Introduzione
all’esistenzialismo
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lucio celot -Introduzione all'esistenzialismo
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Assai più cose…: l’esistenzialismo
come clima storico-culturale
L’esistenzialismo è il clima culturale che ha caratterizzato il
periodo compreso tra i due conflitti mondiali e nel periodo
post-bellico:
A partire dall’inizio degli anni quaranta, quando ormai gli
eventi epocali che hanno marcato il nostro secolo avevano
raggiunto il loro grado di massima intensità, e anche
tragicità, l’esistenzialismo si diffonde come fenomeno
culturale europeo: la filosofia dell’esistenza nata nel nome
di Kierkegaard si è ormai spinta ben oltre i luoghi deputati
della filosofia, e ora attraversa la letteratura, la psichiatria,
la riflessione sulla religione, fino a proporsi come una
specifica forma di vita nei tratti della quotidianità.
(P.A.Rovatti, Esistenzialismo)
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

L’esistenzialismo si configura
come modo di filosofare che
risponde alla sensibilità del
tempo, come un
atteggiamento che
comprende assai più cose
(Abbagnano) di quante siano
contenute nei soli libri di
filosofia.
Sull’esistenzialismo ha
influito innanzitutto la
delusione storica: due guerre
mondiali e i campi di
concentramento nazisti
avevano definitivamente
distrutto i miti della Ragione
e della Scienza
dell’Ottocento, il secolo delle
grandi speranze e
dell’ottimismo dell’umanità
europea:
Né l’una né l’altra di
queste correnti [idealismo
e positivismo] avanzavano
dubbi sulla condizione
felice in cui l’uomo si
trova nel mondo, sulla sua
capacità di dominare gli
eventi, di eliminare
definitivamente le miserie
e i mali dai quali la sua
esistenza è ancora afflitta.
(N.Abbagnano, Per o
contro l’uomo)
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Anche la delusione
culturale condiziona
l’esistenzialismo, visto
che tutti gli ideali e le
correnti di pensiero
tipicamente
ottocentesche
naufragano
miseramente di fronte
agli eventi del XIX
secolo:
Nicola Abbagnano
(1901-1990)
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Bisognava dunque che il Romanticismo esaurisse tutte
le sue risorse […] che l’arte, attraverso il contatto con
tipiche manifestazioni extraeuropee, vedesse dileguare
l’assolutezza delle sue determinazioni strutturali (forma,
spazio, figura, colore, ecc.) […] che la scienza vedesse
dissolversi nell’insensatezza la sua pretesa di un sapere
teologizzante […] che la religione stessa si trovasse una
volta ancora dinanzi al prevalere delle forze del male e
della distruzione […] la guerra, l’odio, la distruzione, il
tradimento, la sconfitta, l’amara vittoria facevano
emergere gli scogli perennemente frapposti fra il mare
dell’esistere e il porto dell’assoluto: la morte, l’errore, la
colpa, il nulla, l’impotenza, il tempo. (P.Chiodi,
L’esistenzialismo)
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L'esistenzialismo è la sola, tra le correnti filosofiche
contemporanee, che si presenti come espressione di
un clima culturale o abbia contribuito a formarlo:
clima che può essere negativamente descritto come la
crisi dell'ottimismo romantico. Questo ottimismo era
fondato sul riconoscimento di un principio infinito
(Ragione, Assoluto, Spirito, Idea, Umanità, ecc.) che
costituisce la sostanza del mondo e perciò lo regge e
lo domina come regge e domina l'uomo,
garantendogli i suoi valori fondamentali e
determinandone il progresso infallibile.
L'esistenzialismo è portato a considerare l'uomo
come un ente finito, cioè limitato nelle sue capacità e
nei suoi poteri, «gettato nel mondo», cioè
abbandonato al determinismo di esso che può
rendere nulle le sue possibilità, e in una lotta
incessante con situazioni che possono condurlo allo
scacco (N.Abbagnano, L’esistenzialismo)

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Ecco perché l’esistenzialismo ha mantenuto strettissimi
legami con due scrittori che più degli altri hanno sentito
vivo il senso della drammaticità e problematicità della
vita umana, F.Dostoevskij e F.Kafka.
Dostoevskij è un
vero e proprio
filosofo mascherato:
i suoi personaggi
scavano nel proprio
“sottosuolo” alla
ricerca del senso
dell’esistenza, della
realizzazione delle
proprie possibilità,
portandone fino in
fondo il peso della
responsabilità…
Fëdor Dostoevskij
(1821-1881)
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Kafka insiste piuttosto sulla
negatività dell’esistere, sulla
paralisi che investe l’uomo
contemporaneo: l’intera esistenza
appare a Kafka sotto il peso di una
condanna imminente, inafferrabile
e ineliminabile, che può
concludersi soltanto con la morte
(Il processo); l’uomo tenta di porre
rimedio alla fondamentale
instabilità della vita tendendo a
realtà stabili, sicure, luminose (Il
castello) ma è destinato alla
caduta nell’insignificanza, tanto da
perdere i caratteri autentici
dell’essere umano (La
metamorfosi).
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Più in generale, dopo la
seconda guerra mondiale e
nel clima di ricostruzione
morale e materiale
dell’Europa, la cosiddetta
letteratura esistenzialista fece
da anello di congiunzione tra
la situazione storica e le
forme concettuali
dell’esistenzialismo elaborate
negli anni precedenti. Tale
letteratura si sofferma sulla
descrizione di quelle
situazioni in cui si evidenzia
maggiormente la
problematicità radicale
dell’uomo:
Albert Camus
(1913-1960)
Premio Nobel per la Letteratura
1957
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A.Camus sottolineò con forza la condizione umana. Nel
Mito di Sisifo (1942) egli vedeva il simbolo dell’assurdità
dell’esistenza umana perennemente sbilanciata tra
l’infinità delle aspirazioni e la finitezza delle possibilità
di realizzazione. L’assurdità deriva, in sostanza,
dall’ineliminabile frattura tra le attese della ragione e la
bruta realtà dei fatti, dal contrasto tra l’indifferenza
dell’universo e il desiderio umano di felicità e chiarezza:
Il mondo, in sé, non è ragionevole: è tutto ciò che si può
dire. Ma ciò che è assurdo è il confronto di questo
irrazionale con il desiderio violento di chiarezza, il cui
richiamo risuona nel più profondo dell’uomo. L’assurdo
dipende tanto dall’uomo quanto dal mondo, ed è, per il
momento, il loro solo legame. (A.Camus, Il mito di
Sisifo)
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Esistenza-essere:
l’esistenzialismo come
atmosfera filosofica.
In senso stretto e tecnico, l’esistenzialismo è un
insieme di filosofie che, al di là degli esiti cui
queste pervengono, sono caratterizzate da alcuni
tratti comuni. Dunque, pur non essendoci una
definizione univoca di “esistenzialismo”, è
possibile individuare alcune consonanze tra gli
autori.
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1)
la centralità dell'esistenza come modo di essere
di quell'essere finito che è l'uomo: l’esistenza è
un modo specifico, diverso da quello di tutti gli
altri enti del mondo, segnato da caratteristiche
peculiari (influenza del pensiero di Kierkegaard);
Søren Kierkegaard
(1813-1855)
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2)
questo modo di essere si qualifica innanzitutto
come rapporto con l’essere. Se l’uomo è l’ente
che interroga se stesso intorno al proprio
essere e all’essere in generale, ciò significa che
l’esistenza non è una realtà compiuta e
autosufficiente, ma un’entità qualificata dalla
trascendenza, cioè costitutivamente aperta a un
oltre. La trascendenza non è intesa
tradizionalmente come Dio, come al di là del
mondo, ma fenomenologicamente, come
movimento con cui la coscienza si protende al
di fuori di se stessa: l’esistenza non è essere ma
ricerca dell’essere:
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In tutti i suoi aspetti […] l’esistenza dell’uomo è la
ricerca dell’essere. La tendenza volgare al
godimento e al benessere e lo slancio religioso
verso Dio (per considerare gli atteggiamenti più
opposti) sono ugualmente, come tutti gli altri
atteggiamenti della concreta umanità, la ricerca di
uno stato, cioè di una condizione o di un modo di
essere, nel quale venga garantita la realizzazione di
esigenze o bisogni considerati fondamentali.
L’uomo cerca in ogni caso un appagamento, un
completamento, una stabilità che gli mancano.
Cerca l’essere. Questa condizione è caratteristica
della sua finitudine. Se egli cerca l’essere, non lo
possiede, non è, lui, l’essere. (N.Abbagnano, Scritti
esistenzialisti)
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3)
ne segue che l’esistenzialismo non è solo analisi
dell’esistenza ma, evidentemente, anche riflessione
sull’essere, cioè una forma di ontologia. In altri
termini, la riscoperta dell’esistenza attraverso la
mediazione di Kierkegaard ha senso solo in
concomitanza con quella che è stata definita la
passione per l’essere riaccesasi nel Novecento.
L’origine della filosofia dell’esistenza non starebbe
altro che in una nuova riproposizione del problema
sul senso dell’essere, un essere che non si dà,
aristotelicamente, come speculare al soggetto, come
oggetto che si contrappone all’io ma come qualcosa
in cui l’uomo stesso è radicato e coinvolto;
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4)
5)
6)
l’essere in questione può avere diverse valenze
filosofiche (per Heidegger è un evento irriducibile
all’ente, per Jaspers la Trascendenza, per Sartre la
realtà esperienziale in senso lato, etc.);
il rapporto esistenziale con l’essere si dà nella
forma del progetto, della scelta che ci espone al
rischio del futuro. L’uomo è, pertanto, possibilità di
realizzazione continua che, kierkegaardianamente,
lo definisce come libertà e angoscia;
l’uomo è un singolo, ente individuato e irripetibile,
che non può fare a meno di avere un suo specifico
atteggiamento nei confronti dell’essere;
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7)
8)
l’esistenza si trova sempre in una situazione,
temporalmente individuata tra la nascita e la
morte e diversamente tratteggiata dai singoli
autori, in cui essa è gettata, poiché non è frutto
di una scelta deliberata;
infine, in quanto singolare, temporale, gettata in
una situazione e spossessata dell’essere di cui
è alla continua ricerca, l’esistenza si qualifica
come finita e limitata: finitudine e limite sono
costitutive dell’orizzonte umano, che deve fare i
conti con l’impossibilità di identificare finito e
infinito e accettare con lucidità la condizione
finita:
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Vedo nell’uomo la finitudine e
nell’accettazione della finitudine l’unica
vera scelta.
(N.Abbagnano, L’esistenzialismo in Italia)
Edward Hopper,
Sole mattutino
(1952)
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