Etica matrimoniale e sessuale – Aspetto bioetico

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Etica matrimoniale e sessuale – Aspetto bioetico
a cura di don Paolo Sanna
Corso di aggiornamento per i catechisti di Cagliari
1. Gli sviluppi della riflessione cattolica in tema di etica sessuale e di bioetica
Dopo esserci addentrati nella considerazione di due tematiche particolari (etica di inizio e di
fine vita), credo sia utile accennare al contributo offerto dalla riflessione cattolica in tema di etica
sessuale e di bioetica: senza questa componente difficilmente si potrebbe comprendere l’insieme del
dibattito, e bisogna riconoscere che molte fondazioni naturali e razionali dell’etica della sessualità
trovano nell’ambito della riflessione cattolica il più ampio sviluppo e il più pieno rispetto.
Nell’ambito di questa riflessione c’è stato uno sviluppo dottrinale ed una continuità.
Lo sviluppo dottrinale emerge sin dall’epoca di Leone XIII (con il documento della Sacra
Penitenzieria del 16 giugno 1880 in merito all’illiceità delle pratiche contraccettive); poi con
l’enciclica Casti Connubii del 31 dicembre 1931 di Pio XI che ritornò sull’argomento della
contraccezione; per giungere a Pio XII, che a partire dal 1951 ha dedicato grande attenzione ai temi
della sessualità, dell’aborto, del sorgere delle prime questioni di bioetica (allora non si chiamava
ancora così). Ma è nei tempi a noi contemporanei, con la Costituzione Pastorale Gaudium et spes
del Concilio Vaticano II (1965) e con l’insegnamento di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, che
abbiamo il massimo dell’interesse della Chiesa alle tematiche di cui parliamo. Ricordiamo
documenti di ampio respiro e vasta risonanza come l’Enciclica Humanae vitae (25 luglio 1968) di
Paolo VI, l’Esortazione Apostolica Familiaris consortio (22 novembre 1981) di Giovanni Paolo II,
fino ad arrivare alla Veritatis splendor (6 agosto 1993) e alla Evangelium vitae (25 marzo 1995), i
discorsi di commento ai primi capitoli della Genesi da parte di Papa Giovanni Polo II, che hanno
richiamato l’attenzione di teologi e filosofi per l’ampio sviluppo accordato alla filosofia e teologia
della corporeità. Anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 2259-2298; 2331-2391)
possiamo reperire notevoli spunti di riflessione in materia.
Numerosi sono stati i documenti degli Episcopati che hanno fatto eco o sviluppato
insegnamenti dottrinali del Pontefice soprattutto in tema di aborto, contraccezione, sterilizzazione:
la CEI, a partire dal 1978, ha pubblicato l’annuale messaggio per la Giornata per la vita, e una lunga
serie di documenti: in dieci anni, solo sull’aborto, ben 48 documenti 1 .
Significativi sono anche documenti ufficiali degli Organismi della Santa Sede come quelli
della Congregazione per la Dottrina della Fede e per l’Educazione Cattolica. 2
L’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Il rispetto della vita
nascente e la dignità della procreazione (Donum vitae) del 22 febbraio 1987, a noi interessa
particolarmente perché oltre al tema che le è proprio, quello legato ai problemi della procreazione
artificiale, implica anche uno sviluppo nella visione della corporeità e della sessualità come
momenti inalienabili dell’amore sponsale e della procreazione.
Chi ha avuto pazienza e onestà intellettuale sufficiente per leggere con attenzione questi
documenti vi trova un arricchimento non soltanto sotto il profilo teologico-biblico, ma anche sotto il
1
Il 22 maggio 1978 entra in vigore la legge 194 sull’aborto; nel 1981 c’è il referendum abrogativo, che lascerà le cose
come stanno… Cfr. CEI, Comunità Cristiana e accoglienza della vita umana nascente (8.12.1978); Evangelizzazione e
cultura della vita umana (8.12.1989); Aborto e legge di aborto (27.02.1975); CONS. PERM. CEI, Il diritto a nascere
(11.1.1972); Per una cultura della vita (17.03.1981). Per una raccolta di 22 documenti vedi E. CAVALLARO (a cura
di), I Vescovi e il diritto a nascere, La Parola, Roma 1982.
2
Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Persona umana” su alcune questioni di etica sessuale,
del 29.12.1975, in E. V. vol. 5 (1974-1976), Bologna 1982, pp. 1126-1157; Dichiarazione su l’aborto procurato del
18.11.1974, ibi, pp. 418-443; Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali,
«L’Osservatore Romano», 31 ottobre 1986; Istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della
procreazione, Città del Vaticano 22.02.1987; Congregazione per l’educazione cattolica, Orientamenti educativi
sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale, del 1.11.1983, in E. V. vol. 9 (1983-1985), Bologna 1987, pp.
420-456.
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1
profilo filosofico, antropologico ed etico in tema di sessualità con una puntuale conoscenza dei
termini del dibattito culturale in atto.
La sessualità viene riconosciuta come dimensione della persona tutta intera, secondo una
visione personalistica sempre viva nella Chiesa ma meglio delucidata nei documenti recenti: viene
dato riconoscimento ai contributi delle scienze umane quali la psicologia e la pedagogia, per un
sano equilibrio ed un’adeguata educazione sessuale; viene riconosciuto il ruolo complementare e la
pari dignità della donna («segno dei tempi» viene definita l’aspirazione alla pari dignità della donna
nei documenti del Concilio); viene riconosciuto il ruolo della responsabilità dei coniugi nella
regolazione delle nascite (paternità-maternità responsabile) e il ruolo della famiglia nella società e
nella Chiesa. L’amore coniugale è inteso come via alla santità dei coniugi e fondamento di
equilibrio per le persone e la famiglia. Ogni sessuofobia scompare di fronte al pieno riconoscimento
della dignità del corpo e della sua essenziale componente di significato nell’amore sponsale e nella
procreazione.
Bisogna riconoscere che anche in campo cattolico ci sono stati dissensi e affermazioni di
singoli teologi, con posizioni divergenti dall’insegnamento ufficiale e con una marcata adesione alle
impostazioni di tipo «soggettivista», con la quale si intende giustificare comportamenti sessuali
anomali quali la masturbazione, l’omosessualità, i rapporti prematrimoniali.
La linea dottrinale del Magistero Cattolico si muove su una linea di continuità per quanto
riguarda alcuni capisaldi: il legame tra sessualità e matrimonio legittimo, nel senso che l’esercizio
della sessualità trova senso e rettitudine, pienezza umana e giustificazione, soltanto nel matrimonio
legittimo; il collegamento nell’esercizio dell’atto coniugale tra la dimensione unitiva e quella
procreativa, nel senso che l’atto coniugale deve rimanere aperto alla procreazione e nel senso che la
procreazione non può essere scissa dall’atto coniugale; la riaffermazione della legittimità di una
responsabilità procreativa dei coniugi da perseguire insieme e con mezzi che rispettino la dignità del
significato unitivo dell’atto sessuale; la condanna conseguente della contraccezione, dell’aborto,
della sterilizzazione contraccettiva e della procreazione artificiale.
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2. Nascita e sviluppo della bioetica. Problemi suscitati e loro importanza
Il tema della bioetica ha avuto negli ultimi decenni un crescendo di interesse non solo tra gli
“addetti ai lavori” (medici, ricercatori), che ha portato alla costituzione di numerosi e di diversa
ispirazione Comitati di Bioetica, ma ha raggiunto anche la gente comune attraverso l’opera, talvolta
a proposito e talvolta a sproposito, dei mass-media. L’interesse per certi temi, come quello della
procreazione artificiale, dell’aborto, della morte cerebrale, dell’eutanasia, dei trapianti di organi, e
ultimamente quello della clonazione e del reperimento e dell’impiego delle cellule staminali, affiora
tra i banchi di scuola, nei gruppi giovanili parrocchiali, oltre che nei Comitati di bioetica, nelle aule
delle Facoltà di Medicina e di Teologia o negli Istituti di Scienze Religiose. Tutti domandano e
desiderano sapere. Anche i meno addentro alla materia, infatti, colgono che in bioetica si trattano
problemi importanti, relativi alla dignità dell’uomo e alla difesa della vita, e delle condizioni
ambientali che rendono la vita davvero umana.
Ma che cos’è la bioetica? Anzitutto si tratta di un termine composito, che accosta e unisce
due realtà e concetti: la vita (bios) e l’etica o morale (ethos). Il termine stesso di bioetica è
praticamente inesistente nella produzione morale o nella letteratura medica prima degli anni ‘60.
Possiamo dire dunque che la bioetica è una disciplina giovane, nata negli Stati Uniti per rispondere
a un’esigenza molto sentita: quella di individuare criteri e assegnare limiti alla pratica medica e alla
ricerca scientifica, in un periodo che quasi improvvisamente sembrava porre l’umanità di fronte a
possibilità di intervento sulla vita fino a quel momento sconosciute. Le nuove scoperte tecniche e
mediche avevano consentito senza dubbio un miglioramento della qualità della vita umana (vedi i
trapianti), ma stava maturando in molti una più acuta consapevolezza del pericolo che si poteva
nascondere nelle nuove possibilità: quello di trattare l’uomo non come fine, ma come mezzo.
Il termine bioetica nasce nel 1970, principalmente ad opera dell’oncologo americano Van
Rensselaer Potter, definito dal giurista Francesco D’Agostino “come inventore del più fortunato
neologismo del secondo dopoguerra”. Egli l’utilizzò prima in un suo articolo (Bioethics: the science
of survival), e poi nel titolo di un noto volume: Bioethics. A bridge to the future (1971). Nel 1969
era sorto negli Stati Uniti l’Hastings Center ad opera di Callahan e Gaylin con l’intento di studiare e
formulare norme nel campo della ricerca e della sperimentazione in ambito biomedico. Negli Stati
Uniti, infatti, la discussione sui problemi etici e la sperimentazione era esplosa, prima ancora che
fossero annunciate scoperte in ambito genetico, dalle denunce e dai processi seguiti ad alcuni abusi
nel campo della sperimentazione sull’uomo 3 .
Nel suo testo del 1971 Potter, individuando una spaccatura tra il sapere umanistico-morale e
quello scientifico-tecnologico, ed il conseguente pericolo per la sopravvivenza stessa dell’umanità,
indicò l’esigenza di creare un ponte (bridge). L’unione dei due diversi saperi, richiamata sotto
l’immagine suggestiva del ponte, per Potter è la garanzia migliore che l’umanità si impegnerà per la
sopravvivenza dell’intero ecosistema, seriamente minacciato dal solo progresso tecnico. La bioetica
dunque sorge con l’intento di combinare e mettere in comunicazione la conoscenza biologica con la
conoscenza dei valori umani ed etici. Accanto a Potter deve essere ricordato l’ostetrico A.
Hellegers, fondatore nel 1971 a Washington del Joseph and Rose Kennedy Institute. Egli strutturò
la bioetica come disciplina accademica e la introdusse nel mondo universitario, in quello politico e
in quello dei mass-media. 4 Soprattutto assegnò alla bioetica una specifica metodologia
interdisciplinare, rendendola capace di sintetizzare le conoscenze mediche e quelle etiche. Perciò la
metafora che può aiutarci a capire il compito della bioetica e la sua interdisciplinarità è quella di un
fiume, alimentato da diversi affluenti, tutti distinti dal fiume, ma tutti ad esso confluenti, e
apportatori di un prezioso e singolare contributo.
3
Nel 1963 in un ospedale di Brooklyn erano state iniettate, a scopo sperimentale, cellule tumorali vive in pazienti
anziani, senza il loro consenso; dal 1965 al 1971 furono condotti una serie di studi sull’epatite virale inoculando il virus
in alcuni bambini handicappati, ricoverati in un ospedale di New York.
4
Nel 1978 W. T. Reich, del Center of Bioethics della Georgetown University di Washington, curava la prima
Encyclopedia of Biothics, in quattro volumi.
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Proprio l’accentuata interdisciplinarità (ricorso a biologia, genetica, medicina, tecnologia,
diritto, filosofia, psicologia…), che consente di arrivare alla formulazione di un giudizio permeato
di eticità sulle nuove scoperte scientifiche e relative possibilità bio-tecnologiche, e il fatto di
trovarsi sempre più spesso davanti a problemi morali complessi e delicati finora sconosciuti, che
esigono di essere affrontati e risolti dalla bioetica, costituiscono la vera novità di questa disciplina.
Nel passato già si erano occupate di problemi del genere, ma con un bagaglio conoscitivo
senz’altro minore, l’etica filosofica e l’etica medica in particolare: la storia documenta che il
medico è sempre stato considerato anche, a suo modo, un filosofo, un filosofo morale (cfr. il Corpus
hippocraticum e in particolare il Giuramento). In epoca più recente è da ricordare il prezioso
contributo del Cristianesimo e della sua morale illuminata dalla Rivelazione, che ha sempre avuto
una specifica attenzione ai problemi della vita umana, affrontati nel contesto del V e VI
comandamento (morale della vita fisica), o dei suoi risvolti sociali, nel contesto del VII
comandamento (morale sociale). Nella recente tradizione cristiana, ha assunto un posto particolare,
da tutti riconosciuto, papa Pio XII, “il cui Magistero ha riservato uno spazio molto ampio, con
interventi tempestivi e profondi, proprio ai problemi che oggi vanno sotto il nome di bioetica”. Tra
gli altri, due fattori spiegano storicamente la specifica attenzione di Pio XII per i problemi medicomorali: da un lato, i crimini nazisti compiuti durante la Seconda Guerra Mondiale; dall’altro il già
citato progresso tecnico-scientifico nell’ambito della medicina, che insieme a vantaggi indiscutibili
e sotto gli occhi di tutti (tra gli altri: trapianti, tecniche di rianimazione, sterilizzazione,
chirurgia…anche estetica), portava con sé anche il possibile esito di soppressione di vite umane.
Per questo, qualcuno giustamente fa cenno anche all’esistenza di una preistoria della bioetica,
che coincide col periodo 1950-1970 (quindi all’indomani della condanna degli autori dei crimini
nazisti al processo di Norimberga del 1947) e che vede alcuni fatti importanti:
- 1939-1958: il Pontificato di Pio XII;
- 1952: Gregory G. Pincus (1903-1967) mette a punto i primi contraccettivi chimici;
- 1954: compare sul mercato americano il libro di Joseph Fletcher Morals and Medicine;
- 1959: nasce il primo bambino belga concepito con l’inseminazione artificiale;
- 1967: nel mese di ottobre Christian Barnard apre la nuova frontiera dei trapianti d’organo
con il primo trapianto cardiaco.
Il ponte tra la scienza e l’etica era dunque già stato gettato molti anni prima della nascita
ufficiale della bioetica.
Dopo tali date è utile ricordarne alcune altre:
- 1953: Watson e Crick propongono il modello tridimensionale a doppia elica del DNA;
- 1954: fa la comparsa la rianimazione, che consente di mantenere in vita persone che, a causa
di malattie, incidenti o intossicazioni, sarebbero state normalmente destinate alla morte;
- 1956: avviene la scoperta del numero esatto dei cromosomi;
- 1959: dapprima il gruppo del neurofisiologo M. Jouvet, e poco dopo due clinici francesi, P.
Mollaret e M. Goulon, diedero una descrizione clinica minuziosa dello stato di assenza di attività
elettrica cerebrale, e i primi parlarono espressamente di morte del sistema nervoso centrale. 5
Molleret e Goulon, per descrivere questo stato, proposero il termine di coma dépassé (coma
oltrepassato), che non trovò grande seguito al di fuori della Francia, e che solamente dopo nove
anni, nell’agosto del 1968, fu fatto proprio dal Comitato Harvard, che nel Rapporto omonimo
propose di considerare il coma dépassé, ridenominato in inglese irreversible come (coma
irreversibile), come un nuovo criterio di morte;
- 1971: P. Berg scopre la tecnica del DNA ricombinante;
- 1978: dopo anni di ricerca e di tentativi, nasce in Inghilterra Louise Brown, la prima
bambina concepita in una provetta di laboratorio.
5
Tuttavia né Jouvet né Mollaret proposero di considerare questo stato come equivalente alla morte, benché il primo
avesse parlato di morte del sistema nervoso centrale: Jouvet ritenne giustificata l’interruzione delle cure, mentre
Mollaret e Goulon non si spinsero fino a questo.
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E con la data del 27 febbraio 1997 siamo ai nostri giorni e a un’altra storica scoperta: in un
piccolo angolo della Scozia, nei pressi di Edimburgo, Wilmut e Campbell fanno nascere la pecora
Dolly.
Dopo quanto detto sull’origine storica del termine e della disciplina bioetica, è possibile a
questo punto darne una definizione sintetica, capace di coglierne con immediatezza l’oggetto o il
contenuto, e il metodo?
Secondo la definizione datane da mons. Elio Sgreccia nel suo manuale, «la bioetica si può
concepire come quella parte della filosofia morale che considera la liceità o meno degli interventi
sulla vita dell’uomo e, particolarmente, di quegli interventi connessi con la pratica e lo sviluppo
delle scienze mediche e biologiche». 6
In questa definizione si precisa anzitutto l’oggetto della bioetica: gli interventi dell’uomo
sulla vita umana, resi possibili dalle scoperte delle scienze mediche e biologiche, interventi che
conducono a un dominio e a una manipolazione della stessa vita umana come tale, dello stesso
uomo come tale. La vita dell’uomo, poi, che è oggetto della bioetica è quella racchiusa lungo
l’intero arco della sua esistenza: si tratta soprattutto dei problemi legati all’inizio e alla fine della
vita. Perciò, a seguito della scoperta del codice genetico, le questioni in relazione alle quali
inizialmente si concentrò un intenso dibattito etico sono state principalmente di ordine bio-medico:
embriologia, fecondazione in vitro, diagnosi genetica, aborto, definizione della morte, assistenza ai
moribondi, eutanasia. Oggi si sono aggiunte senz’altro le varie forme di sperimentazione
embrionale e, soprattutto, la clonazione.
Un altro tema del dibattito bioetico è parso da subito quello del rapporto tra la medicina
predittiva (che mira a identificare e a favorire la prevenzione di malattie genetiche) e la medicina
curativa (trapianto di organi, terapia intensiva, cura degli ammalati terminali, autonomia del
paziente, consenso informato e rinuncia al trattamento), ciò che oggi potremo indicare sotto il tema
più generale della difesa della salute e della organizzazione della sanità. Non sono però rimasti
fuori del dibattito bioetico temi come quelli della tutela della vita animale e vegetale, la
salvaguardia dell’ambiente. Da ciò si capisce come la bioetica includa l’etica ambientale, l’etica
animale, l’etica medica, andando ad incrociarsi e a cercare un dialogo anche con l’etica politica, col
diritto e con la giurisprudenza (bio-diritto).
Gli interventi dell’uomo sulla vita umana implicano non solo aspetti scientifici, in particolare
quelli di natura medica e biologica, ma anche psicologici, sociali, giuridici, economici, culturali ed
etici. Proprio perché sono interventi che hanno l’uomo come protagonista e come destinatario,
racchiudono e sviluppano anche l’aspetto etico: interessano cioè l’uomo in quanto essere
intelligente e libero, chiamato alla realizzazione di sé mediante la scelta del bene. Dice S. Tommaso
che “atti morali e atti umani sono la stessa cosa”.
Quanto al metodo nella definizione di Sgreccia si chiarisce che la bioetica è una parte della
filosofia morale: essa considera il lecito o l’illecito, il bene o il male, il valore o il dis-valore. Nel
nostro caso si considera la liceità o la illiceità degli interventi sulla vita dell’uomo. Tale
considerazione etica viene attuata alla luce della ragione umana, mediante la disciplina destinata
alla ricerca del vero umano, che è la filosofia. L’affermazione sulla liceità o meno di un intervento
si fonda su valori morali; ma questi non sono ancora il fondamento ultimo, perché possono esser
diversamente interpretati e motivati. Il fondamento ultimo e il riferimento assoluto deve essere dato
dall’antropologia, cioè dal valore unico della persona umana: egli è criterio di misura e di giudizio
dei problemi della bioetica. Ma chi è l’uomo? Dalla risposta a questa semplice domanda deriva
l’identità stessa della bioetica. Perciò mons. Sgreccia afferma: «La bioetica dovrà essere, a nostro
avviso, un’etica razionale, che, a partire dalla descrizione del dato scientifico, biologico e medico,
esamini razionalmente la liceità dell’intervento dell’uomo sull’uomo. Questa riflessione etica ha il
suo polo immediato di riferimento nella persona umana e nel suo valore trascendente, e il suo
6
E. SGRECCIA, Manuale di bioetica. I. Fondamenti ed etica biomedica, Vita e Pensiero, Milano 1991, 49. Il Manuale
di Sgreccia in due volumi, uscito nella prima edizione nel 1988, è la prima opera di bioetica pubblicata in Italia.
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riferimento ultimo in Dio che è Valore Assoluto. Su questa linea è doveroso e spontaneo il
confronto con la Rivelazione cristiana ed è anche fruttuoso il confronto con le concezioni
filosofiche correnti». 7
Sono passati quasi quarant’anni dalla nascita della bioetica. Questa è esplosa nel momento in
cui sono affiorate sempre più chiaramente all’orizzonte della storia umana le possibili conseguenze
tragiche di un intervento umano non permeato di eticità. Forse anche perché è una disciplina ancora
giovane, e forse perché ancora alla ricerca di una collocazione propria nell’ambito delle discipline
“nobili”, la sorte della bioetica nei suoi trent’anni di vita è stata sempre quella di dover “giocare a
rincorrere” la scienza, e spesso si è dovuta limitare a rivolgere una supplica agli scienziati perché
non facciano ciò che possono e vogliono fare, o a legittimare ciò che gli scienziati hanno deciso di
fare comunque.
Ma la rincorsa è destinata a continuare, perché le scoperte scientifiche si succedono di giorno
in giorno e il rischio è che non sia sempre concesso un tempo di riflessione pacata, neutrale,
obiettiva su esse, al fine di ricercare davvero il bene dell’uomo, di ogni essere che appartiene alla
specie umana.
Le recenti sperimentazioni sugli embrioni, le prospettive di clonazione umana, l’impiego delle
cellule staminali (specie quelle embrionali) esigono urgentemente che la riflessione si concentri
sull’uomo ai suoi primi stadi di vita. Gli interventi legislativi, la riflessione sull’uomo stesso e sui
suoi valori e diritti inviolabili esigono perciò più che mai anche una riflessione filosofica ed etica.
Non possiamo dimenticare in questo sguardo introduttivo di accennare al forte impulso alla
riflessione e allo sviluppo della disciplina della bioetica che è venuto dalla costituzione dei Comitati
di bioetica (o etici), sia in ambito nazionale che regionale.
A livello di Organismi internazionali è fondamentale ricordare la Dichiarazione di Helsinki
(“Principi etici per la ricerca medica che coinvolge soggetti umani”) dell’Associazione Medica
Mondiale 8 che si rifà alla precedente Dichiarazione di Ginevra del 1948.
Ad essa va aggiunta l’opera svolta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (cfr.
Dichiarazione sulla clonazione del 18 marzo e 14 maggio 1997) e dall’Unesco (cfr. Dichiarazione
universale sul genoma umano e i diritti dell’uomo dell’11 novembre 1997). Nel 1982 è stato
costituito, in seno al Consiglio d’Europa, un comitato per lo studio e l’elaborazione di pareri in vista
di “raccomandazioni” e “risoluzioni” che hanno valore di indirizzo giuridico per gli Stati membri,
alla luce della precedente Convenzione sui diritti dell’uomo (4 novembre 1950). Il 19 novembre
1996 a Oviedo, il Consiglio d’Europa ha approvato la Convenzione sui diritti dell’uomo e la
biomedicina (nota come Convenzione di bioetica o Convenzione di Oviedo), entrata in vigore nel
1999, nella quale sono richiamati alcuni ambiti della bioetica contemporanea (il consenso, la ricerca
scientifica, il genoma umano, il prelievo di organi), offrendo precise indicazioni, che dovranno
esser recepite all’interno dell’ordinamento legislativo dei singoli Stati membri e di eventuali altri
Stati invitati ad aderire ad essa, che oltre ad averla firmata, l’hanno anche ratificata e accettata 9 .
In Italia il primo Centro o Istituto di Bioetica è sorto nel 1985 all’interno dell’Università
Cattolica del S. Cuore a Roma, con sede nella Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”. La
finalità propria è di promuovere ricerche interdisciplinari sui problemi etici della biologia e della
medicina e delle loro applicazioni in campo assistenziale e sociale: cura la pubblicazione della
rivista Medicina e Morale.
A questi vanno aggiunti altri Centri di ricerca: quello esistente presso l’ospedale S. Raffaele a
Milano, la Fondazione Lanza a Padova, il Nucleo di Bioetica a Genova, il Laboratorio di Bioetica
7
Ibidem, 42.
Il primo testo è del giugno 1964. Ma a questo sono seguite negli anni diverse revisioni con emendamenti: a Tokyo,
nell’ottobre 1975; a Venezia, nell’ottobre 1983; a Hong Kong, nel settembre 1989; a Somerset West, nell’ottobre 1996;
a Edimburgo, nell’ottobre 2000. Si può trovare il testo della traduzione italiana in Medicina e Morale 2000/5, 989-997.
9
L’Italia è tra gli oltre 20 Stati firmatari della Convenzione, e l’ha anche ratificata nel marzo 2001; il Regno Unito
invece non l’ha neppure firmata; e infatti ha prodotto documenti come il Rapporto Warnock nel 1984 e il Rapporto
Donaldson nel 2000…
8
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presso l’Istituto teologico S. Tommaso di Messina, l’Istituto Siciliano di Bioetica 10 a Palermo e
Acireale.
In area laica è attivo il Centro Politeia di Milano, che cura la pubblicazione della rivista
“Bioetica. Rivista interdisciplinare”.
Di sempre crescente importanza e in collegamento con l’Istituto Superiore di Sanità è poi il
Comitato Nazionale di Bioetica, istituito con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 28
marzo 1990, e i cui membri (attualmente 50+5) sono studiosi provenienti da diverse aree
disciplinari, in coerenza con la natura intrinsecamente interdisciplinare della bioetica (area
giuridica, filosofia del diritto, magistrati minorili e di Cassazione, scienziati del mondo medico) e
sono designati dal Presidente del Consiglio, con mandato di quattro anni. Compito del C.N.B. è,
oltre che promuovere dibattiti, convegni, conferenze sui temi di bioetica, anche di predisporre
documenti-guida per i lavori legislativi del Parlamento.
In area cattolica ha dato un notevole impulso alla riflessione bioetica la nascita, con la
denominazione attuale, nel 1936 della Pontificia Accademia delle Scienze 11 (ma fondata, come
Accademia dei Lincei, nel 1603), e, più recentemente, della Pontificia Accademia per la Vita
(1994).
10
L’Istituto ha curato nel 1994 l’edizione di un Dizionario di Bioetica (S. LEONE – S. PRIVITERA (edd.), Dizionario
di Bioetica, Acireale (CT) – Bologna, Istituto Italiano di Bioetica – EDB, 1994.
11
Essa è costituita da grandi luminari nei diversi campi delle scienze: per il 50% sono Premi Nobel.
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