MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI CONTRASTO

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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI CONTRASTO
DELL'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA E PER ASSICURARE IL RISPETTO DELLE
NORME COSTITUZIONALI E INTERNAZIONALI, CON PARTICOLARE
RIFERIMENTO ALLE OPERAZIONI DI RESPINGIMENTO
MOZIONE ZACCARIA E ALTRI
La Camera,
premesso che:
a seguito dell'accordo bilaterale stipulato dal Governo italiano con il Governo della Repubblica
libica a Bengasi il 30 agosto del 2008 - legge di autorizzazione alla ratifica 6 febbraio 2009, n. 7
- è stata introdotta, in maniera operativa a partire dal maggio 2009, la nuova politica dei
respingimenti in Libia delle persone intercettate nel canale di Sicilia, quali misure volte a
contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina;
nel summenzionato accordo bilaterale del 2008 non è possibile rinvenire alcun riferimento ai
respingimenti bensì esclusivamente alle operazioni di pattugliamento congiunto;
allo stesso modo non è rinvenibile alcun riferimento alla possibilità di effettuare dei
respingimenti di cittadini di Stati terzi nel protocollo firmato a Tripoli il 29 dicembre del 2007,
né nel protocollo operativo che ha dato seguito a tale accordo, né tantomeno all'interno del testo
dell'accordo di cooperazione nel campo della lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, ed
al traffico degli stupefacenti e sostanze psicotrope, sottoscritto tra i due Paesi a Roma il 13
dicembre del 2000, al quale pure si fa riferimento nei suddetti protocolli firmati a Tripoli;
nel periodo compreso tra il 7 maggio e il 30 agosto 2009 sono state compiute 8 operazioni di
respingimento nel corso delle quali 757 persone sono state ricondotte verso la Libia, secondo
quanto dichiarato dal sottosegretario all'interno, Alfredo Mantovano, nel corso di un'audizione
svoltasi davanti al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen,
di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione in data 22
settembre 2009;
il primo di tali respingimenti risale al 7 maggio 2009 quando 227 persone, tra cui 3 donne
incinte, che viaggiavano su tre barconi nel canale di Sicilia sono state fatte salire su navi militari
italiane e sono state riportate in Libia e lì consegnate alle autorità libiche;
il più recente caso di respingimento risale invece al 30 agosto 2009 e ha interessato 75 migranti
raccolti in mare da una motovedetta italiana e riaccompagnati nel porto libico di Zawia nei pressi
di Tripoli. Tra di essi vi erano 15 donne e 3 minorenni;
secondo quanto si apprende da informazioni giornalistiche e dalle segnalazioni di varie
organizzazioni umanitarie internazionali e non governative, in tutti i casi di respingimento che
hanno avuto luogo dal maggio 2009 alla data odierna, non vi è stata da parte delle autorità
italiane alcuna procedura di identificazione dei migranti né un rilevamento delle loro condizioni
di salute né la verifica dei requisiti per la concessione della protezione internazionale;
secondo dati ufficiali, nel 2008 circa il 75 per cento di coloro che hanno raggiunto l'Italia ha
inoltrato formale richiesta di protezione internazionale e al 50 per cento di questi è stata concessa
tale protezione o per lo meno un permesso di soggiorno per motivi umanitari;
inoltre, a seguito di un respingimento avvenuto il 1o luglio 2009 ad opera della Marina militare
italiana, sono state ricondotte in Libia 82 persone tra cui sono stati individuati dai rappresentanti
dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) 76 cittadini eritrei, un numero
significativo dei quali risultava essere bisognoso di protezione internazionale, secondo quanto
riportato nel corso del briefing per la stampa che l'Unhcr ha tenuto a Ginevra il 14 luglio 2009;
tali dati e informazioni rendono molto plausibile l'ipotesi che tra i migranti riportati in Libia dal
maggio 2009 alla data odierna, vi fossero anche numerosi individui che avrebbero avuto il diritto
di usufruire di protezione internazionale nel nostro Paese e che probabilmente, se questi stessi
avessero avuto la possibilità di chiedere asilo, un gran numero di essi avrebbe ottenuto la
protezione internazionale nel nostro Paese;
oltre a non aver accertato la sussistenza dei requisiti per l'ottenimento della protezione
internazionale le autorità italiane dal maggio 2009 ad oggi hanno respinto i migranti verso un
Paese ove i diritti dei rifugiati sanciti dalle norme internazionali non sono riconosciuti, dal
momento che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati e non
ha dato attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione dell'Unione africana del 1969 sui
problemi dei rifugiati in Africa;
secondo il rapporto che Human rights watch - nota organizzazione umanitaria non governativa
con sede negli Stati Uniti d'America - ha pubblicato il 21 settembre 2009, in Libia non esistono
le strutture per la verifica delle richieste d'asilo e i migranti, pur essendo cittadini di Stati terzi,
sono imprigionati e sottoposti a trattamenti inumani e degradanti e detenuti presso strutture
sovraffollate, in precarie condizioni igieniche e senza alcuna assistenza di tipo legale;
il principio di non respingimento (non-refoulement) è uno dei principi fondamentali del diritto
internazionale relativo ai diritti umani e si configura come il divieto per gli Stati di respingere o
reindirizzare una persona verso luoghi ove la sua libertà e la sua incolumità personale possano
essere messe a repentaglio;
l'articolo 33 della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 1951, firmata a Ginevra il 28
luglio 1951 e ratificata dall'Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, stabilisce che: «nessuno Stato
contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui
la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione,
della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni
politiche.»;
l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, sancisce il diritto di
chiedere asilo in caso di persecuzione;
la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 1974 (acronimo
inglese Solas) nonché la Convenzione internazionale marittima sulla ricerca e il salvataggio
marittimo del 1979 (acronimo inglese Sar) obbligano gli Stati a condurre le persone salvate in
mare in un porto sicuro;
è ormai unanimemente ritenuto che il principio di non-refoulement si configuri quale diritto
internazionale consuetudinario ovvero appartenga alle norme che vincolano ugualmente tutti gli
stati appartenenti alla comunità internazionale;
è inoltre possibile affermare che il principio di non-refoulement abbia assunto natura di carattere
cogente (jus cogens) in quanto «norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla comunità
internazionale degli Stati (...) in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che non
può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso
carattere», secondo quanto codificato dall'articolo 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei
trattati del 1969;
il summenzionato principio di non-refoulement non si applica solamente quando una persona si
trova nel territorio di uno Stato (territorio, acque territoriali e spazio aereo), ma anche quando un
individuo è sottoposto alla effettiva giurisdizione di uno Stato, come nel caso di pattugliamenti e
respingimenti che avvengono ad opera di appartenenti alle forze armate italiane;
in ogni caso l'articolo 4 del codice della navigazione stabilisce che una nave italiana sia che essa
si trovi in acque territoriali, zona contigua, alto mare o mare di altro Stato, è considerata
territorio italiano e quindi su di essa si applicano tutte le norme in vigore nella Repubblica
italiana;
l'articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 vieta di respingere o
estradare una persona verso un altro Stato, qualora vi siano serie ragioni di credere che in tale
Stato essa rischia di essere sottoposta a tortura o a violazioni sistematiche dei diritti dell'uomo;
analogamente l'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali (Cedu), come interpretato dalla Corte europea di Strasburgo, stabilisce
che nessun individuo possa essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o
degradanti e che non possa essere allontanato verso uno Stato dove rischi di subire un tale
trattamento e la giurisprudenza della stessa Corte ha più volte sottolineato che tale divieto si
applica anche nel contesto di espulsioni o respingimenti e qualora vi sia un rischio di espulsioni o
respingimenti a catena;
l'articolo 4 del protocollo n. 4 aggiuntivo alla già citata Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali vieta le espulsioni collettive dì stranieri e va
ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sono da
considerarsi espulsioni collettive tutte quelle misure di allontanamento degli stranieri effettuate
senza un esame individuale della situazione di ciascuna persona;
l'articolo 13 del regolamento (CE) n. 562/2006 consente agli Stati di respingere gli stranieri che
non soddisfino i requisiti per l'ingresso ma prevede anche che tali respingimenti debbano sempre
avvenire nel rispetto delle norme relative al diritto d'asilo ed esclusivamente attraverso un
provvedimento motivato che indichi le ragioni precise di tale respingimento;
l'articolo 21 della direttiva 2004/83/CE richiede agli Stati membri di rispettare il principio di
non-refoulement in conformità dei propri obblighi internazionali;
l'articolo 6, comma 5, della direttiva 2005/85/CE stabilisce che allo straniero venga garantita la
possibilità di accedere alla procedura volta all'ottenimento della protezione internazionale;
l'articolo 10 della Costituzione italiana sancisce che l'ordinamento giuridico italiano si conforma
a tutte le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (primo comma), che esiste
una riserva di legge rinforzata in materia di status giuridico dello straniero (secondo comma), che
nel territorio della Repubblica è garantito il diritto d'asilo allo straniero al quale sia impedito nel
suo Paese l'esercizio delle libertà democratiche;
l'articolo 10 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
prevede che il respingimento non possa applicarsi nei casi previsti dalle disposizioni vigenti
disciplinanti l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato o la concessione di misure
di protezione temporanea per motivi umanitari;
l'articolo 19 del suddetto testo unico prevede che in nessun caso sia ammissibile il respingimento
verso uno Stato in cui lo straniero possa essere perseguitato per motivi di sesso, razza, religione,
lingua, cittadinanza, orientamento politico, di condizioni personali e sociali ovvero possa
rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione;
l'articolo 5, comma 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali (Cedu) stabilisce che vi sia l'obbligo di informazione, in lingua
comprensibile alla persona interessata, sui motivi alla base della privazione della libertà;
l'articolo 3 del regolamento di attuazione del testo unico fa obbligo di comunicare allo straniero,
mediante consegna a mani proprie, un provvedimento di respingimento scritto e motivato;
alla luce di tutte le precedenti affermazioni, si deduce che non possono essere invocati a
fondamento giuridico degli atti di respingimento il fatto che essi vengano attuati in virtù di un
accordo bilaterale con la Repubblica libica, dal momento che il principio di non-refoulement, in
quanto norma di jus cogens, è del tutto inderogabile e gerarchicamente sovraordinato rispetto a
qualsiasi altra fonte giuridica,
impegna il Governo:
ad assicurare che le attività di contrasto dell'immigrazione clandestina siano conformi alle norme
internazionali consuetudinarie e pattizie, alle norme comunitarie e alle disposizioni costituzionali
e ordinarie del nostro Paese;
a rivedere, anche alla luce delle dichiarazioni rilasciate in data 21 settembre 2009 a Bruxelles dal
vice presidente della Commissione europea con delega all'immigrazione, Jacques Barrot, e
dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Antonio Guterres, le politiche di
gestione dei flussi migratori nel canale di Sicilia nonché l'implementazione pratica dell'accordo
con la Libia, chiarendo la sostanziale differenza tra il pattugliamento del tratto di mare tra Italia e
Libia e un comportamento attivo quale quello del respingimento dei migranti intercettati;
ad assicurare procedure d'asilo eque e complete, compreso il diritto di eccepire il timore di
trattamento contrario all'articolo 3 della Cedu per ciascuna persona sotto il controllo delle
autorità italiane, compresi coloro che vengono intercettati in mare nonché il rispetto della
inviolabilità della libertà personale così come stabilito dall'articolo 13 della Costituzione italiana.
(1-00260)
«Soro, Zaccaria, Sereni, Bressa, Castagnetti, Livia Turco, Amici, Bachelet, Boccuzzi, Boffa,
Brandolini, Marco Carra, Causi, Cavallaro, Cenni, Corsini, D'Antona, De Biasi, De Pasquale,
Duilio, Esposito, Farinone, Fedi, Ferranti, Fontanelli, Froner, Ghizzoni, Gnecchi, Graziano,
Lucà, Lulli, Marchi, Marchioni, Mazzarella, Melis, Mogherini Rebesani, Motta, Murer, Pistelli,
Quartiani, Rampi, Realacci, Rigoni, Samperi, Siragusa, Tullo, Maurizio Turco, Vannucci,
Vassallo, Velo, Vernetti, Vico, Villecco Calipari, Viola, Zampa, Lo Moro, Touadi, Narducci,
Andrea Orlando, Tidei».
(27 ottobre 2009)
MOZIONE DI PIETRO ED ALTRI
La Camera,
premesso che:
secondo dati diffusi da Fortress Europe, osservatorio sulle vittime dell'emigrazione e rassegna
stampa che dal 1988 fa memoria delle vittime delle frontiere europee, dall'inizio del mese di
maggio 2009 i respingimenti di cui si ha notizia sono stati circa 1.216 (i dati sono riscontrabili
sul sito http://fortresseurope.blogspot.com);
è il 7 maggio 2009 quando le autorità italiane danno inizio ai primi respingimenti: 238 rifugiati e
migranti, tra i quali anche 41 donne, di cui 3 in stato di gravidanza, soccorsi in acque
internazionali dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza italiane, vengono ricondotti in
Libia; molti di questi migranti arrivati a bordo dei barconi non potevano essere respinti perché
provenivano da aree dove sono in atto guerre e persecuzioni, come ad esempio la Somalia, uno
dei cinque Paesi meno sviluppati del mondo, nella cui capitale si stanno da tempo intensificando
i combattimenti tra estremisti islamici di al-Shabab e le forze del Gun, la coalizione di unità
nazionale. Solo nella regione di Mogadiscio si registrano dal 7 maggio a oggi più di 100 morti e
46.000 profughi;
altri episodi di respingimenti collettivi in Libia (Paese che, va ricordato, non ha aderito alla
Convenzione di Ginevra del 1951 e che quindi non dispone ancora di un sistema di protezione e
non risulta ancora in grado di fornire alcuna garanzia che le persone, anche quelle bisognose di
protezione internazionale, non vengano rimpatriate nei loro Paesi di origine) si sono succeduti in
questi ultimi mesi senza che siano state accertate né l'identità né la nazionalità dei rifugiati,
azione fondamentale per stabilire se potevano ottenere lo status di rifugiato politico o di
richiedente asilo;
tali decisioni urtano palesemente contro l'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea che recita: «Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno
Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre
pene o trattamenti inumani o degradanti.» e le disposizioni della Convenzione di Ginevra che
impongono il «non refoulement» degli aventi diritto all'asilo politico, che in pratica sono quasi il
30 per cento dei migranti che partono dalla Libia;
risulta che tutti questi rifugiati e migranti provengono anche da vari Paesi dell'Africa
sub-sahariana, ma nessuno dal Maghreb: la maggioranza dalla Nigeria, che nel 2008 ha
rappresentato il gruppo più numeroso di richiedenti asilo in Italia; altri dalla Costa d'Avorio, dal
Ghana e dal Mali;
risulta inoltre che tutti i naufraghi, a tutt'oggi, vengono trattenuti nel centro di Duisha, vicino
Tripoli, che però non prevede la presenza di donne, per le quali è previsto il trasferimento al
centro di Zawia, a 40 chilometri dalla capitale;
la portavoce della sezione italiana dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati,
l'Unhcr, Laura Boldrini, ha ricordato che il principio di non respingimento vale anche in acque
internazionali e non conosce limitazione geografica, ed è contenuto anche nella normativa
europea e nell'ordinamento giuridico italiano;
tra i respinti in Libia il 7 maggio 2009 vi sono 24 persone, per la maggior parte somali ed eritrei,
che hanno richiesto allo studio Lana Lagostena Bassi di Roma, di presentare ricorso contro il
Governo italiano presso la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo;
il 15 maggio 2009, il rappresentante in Italia dell'Unhcr, Laurens Jolles, ha incontrato il Ministro
dell'interno italiano per discutere delle implicazioni derivanti dalla politica dei respingimenti di
migranti e richiedenti asilo verso la Libia attuata recentemente dal nostro Governo con la
richiesta di riammettere queste persone sul territorio italiano sottolineando che «dal punto di
vista del diritto internazionale, l'Italia è responsabile per le conseguenze del respingimento»; il
Ministro dell'interno ha poi confermato la propria intenzione di mantenere questa linea
affermando: «Andiamo avanti con i respingimenti, del problema si faccia carico l'Unione
europea»;
l'Unhcr ha inoltre sottolineato che «il 75 per cento circa dei 36.000 migranti sbarcati sulle coste
italiane nel 2008 - due su tre - ha presentato domanda d'asilo, sul posto o successivamente,
mentre il tasso di riconoscimento di una qualche forma di protezione (status di rifugiato o
protezione sussidiaria/umanitaria) delle persone arrivate via mare è stato di circa il 50 per cento.
Nel 2008, la maggior parte delle persone arrivate via mare che ha ottenuto protezione
internazionale proviene da Somalia, Eritrea, Iraq, Afghanistan e Costa d'Avorio»;
l'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo ha ricordato che basterebbe organizzare le navi
italiane per poter accogliere le domande d'asilo, nel solco della proposta del Cir per una legge
organica sul diritto di asilo e la protezione sussidiaria avanzata nel 2006;
l'ultimo respingimento deciso dal Governo italiano nei confronti di un gruppo di migranti somali,
intercettati alla fine d'agosto, su un gommone al largo delle coste siciliane, si è lasciato alle
spalle una scia di polemiche e proteste, a cominciare da una lettera inviata dalla Commissione
dell'Unione europea tanto all'Italia quanto a Malta, con la quale si chiedono «chiarimenti» sulla
vicenda che ha visto coinvolti i due Paesi;
l'articolo 4 del IV protocollo della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali», vieta espressamente le espulsioni collettive;
i respingimenti, ancorché occorsi in acque internazionali, riguardano migranti fatti salire a bordo
di unità marittime italiane, che in base all'articolo 4 del codice di navigazione sono sotto la
giurisdizione dello Stato italiano e quindi sotto il testo unico sull'immigrazione (all'articolo 10,
comma 4) come modificato dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, che vieta il respingimento in
frontiera «nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il
riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea
per motivi umanitari»;
l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha in questi giorni denunciato le politiche
nei confronti degli immigrati, adottate anche dall'Italia, «abbandonati e respinti senza verificare
in modo adeguato se stanno fuggendo da persecuzioni, in violazione del diritto internazionale»,
impegna il Governo:
ad attuare una rigorosa politica di contrasto all'immigrazione clandestina colpendo soprattutto le
organizzazioni criminali che gestiscono questa inaccettabile tratta di esseri umani;
a non proseguire la pratica dei respingimenti indiscriminati e collettivi degli emigranti più volte
compiuti dalla Guardia di finanza che si è trovata a soccorrere in mare, e successivamente
trasferire in Libia, oltre un migliaio di extracomunitari negli ultimi mesi;
a rispettare le normative internazionali relative al diritto di quanti si trovano nella condizione di
chiedere asilo politico perché provenienti da Paesi in guerra, come è stato abbondantemente
accertato per quanti fuggono soprattutto dalla guerra civile in Somalia.
(1-00230)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di
Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Misiti, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini,
Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Pisicchio, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
(16 settembre 2009)
MOZIONE PEZZOTTA ED ALTRI
La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la
Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008 prevede
l'intensificazione della collaborazione e la definizione di iniziative volte a prevenire il fenomeno
dell'immigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori;
i pattugliamenti misti delle coste rientrano tra tali iniziative;
tuttavia, tra il maggio e l'agosto 2009, le unità militari italiane sono state attivamente coinvolte in
procedure di respingimento diretto verso le coste africane di natanti carichi di migranti senza
aver proceduto ad alcuna loro identificazione, aver rilevato le loro condizioni di salute o
verificato i requisiti per la concessione della protezione internazionale;
l'articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati prevede il divieto di espellere o
respingere - in nessun modo - un rifugiato verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua
libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza ad una
determinata categoria sociale o convinzioni politiche (cosiddetto principio di «non
refoulement»);
l'articolo 3 della Convenzione Onu contro la tortura (Cat) vieta l'espulsione e il respingimento
verso un territorio dove la persona potrebbe subire tortura, trattamento inumano o degradante o
dove esista il concreto rischio di essere espulso verso un territorio dove ci sia un rischio di subire
tale trattamento;
l'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali (Cedu) dispone un divieto analogo a quello della Convenzione Onu contro la
tortura;
l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 sancisce il diritto di
chiedere asilo in caso di persecuzione;
alla Corte per i diritti umani di Strasburgo è stato presentato un ricorso italiano da parte di 24
rifugiati somali ed eritrei respinti dall'Italia il 7 maggio 2009 per la violazione all'articolo 3 della
Convenzione europea sui diritti umani ed altri articoli della stessa Convenzione;
l'articolo 4 del Protocollo aggiuntivo n. 4 della Cedu vieta in ogni caso misure di espulsione e di
respingimento collettive, ovvero senza provvedimenti individualizzati;
secondo le più recenti interpretazioni la direttiva comunitaria 2003/9/CE che prevede l'obbligo di
ammissione alla procedura d'asilo a chi lo richiede, si applica anche quando esiste l'effettivo
controllo dell'autorità dello Stato membro sulla persona come, nella fattispecie, il comandante
della nave militare;
il Codice frontiere Schengen del novembre 2007 prevede che le operazioni di controllo alle
frontiere esterne dell'Unione europea siano fatte nel pieno rispetto degli obblighi derivanti dalla
Convenzione di Ginevra sui rifugiati;
durante le citate operazioni di respingimento non risulterebbe esser stato applicato l'articolo 3 del
regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 secondo cui il respingimento deve essere «comunicato allo
straniero mediante consegna a mani proprie o notifica del provvedimento scritto e motivato,
contenente indicazioni delle eventuali modalità di impugnazione»;
il comma 1 dell'articolo 19 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286 e successive modifiche recita «in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento
verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza,
sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero
possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla
persecuzione». Lo stesso articolo, al comma 2, vieta l'espulsione di stranieri minori di anni 18 e
di donne in stato di gravidanza o nei 6 mesi successivi alla nascita del figlio. Quest'ultimo divieto
con sentenza della Corte di Cassazione del 27 luglio 2000, n. 376 è stato esteso al marito
convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio;
tra gli stranieri respinti risulterebbero anche donne in gravidanza e minori e secondo i
rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) tra le persone
respinte vi sarebbero state persone che avrebbero avuto il diritto di usufruire di protezione
internazionale;
inoltre i migranti sarebbero stati respinti verso un Paese in cui non sono riconosciuti i diritti dei
rifugiati, non avendo, la Libia ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, né
dato attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione dell'Unione africana del 1969 sui problemi
dei rifugiati in Africa;
la Commissione europea ha chiesto informazioni all'Italia proprio sui respingimenti collettivi,
dopo che le procure di Agrigento e Siracusa hanno aperto indagini penali iscrivendo nel registro
degli indagati alti esponenti della Guardia di finanza e dopo che la Corte europea dei diritti
dell'uomo ha continuato a ricevere gli esposti di quanti sono stati deportati in Libia;
la presidenza svedese di turno dell'Unione europea è determinata a trovare risposte comuni, e ha
assicurato che la «solidarietà» fra gli Stati membri sulle richieste di asilo costituisce una priorità,
sulla base del «Patto europeo su immigrazione e asilo» sottoscritto da tutti i Paesi dell'Unione
europea nel 2008,
impegna il Governo:
ad una maggiore attenzione e osservanza delle leggi nazionali vigenti e delle normative
comunitarie ed internazionali in materia di diritto di asilo e ad evitare il riproporsi in futuro di
analoghi episodi di respingimenti collettivi di migranti;
a predisporre sulle unità navali addette al pattugliamento delle coste maggiormente soggette a
fenomeni di immigrazione clandestina, l'idonea organizzazione per espletare tutte le procedure
atte a consentire l'accoglimento delle domande di asilo;
ad attuare una politica di allontanamento e di rimpatrio efficace, nel rispetto della legalità e della
dignità umana;
ad adottare ogni utile iniziativa volta a fornire un maggior sostegno ai Paesi terzi perché
potenzino la capacità di sviluppare sistemi propri di asilo e protezione nel rispetto della dignità
umana;
a favorire l'approvazione e la realizzazione del programma «Stoccolma» promosso dalla
presidenza svedese di turno dell'Unione europea, che ha fatto della cooperazione europea in
materia di giustizia, affari interni e immigrazione una delle sue priorità.
(1-00266)
«Pezzotta, Vietti, Buttiglione, Volontè, Adornato, Compagnon, Ciccanti, Naro, Rao».
(10 novembre 2009)
MOZIONE CICCHITTO, COTA ED ALTRI
La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni si è verificata una rapida trasformazione degli equilibri internazionali che
avevano regolato i rapporti fra gli Stati nel '900. La caduta del muro di Berlino, di cui si è
festeggiato, con grande enfasi, proprio in questa settimana il ventennale, rappresenta uno
spartiacque fondamentale nello sviluppo sociale e politico delle società contemporanee;
per evitare che tale ricorrenza assuma una connotazione quasi esclusivamente formale, bisogna
accettare con coraggio e definitivamente le sfide che il nuovo mondo nato da quel crollo ci ha
posto. Con la caduta del muro di Berlino sono crollati confini non solo geografici, ma anche
politici, sociali ed economici, che limitavano, permettendo di governarlo, il mondo di allora.
Basterebbe un rapido sguardo alla cartina geografica, soprattutto europea e, in particolare,
dell'area balcanica, per comprendere quanto profondi siano stati i cambiamenti;
oggi esiste una mobilità che per certi versi può definirsi estrema, anche per la velocità con cui si
caratterizza, che ci era sconosciuta fino a pochi anni fa. Un elemento che va valutato non solo in
chiave economica, ma anche sociale e demografica;
la fase di nuova globalizzazione che si sta vivendo necessita di strumenti di controllo adeguati e
di una nuova visione del mondo: una necessità che riguarda, in particolare, l'Europa;
l'affermazione di nuovi protagonisti sulla scena mondiale, realtà geopolitiche di carattere
continentale, come l'India o la Cina, caratterizzate da uno sviluppo demografico enorme, da un
sistema non sempre particolarmente favorevole al rispetto dei diritti umani., da elementi di
crescita socioeconomica estremamente dinamica, ci pongono di fronte a nuove e complesse
problematiche anche sul piano delle relazioni internazionali;
nell'ottobre 2008 uno dei principali quotidiani bengalesi ha scritto: «È molto significativo che
siano stati spesi migliaia di miliardi di dollari per rimettere in sesto i principali istituti finanziari
del mondo, mentre i 12,3 miliardi di dollari previsti dall'Onu per combattere la crisi alimentare
ancora non si vedono. L'obiettivo di sradicare la povertà estrema entro la fine del 2015 è sempre
meno realistico, non per carenza di risorse, ma perché non c'è un vero interesse per i poveri del
mondo»;
la pressione demografica sui confini europei è destinata inevitabilmente ad aumentare, in quanto
la globalizzazione ha aperto i mercati ma anche le frontiere, determinando un aumento
esponenziale della mobilità di uomini e mezzi e riducendo estremamente le distanze;
l'Europa non può reggere il peso dei popoli migranti, in quanto non è in grado di integrare
l'enorme massa di uomini che chiedono di entrare nei suoi confini, né può farlo l'Italia o nessun
altro singolo Paese europeo;
non è pensabile riuscire a fronteggiare l'attuale situazione senza una serie di regole chiare che
permettano di governare gli ingressi dei migranti in Europa e nel nostro Paese;
è necessario ragionare su come sviluppare una politica comune a livello europeo di fronte
all'aumento dei flussi migratori ed è fondamentale focalizzare gli strumenti e le politiche attive
più adeguate a gestire la «globalizzazione», affinché la stessa diventi una possibilità di sviluppo
e non un processo di ulteriore aumento delle differenze a livello planetario;
a livello europeo, si deve prendere atto che non esiste una lista di «Paesi sicuri»: di quei Paesi,
cioè, dai quali si da per certo che non possa provenire un rifugiato;
non si può accettare che richieste di asilo politico diventino lo strumento per ingressi clandestini
in Europa, avendo coscienza e conoscenza del fatto che molti immigrati nascondono la propria
identità volutamente, con il fine specifico di non farsi riconoscere e con la certezza che i tempi
necessari alle autorità per il loro riconoscimento gli permetteranno di far perdere le proprie
tracce;
appare necessario che il Governo prosegua nella sua azione di persuasione delle istituzioni
europee rispetto all'introduzione del principio del burden sharing, affinché venga declinato con
l'individuazione di meccanismi strutturati (non più su base volontaria) per la ridistribuzione degli
immigrati intercettati nel corso delle operazioni marittime coordinate da Frontex;
nella stessa ottica è fondamentale il rafforzamento dell'impegno per la piena attuazione del
sistema europeo di asilo attraverso la fissazione di status, procedure e livelli di accoglienza unici
e, in questa prospettiva, l'attuazione del futuro Ufficio europeo di supporto per l'asilo;
su queste basi dovrebbero essere avviati progetti per il trattamento delle domande di protezione
al di fuori del territorio dell'Unione europea, che consentirebbero di istituire canali dedicati
all'ingresso dei richiedenti asilo nell'Unione;
il Governo italiano, anche nell'ottica di un concreto e necessario controllo dei flussi migratori, ha
raggiunto con la Libia un accordo storico di enorme importanza anche per l'intera Europa;
il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 e
ratificato con legge 6 febbraio 2009, n. 7, persegue l'obiettivo strategico per un verso della
chiusura definitiva del «capitolo del passato», con la soluzione dei contenziosi bilaterali, e, per
altro verso, della costruzione di una nuova fase delle relazioni italo-libiche, basata sul rispetto
reciproco, sulla pari dignità e su un rapporto paritario e bilanciato;
nel Trattato si afferma l'impegno a operare per il rafforzamento della pace, della sicurezza e della
stabilità, in particolare nella regione del Mediterraneo, e si è ribadita la centralità delle Nazioni
Unite nel sistema delle relazioni internazionali, impegnando le parti ad adempiere in buona fede
agli obblighi derivanti dai principi e dalle norme del diritto internazionale universalmente
riconosciuti, nonché inerenti al rispetto dell'ordinamento internazionale;
in particolare, all'articolo 19 è stata prevista l'intensificazione della collaborazione nella lotta al
terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina,
con un richiamo all'accordo firmato a Roma il 13 dicembre 2000 e con un esplicito riferimento
alle successive intese tecniche, tra cui, in particolare, per quanto concerne la lotta
all'immigrazione clandestina, i protocolli di cooperazione firmati a Tripoli il 29 dicembre 2007.
Secondo quanto stabilito, le due parti si impegnano a promuovere la realizzazione di un sistema
di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane in possesso delle
competenze tecnologiche necessarie. L'Italia, in particolare, si è impegnata a sostenere il 50 per
cento dei costi di realizzazione di tale sistema, mentre per il restante 50 per cento Italia e Libia
chiederanno all'Unione europea di farsene carico, tenuto conto delle intese intervenute tra Tripoli
e Bruxelles con la firma di un Memorandum of understanding (MoU) nel luglio 2007. Su un
piano più generale, le due parti hanno deciso di collaborare alla definizione di iniziative volte a
prevenire il fenomeno dell'immigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori;
l'accordo rappresenta una svolta decisiva nella definizione di un approccio più adeguato e
realistico, in un'ottica mediterranea e continentale, alla necessità di un controllo adeguato dei
flussi migratori che investono in questi anni l'intero continente europeo;
la Libia non è un Paese di emigrazione, costituisce, però, un territorio di transito per
l'immigrazione sub-sahariana, macroregione estremamente povera e, peraltro, vittima di continui
conflitti: Sudan, Ciad e Niger sono gli Stati che toccano il fianco sud della Libia. A partire dal
2003 in Sudan si è sviluppata una drammatica crisi umanitaria, che nella regione del Darfur ha
finora provocato circa 300.000 morti e più di due milioni tra sfollati e rifugiati. Questa massa
migratoria genera ripercussioni anche nel vicino Ciad, costretto ad ospitare numerosi campi
profughi. Anche il Niger è territorio di transito di migranti provenienti dalla Nigeria, lo Stato più
popoloso dell'Africa e con prospettive di crescita demografica allarmanti. L'immigrazione
sub-sahariana include anche flussi originari della regione del Corno d'Africa, dove le prospettive
di sviluppo sono indebolite dalla persistente tensione militare sul confine etiopico-eritreo e
dall'insoluta crisi somala;
tutte le rotte migratorie convergono verso il lunghissimo confine meridionale della Libia,
estremamente permeabile in quanto territorio desertico e carente di adeguate strutture di
monitoraggio. La limitatezza dei mezzi è un problema che emerge anche per quanto riguarda i
quasi 1800 chilometri di costa mediterranea, per i quali la Libia non dispone di forze navali
sufficienti per il pattugliamento;
la Libia è, dunque, ponte di transito per flussi migratori di enorme portata, che inevitabilmente
trovano nel Mediterraneo e nell'Italia in particolare l'approdo naturale, e pensare di non
governare questa nuova realtà, appellandosi ad una sorta di indistinto diritto alla migrazione,
senza regole e controlli, appare oltremodo irrealistico e pericoloso;
anche per questo motivo il Governo italiano ha optato per un'intesa bilaterale con la Libia,
procedendo lungo un percorso già avviato dal Governo precedente, in quanto la via dell'accordo
bilaterale è coerente con l'interesse dell'Italia ad una compartecipazione costruttiva nella gestione
del flusso migratorio;
il Trattato di amicizia ha, inoltre, il pregio di coinvolgere sempre di più la Libia su un percorso
virtuoso in tema di diritti umani. Il Paese africano non ha sottoscritto, infatti, la Convenzione di
Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati, ma ha firmato e ratificato la Convenzione
dell'Unione africana del 1969 relativa a specifici aspetti della problematica dei rifugiati in Africa,
che è complementare alla Convenzione di Ginevra e impegna Tripoli a garantire protezione non
solo ai perseguitati, ma anche alle vittime di invasioni, guerre civili e altri eventi di ben più
ampia portata rispetto addirittura a quelli previsti dalla Convenzione di Ginevra. Inoltre,
attualmente la Presidenza dell'Assemblea generale dell'Onu è ricoperta da un rappresentante
della Libia;
fondamentale sarà l'azione dell'Italia in seno alle istituzioni europee. In materia di immigrazione
l'Unione europea ha recentemente approvato la direttiva 2008/115, che stabilisce standard e
procedure comuni per il rimpatrio degli immigrati irregolari e sponsorizza la cooperazione degli
Stati membri con i Paesi di origine e di transito. L'Unione europea si è interessata alla rotta
migratoria che attraversa la Libia, con un progetto specifico di monitoraggio della frontiera con il
Niger, un progetto rientrante nel programma quadro «Asilo e migrazione»;
nel contempo Frontex, l'agenzia comunitaria per la gestione delle frontiere, è impegnata in
attività di formazione della polizia doganale libica e trasferimento di tecnologie, ma occorre che
il Governo prosegua nella richiesta di miglioramento dell'Agenzia, quanto a capacità di assistere
gli Stati membri più esposti al fenomeno migratorio e di ottenere un maggiore coinvolgimento di
tutti i Paesi membri e dei Paesi terzi nelle operazioni congiunte;
l'Unione europea ha le potenzialità per incidere in profondità nei rapporti che intrattiene con i
suoi interlocutori sul piano delle relazioni esterne: su queste potenzialità il nostro Paese deve
investire la sua azione diplomatica. L'Italia con il Trattato di amicizia, partenariato e
cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 diviene portavoce e riferimento di una politica
estera di vicinato dell'intera Unione europea, che nei confronti della Libia può dimostrare una
grande forza di attrazione;
l'iniziativa di riconsegna degli immigrati irregolari alla Libia è stata effettuata in conformità al
vigente quadro normativo interno ed internazionale;
i citati Protocolli aggiuntivi al Trattato di amicizia del 29 dicembre 2007 e l'ulteriore protocollo
aggiuntivo del 4 febbraio 2009, sottoscritto dal Ministro dell'interno, prevedono la possibilità di
organizzare dispositivi di pattugliamento congiunto in mare, con operazioni di controllo, ricerca
e salvataggio in acque territoriali libiche ed in alto mare, da svolgere nel rispetto delle
convenzioni internazionali;
la Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (cosiddetta Convenzione Solas) del
1974, alla quale il nostro Paese ha aderito con legge n. 313 del 1980, invita gli Stati a contrastare
le pratiche pericolose associate al trasporto di migranti via mare, impedendo la partenza delle
imbarcazioni «a rischio», anche di bandiera estera, dalle proprie coste o dai propri porti;
le operazioni di pattugliamento congiunto attuate sono dirette a rafforzare proprio la
responsabilità e la capacity building della Libia, anche sotto questo aspetto, e per questo non
costituiscono né ipotesi di respingimento alla frontiera italiana, né ipotesi di mancato soccorso in
mare;
la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (cosiddetta Convenzione Unclos o di
Montego Bay), ratificata dall'Italia nel 1994, attribuisce all'unità navale di uno Stato, che
intercetta una nave priva di nazionalità, il potere di inseguirla, fermarla, abbordarla e condurla
entro un porto nazionale, laddove vi sia il sospetto, tra l'altro, di tratta degli schiavi;
il Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata
transnazionale del 2000, entrato in vigore in Italia il 1o settembre 2006 e in Libia il 24 ottobre
2004, attribuisce ad unità navali di uno Stato che sospetti che un'imbarcazione priva di
nazionalità eserciti traffico illegale di immigrati il potere di chiedere agli altri Stati di aiutarla a
porre fine a tale pratica, anche fermando ed abbordando il natante;
la riduzione di oltre il 90 per cento degli sbarchi dall'inizio di maggio 2009 a settembre 2009,
con una differenza di circa 17 mila persone in meno sbarcate dalla Libia rispetto allo stesso
periodo del 2008, ha dimostrato che la politica delle riconsegne effettuate dal ministero
dell'interno funziona;
l'Italia ha il dovere di continuare ad attuare una politica di riconsegna alla Libia, impedendo che
il ricorso al diritto di asilo diventi uno strumento per aggirare le norme che regolano l'ingresso in
Europa, ma non può farlo da sola: può e deve invece sensibilizzare l'Europa a muoversi in
maniera coerente,
impegna il Governo:
a proseguire nell'azione di controllo e regolamentazione dei flussi migratori, al fine di contrastare
con determinazione ogni forma di immigrazione clandestina, con lo scopo di attuare politiche
attive capaci di contemperare i diritti dei popoli migranti con i diritti dei popoli residenti;
a proseguire nella lotta alla criminalità organizzata che regola e gestisce i flussi di immigrati
clandestini;
a proseguire nell'azione di difesa e garanzia dei necessari livelli di sicurezza nel nostro Paese,
contrastando a questo fine l'immigrazione clandestina e promuovendo l'immigrazione legale;
ad intervenire nei confronti dell'Unione europea affinché si definisca una politica comune di
gestione e controllo dei flussi migratori a difesa degli equilibri sociali ed economici delle
popolazioni europee ed affinché l'Europa possa diventare la meta di un'immigrazione
effettivamente sostenibile, la sola capace di determinare sviluppo e progresso;
a proseguire nell'azione di riconsegna alla Libia degli immigrati irregolari, così come delineatasi
in questi ultimi mesi, che ha drasticamente ridotto i rischi di tragedie in mare.
(1-00275)
«Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bocchino, Santelli, Luciano Dussin, Bruno, Dal Lago, Calderisi,
Pastore, Bernini Bovicelli, Vanalli, Bertolini, Volpi, Bianconi, Cristaldi, Calabria, De Girolamo,
Distaso, La Loggia, Laffranco, Lorenzin, Orsini, Pecorella, Sbai, Stasi, Stracquadanio».
(12 novembre 2009)
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