1917: la svolta del conflitto Il crollo della Russia e l’intervento degli Stati Uniti (1917) L’avanzata germanica sul fronte orientale, a differenza di quello occidentale, era inarrestabile (nell’agosto 1915 Varsavia era stata occupata). All’inizio del 1917 l’esercito zarista si era sgretolato e i disertori erano un milione e mezzo. Nelle città russe il costo della vita era cresciuto del 700%, mancavano i più elementari generi di prima necessità (pane, legna, carbone), per cui la gente soffriva pesantemente la fame e il freddo. Tale drammatica situazione provocò la cauta dello zar (15 marzo 1917) e poi (6 novembre) la rivoluzione dei comunisti guidati da Vladimir Lenin. Il 3 marzo 1918 il nuovo governo comunista firmò coi tedeschi la pace di Brest-Litovsk. Il trattato era quanto mai oneroso per la Russia (pesanti amputazioni territoriali, fra cui l’intera Ucraina che sarebbe dovuta diventare stato autonomo satellite della Germania). Lenin accettò tutte le condizioni consapevole che il popolo russo era stanco di combattere e avrebbe appoggiato solo un governo che lo avesse portato fuori dal conflitto. Per la Germania la sconfitta della Russia significò la fine della guerra su due fronti e la possibilità di rovesciare tutto il proprio esercito a occidente; tale situazione favorevole per la Germania però fu vanificata dall’entrata in guerra degli Stati Uniti contro l’Impero tedesco il 6 aprile 1917. I sottomarini tedeschi non riuscirono a bloccare l’afflusso di uomini e merci provenienti dalla gigantesca produttività dei cantieri americani, che riuscivano a varare nuove navi in quantità molto maggiore rispetto alla capacità distruttiva dei sommergibili tedeschi. Significato storico dell’intervento americano L’8 gennaio 1918 il presidente americano Thomas Woodrow Wilson in un messaggio al Congresso enunciò in 14 punti gli obiettivi politici che l’America si proponeva di ottenere dalla vittoria. Wilson presentava gli Stati Uniti come i garanti della libera navigazione sui mari (che la guerra sottomarina aveva reso impossibile)1. Inoltre Wilson poneva il principio di nazionalità come criterio di soluzioni dei principali problemi europei (ciò avrebbe significato la restituzione dell’AlsaziaLorena alla Francia, la nascita di uno stato polacco indipendente e la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico). Per quanto riguarda la Russia comunista, Wilson si dimostrò conciliante, sostenendo che dove essere lasciata ad essa l’opportunità di determinare in piena indipendenza le linee del proprio sviluppo politico e nazionale. Infine Wilson propose l’istituzione di una Società Generale delle Nazioni, ovvero un organismo internazionale con lo scopo di risolvere i contrasti e garantire l’indipendenza politica e territoriale di tutti gli stati (in modo da scongiurare in futuro guerre come quella appena conclusa). Gli Stati Uniti, con la partecipazione alla guerra e con il discorso di Wilson, uscivano dal loro tradizionale isolazionismo, anche se a dir il vero, negli anni successivi persero ben preso interesse per le vicende europee, tanto che nel 1919 gli USA non entrarono a far parte della Società delle Nazioni, quando venne effettivamente istituita dalle potenze vincitrici. È importante notare che la prima guerra mondiale fu vinta da francesi e inglesi solo con l’aiuto americano, questo tuttavia non significò la perdita della centralità della politica dell’Europa e la sua dipendenza militare dagli USA (gli USA invece avranno un peso preponderante in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale, in contrapposizione alla Russia sovietica). Le difficoltà degli Imperi centrali In aprile una serie di scioperi ebbe luogo in Germania e Austria. In maggio si ammutinarono i marinai della flotta tedesca del Baltico. Nell’estate un accordo fra serbi, croati e sloveni stabiliva la nascita di uno Stato unitario degli slavi del Sud (la futura Jugoslavia). Benedetto XV e l’inutile strage In agosto papa Benedetto XV invitò i governi a por fine all’ “inutile strage”. Tanto più cresceva il carico di sofferenze imposto dalla guerra, tanto meno i responsabili degli Stati belligeranti erano disposti ad ammettere che tutto ciò potesse essere considerato inutile. 1 Il 7 maggio 1915 l’affondamento del transatlantico Lusitania comportò la morte di 1198 persone, 128 delle quali erano cittadini americani