Spinello, quando fumarlo in gruppo è reato di Alessandro Casale Fumare uno spinello in gruppo può configurare il reato di cessione di sostanza stupefacente e non il semplice consumo. Stabilire quando ricorra il reato (cessione) piuttosto che la violazione amministrativa (uso di gruppo) è importante dal punto di vista investigativo per le ovvie conseguenze che ne derivano in termini procedurali. Non sempre la giurisprudenza di merito ha delineato in modo chiaro il confine fra la cessione ed in consumo di gruppo. Recentemente, la Corte di Cassazione (sentenza n. 3686-2008) ha affrontato l’argomento fornendo, a soluzione del quesito, importanti elementi di analisi interpretativa. Il caso oggetto di sentenza riguardava la condanna inflitta dal Tribunale di Sondrio per la cessione di uno spinello da parte di un soggetto al proprio amico. Secondo la Corte d’Appello , per le modalità con cui si sono svolti i fatti, si trattava di cessione poiché mancava ogni preventivo accordo in merito all’acquisto ed al consumo in comune dello spinello. Il condannato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che lo stupefacente era destinato all’uso personale ed all’uso comune con amici in conseguenza di un accordo che ben avrebbe potuto essere anche tacito, conseguente ad una prassi invalsa tra i due. In ogni caso, si sostiene ancora nel ricorso, l’imputato certamente si riproponeva, al momento dell’acquisto della droga, di consumarla insieme con l’amico; proposito che ben avrebbe potuto esser conseguenza dell’errata convinzione di dare corso ad un accordo tacito. La Cassazione non ha ritenuto di accogliere tale linea difensiva, argomentando nel modo che segue. AFFINCHÉ RICORRA L’IPOTESI DI CONSUMO DI GRUPPO E NON DI CESSIONE DELLA DROGA, OCCORRE CHE LA SOSTANZA SIA STATA ACQUISTATA DA UNO DEI COMPONENTI IL GRUPPO SU PREVENTIVO MANDATO DEGLI ALTRI, in vista della futura ripartizione, ed attraverso una partecipazione di tutti alla predisposizione dei mezzi finanziari occorrenti, di talchè possa affermarsi che l’acquirente agisca come “longa manus” degli altri e che il successivo frazionamento della sostanza acquisita sia solo una operazione materiale di divisione senza trasferimento dall’uno all’altro di valore. La condotta di un soggetto acquirente di sostanze stupefacenti può ritenersi non punibile, perchè finalizzata al consumo di gruppo, solo quando possa accertarsi che gli altri componenti del gruppo abbiano avuto, fin dall’origine e cioè fin dal momento dell’acquisto - quell’autonomo potere di fatto sulla cosa in cui si sostanzia la detenzione, con la conseguenza che, in mancanza, l’acquirente deve considerarsi l’unico originario detentore e che la successiva consegna si configura come una cessione principale”. Nel caso oggetto di esame da parte della Cassazione, la tesi dell’uso di gruppo non aveva trovato, nel caso di specie alcun concreto riscontro in atti posto che lo stesso cessionario nell’immediatezza dei fatti, non solo non aveva fatto alcun riferimento precedenti accordi intercorsi, neanche taciti o impliciti, con l’imputato per l’acquisto di sostanza stupefacente, né ad una prassi in tal senso invalsa tra i due, ma aveva negato qualunque coinvolgimento nell’acquisto della droga, assumendo di avere appreso che aveva con sé dello stupefacente solo durante il ritorno a Sondrio, allorché l’amico gli aveva offerto di fumare lo spinello. La tesi dell’uso di gruppo, quindi, che, in conformità ai principi sopra richiamati, presuppone un preciso mandato dei componenti il gruppo stesso all’acquisto dello stupefacente, non solo non ha trovato, nel caso di specie, validi riscontri, ma è stata in sostanza smentita dal testimone di riferimento.