L’Italia nel panorama europeo delle migrazioni (2) Anna Elia - Università della Calabria – DISPeS Corso Processi Migratori, Territorio e Politiche LM Scienza della Pubblica Amministrazione DISPES a.a. 2016/17 La legge 8 marzo 1998, n. 40 e il testo unico sull’immigrazione. Cosa devono fare le amministrazioni locali? (1) amministrazioni locali come terminali di implementazione di politiche nazionali peraltro piuttosto vaghe, e interventi concretamente portati avanti a livello locale, con i maggiori Comuni del centro-nord nel ruolo di “pionieri” nel trovare soluzioni ai diversi problemi posti dalla presenza di immigrati regolari e non sul territorio. La legge 40/98 si propone di dare coerenza a questo quadro frammentato, partendo proprio dal riconoscimento del ruolo cruciale svolto dagli enti locali nell’accoglienza e nell’integrazione sociale degli stranieri. In base all’articolo 42, infatti, è compito di Stato, Regioni, Province e Comuni, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e in collaborazione con le associazioni di immigrati operanti in loro favore, intraprendere iniziative per l’integrazione degli immigrati, all’insegnamento della lingua italiana La legge 8 marzo 1998, n. 40 e il testo unico sull’immigrazione. Cosa devono fare le amministrazioni locali? (2) valorizzazione della cultura di origine, alla mediazione culturale nei servizi, all’organizzazione di corsi di formazione per gli operatori degli uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con gli stranieri. Per la realizzazione di questi interventi, nonché per quelli di prima accoglienza (art. 20), promozione dell’educazione interculturale (art. 38) e accesso all’abitazione (art. 40), la legge prevede l’istituzione del “Fondo nazionale per le politiche migratorie”, destinato appunto al finanziamento delle iniziative inserite nei programmi annuali o pluriennali di Stato, Regioni, Province e Comuni. La L. 40/98 e il relativo Regolamento di attuazione, delineano un sistema di ripartizione dei compiti che vede le Regioni nel ruolo di enti programmatori, e i Comuni nella veste di ideatori di interventi e servizi. Caponio (2004)politiche per gli immigrati/politiche di immigrazione la l. 40/98 si è preoccupata essenzialmente di chiarire il ruolo dei governi locali nelle politiche per gli immigrati, ovvero nelle politiche che si rivolgono agli stranieri ammessi a soggiornare sul territorio italiano, mentre un’attenzione minore è stata riservata alle politiche di immigrazione, che di fatto continuano a restare una prerogativa del governo nazionale. Caponio (2004)politiche per gli immigrati/politiche di immigrazione I Comuni nella Bossi-Fini si conferma la sostanziale separazione tra due ambiti di policy: 1) quello dell’integrazione, decisamente incentrato sulle modalità di distribuzione del Fondo nazionale, e quindi sull’articolazione tra programmazione regionale e progettazione locale degli interventi; 2) quello dell’assistenza e della protezione sociale, che invece vede sempre più in prima linea le amministrazioni locali, anche nell’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo legge Bossi-Fini, all’articolo 1-sexies, ha istituito il “Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e stranieri con permesso umanitario” (art. 18 della l. 40/98), al fine di razionalizzare e coordinare i servizi di assistenza. In questo modo, la legge riconosce un carattere istituzionale all’esperienza del cosiddetto Progetto nazionale asilo che, nell’ottobre 2000, sulla base di un protocollo di intesa tra ACNUR, Ministero dell’interno e ANCI la l. 189/02, infatti, affida all’ANCI, sulla base di un’apposita convenzione, la gestione del “Servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico”, organo operativo del Sistema di protezione (32). l’art. 1-septies istituisce, presso il Ministero dell’interno, il “Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo” , per assicurare il finanziamento dei servizi di accoglienza nella misura massima dell’80% del costo di ogni singola iniziativa territoriale. Il governo nazionale, quindi, si assume la responsabilità di finanziatore parziale Quando le amministrazioni locali non «integrano» i migranti Fine anni ’90 – 2012: costruzione ideologica del razzismo nella società italiana (Wieworka 1998; Dal Lago 1999) 1995 – 2012 - costruzione sociale del clandestino/immigrato come criminale da parte dei media e dalle strategie di marketing politico; 1995 - 2011 – crescita esponenziale dei fenomeni di sfruttamento del lavoro migrante collegata alla diversa appartenenza etnica (fenomeni di crescente competitività tra lavoratori stranieri); 2008 – la “scia del razzismo”: dibattito pubblico sulla questione del razzismo in Italia. 2009 - reato di clandestinità: processo di identificazione tra la presenza di “clandestini” e fenomeni di illegalità diffusa sul territorio italiano; DECRETOLEGGE 23 maggio 2008 , n. 92 Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. (GU n. 122 del 26-5-2008 ) Legge 94 del 2009 2011 – Emergenza nord Africa – la costruzione sociale e politica delle differenze etniche Le tre principali motivazioni delle politiche di esclusione La questione della sicurezza La competizione per le risorse del welfare La difesa dell’identità culturale del territorio Forme di esclusione locale (Ambrosini 2012) Esclusione civile (limitazione del diritto di residenza) Esclusione sociale (esclusione da alcuni benefici sociali, come i bonus bebé) Esclusione culturale (opposizione all’erezione di luoghi di culto per religioni minoritarie) Esclusione securitaria (campagne contro l’immigrazione irregolare) Esclusione economica (limitazioni all’apertura di negozi e ristoranti etnici, come i kebab) DECRETO-LEGGE 23 maggio 2008 , n. 92 Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. (GU n. 122 del 26-5-2008 ) Legge 94 del 2009 reato di clandestinità: per l’immigrato «clandestino» fermato dalle forze dell’ordine è previsto il carcere (abolito dalla Corte di Giustizia Europea) e l’espulsione; si sopprime la norma del ddl che avrebbe abrogato il divieto di segnalazione degli stranieri irregolari che accedono alle cure urgenti ed essenziali; Il «centro di permanenza temporanea» diventa «centro di identificazione ed espulsione»; reato di locazione di un immobile ad uno straniero privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione" ; introduce un contributo sulla domanda di rilascio o rinnovo dei permessi di soggiorno (un minimo di 80 a un massimo di 200 euro) che ogni straniero ha l`obbligo di versare per tutte le pratiche di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, esclusi i permessi per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari Il modello italiano: un esempio di razzismo istituzionale (Wieworka 1998) costruzione sociale del clandestino/immigrato come criminale da parte dei media e dalle strategie di marketing politico; 2009 - reato di clandestinità: processo di identificazione tra la presenza di “clandestini” e fenomeni di illegalità diffusa sul territorio italiano; Legge 94 del 2009 Il modello italiano: modello implicito di inclusione gli immigrati sono stati ignorati dalle politiche ufficiali o soggetti a misure emergenziali (Ambrosini 2001). L’attenzione alla diversità culturale: una sorta di separazione sociale senza prospettive di integrazione. La via italiana all’inserimento sociale non prevede specifiche politiche di valorizzazione o di preservazione delle differenze. forme di “cittadinanza localizzata” (Sassen 2008) gli immigrati irregolari, possono essere “non autorizzati ma riconosciuti” nelle loro pratiche quotidiane. Le pratiche di organizzazione dal basso possono essere viste come “processi di creazione di diritti” (Balibar, 2004), in cui la cittadinanza è attivamente costruita mediante l’azione e la partecipazione nello spazio pubblico (Anderson, 2010: 63). La legge 8 marzo 1998, n. 40 - Le amministrazioni locali come istituzioni di welfare, responsabili dell’ «integrazione» sociale degli immigrati (1) Ma cos’è l’integrazione?(Schnapper 2007) il termine integrazione indica l'insieme di processi sociali e culturali che rendono l’individuo membro di una società. Le politiche pubbliche dovrebbero assicurare condizioni di vita Non esiste un problema di integrazione se non di disuguaglianza sulla base di un’origine etnica, geografica o sociale. Occorrerebbe parlare di processi di integrazione e non di integrazione. L’integrazione non dell’individuo nella società, ma un processo che riguarda la società nel suo insieme. La doppia assenza (Sayad 2000) o doppia presenza? ITALIA 2020 - Piano per l’integrazione nella sicurezza. Identità e Incontro «Fatte salve le tutele e le garanzie previste per i richiedenti asilo politico in senso stretto […]. C’è chi vuole tornare in patria dopo avere imparato un lavoro o accumulato risparmi. C’è chi desidera invece fermarsi in Italia come tappa per una ulteriore migrazione. E c’è anche chi spera di poter rimanere definitivamente da noi. Proprio in considerazione di queste tre fattispecie è indispensabile ricorrere a una programmazione dei flussi di accesso, al fine di passare da una immigrazione subìta ad una programmata. E’ infatti nel disordine che si produce deresponsabilizzazione dell’immigrato e chiusura della comunità di accoglienza.» (pag. 9) ITALIA 2020 - Piano per l’integrazione nella sicurezza. Identità e Incontro (2) una visione dell’integrazione chiaramente differenzialista (Gargiulo 2012) un modello italiano di integrazione incentrato sui singoli e non sui gruppi: «l’incontro non è mai in astratto tra culture, ma sempre tra persone». «i talenti e la creatività delle persone che giungono in Italia devono trovare terreno fertile per una loro piena valorizzazione nei processi economici e sociali ma, al tempo stesso, non possiamo permettere che le diverse tradizioni e culture di provenienza entrino in collisione con il nostro assetto valoriale» [Piano per l’integrazione nella sicurezza - Identità e Incontro]