,4 per cento del complesso delle famiglie rilevate.
Lo scenario dell’immigrazione in Italia nel 2014
Riportiamo qui i punti salienti del Dossier Statistico Immigrazione 2015.
Nel 201r i migranti nel mondo sono oltre 235 milioni, in continuo aumento a seguito delle
grandi disuguaglianze del mondo: il 48,0% della ricchezza del pianeta è detenuto dall’1,0% della
popolazione mondiale, un altro 46,5% da un quinto della popolazione e il residuale 5,5% dai quattro
quinti.
La situazione italiana e quella europea vanno lette in connessione con questi dati globali.
Nell’Ue, a gennaio 2014, i residenti stranieri sono stati 33,9 milioni, pari al 6,7% della popolazione
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totale (20 milioni sono cittadini di paesi terzi e 14 milioni originari di altri Stati membri) e i
richiedenti asilo 626.710.
L’Italia è uno dei grandi paesi europei di immigrazione, con 5.014.000 stranieri residenti
alla fine del 2014 (incremento solo di 99.000 unità rispetto all’anno precedente), mentre i cittadini
italiani all’estero, aumentati di 150.000 unità, sono diventati 4.637.000 e secondo le anagrafi
consolari poco pi di 5 milioni (tanti quanti sono gli italiani all’estero). La loro incidenza sulla
popolazione (8,1%) continua a essere superiore al valore medio europeo.
Gli stranieri residenti in Italia per oltre la metà sono cittadini di un paese europeo (oltre 2,6
milioni), dei quali poco meno del 30% provenienti da un paese dell’Ue (1,5 milioni). La collettività
più numerosa è quella romena (1.131.839), seguita dai cittadini dell’Albania (490.483), del
Marocco (449.058), della Cina (265.820) e dell’Ucraina (226.060). Secondo la stima del Dossier, i
cristiani sono quasi 2 milioni e 700mila e i musulmani più di 1 milione e 600mila: meno numerose
le altre comunità religiose.
Nel 2014 le persone intercettate dalle forze dell’ordine in condizione irregolare sono state
30.906 (dati del Ministero dell’Interno) e di esse il 50,9% è stato effettivamente rimpatriato
(15.726).
Sono stati 129.887 i cittadini stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2014
(+29% sul 2013, che già registrava un fortissimo aumento rispetto all’anno precedente), mentre
sono in leggera diminuzione i matrimoni misti (18.273, il 9,4% delle 194.097 nozze celebrate nel
2013), ai quali si aggiungono quelli celebrati tra stranieri (7.807, il 3,8% del totale).
Nel 2014 è rimasto quasi stabile (75.067 casi) il numero dei bambini nati in Italia da genitori
entrambi stranieri (14,9% del totale dei nati). Degli oltre 1 milione e 100mila minori stranieri, sono
814.187 gli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2014/2015, cresciuti in un anno di 11.343 unità
(l’incremento maggiore riguarda quelli nati in Italia: +8,4%), mentre continuano a diminuire gli
studenti italiani (8.886.076, -0,6%). Gli alunni stranieri con disabilità sono 26.626, l’11,5% del
totale degli scolari disabili.
Le entrate fiscali e previdenziali ricollegabili ai lavoratori immigrati sono ammontate nel
2013 a 16,6 miliardi di euro, mentre il totale delle uscite sostenute nei loro confronti è stata di 13,5
miliardi (saldo positivo di 3,1 miliardi di euro). Peraltro, nel 2013 il valore aggiunto prodotto dagli
occupati stranieri è stato di 123.072 miliardi di euro (pari all’8,8% del Pil).
Degna di rilievo è anche la constatazione che nel periodo 2004-2013 le denunce penali con
autori noti sono passate da 692.000 a circa 897.000, ma quelle verso italiani, a fronte di una
popolazione in leggera diminuzione, sono aumentate da 513.618 a 657.443 (+28,0%), mentre quelle
a carico di stranieri, a fronte di una popolazione più che raddoppiata, sono diminuite da 255.304 a
239.701 (-6,2%).
Senza una crescita più forte il “Bel Paese” diventa meno attrattivo
Nel 2014 il bilancio è stato più che positivo per le imprese italiane che operano con l’estero,
favorite anche dal più basso livello di importazioni degli ultimi 4 anni, nonostante la persistenza a
livello nazionale di una congiuntura complessa e problematica. In tale anno, secondo i dati Istat, è
stato raggiunto un saldo positivo record di circa 43 miliardi di euro, superando il tetto degli 86
miliardi di euro se si considera il surplus al netto della componente energetica.
Questo bilancio positivo e parziale ed è necessario arrivare a un tasso di sviluppo più
consistente, che possa incida in maniera sostanziale sull’aumento dell’occupazione: nella situazione
attuale molti italiani pensano all’ipotesi di emigrare.
Sulla tendenza all’esodo si sofferma il Rapporto Eurispes 2016 (presentato il 29 gennaio),
dove si registra una maggiore fiducia nell'economia ma anche la persistenza della tendenza
all’Questo l'identikit dell'italiano disposto a trasferirsi all'estero (il 47,1% della popolazione): uomo
(48,4%), di età compresa tra 18 e 24 anni (66,3%), residente nel Nord del Paese (53%) o nelle Isole
(52,3%), in possesso di una laurea o un master (50,1%), senza matrimoni o convivenze in essere
(60%) o single (57,7%), cassintegrato (75%), in cerca di occupazione (66%) o studente (61,7%).
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Questo italiano-tipo disposto a cambiare paese sceglierebbe l’Australia come nuovo paese
d’adozione (17%), in cerca di una migliore situazione lavorativa (50,9%), pur continuando a
pensare che vivere in Italia è in ogni caso una fortuna (71,9%). Inoltre, il 41,6% degli italiani sogna,
infine, una volta raggiunta la pensione, di trasferirsi all’estero per godersi il meritato relax. Un
fenomeno in crescita in ultimi questi anni in cui i paesi con un costo della vita inferiore al nostro
hanno accolto numerosi italiani in pensione e con la voglia di cambiar vita. La maggioranza della
popolazione però (il 58,4%) non ha mai preso in considerazione questa opzione. (Inform) 291-2016
Intanto va riconosciuto il sostanziale contributo che i lavoratori immigrati forniscono sul
versante sia del lavoro dipendente che di quello autonomo-imprenditoriale.
Gli occupati stranieri nel 2014 sono risultati 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000
donne), più di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione
nuovamente in leggero aumento. La crisi non ha mancato di far sentire i suoi effetti sugli immigrati
e sono stati 154.686 (+29,3% rispetto al 2013) i permessi di soggiorno, in prevalenza rilasciati per
motivi di lavoro e di famiglia, che non sono stati rinnovati, con il conseguente obbligo, per gli
interessati, di lasciare l’Italia. I cittadini non comunitari beneficiari di pensioni previdenziali per
invalidità, vecchiaia e superstiti sono 35.740 (pari allo 0,2% di tutti i beneficiari), mentre i titolari di
pensioni assistenziali sono 51.361 (1,4% del totale).
Per quanto riguarda l’andamento delle imprese il 2014 è’ stato un anno di luci e ombre..
Sono state 104 mila le aziende che hanno chiuso i battenti, tra fallimenti, procedure concorsuali non
fallimentari e liquidazioni volontarie (dati Cerved): molte, anche se un po’ di meno rispetto all’anno
precedente. Dall’inizio della crisi nel 2008, sono fallite più di 82 mila imprese dove lavoravano
circa 1 milione di addetti: il picco è stato raggiunto nel 2013, quando 176 mila lavoratori hanno
perso il posto di lavoro.
Sono state 6.041.187 le imprese operanti nel 2014: il saldo annuale è stato negativo di 21.000
unità, risultante da una diminuzione di 48.000 unità tra le aziende gestite da nati in Italia e di un
aumento di quasi 28.000 un Ità tra quelle a guida immigrata, arrivate a essere 524.674 aziende, con
una incidenza dell’8,7% sul totale: di esse, le imprese individuali sono 421.004.1
Un fortissimo aumento di rifugiati e richiedenti asilo
Le migrazioni non si determinano solo per le disparità economiche. Le migrazioni forzate su
scala mondiale provocate da guerre, conflitti e persecuzioni hanno raggiunto i massimi livelli
registrati sinora e i numeri sono in rapida accelerazione. con 59,5 milioni di migranti forzati alla
fine del 2014 rispetto ai 51,2 milioni di un anno prima e ai 37,5 milioni di dieci anni fa.
L’incremento rispetto al 2013 è stato il più alto mai registrato in un solo anno. nel solo 2014 vi
siano stati 13.900.000 nuovi migranti forzati, quattro volte il numero del 2010.
A livello mondiale si sono contati 19,5 milioni di rifugiati (rispetto ai 16,7 milioni del 2013),
38,2 milioni di sfollati all’interno del proprio paese (rispetto ai 33,3 milioni del 2013) e 1,8 milioni
di persone in attesa dell’esito delle domande di asilo (contro i 1,2 milioni del 2013).
Il dato più allarmante è che più della metà dei rifugiati a livello mondiale sono bambini. Se i
59,5 migranti forzati nel mondo componessero una nazione, sarebbe la ventiquattresima al mondo
per numero di abitanti. Nel 2014, ogni giorno 42.500 persone in media sono diventate rifugiate,
richiedenti asilo o sfollati interni, dato che corrisponde a un aumento di quattro volte in soli quattro
anni. In tutto il mondo, una persona ogni 122 è attualmente un rifugiato, uno sfollato interno o un
richiedente asilo.
I richiedenti asilo hanno trovato sul loro percorso molti ostacoli, anche in aperta violazione
delle disposizioni internazionali, come attesta la costruzione o progettazione di almeno 65 muri in
diversi paesi.
Nel 2014 solamente 126.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nei loro paesi d’origine, il
numero più basso in 31 anni. Ad aggiungersi all’allarmante crisi siriana, va considerato il nuovo
1
IDOS, Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2015, Edizioni Idos, Roma, 2015; realizzato in collaborazione con
CNA e MOneyGram.
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esodo interno di almeno 2,6 milioni di persone in Iraq, che ha portato a 3,6 milioni il totale di
sfollati interni alla fine del 2014, cui vanno a sommarsi 309.000 nuovi rifugiati in Libia. Quasi 9
rifugiati su 10 (86 per cento) si trovavano in regioni e paesi considerati economicamente meno
sviluppati. 2
Nell’Unione Europea, i paesi che hanno ricevuto il maggior numero di domande di asilo
sono stati la Germania e la Svezia. Nel complesso, a fine anno il numero di migranti forzati in
Europa ha raggiunto quota 6,7 milioni, rispetto ai 4,4 milioni alla fine del 2013, con la percentuale
più elevate registrate tra i siriani presenti in Turchia e gli ucraini nella Federazione Russa. La guerra
di Siria ha provocato 7,6 milioni di sfollati interni e 3.880.000 rifugiati
In Italia gli arrivi via mare di profughi e altri migranti sono stati 170.000. Le richieste
d’asilo sono state 64.625 nel 2014 e 30.535 nei primi sei mesi del 2015. Le persone accolte nei
centri della rete Sprar (Sistema per richiedenti asilo e rifugiati) sono passate da 7.823 nel 2012 a
22.961 nel 2014.
A livello globale si registra un aumento sempre maggiore di migranti, ma il fenomeno tocca
in minima parte i Paesi europei e l’Italia, visto che solo meno del 10% di chi è costretto a fuggire
dal proprio Paese arriva in Europa, e di questa percentuale solo il 3% in Italia, in numeri circa
(170.000 nel 2014 e 150.000 nel 2015). Si tratta di soprattutto di eritrei, nigeriani, somali, sudanesi
e siriani.
Secondo il prefetto Mario Morcono, responsabile del Dipartimento Libertà Civili e
Immigrazione del Ministero dell’Interno, nulla potrà fermare i movimenti migratori per cui la via
migliore è pianificare le politiche nazionali e sovranazionali investendo nella cooperazione
internazionale e negli accordi bilaterali, in progetti di partenariato e piani di reinsediamento.
Visioni politiche di corto respiro e strategie carenti
Riprendo qui considerazioni che ho svolti più volte e ribadisco che a caratterizzare in
negativo l’Italia è il fatto di non essere riusciti a pervenire a un’idea unificante del fenomeno
migratorio come si evidenzia sotto diversi aspetti:
- la mancanza di una impostazione coerente e di lungo respiro di fronte a una presenza stabile
che non riusciamo a considerare nostra, continuando a distinguere sempre tra “noi” e “loro;
- l’esasperazione nell’affrontare problemi di per sé risolvibili, che ci porta, ad esempio, a
considerare la presenza di qualche decina di migliaia di rom come uno tra i più assillanti
problemi del paese;
- il persistere di trattamenti discriminatori, che continuano a essere ritenuti ispirati al buon
senso nonostante le “bacchettate” del diritto comunitario e della giurisprudenza;
- la tendenza a porre in luce negativa le differenze, anche quelle religiose, ricorrendo a un
linguaggio dalle tinte fosche che disattende l’impostazione raccomandata dalla “Carta di
Roma”;
- il mancato riconoscimento dei figli degli immigrati nati e cresciuti in Italia, senza dare un
seguito alle 14 proposte di legge presentate per la riforma della cittadinanza.
Più ancora della disponibilità di maggiori risorse, serve una nuova “concezione
dell’immigrazione”, più positiva e attenta alle opportunità, prendendo in considerazione i seguenti
aspetti:
- la presenza dei lavoratori immigrati va valorizzata come un importante fattore di politica
estera, in grado di collegare l’Italia, anche a livello commerciale e con reciproci benefici,
2
Cfr. oltre al Dossier Statistico Immigrazione 2015 anch: ANCI, Rapporto sulla protezione internazionale in Italia
2015, Roma, 2015: realizzato con Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes e Sistema di Protezione per
Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar) e in collaborazione con l’UNHCR; Ministero dell’Interno, Rapporto
sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia. Aspetti, procedure, problemi, Roma, ottobre 2015, .
http://www.libertaciviliimmigrazione.interno.it/dipim/export/sites/default/it/assets/pubblicazioni/Rapporto_accoglienza
_ps.pdf.
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con i paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America che sono già o stanno diventando
importanti protagonisti nell’economia mondiale;
una maggiore presenza di studenti internazionali, opportunamente attirata come
raccomandato in una recente pubblicazione dell’European Migration Network, consentirà
all’Italia di essere meglio collegata con le diverse leadership nazionali e di trarne innegabili
vantaggi;
l’impegno per la pace e lo scambio tra i popoli passa anche attraverso l’accoglienza degli
immigrati in un’ottica interculturale, tanto cara ai mediatori interculturali e in grado di
estendere i suoi effetti anche ai paesi di origine;
la qualificazione della politica migratoria, più che basarsi su costosi e impossibili impegni
finanziari, consiste nel semplificare gli ingressi (riducendo le pastoie burocratiche, come è
avvenuto riconoscendo la possibilità per gli stagionali, già dal primo anno, di convertire il
relativo permesso di soggiorno in un permesso per lavoro subordinato), nel semplificare il
riconoscimento delle qualifiche formative e professionali degli immigrati e nel promuovere
piste innovative di qualificazione (ad esempio, a partire dallo stesso settore domestico);
la sproporzione tra costi sostenuti per il contrasto ai flussi irregolari e quelli destinati
all’accoglienza va riequilibrato, perché il fenomeno migratorio è governabile in un’ottica
meno securitaria, che riesca a guardare agli immigrati in un’ottica positiva e, specialmente,
me mutui la tenace volontà di “riuscire”.
Necessario un impegno controcorrente
Nel futuro continuerà ad esserci un certo aumento degli immigrati:
- per la normale dinamica evolutiva delle famiglie;
- per il continuo bisogno di manovalanza;
- per l’ineludibile bisogno di manodopera qualificata destinata ad aumentare, seppure in
misura modesta e non solo per quanto riguarda gli infermieri, al di fuori delle quote secondo
la previsione introdotta dalla legge 40/1998 e successivamente potenziata dalla Direttiva UE
sulla “Carta blu” comunitaria;
- per l’afflusso di persone in fuga, di cui l’Italia non è l’unica e principale meta (in aumento
nel corso del 2014 a seguito delle persistenti turbolenza nell’Africa subsahariana e della
situazione libica);
- per il progressivo aumento di collettività storiche come quella marocchina che, secondo
stime condotte in un progetto di approfondimento che ha coinvolto il Marocco e l’Italia, in
linea con l’andamento di questi anni di crisi, arriverà a superare le 800mila unità nel corso di
un decennio;
- per il continuo invecchiamento della popolazione, che continuerà ad alimentare il bisogno di
personale per l’assistenza alle famiglie, agli anziani e ai malati, incrementando il numero di
colf e badanti.
Tuttavia, rispetto al passato, quando o con la regolarizzazione o con le quote si è anche
arrivati a superare il mezzo milione di nuovi lavoratori in un anno, i numeri saranno più contenuti,
seppure significativi, anche rispetto all’intero contesto europeo.
Non si tratta di aprire le frontiere a tutti. Di fatto, i flussi in ingresso di lavoratori altamente
qualificati e di lavoratori stagionali sono ridotti al minimo. Qualcuno pensa a un blocco nei
confronti dei richiedenti asilo e dei ricongiungimenti familiari, ma ciò, oltre a essere vietato dalla
normativa comunitaria e dalla convenzione di Ginevra, sarebbe disumano. Altra cosa è invece
insistere affinché l’Unione Europea sia più vicina con il sostegno finanziario e si ponga mano alla
modifica delle disposizioni vigenti che in concreto non solo considerano quelle italiane frontiere
comuni ma anche se ne facciano carico comunitariamente.
Sul versante interno si richiede una gestione più efficiente delle risorse disponibili e le
critiche al riguardo non sono state né poche né infondate.
In prospettiva, però, bisogna rendersi conto che i circa 5 milioni di cittadini stranieri non
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sono solo “un problema di sicurezza”, ma attendono di essere sostenuti nel loro processo di
integrazione e sul piano economico-commerciale possono essere considerati una rete poderosa che
può legare ai paesi di origine e concorrere alla ripresa economica e turistica dell’Italia.
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