I due canali della partecipazione “partecipare vuol dire prendere parte alla vita politica della società in cui si vive, alle attività politiche della propria comunità” (Enciclopedia delle Scienze Sociali, Sani 1996, 502). Problemi: a) a che cosa si prende parte b) come si prende parte c) a chi è riconosciuto il diritto di partecipare I due possibili canali per la partecipazione: a) il processo elettorale-rappresentativo b) la sfera pubblica Problemi: a) Forme di interazione e condizionamento fra i due canali b) Condizionate della sfera pubblica dallo stato e dalla configurazione sistema dei mezzi di comunicazioni di massa: tipologie e specificità dei media; diffusione e ruolo sociale della comunicazione mediatizzata; concentrazioni e controllo dei media da parte di gruppi economici, partiti e stato. Partecipazione e sfera pubblica • Il concetto della sfera pubblica (Habermas) – Sfera pubblica come ambito di società civile – non statale, ma pubblicamente rilevante – dove si hanno discussioni pubbliche, visibili dall‟esterno su questioni di rilevanza pubblica – Importanza della creazione di luoghi di discussione pubblica ma non statale – Importanza della stampa, dei salotti borghesi, dei caffè • Opportunità e rischi della sfera pubblica – Sviluppo della critica come argomentazione pubblica – Possibilità di includere le idee di minoranza – Il ruolo manipolatorio dei mezzi di comunicazione – Le influenze degli interessi commerciali • Lo sviluppo dei mass media – La tv come entertainment – Spettacolarizzazione e personalizzazione della politica – L‟agenda setting della tv – La crescente influenza del potere economico nel controllo della tv – Internet come arena di partecipazione democratica I gruppi -Bentley: un gruppo coincide con ogni sezione della società che agisce sulla base di un certo interesse -Truman: “qualsiasi gruppo che sulla base di uno o più atteggiamenti condivisi, presenta delle domande ad altri gruppi nella società” -Almond e Powell: “un gruppo di individui che sono legati da comuni preoccupazioni o interessi e che sono consapevoli di questo legame” Evoluzione storica dei gruppi -le corporazioni, organizzate sulla base dei mestieri già nella repubblica romana -le gilde, corporazioni locali nel Medioevo -i sindacati, organizzazioni di difesa dei lavoratori, nate nell‟Ottocento e sviluppate nel periodo delle guerre mondiali e nel dopoguerra con il meccanismo dello scambio politico: concessioni in cambio di consenso - gruppi di pressione, per l'articolazione degli interessi e delle domande - reti di gruppi transnazionali Movimento sociale Per Touraine il concetto di movimento sociale comprendeva tre elementi fondamentali: a) la definizione di una identità; b) la identificazione di un avversario (principio di opposizione); c) la coscienza di investire una posta in gioco (principio di totalità) (“definisco il movimento sociale come la combinazione di un principio di identità, di un principio di opposizione, e di un principio di totalità, come attore di un campo di azione storica” (Touraine 1973) Per Melucci il movimento sociale poteva essere definito come “una forma di azione collettiva basata su una solidarietà, che esprime un conflitto, attraverso la rottura dei limiti di compatibilità del sistema di riferimento dell‟azione” (Melucci 1984). Distinzione fra: movimenti rivendicativi, movimenti politici e movimenti antagonisti. Per della Porta e Diani il concetto di movimento sociale si riferisce a: a) reti di interazioni prevalentemente informali, basate su: b) credenze condivise e solidarietà, che si mobilitano su: c) tematiche conflittuali variabili attraverso: d) un uso frequente di varie forme di protesta. Dinamiche delle identità • Le identità si generano e mutano nella lunga durata ma anche attraverso gli stati d‟eccezione (Schmitt) cioè momenti critici, rivoluzionari o traumatici • Alcuni eventi forgiano le identità collettive. Le più tipiche sono le guerre • Elemento decisivo è la presenza di leadership capaci di catalizzare le masse nei momenti di crisi • Grandi fratture (cleavage), che si creano durante i periodi di crisi e che si stabilizzano nel tempo – Dimensione culturale-territoriale: centro-periferie, stato-chiesa – Dimensione economico funzionale: città-campagna, capitale/lavoro • Identità si istituzionalizzano: da movimenti a istituzioni Identità e conflitto • Ruolo identitario del conflitto: la lotta come dimensione politica fondamentale. La lotta non è innanzitutto quantitativa, come nelle teorie razionaliste, ma qualitativa • La dimensione politica è ciò che è caratterizzato dalla relazione amico-nemico (Schmitt), non tra individui ma tra gruppi • Storicamente le identità più forti sono quelle nazionali, religiose e di classe • Ruolo rafforzativo delle ideologie politiche, che generano solidarietà e contrapposizioni • L‟azione collettiva di solidarietà assume per l‟individuo un significato sociale. I costi dell‟azione sono trasformati in benefici • A.Pizzorno: L‟identità collettiva fornisce i criteri per il calcolo delle utilità individuali e per la definizione degli interessi Teorie sui movimenti sociali La tradizione marxista, anche se non si è mai occupata esplicitamente dei movimenti sociali, sostiene che le azioni di protesta presenti nelle società sono : a) azioni razionali b) motivate da interessi di classe, c) dirette a provocare mutamenti radicali. Secondo Karl Marx la classe esprime una comunanza di posizione nel rapporto di produzione, o meglio una comune condizione di esistenza, presupposto del sorgere di quella coscienza di classe che permette agli individui di mobilitarsi. Le azioni di protesta scaturiscono dalle contraddizioni del sistema capitalistico, il quale contiene già i germi della propria dissoluzione, il proletariato. Questo, nella dialettica marxista, avrebbe soppiantato „sicuramente‟ la classe borghese. Teoria del collective behavior (Smelser 1963): L'azione collettiva non istituzionale era concepita come una risposta a qualche fattore di disturbo (strain) in una delle componenti dell'azione sociale (valori, norme, mobilitazione delle motivazioni, risorse). Il comportamento collettivo tendeva a ristrutturare la componente disturbata, attraverso una credenza generalizzata che mobilitava gli attori in forme di azione non istituzionalizzate. - Una credenza isterica era alla base del panico, - Una credenza orientata alla norma era presente nei movimenti riformistici - Una credenza orientata ai valori si manifestava nelle rivoluzioni. Teoria della deprivazione relativa orientata a cogliere la formazione della domanda di movimento, facendo riferimento alle situazioni di malcontento e quindi alle rivendicazioni diffuse in particolari settori della società. Resource mobilisation theory la formazione e lo sviluppo dei movimenti vengono spiegati non tanto rivolgendo l'attenzione alle situazioni di deprivazione, tensione e scontento sociale - supposte sempre presenti in una data società (Oberschall 1973) quanto prendendo in considerazione la disponibilità delle risorse riguardanti le opportunità politiche utilizzabili per le campagne e le mobilitazioni su particolari tematiche Condizioni che facilitano la formazione di movimenti sociali Non basta lo scontento per formare un movimento sociale Risorse -legami di solidarietà -reticoli informali -catnet: categoria sociale + network -imprenditori del conflitto -organizzazione - risorse economiche - mezzi di comunicazione - istruzione e disponibilità di tempo Teoria del political process model I movimenti sociali nascono e si sviluppano non in risposta a delle condizioni di deprivazione e di disagio psicologico dovute al ritmo rapido del cambiamento sociale, ma a delle „opportunità politiche‟ che si aprono a seguito di tale cambiamento strutturale nel rapporto fra società e sistema politico. La mobilitazione dipende in grande misura dalla struttura delle opportunità politiche, che in un dato contesto sono offerte ai movimenti sociali. La partecipazione ad un movimento sociale si intensifica quando si aprono canali di accesso nel sistema politico, portando gli attivisti a credere nella possibilità di successo della protesta. Opportunità politiche - allargamento dei diritti - grado di decentramento territoriale - separazione funzionale del potere - strategie prevalenti dello Stato, più o meno inclusive - presenza di alleati dei movimenti e di avversari: Teorie dei ‘nuovi movimenti sociali’. Gli studiosi che utilizzano quest‟ultimo approccio (Alain Tourain, Claus Offe e Alberto Melucci), definiscono “nuovi movimenti sociali” i movimenti che si sono sviluppati dagli anni Sessanta in poi come il prodotto dei nuovi conflitti presenti nelle società moderne (definite con vari termini come post-industriali, tecnocratiche e post-fordiste). L‟ampliamento dell‟accesso all‟istruzione superiore, l‟ingresso delle donne nel mondo del lavoro, lo sviluppo economico, hanno fatto emergere dei nuovi conflitti e aumentato la rilevanza dei criteri di stratificazione sociale, come ad esempio il genere, non più fondati sulla posizione di classe, spostando l‟attenzione ad esempio dalle condizioni dei lavoratori nelle fabbriche, alle rivendicazioni degli studenti per un‟istruzione che non sia più d‟élite, o ancora alle lotte delle donne o degli omosessuali per una maggiore tutela delle proprie condizioni. Questo cambiamento è dovuto, sostengono i teorici dei nuovi movimenti sociali, alla crescita dello Stato del benessere e alla centralizzazione dell‟economia capitalistica, che ha spostato l‟attenzione dai temi del benessere materiale a quelli relativi allo stile di vita, alle libertà individuali, alle relazioni con l‟ambiente. Le mobilitazioni del 1969 ("autunno caldo") e la formazione di nuove identità collettive Il modello della centralità appariva poco pertinente e comunque insufficiente per spiegare la partecipazione. Il riferimento a una precedente coscienza di classe, e le preesistenti risorse di militanza potevano al più spiegare l‟avvio della prima fase di lotte, in presenza di una situazione economica e sociale favorevole. Più difficile spiegare la mobilitazione allargata, le sue forme e i suoi contenuti. Pizzorno interpreta la mobilitazione operaia dell‟autunno caldo come la nascita di un nuovo movimento sociale. Nella fase di formazioni di nuovi movimenti sociali i comportamenti che appaiono irrazionali in relazione ai benefici individuali ottenuti, possono essere considerati razionali in vista della costituzione e del riconoscimento dell‟identità collettiva, e per il rafforzamento della solidarietà fra i partecipanti: si intensifica la partecipazione, cresce la militanza, si esprimono domande non negoziabili di tipo universalistico,