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STORIA DEL DRITTO ROMANO
LA TRADIZIONE STORICA
E I METODI DI STUDIO
CAUSE DELL’INCERTEZZA SULLA STORIA
DEI PRIMI SECOLI DI ROMA
Il problema preliminare di ogni disciplina storica è quello relativo all’identificazione delle fonti di cognizione: tutti sanno quanto limitata sia l’attendibilità
delle notizie che i classici registrano per la più antica storia di Roma. Di ciò ne
avevano coscienza anche gli storici dell’età di Augusto come Livio nel suo ab urbe
condita. Inoltre, proprio studi recenti hanno confermato che il ricordo degli
avvenimenti antichissimi sia stato turbato da storici troppo propensi a magnificare
le gesta dei loro avi. Numerose falsificazioni derivano pure dall’orgoglio cittadino
che volle presentare come primordiali le istituzioni politiche più popolari, quali il
comizio centuriato e le tribù rustiche, attribuiti l’uno e le altre al mitico re Servio
Tullio. Altro fenomeno che turba la storia dell’antichità è il cosiddetto
concentramento storico per il quale, anche inavvertitamente, si accentrano intorno
ad un individuo – reale o fittizio – o intorno ad un avvenimento saliente, tutti gli
istituti e le azioni che si reputano conformi al carattere dell’individuo o
dell’avvenimento1. A ciò si aggiunga la scarsa entità, per l’epoca più antica, dei
fasti consulares2, e i dubbi sulla loro attendibilità in tale epoca.
Un interessante indizio sull’inizio di una documentazione attendibile ci è dato dai
fasti trionfali3 che la tradizione voleva fossero stati esposti sin dalle origini. In
realtà, le eclissi solari – fenomeno quanto mai adatto a colpire l’immaginario
collettivo – si trovano ricordate solo a partire da quella del 288 mentre nessuna
menzione è fatta per quelle del 310 e del 297. Per conseguenza, bisogna ritenere
che soltanto fra le due date del 297 e del 288 ebbe inizio in Roma una redazione
scritta dei principali avvenimenti contemporanei.
GLI ELEMENTI PER LA RICOSTRUZIONE
La storiografia moderna è in grado di fornire un quadro abbastanza preciso dei
primi secoli di Roma grazie ad altre discipline – come l’archeologia – e vari altri
elementi per la ricostruzione tra i quali ricordiamo:
Romolo, Numa Pompilio, Servio Tullio, sono i tre centri della pseudostoria costituzionale
romana: al primo si attribuiscono tutte le istituzioni politiche primitive, al secondo tutti gli istituti
sacri, al terzo tutte le garanzie di libertà.
2 Lista di magistrati eponimi, che davano cioè il nome all’anno in cui erano in carica, risalenti fino
al principio della Repubblica. Sono stati rinvenuti incisi nel marmo sulle pareti interne dell’Arco di
Augusto nel Foro. Benché non molto antiche – dovrebbero risalire all’inizio del principato di
Augusto nel 30 a.C. – è indubbio che liste analoghe esistevano già da tempo e furono utilizzate
dagli annalisti del II secolo a.C.
3 Condotti sugli annali dei Pontefici, tavole di legno imbiancato sulle quali i Pontefici stessi
avrebbero segnato gli avvenimenti più importanti dell’anno.
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2
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la tradizione: sebbene spesso immaginaria, la tradizione ha sempre un
nucleo di verità utile per la ricostruzione degli avvenimenti storici4.
la glottologia: li studi linguistici hanno messo in luce l’influenza etrusca su
Roma, ad esempio mostrando l’identità tra il nome dei Tarquini e quello del
monte Tarpeo.
l’archeologia: spesso i ritrovamenti archeologici hanno confermato i dati
della tradizione. Così, ad esempio, lo Ianus geminus, porta bifronte che la
tradizione ci dice aperta in tempo di guerra e chiusa in tempo di pace: ciò ci
porta al riconoscimento di due gruppi politici stabiliti sull’uno e sull’altro
colle e di un trattato di alleanza militare concluso fra essi. Oppure
l’introduzione del fascio littorio ad opera degli etruschi ha trovato conferma
nel ritrovamento di una tomba etrusca a Vetulonia dove era sepolto un
magistrato con a lato i fasci littori.
la comparazione storica: sulla base di un’accertata affinità etnica o di
un’influenza sicuramente esercitata da un popolo su un altro, si è in grado
di usare proficuamente questo mezzo.
la struttura degli istituti giuridici in epoca storica: dallo studio dei singoli
istituti giuridici si risale ad una corretta conoscenza degli ordinamenti
preesistenti, poiché a nuove situazioni socio-politiche corrispondeva
sempre un graduale adattamento degli istituti precedenti e non l’immediata
creazione di nuovi.
ALTRE DIFFICOLTÀ
Non è tuttavia da credere che i problemi della conoscenza storico-giuridica siano
propri della sola epoca primitiva. Anzitutto ci sono periodi storici in cui le fonti
sono comunque scarse o di seconda o terza mano5. Del resto, anche dove le fonti
sono copiose nei rispetti della storia politica, possono essere insufficienti allo
storico del diritto. Infatti, l’immaginazione degli scrittori antichi veniva più
facilmente colpita da fatti di poco interesse per lo storico del diritto, mentre le
notizie di maggior significato giuridico non venivano poste nel dovuto risalto.
L’ETÀ MONARCHICA
LEGGENDE RELATIVE AL PERIODO REGIO
Sia Livio che Dionigi di Alicarnasso raccontano di Enea e di suo figlio Ascanio,
fondatore di Alba Longa. L’ultimo re di Alba ebbe due figli, Amulio e Numitore;
Amulio detronizzò Numitore, ma dalla figli di quest’ultimo, Rea Silvia, nacquero
due gemelli, Romolo e Remo. Romolo, esule da Alba Longa, avrebbe fondato
Roma, ponendole a capo un Rex e suddividendone la popolazione in tre tribù
(Ramnes, Tities, Luceres). A lui risalirebbero anche i comizi curiati, il Senato
composto da 100 membri e la divisione della popolazione in patrizi e plebei. Egli
avrebbe governato come i magistrati repubblicani, vale a dire, presentando le leggi
Ad esempio nella storia del ratto delle Sabine è adombrata la realtà storica dell’alleanza tra i
Romani e i Sabini.
5 Come relativamente al periodo dai Gracchi a Silla – povero di fonti – rispetto ad esempio
all’epoca delle guerre Puniche.
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ai comizi e rispettando i pareri del Senato. Altrettanto avrebbero fatto i suoi
successori latini: Numa Pompilio (cui sono attribuite le istituzioni religiose), Tullo
Ostilio (che fondò Ostia e distrusse Alba Longa), Anco Marzio (che ingrandì la
città). Alla morte di quest’ultimo sarebbe salito al trono Tarquinio Prisco, di
origine etrusca, che avrebbe dato alla regalità gli attributi esteriori del comando e
governato dispoticamente. Successivamente avrebbe regnato Servio Tullio, non
etrusco, al quale sono attribuite alcune riforme di carattere popolare. Infine
sarebbe salito al trono Tarquinio il Superbo che avrebbe governato da tiranno.
Quest’ultimo avrebbe recato offesa ad una matrona e sarebbe stato perciò
detronizzato (509 a.C.) demarcando il passaggio dall’età monarchica a quella
repubblicana. In realtà i primi due re non sono mai esistiti ma sono eroi eponimi. Il
numero di re che ci è stato tramandato è un numero sacro ma in realtà sono
senz’altro stati più numerosi. A partire dalla dominazione etrusca la città si popola
notevolmente e si assiste ad un cambiamento in senso commerciale dell’economia
locale (trattato commerciale con cartagine). Non c’è ancora espansione coloniale in
quanto la città antica è “città-stato”6.
L’ORIGINE STORICA DI ROMA
Sulle origini storiche di Roma sono state avanzate molte ipotesi basate su ricerche
archeologiche e glottologiche. Alcuni studiosi sostengono l’esistenza di Roma già
prima della dominazione etrusca; altri propendono per l’origine etrusca.
Roma, città latino-sabina
Per gli studiosi che sostengono tale ipotesi, i primi stanziamenti nella zona latina
risalgono al X secolo e la città sarebbe sorta, non per associazione, ma per
successivi ampliamenti di un nucleo primitivo durante i secoli IX e XIII a.C.
Roma, città etrusca
Per i sostenitori di tale ipotesi esistono tracce di stanziamenti pre-etruschi sul
Palatino ma questi rappresentavano solo confederazioni fra villaggi. Furono gli
etruschi i primi a introdurre il tipo della “città-stato” in Italia. Comunque, se Roma
non è propriamente di origine etrusca, è etrusca senz’altro la Costituzione cittadina.
Il processo formativo della città e la distinzione della
popolazione fra patrizi e plebei
La storiografia moderna pone come organismo originario la familia, facendo
derivare da questa organismi più ampi come la gens7 e la civitas. Questa opinione
non tiene conto della circostanza che l’organizzazione primitiva non era la
famiglia, ma la comunità indifferenziata. L’ipotesi più probabile è quindi quella
gentilizia – cioè di una federazione di gentes – che, pur non disconoscendo la
possibilità di una formazione delle gentes nell’ambito di più vaste comunità, né la
compresenza di organismi minori, riconosce alla gens il carattere di una
Una città che si forma concede sempre asilo e cittadinanza a tutti: nel mondo antico il diritto di
cittadinanza era fondamentale, poiché solo attraverso questo si veniva tutelati dalle leggi della
società.
7 La gens è un’aggregazione naturale di famiglie a carattere chiuso. Facevano parte della gens
coloro che nascevano da padre gentile e coloro che erano ammessi per voto dei gentili.
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organizzazione politica sia perché in essa si verificava il primo limitato fenomeno
di divisione in classi, sia perché essa non aveva vincoli di sangue ma etnici.
Osserviamo i fatti: si ha una città stato solo se esiste una economia commerciale;
infatti ad un’economia agricola corrisponde una struttura gentilizia, aristocratica,
gerarchica, territoriale, che non conosce lo schiavo, ma solo il cliente8 che ne è
elemento estraneo con esclusivi compiti di difesa. La città-stato è un modello
etrusco. Nel 754 a.C. gli etruschi ebbero la loro massima espansione territoriale a
sud, e giunsero al Tevere; all’altezza dell’isola Tiberina fondarono la loro più
avanzata base commerciale, trovandovi però una popolazione locale a struttura
tribale (gentilizia). Nacque così un lunghissimo conflitto tra il modello etrusco
importato della città-stato e quello latino locale (gentes). In una prima fase la
struttura gentilizia ebbe la meglio perché più solida (è il periodo in cui le
assemblee sono divise per curie); nella seconda fase i re acquisirono maggior
potere ed entrarono in contrasto con il Senato di origine gentilizia (è il periodo dei
comizi centuriati divisi per censo). Si ebbe dunque un cambiamento sociale,
politico ed economico, insomma il passaggio da un modello politico statico ad uno
dinamico. Il quel periodo i clienti si staccarono dalla gens e si unirono al resto della
plebe di origine alluvionale.
L’elemento razziale può perciò essere preso in considerazione per spiegare la
differenza tra patriziato e plebe, ma solo riguardo alla maggiore omogeneità del
patriziato9. Oltre alla struttura socio-politica, il divario tra patrizi e plebei era
dovuto ai diversi culti10 e al “connubium”11.
ORGANI E ISTITUZIONI DELL’ETÀ MONARCHICA
L’età monarchica si presenta divisa in due fasi12. Nella prima fase si ritiene che
non esistesse una vera e propria città ma un “sinecismo”, cioè una riunione di
villaggi; solo nella seconda fase si ha una vera città-stato sotto l’influenza etrusca.
Nella prima fase lo stato è federativo raggruppando numerosi insiemi di individui
(gentes); in questa struttura il re deve esistere in quanto costituisce la forma più
La clientela rappresentava una classe subordinata costituita da ospiti poveri, da individui espulsi
da altri gruppi, da piccoli proprietari cui non era sufficiente il reddito della loro terra, da stranieri
che chiedevano protezione ed appoggio alla gens, la quale, a sua volta, si giovava di essi per
estendere la sua sfera di influenza e di azione.
9 La critica moderna propone varie tesi circa l’origine della differenziazione fra patrizi e plebei:
1. la differenza razziale (Arangio Ruiz);
2. i plebei sono clienti, divenuti plebei dopo la fondazione della città (Mommsen);
3. la distinzione si è creata solo dopo il periodo monarchico (non credibile storicamente);
4. la distinzione discende dalla stratificazione economica (De Martino).
10 I patrizi e i plebei non avevano Dei diversi ma solo culti diversi. E in realtà non ebbero nemmeno
bisogno di culti diversi fintanto che non furono due comunità separate (494).
11 Il diritto di connubium era la facoltà di contrarre iuxtae nuptiae (matrimonio legittimo), e
conseguentemente di riconoscere i propri figli. Il matrimonio poteva essere cum manu o sine manu a
secondo che la moglie si sottomettesse alla potestà del marito (matrona) o rimanesse sotto quella del
padre (uxor).
12 In ciò trova la conferma della teoria del Girstadt che fa risalire la fondazione di Roma a non oltre
il 550 a.C. Prima del 550 infatti non si trovano scavi che confermino l’esistenza di una città-stato.
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semplice di legame federativo13. Tale figura va intesa come coordinatrice di
funzioni religiose e militari.
Nella seconda fase i re vengono presentati come figure dispotiche poiché la storia
di questo periodo è scritta da elementi aristocratici contrari al potere regio. I re
etruschi immettono nel diritto romano il concetto di “imperium”. L’attribuzione
del potere al re avveniva con la “lex curiata de imperio” in un primo tempo
rappresentata da un giuramento di fedeltà e successivamente un vero e proprio
atto di sottomissione al sovrano14. L’unico ostacolo era rappresentato dal Senato
comunque notevolmente indebolito a partire dalla dominazione etrusca.
Il comizio curiato
Il comizio curiato, costituito da tutto il popolo, rappresenta il più antico organo
che la storia di Roma ricordi. Secondo la tradizione fu Romolo a dividere la
popolazione in tre tribù ed ogni tribù in 10 curie. Quanto alle competenze
possiamo certamente escludere le funzioni elettorali, legislative e giurisdizionali.
In effetti, anche per quanto riguarda la lex curiata de imperio occorre precisare che
non si tratta di una lex o di una investitura ma di un semplice atto con cui il
popolo riconosce l’autorità del magistrato supremo e si obbliga a sottostare al suo
imperium.
Il Senato
Il Senato era l’assemblea dei patres o degli anziani. La dottrina ritiene che il Senato
avesse un carattere originario e fosse depositario della sovranità che veniva, solo
in un secondo tempo, delegata al rex. Le tre funzioni più antiche del Senato erano:
 l’interregnum, che si attuava quando veniva a mancare il rex. Gli auspici
tornavano al Senato e i Senatori esercitavano l’imperium a turno per cinque
giorni ciascuno;
 l’auctoritas, che consisteva in una sorta di ratifica delle deliberazioni ma
non sappiamo se popolari o regie;
 lo ius belli et pacis, che consisteva nella titolarità del diritto di concludere
foedera o di decidere le guerre.
I comizi centuriati
Creazione regia furono anche i comizi centuriati, attribuiti tradizionalmente a
Servio Tullio. Essi erano ordinati in 193 centurie, ordinate gerarchicamente per
censo, che erano al tempo stesso distretti di leva e unità di voto. Risultavano:
Classe
Centurie
Milizia
Censo in assi
Equestre
I°
II°
18
80
20
Cavalleria
Fanteria pesante
Fanteria pesante
100.000
100.000
75.000
Parte della dottrina ritiene che il re ricavi la sua investitura da un potere di fatto, carismatico;
altri vedono nel re un magistrato, cioè il titolare di un ufficio e organo dello Stato (Mommsen).
Quanto alla nomina, alcuni autori propendono per il sistema ereditario o per l’elezione popolare;
tuttavia la teoria più attendibile è quella secondo cui il magistrato crea il magistrato.
14 Fra gli studiosi più moderni, alcuni hanno addirittura negato la storicità della lex curiata de
imperio per l’inverosomiglianza della partecipazione attiva dell’assemblea degli armati alla
investitura del rex.
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6
III°
IV°
V°
Extra classem I°
Extra classem V°
Extra classem
20
20
30
2
2
1
Fanteria pesante
Fanteria leggera
Fanteria leggera
50.000
25.000
11.000 o 12.000
Aggregati alla I° classe
Aggregati alla V° classe
Proletari esclusi dal servizio militare e dai diritti politici
LA GIURISDIZIONE CIVILE E QUELLA PENALE
Nella giurisdizione civile i poteri del re riguardano la legis actio sacramento
mediante la quale egli decideva su una causa tra due individui che avevano
giurato15.
Nella giurisdizione penale i due reati principali sono la codardia che – in quanto
reato militare riguarda sempre il re – e l’omicidio. Quanto a quest’ultimo, se
riguardava l’uccisione di un uomo – in quanto soggetto politico – era di
competenza del re; se riguardava l’uccisione di una donna era di competenza della
famiglia. In quest’età primitiva alla base del processo penale stava il concetto di
espiazione sacrale. I tipi di espiazione erano due: la consecratio, cioè l’esclusione
dell’individuo dalla collettività; il deo necari, cioè l’uccisione del colpevole per reati
molto gravi quali la proditio (il tradimento), la seditio (la ribellione), la defectio (la
diserzione), la perduellio (alto tradimento) e il parricidium.
L’ETÀ REPUBBLICANA
RACCONTO TRADIZIONALE CIRCA LA CADUTA
DELLA MONARCHIA
Nel 509, secondo la tradizione, si passa dalla monarchia alla Repubblica. Secondo
alcuni (Arangio Ruiz) tale passaggio fu lento e graduale e il re divenne “sommo
sacerdote” (rex sacrorum). Oggi si ritiene comunemente che il passaggio alla
Repubblica fu traumatico. La tradizione parla di un oltraggio ad una matrona da
parte di Tarquinio il Superbo e di una conseguente rivolta popolare. Questa
sarebbe stata seguita immediatamente dall’elezione della prima coppia consolare,
che avrebbe mantenuto ogni prerogativa regia (imperium) con in più il diritto di
veto sulle decisioni del collega. In realtà, nel 524 ad Ariccia vi fu una battaglia che
segnò il declino irreversibile degli etruschi. Roma – con la cacciata dei Re – si
scrollò di dosso il dominio regio di origine etrusca, estraneo ai propri schemi
politici. In quest’ottica vanno visti gli scontri con Porsenna, re di Chiusi, che
cercava di ripristinare a Roma la monarchia sostenuto dalla plebe urbana, da
sempre monarchica e antiaristocratica.
Poiché il re non poteva certo decidere di tutte le cause proposte, spesso si limitava a ricevere il
giuramento e a rimandare il giudizio ad un giudice da lui designato.
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7
Le secessioni della plebe
Nel 494 il contrasto tra patrizi e plebei causò la creazione dei tribuni della plebe: è
la prima secessione plebea. La plebe faceva giuramento (sacramentum) ai suoi
magistrati (tribuni plebis) e creava le leggi sacrate16.
In età monarchica i tribuni erano esistiti come tribuni militum17, le forme di
magistrati più vicine al popolo. La plebe si impegnava a difendere in armi i propri
magistrati (coniuratio). I tribuni portavano aiuto alla plebe (auxilium) minacciando
nuove secessioni e con il potere di intercessio18. La prima secessione si concluse con
l’ambasceria di Menenio Agrippa19. Oltre a nuove terre e al riconoscimento delle
proprie magistrature i plebei chiedevano l’accesso a tutte le magistrature dello
Stato e l’abolizione del connubium20.
Il decemvirato e le leggi delle XII tavole
Nel 451 sarebbero state soppresse, secondo la tradizione, tutte la magistrature, e
sarebbe stato creato, su proposta del tribuno Trentilio Arsa, un collegio di 10
magistrati con il compito di legiferare (decemviri legibus scribundis). L’anno
successivo, in un secondo collegio, sarebbero stati eletti anche alcuni plebei, ma a
causa del loro comportamento tirannico i secondi decemviri sarebbero stati
rovesciati. Lo scopo delle leggi delle XII tavole – opera dei decemviri – era quello
di mettere alla pari tutte le classi dei cittadini: infatti le leggi contenute nelle tavole
non erano nuove, ma essendo scritte erano certe. Quanto alla natura del
decemvirato, secondo il De Martino si tratterebbe di una magistratura
permanente, e perciò avrebbe preso il posto dei consoli e dei tribuni della plebe21.
Le XII tavole si possono dividere per argomenti:
TAVOLA
I, II e III
IV
V
VI
VII
VIII e IX
X
ARGOMENTO
Processo
Diritto di famiglia
Eredità
Negozi giuridici
Norme sulla proprietà immobiliare
Delitti e processo criminale
Norme di carattere Costituzionale
Fra le quali ricordiamo quella secondo cui i tribuni sono sacrosanti ( sacri = sanzione religiosa;
santi = sanzione civile) e quella secondo cui nessun patrizio può aspirare al tribunato.
17 I tribuni militum consulari potestate erano collegi di comandanti militari, nei quali era consentito
l’accesso alla plebe. Per quanto concerna l’origine di tale magistratura, le fonti oscillano tra motivi
militari – nel senso che il Senato avrebbe deciso di volta in volta se eleggere consoli o tribuni sulla
base delle esigenze belliche – e un’interpretazione classista – nel senso che i plebei, non essendo
riusciti ad occupare cariche consolari, impedirono l’elezione dei consoli ed imposero come
magistrati i capi militari dell’esercito, che potevano essere anche plebei.
18 Veto sulle decisioni contrarie agli interessi della plebe. Non era inizialmente un potere
riconosciuto (lo fu solo 50 anni dopo) ma effettuale, in quanto sostenuto con le armi.
19 E’ da notare che le secessioni della plebe e le relative concessioni da parte del patriziato erano
legate ad eventi bellici.
20 Queste due rivendicazioni erano legate al problema della cittadinanza: ora quest’ultima si poteva
ottenere o con l’elevazione ad una magistratura o con il riconoscimento da parte del padre.
21 Sempre secondo il De Martino, le tabulae iniquae (contenenti il divieto di connubium) –
tradizionalmente attribuite al secondo decemvirato – sarebbero invece da attribuire ai consoli
dell’anno 449. In realtà bisogna considerare che le XII tavole costituivano un documento
compromissorio e quindi non incondizionatamente favorevoli alla plebe.
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XI e XII
Appendici
La prima legge delle tavole riguarda l’estinzione del debito e la punizione del
debitore moroso (con garanzie per il debitore). Seguono leggi che riguardano
l’emancipazione dei figli, la manus sulla moglie, la tutela di minori e incapaci,
l’interpretazione restrittiva degli atti del contratto, la mancipatio22 e la in iure
cessio23. Vi sono poi leggi sui piccoli fondi, contro i procedimenti magici, contro il
furto e l’omicidio, sulla sovranità del popolo.
Le norme a carattere costituzionale riguardano:
 una legge sui rapporti tra patrono e cliente;
 una legge contro l’irrogazione di privilegi;
 una legge che attribuisce alla decisioni del popolo valore di legge;
 una legge sulla provocatio ad populum24.
Dalle leggi Valerie Orazie alle leggi Licinie Sestie
Le leggi Valerie Orazie – dal nome dei consoli del 449 – sono favorevoli alla
plebe:
 lex de provocatione: le magistrature ordinarie si ricostituiscono e va ribadito il
principio della provocatio;
 lex de tribunicia potestate: il patriziato accetta tale magistratura;
 lex de plebiscitis: per la quale hanno valore di legge le deliberazioni del
“concilium plebis” accolte dal Senato (sicuramente falsa);
 una legge che affida agli edili plebei il controllo dei Senatoconsulti.
Con la successiva legge Canuleia del 445 cadono le tavole inique e si attua l’unità
cittadina. Dal 449 al 367 non vi fu il consolato, che fu sostituito dal collegio dei
tribuni militum con potestà consolare, tra i quali due erano eponimi (i loro nomi
cioè, venivano scritti nei fasti capitolini). A partire dal 367 esistono per la storia del
diritto romano dati sicuri.
Le leggi Licinie Sestie del 367 reintroducono il consolato – al quale venivano
ammessi ora anche i plebei – introducono la nuova magistratura della pretura25,
stabiliscono l’estensione di agro pubblico che ogni privato può possedere, e
dettano norme riguardanti l’aes alienum. Si è ormai arrivati alla completa fusione
della classe dirigente patrizia con quella plebea: nasce così la nobilitas che sarà
comunque una casta chiusa. Vediamo più da vicino le leggi Licinie Sestie.
 La prima legge stabilisce definitivamente che gli auspici possono essere
presi anche da plebei: anche se la divisione delle due cariche non fu sempre
rispettata, il principio era stato posto.
Negozio solenne di trasferimento di beni davanti a testimoni.
Forma legale di risoluzione di casi complessi.
24 La provocatio ad populum era un procedimento comiziale d’appello contro le sentenze. Potevano
avvalersene solo i cittadini di pieno diritto e – in linea di principio – solo avverso le sentenze di
imperium domi e non quelle di imperium militiae.
25 La pretura costituisce l’ultima magistratura riservata alla sola aristocrazia. Il pretore è “colui che
dice giustizia”, cioè interpreta le leggi.
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23
9

La legge sui debiti (aes alienum) fa parte di una lunga serie che si
concluderà nel 326 con la lex Petelia Papiria (che abrogherà la schiavitù per i
debiti)26.
 La legge sull’agro pubblico vietava di occupare una misura di agro
pubblico superiore a 500 iugeri a persona (+250 per ogni figlio maschio), ma
fu spesso frodata.
 La legge sul pretore27 riserva al mondo patrizio l’esercizio dell’attività
giurisdizionale28. Il potere del pretore si basa sulle leges actiones. Esse sono
quattro:
o La legis actio sacramento e per iudicis arbitrive postulationem, a carattere
cognitorio;
o per manus iniectionem e per pignoris capionem, a carattere esecutivo.
Il tentativo di far rimanere le formule giudiziarie nell’ambito gentilizio
termino nel 337 con l’elezione alla pretura del plebeo Publio Filone29.
Magistrature importanti furono poi i censori30, gli edili31 e i questori. Quanto al
tribunato, esso non era ormai altro che il primo gradino della carriera politica. Con
il principio della collegialità, infatti, la carica contestataria del tribunato decadde,
perché, potendo ogni tribuno opporre il veto alle proposte di un collega,
all’aristocrazia bastava controllarne uno.
I magistrati supremi avevano la potestas e l’imperium:
 la potestas era la facoltà di esprimere la propria volontà come la volontà
dello Stato e si manifestava nei seguenti poteri:
o ius edicendi, cioè la facoltà di pubblicare nel foro gli edicta;
o ius agendi cum populo o cum plebe, la facoltà di convocare i comitia e i
concilia;
o ius agendi cum patribus, la facoltà di convocare e presiedere il Senato;
Il 326 è l’anno delle Forche Caudine e i Romani cercavano l’unità e la pace sociale; inoltre allora
andava diffondendosi la schiavitù di guerra e perdeva di importanza la schiavitù per debiti.
27 L’imperium del pretore era qualitativamente uguale a quello dei consoli salvi i limiti derivanti
dall’essere egli un collega minor.
28 Nel processo affidato al pretore, questi imposta la controversia, poi rimanda le parti ad un
giudice da lui designato; dopo un giuramento di sincerità delle parti, il giudice decide servendosi –
dove possibile – del principio del precedente.
29 Questi fece approvare tre leggi (leges Publiliae Philonis):
 de censore plebis, stabiliva che uno dei due censori dovesse essere plebeo;
 de patrum auctoritate, disponeva che l’auctoritas dovesse essere fornita prima
dell’approvazione delle leggi e non successivamente come ratifica;
 de plebiscitis, equiparava i plebisciti alle rogationes magistratuali nel senso che le
deliberazioni dei concilia plebis dovevano essere sottoposte al voto dei comizi centuriati e,
quindi, dovevano funzionare come proposte.
30 La censura era una magistratura ordinaria, non permanente, investita con una lex potestate
cenosria che nacque per ragioni militari e tributarie quando divenne importante ottenere un
inquadramento rigoroso dei cittadini.
31 Secondo la tradizione gli edili sarebbero nati insieme al tribunato e sarebbero stati ausiliari dei
tribuni. Oltre ad esercitare funzioni religiose, gli edili erano depositari degli archivi della plebe e
avevano poteri di polizia nei quartieri della plebe. In seguito, insieme alla pretura, fu creata l’edilità
curule: in seguito alla parificazione civile vennero aggiunti ai magistrati plebei due nuovi edili eletti
fra i patrizi. Solo questi ebbero diritto alla sella curulis e furono detti perciò edili curuli.
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10

l’imperium32 consisteva nella supremazia assoluta e comprendeva:
o il supremo comando militare;
o la potestà di fare la leva;
o il diritto di presentare proposte di legge al comizio;
o la facoltà di arrestare e punire cittadini;
o l’amministrazione della giustizia.
ORGANI E ISTITUZIONI DELL’ETÀ REPUBBLICANA
Le caratteristiche degli organi dell’ordinamento romano non devono essere intese
come immutabili durante tutto il periodo repubblicano. Dal 367 al 283 si assiste
infatti ad un periodo di assestamento caratterizzato dalla necessità di eliminare gli
ultimi contrasti fra patrizi e plebei; tra il 283 e il 146 i vari organi di governo si
armonizzarono e dettero vita al governo repubblicano; fra il 146 e il 27 la lunga
crisi della repubblica determinò la corruzione e la scomparsa della armonia e
dell’equilibrio del periodo precedente.
Il Senato nell’età repubblicana assume una posizione di notevole importanza:
mentre teoricamente il suo parere non vincolava i magistrati, di fatto essi
risultarono i meri esecutori di una volontà politica che si formava
indipendentemente da loro nell’ambito senatorio. La trasformazione più
importante del Senato riguardò il fatto che entrarono a farvi parte anche i plebei. Il
numero normale di senatori fu di 300 finché Silla non li portò a 600. I poteri
rimasero sostanzialmente immutati: tuttavia alcune leggi stabilirono che
l’auctoritas patrum doveva precedere e non seguire la votazione comiziale delle
leggi.
Le magistrature altro non furono che la prosecuzione e lo sviluppo di cariche che
già si erano costituite nei momenti della crisi dello Stato Quiritario. Fra i magistrati
si distinguevano i maiores, forniti di potestas e di imperium, e i minores, forniti
della sola potestas. Quanto alle modalità di elezione, alla regola secondo cui “il
magistrato crea il magistrato” si sostituì quella dell’elezione popolare dei
magistrati.
I consoli
Fra tutte le magistrature il consolato emerge per il carattere illimitato delle sue
competenze. I consoli sono forniti di imperium ma tale potere non è illimitato come
quello regio bensì sottoposto a tutti quei vincoli propri di tutte le magistrature
(annualità, collegialità, esistenza di altri magistrati, limiti della provocatio, ecc.) 33.
I consoli erano due, esercitavano il potere collegialmente, duravano in carica un
anno e all’anno stesso davano il nome. Erano nominati dai comizi centuriati,
presieduti da un magistrato con potere maggiore o uguale al loro, di regola il 15
marzo.
L’imperium comprendeva sia l’imperium domi – che si esercitava entro il pomerium – che l’imperium
militiae – che si esercitava fuori dal pomerium non solo in guerra, ma anche nei confronti dei popoli
soggetti. Rispetto alla potestas era caratterizzato da segni esteriori, dagli auspicia maiora e dalla
coercitio.
33 Tali limiti costituivano un sistema di garanzie e controlli tendenti ad evitare il pericolo di
degenerazioni tiranniche.
32
11
Le assemblee popolari
I comizi curiati ebbero attribuzioni di carattere religioso, anche perché
continuarono ad esistere solo per rispetto alla tradizione. I comizi centuriati
mantennero la loro origine militare; vennero convocate dai magistrati cum imperio
e si riunirono nel campus martius secondo rigorose formalità. Le loro attribuzioni
furono:
 l’elezione dei magistrati maggiori e la conferma dei censori;
 la votazione delle leges centuriate;
 lo iudicium nelle cause con condanna alla pena capitale.
I comizi tributi erano l’assemblea deliberativa dell’intero populus, ordinato per
tribus, su convocazione e sotto la presidenza dei magistratus maiores. Le
attribuzioni di tale assemblea furono:
 la creatio dei magistrati minori e dei tribuni militum;
 la votazione delle leges tributae;
 il iudicium in alcune cause;
 alcune attribuzioni religiose.
Infine, in epoca repubblicana, rimasero di preminente importanza i concilia plebis,
cui si ricorse soprattutto per la votazione delle riforme agli istituti dello ius civile.
Le attribuzioni furono:
 l’elezione dei magistrati plebei;
 la votazione dei plebiscita;
 lo iudicium per i crimina passibili di mulcta.
L’ITALIA E LE PRIME PROVINCE
L’evoluzione degli organi dello stato romano è accompagnata dall’evoluzione di
fattori esterni. Riguardo all’espansione romana, una tesi del 1800 afferma che si
trattò di un espansionismo difensivo. In realtà la spiegazione risiede nel fatto che
la società romana non aveva un equilibrio interno. L’economia agricola è povera e
dissestata dalla circolazione di denaro che provoca continui debiti; il commercio
crea una nuova aristocrazia, quella dei cavalieri. L’espansione verso sud è di tipo
imperialistico e comporta una grossa spesa:
 La prima guerra sannitica (343-341) scoppiò per la conquista di Capua,
minacciata dai Sanniti.
 La guerra latina (340) determinò lo scioglimento della Lega Latina: da
allora in poi non vi furono più trattati con tutti i latini, ma solo con le
singole città. I latini avranno tre privilegi: lo ius commercii, lo ius connubii, lo
ius migrandi.
 La seconda guerra sannitica (326-304) si combattè per il controllo su Napoli
(città marittima); con essa Roma guadagnò la Campania.
 Con la battaglia di Sentino contro gli italici, Roma conquistò quasi tutta
l’Italia.
I rapporti con le città sottomesse sono diversificati: i Romani infatti:
 Possono compiere la distruzione politica della città con l’inglobamento
della comunità nella cittadinanza romana;
12

Possono incorporare una città con i suoi ordinamenti autonomi
(municipium), talvolta con la presenza di un prefetto romano34;
 Possono stipulare un foedus che può essere equo o iniquo: il primo ha la
forma di un trattato bilaterale, il secondo di un’imposizione.
Nel 282 scoppiò la guerra contro Pirro, che nel 272 permise a Roma di occupare
tutta l’Italia peninsulare35.
L’EQUIPARAZIONE PLEBISCITI-LEGGI
In questo periodo la contrapposizione sociale non è più ormai tra patrizi e plebei
ma tra nobilitas e resto della popolazione: si pensi che la legge Ogulnia del 300
permette ai plebei l’accesso anche al pontificato.
La lex Publilia Filonis del 339 prevede che i plebisciti abbiano valore di legge se
autorizzati preventivamente dal Senato. La completa parificazione plebisciti-leggi
si avrà con la lex Hortensia del 286. Da allora le leggi saranno votate quasi solo dal
popolo, ma i tribuni, che devono proporre le leggi, appartengono anch’essi alla
nobilitas, perciò no vanno contro gli interessi della propria classe.
Il riconoscimento alle assemblee del potere legislativo dette luogo all’inclusione,
tra le fonti del diritto romano, delle leges publicae populi romani. Leges erano tutte le
deliberazioni comiziali, quindi anche quelle relative alla creatio dei magistrati e
quelle interferenti negli iudicia criminali. Solo più tardi il termine di “leges” fu
riservato alle sole deliberazioni a carattere normativo.
LA RIFORMA DEI COMIZI CENTURIATI
Alla fine della prima guerra punica diviene definitiva la riforma del comizio
centuriato e nasce accanto al pretore urbano il pretore peregrino36. La riforma del
comizio centuriato è volta a dare maggiori poteri ai possessori di capitale mobile.
Il senso di questa riforma è quello di riprodurre all’interno di ciascuna tribù la
stessa divisione delle classi esistente nella società. Ciò comportava una
ridistribuzione artificiale della popolazione mediante l’equiparazione tra il
capitale mobiliare e la proprietà terriera. Effetto politicamente significativo di
questa nuova assemblea fu quello di equiparare in modo totale patriziato e plebe,
I municipi potevano essere:
 “optimo iure”, cioè con diritto di voto;
 “sine suffragio”, senza diritto di voto e i cui maggiorenti non potevano entrare a far parte
della nobilitas.
35 E’ da notare che il “casus belli” di Taranto e il fatto stesso che Pirro portasse la guerra contro
Roma sono invenzioni degli storici romani: in realtà la spedizione di Pirro era diretta contro la
Sicilia, allora in mano ai Cartaginesi, e probabilmente il mandante della spedizione era l’Egitto che
già da tempo era in contrasto con Cartagine per motivi economici. Roma – in questo caso – era
alleata di Cartagine.
Anche la prima guerra punica è stata tramandata con un falso “casus belli”. Essa è stata in realtà
ispirata, contro il volere del Senato, dal nuovo ceto dei capitalisti (equites) dediti al commercio –
mentre i Senatori erano la voce dei proprietari terrieri – che avevano interesse a fermare
l’espansione commerciale cartaginese.
36 Il pretore peregrino giudica nelle controversie tra stranieri o tra romani e stranieri. Egli non può
usare le legis actiones: con parole libere scrive su un foglio le tesi delle parti, che manda poi di
fronte al giudice (processo formulare). La formulazione del pretore è perciò casistica, e ciò
comporterà una successiva esigenza di unificazione.
34
13
e di far decade il principio timocratico rigidamente sancito nell’originaria struttura
centuriata.
L’ESPANSIONE EXTRA-ITALICA
La Sicilia non entra a far parte dell’Italia: la vera Italia è quella peninsulare, tutto il
resto è provincia37. Anche in Sicilia si riproduce la solita casistica degli accordi tra
Roma e le singole città che potevano essere:
 civitates: comunità libere da obblighi e autoamministrantesi;
 collettività stipediarie: sottoposte al pagamento di tasse;
 collettività immuni: che invece non avevano imposizioni fiscali.
La lex Ieronica (di origine ellenistica) prevede che il suolo delle Province sia
proprietà dello Stato e chi lo coltiva debba pagare una decima38. I profitti delle
decime portano a Roma fiumi di denaro. La circolazione monetaria però non trova
sbocchi non esistendo attività in cui il denaro possa essere investito: ciò comporta
il depauperamento di larghi strati sociali e il dissesto dell’economia.
Nel 218 comincia la seconda guerra punica39, che avrà un costo umano altissimo.
Ad essa appartengono le figure di Quinto Fabio Massimo – fautore di una politica di
temporeggiamento, vuole difendere l’Italia e vuole combattere Annibale in Italia –
e Scipione l’Africano – fautore di una politica aggressiva, vuol portare la guerra in
Africa e conquistare Cartagine. Avrà la meglio quest’ultimo e al termine della
guerra Cartagine perderà la Sardegna, la Corsica e la Spagna, che formeranno
nuove province Romane. L’espansione romana continua nel 198 con la guerra
macedonica e nel 190 con la guerra siriaca, ma tale espansione presenta un aspetto
differente rispetto al passato: non è più una espansione territoriale ma
commerciale, in quanto nel 198 verrà proclamata la libertà delle città greche senza
che si proceda ad annessioni, e la guerra del 190 ingrandirà solo gli stati alleati
(Pergamo, Bitinia, Rodi).
Con le battaglie di Pidna (nel 168 e nel 148), la distruzione di Cartagine (146) e la
riduzione a provincia di tutta la Grecia, la tendenza a formare nuove province si
stabilizza e si ricerca solo il monopolio del commercio marittimo.
In questo periodo, tre fattori, uniti alla prime deroghe costituzionali, provocano
mutamenti dell’assetto dell’ordinamento e la trasformazione del processo
criminale40:
1. lo sforzo del Senato per ottenere il controllo dei magistrati41;
2. il tentativo degli equites di costituirsi come autonomo ordine politico;
3. il dissesto della plebe italica dopo il 146.
In un primo tempo “provincia” è la sfera di competenza di un magistrato, poi per essa si intende
il territorio amministrato da un magistrato.
38 Poiché Roma non aveva un sistema tributario, la riscossione delle decime era affidata a
compagnie di “pubblicani”, cioè appaltatori di “publica”.
39 Inoltre nello stesso anno, con il plebiscito Claudio, si impedisce ai Senatori e ai loro figli il
commercio marittimo e le speculazioni finanziarie.
40 Il Senato amplia le proprie competenze anche all’ambito del processo criminale: in un primo
tempo una commissione di Senatori compie un’inchiesta (cognitio), rimandando poi al giudizio
comiziale; in un secondo tempo sarà la stessa commissione a giudicare (quaestio extra ordinem).
Dal 171 il Senato è competente anche a giudicare i magistrati che hanno l’imperium nelle province
41 Lex Calpurnia de repetundis.
37
14
Quanto agli effetti giuridici di questa evoluzione politica, la visione tradizionale
degli autori romani è unanime: con la lex Hortensia l’assetto costituzionale è
perfetto; in seguito inizia la decadenza42.
I GRACCHI
Un periodo di grande sconvolgimento fu l’età graccana, che fu descritta da
Diodoro, Appiano e Plutarco. Uno dei più importanti motivi di crisi della Roma di
questo periodo consiste nell’espropriazione dei piccoli proprietari terrieri, cui
aveva fatto seguito lo spopolamento delle campagne e la crisi demografica. La
famiglia dei Gracchi si fa interprete delle istanze della plebe che più di chiunque
scontava le conseguenze di tale crisi43.
Nel 133 Tiberio Gracco, figlio di Tiberio Sempronio Gracco, viene eletto tribuno e
presenta una legge sulla misura dell’agro pubblico secondo la quale quest’ultimo
doveva essere diviso in lotti non superiori a 500 iugeri. Chi ne possedeva di più
doveva restituirli affinché una commissione (detta “dei tresviri”) procedesse
all’assegnazione a favore della plebe nullatenente. Il tribuno Ottavio oppose il
proprio veto. Tiberio, non riuscendo a far togliere il veto, fece deporre Ottavio
dall’Assemblea44.
La legge viene quindi approvata ma la sua attuazione incontra mille difficoltà
opposte per far terminare l’anno di carica di Tiberio che tuttavia, al termine del
mandato, ripropone la sua candidatura45. Questo fa scoppiare dei disordini in cui
Tiberio trova la morte46. A questo punto dovranno trascorrere dieci anni prima del
secondo tribunato graccano.
Caio Gracco (123) si preoccupò di garantire una funzione costituzionale alla
neonata ordo degli equites proponendo una legge sul trasferimento delle corti
giudicanti dai Senatori ai cavalieri, assicurando così a quest’ultimi il compito di
giudicare nelle quaestiones extra ordinem. Propose inoltre numerosissime altre leggi,
tra le quali:
 provvedimenti per la fondazione di nuove colonie;
 legge sull’attribuzione delle sfere di competenza ai singoli consoli;
 legge sull’organizzazione della provincia d’Asia;
 legge che proponeva di concedere la cittadinanza romana ai latini e quella
latina agli Italici;
 legge “de repetundis”, l’unica rimastaci in materia criminale.
L’esperienza graccana si protrasse per i due tribunati del 123 e 122. Dopo i
tentativi di far abrogare la lex Rubria, il Senato votò un provvedimento senza
precedenti, il senatus consultum ultimum, che aboliva le garanzie costituzionali e
Gli storici romani affermano che la decadenza politica fu determinata da una parallela decadenza
morale; ma questo è un effetto, non una causa.
43 Per alcuni ciò avvenne perché i Gracchi intendevano riconquistare il prestigio perso dopo i
contrasti con gli Scipioni.
44 Nasce il problema della costituzionalità di tale deposizione: bisogna infatti considerare se il
mandato attribuito ad un magistrato sia revocabile o meno dalla stessa assemblea che glielo ha
attribuito.
45 Anche questa candidatura pone problemi di ordine costituzionale: secondo Tiberio, tuttavia, il
popolo è sovrano e quindi libero di eleggere una persona per quante volte voglia.
46 Per giudicare i rei del tumulto in cui Tiberio Gracco trovò la morte, fu creata una quaestio
extraordinaria Popilia. Essa condannò molti esponenti graccani sotto l’accusa di sedizione.
42
15
dava ordine al console Lucio Opimio di operare la repressione dei tumulti. Roma
fu occupata militarmente e i graccani, ritiratisi sull’Aventino, furono in gran parte
uccisi, compreso Caio. La morte di Caio segna l’inizio effettivo delle guerre civili.
MARIO E SILLA
Dopo la repressione graccana si assiste alla formazione della factio in seno alla
nobilitas, un gruppo ristretto della classe dirigente che accentra tutte le
magistrature e le posizioni di governo47. I poteri dei tresviri vengono ridotti da tre
leggi:
1. una legge del 121 che abolisce il divieto di alienazione dei terreni distribuiti;
2. la lex Toria del 111 che sancisce la definitività del possesso dell’ager publicus;
3. una legge del 111 con cui si abolisce il vectigal.
Nel 106 Servilio Cepione reintroduce i Senatori nella quaestio de repetundis, la cui
giuria deve essere quindi composta per metà da Senatori e per metà da cavalieri.
In seguito alla guerra di Numidia e all’ascesa al trono di Giugurta (figlio
illegittimo del re di Numidia ma appoggiato da Roma), si creano in Roma due
fazioni, una interventista – guidata dai cavalieri – e una non interventista –
guidata dal Senato. Una strage di mercanti romani operata da Giugurta a Cirta fa
scoppiare la guerra. Caio Mario – successo al comando delle operazioni in
Numidia a Quinto Cecilio Metello – riesce a catturare Giugurta grazie anche
all’aiuto del suo luogotenente Silla. Contemporaneamente alla guerra in Numidia,
le popolazioni barbare dei Cimbri e dei Teutoni invadono l’Italia settentrionale
infliggendo una pesante sconfitta ai romani. Mario – che era stato eletto console –
vide prolungato il suo mandato dal 104 al 101, anno in cui sconfisse gli invasori.
Le gravi perdite di quegli anni indussero Mario ad arruolare anche la plebe
urbana non iscritta nelle centurie e gli italici48.
Nel 100 Mario si ripresenta al Consolato, alleandosi con Apuleio Saturnino49 e con
Servio Glaucia50. A questi ultimi si dovettero:
 la lex Apuleia de maiestate minuta che ampliava l’ambito dei delitti politici;
 la lex frumentaria che abbassava il prezzo del grano;
 la lex agraria che distribuiva ai veterani l’ager gallicus conquistato da Mario;
 una lex de coloniis in Africam deducendis per distribuire 100 iugeri a testa tra i
veterani in Numidia.
Durante i comizi elettorali Gaio Memmio, candidato avverso a Glaucia, viene
ucciso in un tumulto: il Senato vota quindi un senatus consultum ultimum e ordina a
Mario di attaccare Apuleio, Glaucia e i loro seguaci. Mario, consapevole che ciò
Mentre gli equites avevano in mano il commercio, la nobilitas non aveva che i latifondi. L’unica
fonte di denaro per la nobilitas era quindi la concussione da parte dei magistrati.
48 Per l’attuazione di questa riforma non vi fu bisogno di una legge, perché la leva rientrava nei
poteri del magistrato e, pertanto, fu sufficiente che un sanatoconsulto autorizzasse il console Mario
ad arruolamenti eccezionali estesi alla classe dei proletari. Effetto del nuovo sistema di
reclutamento fu che l’esercito era fedele solo al proprio condottiero e che tale fedeltà era
ricompensata da questi con larghi e munifici donativi.
49 Questi aspira al tribunato e segue la politica di Caio Gracco: fa votare leggi che riguardano
frumentazioni, deduzioni di nuove colonie, una legge agraria per la sistemazione dei veterani di
Mario.
50 Questi è pretore e si presenta al consolato per il 99, contro la norma costituzionale che esigeva un
biennio di intervallo tra una magistratura e quella di rango superiore.
47
16
avrebbe compromesso il suo credito e il suo potere politico, esegue suo malgrado
l’ordine. Le leggi di Apuleio e Glaucia saranno abrogate e sarà così stroncato il
secondo tentativo di cambiamento.
Riguardo al senatus consultum ultimum, molti studiosi romanisti affermano che il
Senato compì un abuso, ma non considerano che presso gli antichi non esisteva
una costituzioni scritta ma solo una prassi costituzionale determinata da rapporti
di forza.
La quaestio de maiestate è la seconda quaestio perpetua dopo quella de repetundis,
ma al contrario di quest’ultima è attivata per conto dello Stato, e l’accusa viene
esercitata solo da cittadini romani.
La produzione normativa di questo periodo è molto vasta e si sente il bisogno di
proteggerla: nasce così la sanctio legis di Saturnino la clausola propria delle leggi
che si prevede saranno fortemente osteggiate dagli oligarchici.
Nel 92, il tribuno Livio Druso propose che il numero dei Senatori fosse
raddoppiato e che i nuovi Senatori fossero equites. Tale misura era di carattere
conciliativo: si sarebbe così arginato lo strapotere degli equites con l’immissione nel
Senato dei membri più influenti e sarebbe terminata la lacerante contesa per il
controllo delle quaestiones perpetue51. In campo popolare Druso concesse la
cittadinanza agli italici per porre rimedio alla loro contrarietà alla distribuzione
delle terre.
La morte di Druso lasciò aperta una situazione di estrema tensione che sfocerà nel
90 nella guerra sociale. In tale anno insorgeranno contro Roma tutti gli alleati
italici che creeranno una vera e propria “civitas Italia” contrapposta alla “civitas
romana” con una propria organizzazione indipendente. La guerra sarà
sanguinosissima (oltre 300.000 caduti per parte) e terminerà con l’emanazione di
tre leggi:
1. la lex Iulia del 90 che concede la cittadinanza romana a tutti gli italici che
non avessero preso le armi contro Roma;
2. la lex Plautia Papiria dell’89 che concede la cittadinanza romana a tutti gli
italici che ne facciano richiesta;
3. la lex Pompeia dell’88 che concede lo ius Latii agli abitanti della Gallia
Cisalpina.
Nonostante l’estensione della cittadinanza, il modello romano non cambia: tutte le
città d’Italia diventano municipi “optimo iure”.
Intanto nell’88 scoppia la guerra contro Mitridate re del Ponto. Il tribuno Sulpicio
Rufo propose due leggi, una delle quali toglieva il comando delle operazioni di
guerra a Silla – che aveva già radunato il suo esercito a Napoli – e l’altra che
iscriveva gli italici in tutte le 35 tribù. Silla – che sarebbe stato sostituito da Mario –
marciò su Roma, cacciò Mario e fece abrogare le leggi di Sulpicio; dopodiché partì
per la guerra.
Mentre Silla vinceva Mitridate a Cheronea e a Orcomeno, Cinna – eletto console
nell’87 – instaurò a Roma, per tre anni, un potere dispotico e antinobiliare:
nacquero le liste di proscrizione. Silla, conclusa la pace con Mitridate, tornò in
Italia nell’83 e sconfisse i cinnati nella battaglia di Porta Collina dell’82.
Le quaestiones perpetue erano tribunali permanenti che vennero istituiti per giudicare sui nuovi
reati che la Roma repubblicana iniziò a conoscere con l’espansione extra-italica quali ad esempio
gli illeciti dei magistrati provinciali.
51
17
Roma vive ora uno dei momenti più drammatici della sua storia: le proscrizioni
hanno ridotto il Senato da 300 a 100 membri; 100.000 veterani di Silla chiedono
terre, e Silla concede loro di occupare le terre italiche dove vogliano all’interno di
determinati confini.
Silla ebbe dopo l’82 una formale investitura perpetua52 a dittatore per la
riorganizzazione dello Stato. Il Senato fu portato a 600 membri, e i nuovi Senatori
furono in massima parte equites, forse scelti direttamente da Silla. La lex Villia “de
annalis” del 180 ripristinò gli intervalli regolari tra le magistrature. Una legge
permise ai soli Senatori di rivestire il tribunato e vietò a chi era stato tribuno di
rivestire cariche successive. Con Silla le quaestiones perpetue divennero 6 o 7 (o
addirittura 9). Si conoscono:
 la quaestio perpetua peculatos, che si occupa della repressione del peculato;
 la quaestio de ambitu, che si occupa della repressione delle frodi elettorali;
 la quaestio de falsis, che si occupa dei reati di falsificazione;
 la quaestio testamentaria nummaria, che si occupa delle falsificazioni di
testamenti e monete;
 la quaestio de sicariis et veneficiis, che è una quaestio plurima che si occupa di
reati vari.
Con le quaestiones scompare il potere giudiziario delle assemblee popolari e
conseguentemente dei tribuni, che dinanzi ad esse portavano l’accusa.
Ogni quaestio era attivata da un’accusa che un cittadino portava avanti dopo una
richiesta a un giudice che valutava il fondamento dell’accusa. In antichità un fatto
non poteva essere sottoposto due volte al giudizio dello stesso organo: ciò favoriva
la prevaricatio, la collusione fra accusato e accusatore. Silla spogliò infine il
tribunato di ogni potere: la lex Hortensia fu abrogata e fu ripristinata la lex Publilia
Filonis.
Gli storici antichi non hanno mai parlato di “costituzione sillana”, ma solo di Silla
come uomo e riformatore. Per quanto riguarda la storiografia moderna, il
Carcopino dice che Silla segnò l’inizio di un potere monarchico; altri parlano di
Silla come restauratore. In realtà egli fu un riformatore in chiave oligarchica e
antipopolare.
POMPEO E CESARE
Dopo la morte di Silla iniziò il periodo delle “grandi personalità”: ciò rispecchia la
decadenza del sistema oligarchico. Il Senato – organo dell’oligarchia – aveva
cessato di essere la guida dello Stato al tempo delle guerre civili. Le assemblee
popolari, inoltre, avevano perso gran parte del loro significato politico e
rappresentativo con l’estensione della cittadinanza agli italici.
Nel 76 Pompeo ottenne il comando della guerra contro Sertorio, che durava
dall’80, e la portò a termine nel 72, ricevendo poi il comando nella guerra contro
Spartaco53. In questa guerra apparve la figura di Licinio Crasso con cui Pompeo
divise il consolato nel 70.
Nello stesso anno inoltre:
E non semestrale come si era soliti.
La rivolta di Spartaco fu la grande rivolta servile: gli schiavi si costituirono come comunità
indipendente e batterono moneta propria.
52
53
18




furono abrogate completamente le riforme di Silla;
tornò in vigore la lex Hortensia de plebiscitis del 286;
vi fu una nuova coalizione tra equites e popoulares nelle assemblee;
fu esiliato Verre, propretore della Sicilia, accusato “de repetundis” da
Cicerone: in realtà si trattò di uno scandalo politico per far passare la lex
Aurelia.
Nel 67 scoppiò la guerra piratica e la lex Gabinia affidò il comando dell’esercito a
Pompeo, attribuendogli poteri enormi. Terminata la guerra piratica, Pompeo fu
inviato contro Mitridate nel 66. Qui non si limitò a concludere il conflitto ma
conquistò ingiustificatamente anche la Siria e la Palestina che organizzò a suo
profitto.
Con Pompeo, dunque, i poteri militari vengono prolungati indefinitivamente, e ciò
sarà un elemento di disgregazione dello Stato, perché un tale tipo di imperium è
contrario ai principi repubblicani.
Nel 64, appoggiato da esponenti dei Senatori e dei cavalieri, si candida al
consolato Catilina, esponente della nobiltà più antica. Ma fu proprio la factio che
temeva Catilina per i suoi progetti innovatori, ad opporgli l’homo novus Cicerone,
che infatti ottenne il consolato. Durante il consolato di Cicerone la situazione
precipitò: Catilina venne accusato di gravi misfatti, il Senato emanò un senatus
consultum ultimum, Catilina si rifugiò a Pistoia dove venne sconfitto e ucciso.
Nel 60 venne stipulato un accordo privato per la guida dello Stato fra tre
personaggi: Crasso, Pompeo e Cesare. Quest’ultimo era nato nel 100 dalla gens
Iulia, antichissima ma con un patrimonio dissestato. Era stato governatore della
Spagna e era diventato console nel 59. In quest’anno Cesare propose moltissime
leggi:
 fece ratificare l’operato di Pompeo in Asia;
 fece votare una legge agraria munita si “sanctio”;
 fece approvare molti provvedimenti favorevoli ai cavalieri;
 fece votare la lex Iulia de repetundis.
Nel 59 un tribuno di fiducia di Cesare, Vatinio, fece approvare una legge che
concedeva a Cesare il governo della Gallia Cisalpina per 5 anni.
L’anno successivo un altro tribuno, Clodio, fa approvare numerose leggi fra cui:
 una lex frumentaria;
 una legge che costituisce l’isola di Cipro in provincia con il fine di
allontanare Catone – chiamato a governarla – nemico di Cesare;
 una legge che toglieva agli auguri l’obnuntiatio, cioè la facoltà di opporsi
alle leggi adducendo motivi religiosi,
Clodio fece anche esiliare Cicerone per aver fatto uccidere i catilinari senza un
regolare processo e solo in base ad un senatus consultum ultimum. Si trattò dello
scontro fra due principi: quello aristocratico, secondo il quale un senatus consultum
ultimum autorizzava ad uccidere i cittadini romani dichiarati nemici pubblici; e
quello democratico, secondo il quale ogni cittadino poteva essere condannato a
morte soltanto dopo un processo. L’esilio di Cicerone non durò comunque a
lungo: nel 57 fu richiamato a Roma in quanto Cesare aveva bisogno di riconciliarsi
con il mondo Senatorio e quello equestre.
Nel 56 i triumviri stipularono a Lucca un secondo accordo: Pompeo e Crasso
avrebbero avuto il consolato nel 55 e Cesare avrebbe avuto il comando della Gallia
19
per altri cinque anni54. Dopo il consolato Crasso andò a governare la Siria e a
combattere i parti; Pompeo, che sarebbe dovuto andare in Spagna, restò a Roma.
Crasso morì nella battaglia di Carre del 53; Pompeo venne eletto console senza
collega.
Nel 52 terminò la guerra gallica con la romanizzazione di tutta la Gallia.
Nel 49 il mandato di Cesare scadeva ma questi non volle deporre l’imperium per
non finire sotto processo. Nel 49 Cesare passò il Rubicone con l’esercito
contravvenendo alle leggi di Silla; il Senato emise un senatus consultum ultimum ma
Cesare giunse a Roma e la occupò. In seguito inseguì Pompeo e lo sconfisse a
Farsalo nel 48. Tornato in Italia si fece eleggere dittatore per 10 anni nel 46, console
unico nel 45, dittatore a vita, imperator, tribuno a vita, pontefice massimo e padre
della patria nel 44. Portò il Senato a 900 membri, estese la cittadinanza romana alla
Gallia Cisalpina, fece votare una legge sull’unificazione dei municipi. Nel 44
venne ucciso.
LA GIURISPRUDENZA IN ETÀ REPUBBLICANA
La prima grossa novità, risalente al 242, è l’introduzione del pretore peregrino.
Davanti a questi non erano esperibili le legis actiones e nasce così il processo
formulare nel quale il pretore invia al giudice una specie di “biglietto di
istruzioni” nel quale si mette in evidenza il punto centrale della controversia. Con
la lex Aebutia viene esteso il processo formulare anche alle controversie tra cittadini
romani.
L’uso delle formule, però, rende il diritto estremamente frammentario e perciò la
giurisprudenza si occupa soltanto della casistica. Tutto ciò porterà alla creazione
dell’Editto pretorio, un albo di formule fisse proposte da ciascun pretore, che si
ripete di anno in anno e si arricchisce grazie all’intervento di alcuni pretori più
esperti.
Il diritto pretorio che così nasce non può derogare dallo ius civile, ma lo può
interpretare favorendone un’applicazione meno meccanica, perché il pretore è il
“dominus” del processo. Nascono con il tempo nuove formule:
le formule in factum, per situazioni concrete non previste dallo ius civile;
le formule fitticiae, con cui si da per esistente un certo presupposto per rendere
possibile l’esperimento di un rimedio giudiziale;
le actiones utiles, con cui si adattavano i principi civilistici a casi non contemplati.
Vengono inoltre introdotti i principi della bona fides e quello opposto del dolus.
Giuristi come Manio Manilio e Giunio Bruto ricercano la possibilità di
interpretazioni in base a leggi posteriori a quelle decemvirali, mores e principi
equitativi. In seguito nasce l’attività definitoria che tende a determinare i singoli
istituti. In tal senso, Quinto Mucio Scevola fu il primo a comporre un trattato
giuridico unitario.
Mentre in tutta l’età repubblicana il giurista è sempre stato un uomo politico, nella
tarda repubblica si assiste al suo progressivo distacco dalla vita politica, con un
notevole incremento della produzione dottrinale.
54
Durante il loro consolato, Pompeo e Crasso fecero votare una legge contro i brogli elettorali.
20
LA FINE DELLA REPUBBLICA
Augusto e l’inizio del principato
Alla morte di Cesare, le classi sociali si trovarono di nuovo in conflitto. Alla guida
dei democratici, degli equites e dell’esercito, troviamo Marco Emilio Lepido e
Marco Antonio. Quest’ultimo era riuscito a farsi attribuire il governo della Gallia
dall’assemblea e non dal Senato che, dunque, gli mandò incontro i due consoli con
un esercito: entrambi i consoli morirono nella battaglia di Modena. Nel frattempo
Cicerone credette di aver trovato in Gaio Ottaviano – figlio adottivo di Cesare –
un campione da opporre ad Antonio. Ma Ottaviano, eletto console, strinse un
accordo con Antonio e Lepido: nacque allora il secondo triumvirato, questa volta
legalizzato da una lex Titia che nominava i tre triumviri rei publicae constituendae.
Essi si divisero il governo delle province che – dopo la legge di Silla che scindeva
l’imperium domi dall’imperium militiae – era l’unico modo per aver a disposizione
un esercito: Ottaviano ottenne l’Africa e le isole, Lepido la Gallia Narbonese e la
Spagna, Antonio la Gallia Cisalpina. Subito dopo la costituzione del triumvirato,
Cicerone venne inserito nelle liste di proscrizione; Bruto e Cassio furono uccisi
nella battaglia di Filippi del 42 dall’esercito di Antonio e di Ottaviano. Dopo
Filippi vi fu in Italia un enorme sconvolgimento: 170.000 veterani furono lasciati
liberi di occupare il suolo italico e l’agricoltura dopo questo colpo non si risollevò
più.
Lepido fu tolto di scena, mandato prima ad amministrare la Sicilia e poi eletto
pontefice massimo; rimanevano Antonio e Ottaviano che si divisero l’impero: a
Ottaviano l’Occidente; a Antonio l’Oriente con l’incarico di far guerra ai Parti.
Mentre Ottaviano riusciva a ripristinare il potere degli organi repubblicani,
Antonio invece di far guerra ai Parti si trasferì in Egitto dove legò con la regina
Cleopatra. Nel 32 Ottaviano rese noto il testamento di Antonio che lasciava alcun
territori romani all’Egitto: il Senato affidò quindi ad Ottaviano il compito di
muover guerra all’Egitto e ad Antonio, dichiarato nemico pubblico55. Ottaviano
sconfisse Antonio ad Azio nel 31 e fece dell’Egitto un suo possedimento personale
che trasferì ai suoi successori.
Ottaviano fu console dal 31 al 23 e fino al 28 rimase triumviro senza colleghi. Nel
27 dichiarò di volersi ritirare a vita privata ma dietro supplica del Senato accettò
l’amministrazione di alcune province; nel 23 deposto il consolato, accettò
l’imperium proconsulare maius56 e la tribunicia potestas57, due cariche che
Poiché il mandato ad Ottaviano era nel frattempo scaduto, per affidargli il comando della guerra
si ricorse ad un antico istituto, la coniuratio italiae, con la quale tutti i cittadini espressero un
giuramento di fedeltà a Ottaviano.
56 L’imperium proconsulare maius è un potere speciale per l’amministrazione delle province che
metteva a disposizione di Augusto tutti gli eserciti. Le province non sottoposte a tale potere erano
amministrate dal Senato. Nasce la distinzione fra province imperiali e province Senatorie: le prime
sono amministrate da legati, cioè luogotenenti di Augusto; le seconde sono amministrate da
governatori nominati dal Senato. Le tasse nelle province Senatorie sono riscosse dai pubblicani
mentre in quelle imperiali dagli stessi legati, affluendo poi nel fisco imperiale, distinto dall’erario.
57 La tribunicia potestas gli è attribuita a vita, contro il principio della temporalità delle magistrature.
Inoltre egli può opporre il veto all’operato dei colleghi, mentre non può accadere il contrario:
dunque la sua è una nuova magistratura, che ha la stessa potestas dell’antica magistratura
tribunizia ma senza i suoi limiti, cioè la collegialità e l’annualità.
55
21
successivamente mantennero tutti gli altri imperatori; nel 12 fu nominato pontefice
massimo a vita. Infine cambiò nome: si fece attribuire i titoli di imperator in quanto
governatore delle province e capo dell’esercito, Caesar in quanto figlio adottivo di
Cesare, Augustus.
Egli conservò tutti gli istituti giuridici e le formule costituzionali repubblicane: ciò
è scritto nell’epigrafe del Monumentum Ancyranum, una stele ritrovata ad Ankara,
in cui Augusto parla in prima persona definendo le proprie azioni “res gestas divi
Augusti”. Egli vuole essere considerato un restauratore che ha posto termine alle
guerre e restaurato la Repubblica58.
Quale capo dell’esercito, Augusto si preoccupò della sua riorganizzazione:
 le legioni vengono portate a 25, ognuna di 5.000 uomini divisi in 10 coorti59;
 vi sono poi i pretoriani, la guardia ufficiale dell’imperatore formata da 9
coorti di 1.000 uomini con notevoli vantaggi rispetto ai legionari;
 infine quattro flotte, stanziate a Marsiglia, Ravenna, Miseno e in Grecia.
Si calcola che sotto le armi servissero almeno 500.000 uomini su 4.000.000 di
cittadini: nasceva il problema della carenza di uomini.
In conclusione, non si può parlare di Augusto come di un magistrato con poteri
straordinari; certo i suoi poteri non derivano da alterazioni violente della
costituzione ma dall’introduzione di competenze nuove in materie nuove e
dall’integrazione delle strutture preesistenti con nuove strutture che si erano rese
necessarie:
 una amministrazione centralizzata;
 una nuova organizzazione dell’esercito;
 un fisco unitario.
Tutto questo nuovo apparato fa capo al princeps che naturalmente ha bisogno di
numerosi collaboratori, scelti solitamente fra gli schiavi poiché privi di capacità
giuridica. La struttura burocratica che si va formando è essenzialmente diversa da
quella repubblicana: il magistrato repubblicano è investito dei suoi poteri dal
popolo; il burocrate di questo periodo è un funzionario con poteri amministrativi
legittimati dal principe60. Scelti dal principe, i magistrati persero molti poteri; i
Le “res gestae” sono un elenco minuzioso delle opere di Augusto con le quali questi – fra le altre
cose – ricerca la legittimazione del suo potere. Quanto ai termini potestas e auctoritas che Augusto
usa nelle res gestae, il primo significa competenza; il secondo è pura autorevolezza personale ed
effettiva, che serve a mascherare il potere di Augusto.
59 A capo di ogni legione c’è un Senatore, legato di Augusto; sotto di lui i tribuni di legione, di
rango equestre, che si dividono in laticlavi e angusticlavi. Si crea così per la prima volta una
regolare carriera per i Senatori e una per gli equites. Si parte dal servizio nell’esercito e si arriva per
gradi a nuove dignità la più importante di queste è la prefettura, che non è una magistratura ma
una ripartizione amministrativa. I prefetti, che sono sottoposti direttamente al princeps sono:
 il praefectus urbis, che deve essere un Senatore ;
 il praefectus vigilum;
 il praefectus annonae;
 il prefetto del pretorio.
Accanto a questi incarichi si creano delle curae con funzioni delegate per determinati settori
(frumentaria, viaria, acquaria ecc.). Ai prefetti si affiancano poi i procuratori con funzioni
amministrative.
60 Perciò il principe non usurpa in nulla la competenza dei magistrati, del Senato e delle Assemblee,
solo crea un apparato che riempie gli spazi lasciati dagli istituti ordinari; così, fino al tempo di
Nerva si continuò a parlare di elezioni di magistrati da parte delle assemblee. In realtà queste non
58
22
consoli divennero prima 4, poi 8 fino a 25, divisi in ordinari, eponimi e suffecti; i
pretori divennero 16 con la creazione di nuovi pretori per singole materie; i
proconsoli vennero inviati ad amministrare le province Senatorie; i Senatori
vennero ridotti da 900 a 60061. Gli equites si orientano verso la carriera burocratica
in quanto gli appalti delle province Senatorie sono ben poca cosa; la plebe ha perso
il potere legislativo dei concilia in quanto le leggi sono presentate dai consoli o da
Augusto stesso ai comizi centuriati.
Per quanto riguarda la giurisdizione, Augusto riorganizza la materia con le leggi
Iulia iudiciorum privatorum e Iulia iudiciorum publicorum; fa inoltre votare una lex
sumptuaria per la repressione del lusso e si occupa di legislazione in campo
matrimoniale e relativa agli schiavi. In quest’ultimo campo tre leggi, la Fufia
Caninia, la Aelia Sentia, la Iunia Norbana, pongono una nuova disciplina fondata
sulla limitazione del diritto del padrone di manomettere (liberare) lo schiavo
rendendolo così cittadino62.
L’economia dell’epoca Augustea è di tipo monetario, basata sul commercio e non
produttiva: si sarebbe dovuto alimentare il circuito monetario attraverso una
politica di conquiste cui Augusto era però contrario; ciò porterà alla crisi
economica del III secolo.
Se la vera legislazione finisce con Augusto, con lui nascono fonti normative
diverse. In età repubblicana, il Senato non può emanare leggi, ma ne può
raccomandare una determinata interpretazione: su questa base nascono in epoca
augustea i Senato-consulti normativi, che integrano anche le antiche leggi
comiziali.
L’imperium proconsulare maius conferisce ad Augusto la facoltà di emanare editti
validi per tutte le province: uno degli esempi più importanti è l’Editto ai Cirenei
con il quale viene modificata la lex Iulia de repetundis creando un tipo di processo
più rapido, per questa materia, da svolgersi davanti al Senato. Gradualmente
questa procedura si estende anche ad altre materie: in particolare il Senato viene
reso arbitro della giurisdizione sui propri membri in campo criminale.
Viene estesa la nozione di reato maiestas alle lesioni dell’assetto costituzionale; la
cognitio extra ordinem, che si estende al di fuori dell’ordo iudiciorum delle quaestiones
perpetue, finisce per assorbire in gran parte le loro competenze. Mentre nelle
quaestiones perpetue il rito è accusatorio, nella cognitio extra ordinem è inquisitorio:
un delegato di Augusto, ricevuta una denuncia, procede ad una inchiesta. Nei
processi, Augusto si riserva il c.d. “voto di Minerva”, in caso di parità dei voti dei
giudici, e l’appellatio, cioè l’intervento diretto per tutta una serie di casi.
In campo civilistico, la lex Iulia iudiciorum privatorum abolisce le legis actiones, già in
disuso. Resta il processo formulare, caratterizzato dalla tipica forma contrattuale
si tenevano più: lo è la prova la Tabula Hebana, ritrovata nel 1947 vicino a Magliano. Secondo
quest’ultima al principe spettava la presentazione dei magistrati e alle centurie Senatorio-equestri
l’attribuzione delle varie cariche.
61 Da Augusto in poi lo status di Senatore implica competenze e privilegi ma non comporta un
potere personale come in età Repubblicana.
62 Il motivo delle frequenti manomissioni di questo periodo è da ricercare nel fatto che in
quest’epoca un libero non è organizzato né protetto da leggi e perciò può essere sfruttato meglio di
uno schiavo, in quanto lo schiavo deve essere mantenuto.
23
della c.d. litis contestatio63. Anche nell’ambito del diritto processuale privato
interviene la cognitio extra ordinem, subentrando al processo formulare64: con la
cognitio, la formula viene sostituita dalla domanda scritta di una delle parti al
funzionario imperiale davanti al quale si svolgerà il processo. In questo periodo
l’editto pretorio giunge ad un tale grado di perfezionamento che le formule in esso
contenuto divengono fisse o quasi. Quanto alla giurisprudenza, c’è ora un istituto
nuovo: lo ius respondendi, il diritto di dare risposte a quesiti giuridici completi
suffragate dall’autorità dell’imperatore65.
In epoca augustea si accentua anche il distacco dei giuristi dalla vita pubblica: si
formano due scuole di pensiero, quella Proculiana, più tradizionalista, e quella
Sabiniana, più aperta alle innovazioni.
La natura del regime Augusteo e il problema
della successione
Quanto alla natura del regime augusteo, gli storici hanno elaborato diverse teorie.
Il Mommsen sostenne la teoria diarchica, o degli ordinamenti paralleli, secondo
cui Augusto creò un ordinamento nuovo che si affiancava a quello repubblicano 66;
Arangio Ruiz ritiene invece che si tratti di una situazione di protettorato: Stato
protetto è la Repubblica formalmente intatta, Stato protettore la Monarchia67.
La considerazione globale è che nessun governo assoluto ha mai voluto
presentarsi come tale, e si è sempre definito democratico: i regimi assoluti sono
regimi fattuali, e tale è quello Augusteo. In conclusione si può affermare che
durante periodo in esame l’affermazione di un nuovo organo dello Stato, il
Principe, causò il graduale assorbimento, da parte di questo, delle antiche
competenze dei vari organi, lasciando formalmente intatto, ma concretamente
sempre più vuoto, l’ordinamento repubblicano.
Il frutto più importante del nuovo regime fu senza dubbio la pace che era, dopo
decenni di sanguinose lotte, un’esigenza insopprimibile. La classe che trasse
maggiore vantaggio dal nuovo assetto costituzionale fu il ceto medio, composto da
professionisti, funzionari, ufficiali, impiegati ecc. Si moltiplicarono difatti gli
impieghi a reddito fisso e quindi gran parte dei cittadini si trovavano ad essere
mantenuti ma anche a dipendere dallo Stato.
Con la morte di Augusto si apre il problema della successione. Molti storici
affermano che non si trattò di un potere monarchico perché non ci fu trasmissione
ereditaria. Ma in realtà Augusto fece di tutto per rendere ereditaria la sua carica.
Effetto del processo formulare è la novazione dell’obbligazione: dopo la litis contestatio le parti
sono obbligate a comportarsi secondo le decisioni del giudica.
64 Il processo formulare, inoltre, è efficace solo nell’ambito urbano, grazie alla presenza dei pretori;
nelle province, invece, questo complicato processo cade presto in disuso.
65 Arangio Ruiz ritiene che tale istituto sia una condizione necessaria per dare responsi, ma questo
sarebbe assurdo. Certo è che l’autorità dello ius respondendi è molto più vincolante nei confronti del
giudice. Comincia così a delinearsi una prassi interpretativa fondata sui responsi.
66 In particolare, il Mommsen individuò nel nuovo regime una sorta di governo a due, del principe
e del senato; tale situazione sarebbe dimostrata dalla sussistenza dei poteri senatoriali e
dall’esistenza di province sottratte al principe e affidate appunto al Senato stesso.
67 Tale rapporto sarebbe stato analogo a quello stabilito da Roma sulle civitates che entravano nella
sua sfera egemonica, e fondato sul medesimo concetto giuridico: “la conservazione, sotto la
custodia di una sovranità eminente, di quegli organi e funzioni che contraddistinguono la civitas”.
63
24
Ebbe infatti tre mogli ma non una discendenza diretta maschile. Augusto pensò ai
figli che Giulia – sua figlia con la moglie Scribonia – aveva avuto da Agrippa (uno
dei tre mariti di costei): però due morirono giovani e uno fu esiliato. Rimase
Tiberio, figlio di primo letto di Livia Drusilla (terza moglie di Augusto) e Tiberio
Nerone, nonché marito di Giulia.
L’ETÀ IMPERIALE
I GIULIO-CLAUDI
Con la morte di Augusto si apre l’età Giulio-Claudia; questa è un’epoca di
profondi cambiamenti, in cui si sviluppano e si assestano le novità dell’epoca
augustea68. Inoltre, l’età Giulio-Claudia è l’età dei primordi del Cristianesimo e
delle sue prime persecuzioni.
Tiberio
Tiberio, come si è detto, è il successore designato di Augusto. Egli sa di non avere
lo stesso carisma del suo predecessore e così cerca di operare in accordo con il
Senato. Rifiuta di essere considerato oggetto di culto e rinuncia all’appellativo di
padre della patria. Sotto Tiberio, gli equites escono dalle centurie che si occupano
della “destinatio” dei magistrati, rompendo così l’equilibrio con i Senatori. Nel 31
il prefetto del pretorio Seiano, approfittando della lontananza da Roma di Tiberio,
aveva cercato di instaurare una forma di coregenza con l’imperatore ma fu da
questi fatto giustiziare come reo di tradimento.
In questo periodo vi fu un enorme afflusso di capitali in moneta pregiata in Italia,
capitali che riprendevano la via delle province nel commercio di beni di lusso di
cui usufruiva la classe Senatoria. Non vi erano infatti per questo denaro possibilità
di investimento in quanto la maggior parte della popolazione viveva a livelli di
sussistenza. Tiberio cercò di porre rimedio a tale situazione obbligando i detentori
di capitali ad acquistare terreni italici: ma i terreni erano molti, i prezzi calarono e
ciò provocò la rovina degli ultimi agricoltori e dei piccoli proprietari.
Caligola
A Tiberio successe Caligola. La tradizione dice che egli fu per qualche tempo un
buon imperatore ma poi impazzì. In realtà, mentre in un primo tempo Caligola
accettò la tutela del Senato, successivamente cercò di sottrarvisi, tentando di dar
vita ad una monarchia di stampo ellenistico.
Claudio
Di Claudio, la tradizione dice che, schiavo delle sue donne e dei suoi liberti, visse
più da liberto che da libero; fu acclamato dalle corti pretorie quando era già in età
avanzata. Egli sviluppò l’apparato amministrativo e ciò necessitava dell’uso di
schiavi e di liberti che acquistarono, così, poteri enormi. Fu ripresa inoltre la
politica espansionistica in Britannia e in Mauritania, che servì a fornire i fondi
La storiografia antica è fortemente sfavorevole a questi imperatori. Ciò è dovuto al fatto che la
storiografia imperiale è di ambito Senatorio e il potere Senatorio veniva continuamente
compromesso da quello imperiale.
68
25
necessari all’opera dell’imperatore. Sotto Claudio si ebbe la prima persecuzione
cristiana: Svetonio narra che gli Ebrei che tumultuavano sotto l’impulso cristiano
furono espulsi da Roma.
Nerone
Nerone era figlio di Domizio Enobarbo e di Agrippina. Anche lui, come Caligola,
fu inizialmente un buon imperatore ma tentò poi di instaurare una monarchia
ellenistica di carattere assoluto. Concesse la cittadinanza romana ai Greci. Nel 64 si
assiste alla svalutazione della moneta d’oro (impiegata per la tesaurizzazione)
rispetto a quella d’argento (impiegata per i commerci): ciò comportò la rovina di
molte famiglie Senatorie.
I FLAVI
Il 69 fu l’anno dei “quattro imperatori”, Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano. Alla
morte di Nerone, infatti, seguirono vari pronunciamenti, sia militari che Senatori,
che ebbero il valore di una rivincita contro il regno di tipo ellenistico.
Galba
Galba era un vecchio Senatore, restò pochissimo al potere e morì in una
sommossa. A lui la tradizione attribuisce un discorso – il manifesto ideologico
della futura età aurea dell’impero – riguardo all’adozione del successore da parte
del principe. Caratteristica di Galba è il tentativo di conciliare il potere Senatorio e
la costituzione del Principato: ma i tempi non sono maturi e Galba verrà ucciso
durante un tumulto della plebe urbana.
Otone, Vitellio e Vespasiano
Otone, uomo ricchissimo, restò pochissimo al potere perché contemporaneamente
si sollevarono gli eserciti stanziati sul Reno, che elessero imperatore Vitellio, e
quelli stanziati in Palestina che elessero imperatore Vespasiano69. Vitellio
sconfisse Otone nei pressi di Cremona ma a sua volta venne sconfitto da
Vespasiano.
Vespasiano è il fondatore della dinastia dei Flavi: di origini modeste, è il prototipo
dell’imperatore eletto dal suo esercito70. Con Vespasiano, a capo dell’apparato
burocratico creato da Claudio cominciarono a trovarsi – affiancati dai liberti
imperiali – i cavalieri. Nel 70 Gerusalemme fu conquistata e iniziò la diaspora
ebraica.
Fu concessa la cittadinanza anche agli spagnoli e iniziò a delinearsi la divisione fra
Occidente romano e Oriente non romano.
Vespasiano riassestò le finanze statali, applicando un severo regime di economie
nelle pubbliche spese e vendendo i beni accumulati dai Giulio-Claudi; non si
appoggiò ufficialmente all’esercito ma anzi tentò di farlo rientrare nei limiti della
necessaria disciplina; non approfittò della forza militare, e restituì formalmente al
Senato e ai comizi la potestà di eleggere i principi.
Per la prima volta si avverte il peso politico delle formazioni militari volute da Augusto: un peso
che acquisteranno ogni volta che lo Stato darà segni di debolezza.
70 Nel 1230 Cola di Rienzo riportò alla luce la lex de imperio Vespasiani un documento normativo che
definisce le attribuzioni imperiali.
69
26
Risale a Vespasiano la famosa lex de imperio Vespasiani risalente al 69 o al 70:
 discusso è il suo contenuto e il suo significato, perché mentre secondo
alcuni fu un atto unitario di attribuzione dell’imperium, altri negano tale
interpretazione;
 rimane dubbio se essa vada intesa come attribuzione al solo Vespasiano di
speciali poteri, o come conferma dei poteri già attribuiti ai principi a partire
da Augusto;
 può essere vista come prima sanzione legislativa del nuovo ordinamento
costituzionale, oppure come tentativo di inserire il principato nell’ordinamento equiparandolo ad una magistratura.
Tito e Domiziano
Tito, figlio di Vespasiano, è noto come “delizia del genere umano”; la novità del
suo regno è la penetrazione del Cristianesimo in ambienti molto vicini
all’imperatore. Suo fratello, Domiziano, è stato dipinto invece come un principe
crudele; fu nemico del Senato che indebolì concedendo sempre più potere al
consilium principis, un organo senza importanza introdotto da Augusto con
funzioni consultive. Riprese la politica espansionistica e creò i campi decumati,
avamposti militari. Con Domiziano si ebbe la seconda grande persecuzione
cristiana dove vi morirono personaggi illustri come Flavio Clemente, cugino
dell’imperatore e console. Morì in una congiura di palazzo nel 96.
L’ETÀ AUREA: GLI ANTONINI
L’età aurea è caratterizzata dalla successione adottiva degli imperatori che, come
si è detto, viene ascritta da Tacito a Galba per un discorso da questi pronunciato in
occasione dell’adozione di Pisone. Ogni imperatore adotta il suo successore
davanti al Senato e con il consenso del Senato.
Nerva e Traiano
Sotto Nerva – anziano Senatore eletto con l’iniziale opposizione dei pretoriani – si
ebbe l’ultima attività legislativa delle assemblee. Egli cercò la conciliazione con il
Senato, limitò la pratica dei processi per maiestas, fece applicare con minore rigore
le leggi di Domiziano contro i cristiani e operò una politica di sgravi fiscali.
Traiano, adottato da Nerva, era spagnolo e fu il primo provinciale assurto alla
dignità imperiale. Integrò il Senato con provinciali e concesse la cittadinanza a
tutta la parte occidentale dell’impero. Riprese la politica espansionistica tant’è che
sotto di lui l’impero conobbe la sua massima espansione con la conquista della
Dacia71, dell’Armenia, della Mesopotamia e della Siria. Le conquiste in occidente
segnarono una forte ripresa dei traffici commerciali e infatti, in questo periodo, si
svilupparono il diritto della navigazione e quello delle obbligazioni contrattuali.
Con Traiano abbiamo il primo documento imperiale che si occupa dei Cristiani.
Plinio il giovane, in qualità di governatore della provincia d’Asia, chiede
all’imperatore come comportarsi con i Cristiani. Traiano risponde che il
governatore deve agire solo su denuncia e che i Cristiani vanno condannati non in
La Dacia (l’odierna Romania) era ricca di miniere d’oro: ciò servì a rendere stabile il cambio oroargento.
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quanto tali, ma per aver commesso reati comuni o per essersi rifiutati di far
sacrifici davanti all’immagine dell’imperatore.
Adriano
Con Adriano si ha la maggiore concentrazione di poteri nelle mani del principe.
Egli fu alieno da conquiste esterne e si limitò a fortificare i confini. Egli tentò un
avvicinamento tra il mondo occidentale e quello orientale; fu il primo imperatore
filosofo, ammiratore della cultura greca.
Con Adriano l’editto perpetuo divenne definitivo, codificato dal giurista Salvio
Giuliano nel 130: è la fine dello ius honorarium. Cessata l’attività normativa del
pretore, rimasero quella del Senato e quella dell’imperatore, senza dubbio più
importante, consistente nelle costituzioni. Quest’ultime vengono a specificarsi in
una tipologia definitiva:
 gli editti, disposizioni a carattere generale valide per tutto l’impero;
 i mandati, ordini a funzionari e a magistrati in campo amministrativo e
penale;
 i rescritti e le epistole, risposte date dall’imperatore a domande scritte rivolte
rispettivamente da magistrati e da privati;
 i decreti, decisioni dell’imperatore in un processo su domanda delle parti,
dei magistrati o di propria iniziativa.
In Italia la giurisdizione venne divisa fra quattro consulares che si occupavano
della giustizia amministrativa e civile.
Antonino Pio e Marco Aurelio
Il successore di Adriano, Antonino Pio, si limita a continuare l’opera del suo
predecessore salvo l’abolizione dei consulares. Maggiore importanza riveste Marco
Aurelio, imperatore e filosofo per eccellenza. Sotto di lui viene codificato l’Editto
provinciale che diventa la fonte unica del diritto per tutte le province. Egli
introdusse al posto dei consulares cinque iuridici con il compito di amministrare la
giustizia civile. Alla morte di Marco Aurelio, nel 180, gli succederà il figlio
Commodo – anziché il suo associato Lucio Vero che morì nel 168 – e si perderà
così il principio della successione adottiva.
L’ordinamento giudiziario e i giuristi nel principato
In quest’epoca si assesta la riforma dell’ordinamento giudiziario iniziata da
Augusto. Mentre in età repubblicana esistevano varie forme di repressione
criminale72, nell’età imperiale si afferma la cognitio extra ordinem quale tipo di
repressione criminale proprio del principato. Le leggi istitutive delle quaestiones
perpetuae sono leggi processuali: esse definiscono molto sinteticamente l’oggetto
del reato e fissano un rito processuale particolare per ciascuna quaestio. Tuttavia la
quaestio è un organo giudiziario che può funzionare solo a Roma mentre adesso i
cittadini romani sono ormai in tutta Europa: cambia perciò il rito processuale che
va unificandosi: i reati politici vengono assunti sotto la competenza del Senato;
nelle province, la giurisdizione civile viene esercitata dai funzionari imperiali, in
Italia dai consulares e in seguito dagli iuridici.
Come la coercitio dei consoli, il processo popolare, le quaestiones perpetue e quelle extra ordinem, i
Senatoconsulti.
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28
Con l’unificazione dei riti processuali, delle leggi istitutive delle quaestiones
perpetue rimangono in vigore solo le definizioni dei reati, arricchite e specificate
per mezzo dei Senatoconsulti. Una volta che la quaestio perpetua esiste solo come
ipotesi di reato, decade il sistema accusatorio proprio dell’età repubblicana: ora il
cittadino può solo sporgere denuncia al magistrato imperiale, che apre
un’inchiesta. L’unificazione dei riti processuali rende inoltre possibile la
contestazione di più reati davanti allo stesso organo giudicante; avviene anche una
dilatazione enorme del concetto di interesse pubblico: così l’azione civile viene
assorbita in parte da quella criminale.
Nel campo del diritto privato, come si è detto, l’ingresso della cognitio extra
ordinem provoca la decadenza del processo formulare: la formula viene sostituita
dal c.d. libello, cioè da un documento scritto presentato dall’attore al magistrato.
Riguardo alla giurisprudenza assistiamo ad un cambiamento di tendenza: non si
mira più a creare concetti giuridici attraverso un processo diairetico, ma si esalta la
casistica. Ormai l’evoluzione del diritto dipende dalle costituzioni imperiali a
dall’opera di interpretazione e armonizzazione dei giuristi che fanno parte del
consilium principis. Tuttavia, attraverso quest’ultimo organo, ai giuristi non è dato
solo di interpretare, bensì di creare norme73.
I SEVERI
L’età dei Severi è un periodo di transizione in cui si conclude il Principato e si
preannunzia il Dominato. Nell’età dei Severi, le fonti normative romane
tradizionali si vanno perdendo: restano solo le costituzioni imperiali. Anche
l’epoca classica della giurisprudenza, iniziata con Augusto, volge al termine.
L’unica opera della giurisprudenza del Principato che ci sia giunta direttamente
sono le “Istitutiones” di Gaio: si tratta di una breve opera di esposizione, in forma
scarsamente problematica, degli istituti privatistici del diritto romano.
Il giurista di quest’epoca non crea mezzi tecnici nuovi, ma partecipa, mediante il
consilium principis, alla stesura delle costituzioni. Può inoltre emanare responsi,
scrivere libri di diritto civile, digesti, commentari all’Editto, monografie e
istitutiones. La giurisprudenza è ora una vera e propria fonte normativa, che si
affianca alle costituzioni imperiali. Tuttavia dopo Ulpiano l’attività
giurisprudenziale viene improvvisamente a cessare: ciò è dovuto alla difficoltà in
cui viene a trovarsi il giurista di fronte al continuo gettito delle costituzioni
imperiali spesso anche contraddittorie fra loro.
Dopo l’epoca dei Severi si sentirà l’esigenza della codificazione, al fine di
contenere la dispersività delle costituzioni.
Commodo, Pertinace e Didio Giuliano
Con Commodo, figlio di Marco Aurelio, viene a cadere il principio secondo cui
l’esercito deve essere composto solo da cittadini e provinciali e vengono arruolati
circa 20.000 barbari. Dopo Pertinace, acclamato dal Senato e dai pretoriani, e
E’ il caso dell’erroris causa probatio. Questo istituto fu creato per venire incontro alle richieste dei
legionari che chiedevano la cittadinanza per i loro figli avuti da donne peregrinae. Ciò sarebbe
andato contro lo ius connubii e perciò i giuristi crearono il principio secondo cui, se il legionario
poteva provare di aver procreato credendo che la sua donna fosse cittadina romana, egli poteva
ottenere la cittadinanza per i suoi figli.
73
29
Didio Giuliano, ricco banchiere che comprò il governo, fu la volta di Settimio
Severo, primo imperatore della dinastia dei Severi.
Settimio Severo
Settimio Severo, legato della Pannonia, scese a Roma dalla sua provincia,
sconfisse i suoi avversari e venne acclamato imperatore dalle sue truppe. Egli
dette una connotazione nuova alla carica imperiale: volle essere dominus. Non
aveva fiducia nei pretoriani italici; tutta l’Italia venne equiparata, dal punto di
vista amministrativo, alle altre province. Settimio Severo si oppose fortemente alla
diffusione dell’Ebraismo e del Cristianesimo, tanto da emanare un dogma (editto)
contro il proselitismo cristiano e giudaico: nonostante questo, il Cristianesimo si
diffonde notevolmente74. Settimio morì durante una spedizione in Britannia.
Caracalla
Caracalla, dopo aver fatto uccidere il fratello Geta nominato con lui successore dal
padre Settimio, fu il nuovo imperatore. Il suo primo atto importante è la Costitutio
Antoniniana del 212, con la quale si concedeva la cittadinanza Romana a tutti
coloro che risiedevano entro i confini dell’Impero75: dopo l’errori causa probatio di
Adriano e il diritto di connubio concesso da Settimio a tutti i soldati degli eserciti
provinciali con cui le donne peregrine acquistavano la cittadinanza, la Costituitio
Antoniniana era indispensabile. Il problema fondamentale della Constitutio
Antoniniana stava nell’applicazione del diritto romano ai territori orientali: si
cercò da un lato di rispettare le usanze locali, dall’altro si recepirono nel diritto
romano istituti nuovi76.
Macrino, Elagabalo e Alessandro Severo
Dopo la morte di Caracalla vi fu un breve periodo di interregno Senatorio. Fu poi
eletto imperatore Macrino che per primo abrogò alcuni decreti imperiali. Il suo
successore, Elagabalo, operò una eticizzazione della titolatura imperiale: preferì i
titoli di Pius e Felix ai “cognomina ex virtute” derivati dai nomi dei popoli vinti, e in
genere seguì una politica di rottura nei confronti della tradizione romana tentando
una sorta di “orientalizzazione”. Ucciso Elagabalo dai pretoriani, gli successe
Alessandro Severo, ultimo esponente della dinastia dei Severi. Egli riassunse
subito i cognomina ex virtute e seguì una politica reazionaria, che accentuò
l’importanza dell’esercito e dell’elemento italico nella compagine statale ma che
Questo paradosso, cioè l’enorme diffusione del cristianesimo nonostante la forte repressione, può
spiegarsi considerando il fatto che il meccanismo repressivo procede solo in seguito ad una
denuncia; ma accusare un cristiano povero non interessa a nessuno, accusare un cristiano ricco può
avere il vantaggio di ottenere un quarto dei beni del condannato, ma è sempre un rischio poiché si
tratta certamente di una persona influente.
75 Erano esclusi i dediticii, ovvero quelle popolazioni barbare che si erano arrese a Roma senza
condizioni e risiedevano nel territorio dell’impero.
76 Un esempio al riguardo è la conciliazione della patria potestas romana con quella orientale,
secondo la quale quando il figlio raggiunge la maggiore età diventa indipendente. Per raggiungere
ciò si estese la nozione di peculio ovvero il patrimonio del figlio sottoposto a potestas. Qualora il
figlio avesse posto in essere negozi con denaro appartenente al peculio, il padre ne avrebbe risposto
ma solo nei limiti dell’ammontare del peculio.
Altro esempio è quello della forma contrattuale: verbale ma attraverso formule nel diritto romano;
scritta nel diritto orientale. D’ora in poi le formule verranno sempre trascritte.
74
30
finì per travolgerlo. Affiorano in questo periodo le tendenze autonomistiche e
nazionalistiche provinciali, causate anche dalla crisi economica e monetaria che ha
come effetto la formazione delle economie locali.
ORGANI E ISTITUZIONI DEL PRINCIPATO
Gli organi repubblicani che più rapidamente decaddero furono le assemblee
popolari, per un duplice ordine di motivi:
 in primo luogo si dimostrarono l’organo meno adatto per l’assiduo
controllo che intendeva esercitare il principe;
 in secondo luogo, già nella tarda Repubblica, la loro funzione non riusciva
ad essere sovrana nella misura in cui i comizi avevano come massa votante
la sola plebs urbana, essendo gli altri cittadini dell’impero troppo lontani per
parteciparvi.
Le loro funzioni vennero, durante il principato, quasi completamente abolite e
quelle che sopravvissero si presentarono come un mero simulacro, necessario per
far tacere gli scrupoli legalitari sul fondamento del potere dei magistrati e del
principe. Per quanto riguarda il Senato, i suoi poteri furono – seppure
formalmente – addirittura estesi:
 ai senatoconsulti si riconobbe efficacia normativa;
 il Senato ebbe un limitato esercizio della giurisdizione penale.
In realtà, le continue ingerenze dell’imperatore sul numero dei senatori, sull’elezione dei nuovi senatori e sull’attività complessiva del collegio senatoriale,
sminuirono progressivamente anche il prestigio del massimo organo
repubblicano.
Con il principato venne fissata rigidamente la carriera magistratuale, e fu
necessario osservare tutti i gradi del certus ordo delle magistrature. Le magistrature
inferiori, ormai svuotate di significato, sopravvissero solo per consentire il
passaggio a quelle superiori. Anche queste avevano perso il loro significato, ma
aprivano la via al governo delle province e alla copertura delle cariche create
dall’ordinamento imperiale. Conservarono vitalità i pretori, la cui funzione rimase
sostanzialmente immutata.
LA DECADENZA: DIOCLEZIANO E COSTANTINO
Dopo la fine dell’età dei Severi, l’unico punto fermo nella compagine statale era
l’esercito, e dell’imposizione militare fu un tipico prodotto Massimino Trace,
primo imperatore del nuovo periodo. Gli imperatori che lo seguirono
rappresentano la riscossa del mondo Senatorio, in particolare Pupieno e Balbino,
primo e ultimo esempio di piena collegialità tra due imperatori. Filippo venne
considerato dai Padri della Chiesa come il primo imperatore Cristiano. Gallieno
tolse definitivamente ai Senatori il comando delle legioni, spezzando così l’unico
tramite fra Senato ed esercito. Con Aureliano si assiste ad un vigoroso tentativo di
ripresa sotto il segno della lotta contro i barbari: si creò una cerchia di mura
intorno a Roma e i barbari che avevano invaso l’Italia settentrionale furono
sconfitti nelle battaglie di Fano e Pavia. Probo permise ad alcune popolazioni
barbare di stanziarsi entro i confini dell’impero, e pagò loro un tributo perché li
difendessero. A Probo successe Caro e a questi i figli Carino e Numeriano.
Quest’ultimo, cui era stato affidata la parte orientale dell’impero, fu ucciso e al suo
31
posto fu acclamato Diocleziano. Contro questi mosse Carino che – dopo averlo
sconfitto nella Mesia – fu però ucciso dai suoi soldati lasciando Diocleziano
imperatore unico.
Diocleziano
Le riforme di Diocleziano interessano numerosi campi, da quello istituzionale a
quello economico e fiscale. La riforma tetrarchica prevedeva che l’impero fosse
guidato da due Augusti, uno d’Oriente e uno d’Occidente. Questi avrebbero
nominato dei Cesari che dopo un certo periodo di tempo sarebbero diventati
Augusti e così via. Con Diocleziano venne sancita anche la divisione assoluta tra il
potere civile, esercitato dai “praesides”, e quello militare, esercitato dai “duces”. La
riforma fiscale consiste in una rinnovata politica di imposizione basata su due
tasse: la capitatio, riguardante le unità lavorative, e la iugatio, riguardante le unità
di superficie coltivabile. Le tasse vengono riscosse dai decurioni, rappresentanti
della Curia locale, per i quali vale il principio della responsabilità collettiva,
secondo cui essi rispondono personalmente per il gettito fiscale, autoritativamente
fissato, del territorio loro affidato. Con l’editto dei prezzi venivano fissati i prezzi
di tutte le merci, anche quelle più umili, ed erano validi per tutto l’impero77.
Per rendere più incisiva la sua opera di persecuzione contro i Cristiani,
Diocleziano emanò un editto secondo il quale tutti i cittadini dell’impero
dovevano munirsi di un certificato che attestasse l’avvenuto sacrificio da parte
loro all’immagine dell’Imperatore78. Inoltre egli fu il primo imperatore che operò
le persecuzioni con il rito inquisitorio (senza attendere la delatio).
L’epoca diocleziana ci ha lasciato i primi due codici della storia imperiale:
 il codice Gregoriano, redatto fra il 292 e il 293 in 15 libri;
 il codice Ermogeniano, che raccoglie i rescritti dal 293 al 294.
Diocleziano avrebbe anche legato ogni individuo alla propria professione, creando
una sorta di ereditarietà coatta dei mestieri: in un’età caratterizzata da una simile
crisi economica, la società tende a serrarsi in corporazioni di mestieri, ai livelli più
bassi per escludere la concorrenza e assicurarsi la sussistenza; a quelli più alti per
assicurarsi il potere.
Costantino
Ritiratosi a vita privata Diocleziano, dopo varie vicessitudini, prevalse la
personalità di Costantino, figlio di Costanzo Cloro, il cesare di Diocleziano. Egli
emanò l’editto di tolleranza nei confronti del Cristianesimo79. Costantino prende
atto del fatto che ormai nell’Impero l’unica organizzazione efficiente è quella
cristiana, e concede numerosi privilegi alle istituzioni ecclesiastiche80.
L’amministrazione civile fu affidata a funzionari fissi:
 il comes sacrorum largitionum, che sovraintendeva alle finanze locali;
 il quaestor sacri palatii, con competenza in campo giudiziario;
L’effetto immediato dei “calmieri” fu quello della scomparsa dal mercato di numerose merci.
Nascono in questo periodo le prime teorie giuridiche sullo stato di necessità che vizia la volontà:
molti cristiani, infatti, si munirono di falsi certificati o fecero veramente i sacrifici.
79 Il Cristianesimo venne legalizzato ma non diventò religione di Stato. Lo stesso Costantino si fece
battezzare solo in punto di morte.
80 Si pensi alla facoltà di ricevere legati che avrà l’effetto di creare la “manomorta” ecclesiastica.
77
78
32

il magister officiorum, che si occupava del carteggio con i vari uffici
provinciali;
La capitale fu spostata da Roma a Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli81. Alla
morte di Costantino restò sul trono il figlio Costanzo II a cui successe Giuliano
l’Apostata, che tentò di riprendere la politica filopagana, ma morì dopo appena
due anni di regno, durante una spedizione in Persia.
Con l’imperatore Graziano, il Cristianesimo divenne l’unica religione ammessa
nell’Impero. Teodosio, fu l’ultimo imperatore a regnare su tutto l’impero: ai suoi
successori, i figli Arcadio e Onorio, fu infatti assegato rispettivamente la parte
orientale e quella occidentale. Ad Arcadio successe Teodosio II a cui si deve
l’omonimo codice e la celebre “Legge delle citazioni”, che serviva a mettere ordine
nella sterminata produzione giurisprudenziale.
LA DIVISIONE DELL’IMPERO E LA FINE DELL’IMPERO
D’OCCIDENTE
Nella mente di Teodosio, la divisione aveva un carattere amministrativo, ferma
restando l’unità dell’impero. Tuttavia furono esigenze reali a suggerire la
divisione: l’occidente non era più in grado di difendersi 82, mentre gli eserciti
dell’Oriente presidiavano efficacemente le frontiere.
Nell’ultima fase dell’impero, l’unica forma di costituzione rimasta in uso è l’editto.
Gli atti normativi di una parte dell’Impero avevano valore nell’altra parte solo se
comunicati mediante una “pragmatica sanctio”83.
L’esigenza giuridica primaria, in questo periodo, è quella di eliminare le
contraddizioni tra le varie costituzioni e di operare una distinzione tra leggi
generali e leggi speciali, compito a cui cercò di far fronte il Codice Teodosiano84.
Questo codice venne emanato anche in occidente, tanto che noi lo possediamo solo
in quanto è contenuto nella Lex Romana Wisigothorum, una delle leggi romanobarbariche.
Quest’ultime sono:
 l’editto di Teodorico: questo re si riteneva investito direttamente da Zenone,
l’imperatore d’Oriente, per cui la compilazione in questione – pubblicata
nel 500 – conteneva disposizioni valide sia per i romani che per gli
ostrogoti. Constava di 154 articoli, ricavati ciascuno da un testo delle leges o
degli iura, soprattutto dai codices, dalle Sententiae di Paolo ecc. Vi sono
anche alcune norme nuove, non si sa se di origine ostrogota oppure
derivate dalla pratica;
Il baricentro dell’Impero era spostato definitivamente ad Oriente. Inoltre nessun imperatore da
Marco Aurelio in poi, ad eccezione di Elagabalo, aveva più soggiornato a Roma.
82 Si formano in questo periodo i regni Romano-barbarici.
83 Ne è esempio la legge delle citazioni secondo la quale devono avere valore vincolante per il giudice
i pareri di cinque giuristi (Papiniano, Paolo, Gaio, Ulpiano e Modestino). Sono da notare la
tendenza alla canonizzazione, alla semplificazione delle norme e al tecnicismo. Nascono
immediatamente i riassunti, o prontuari d’udienza, dei giuristi maggiori; queste opere devono
contenere, oltre ai riassunti dei pareri, riferimenti estremamente precisi agli scritti dei giuristi.
84 Questo raccoglie tutte le costituzioni in vigore emanate da Costantino in poi (quelle precedenti
erano già raccolte nei codici Ermogeniano e Gregoriano).
81
33

la lex Romana Burgundionum, in 46 titoli, diretta alla parte romana della
popolazione del regno dei Burgundi;
 la lex Romana Wisigothorum o Breviarum Alarici: applicata nell’impero che i
Visigoti avevano conquistato, fu preparata da giuristi romani che alle
singole costituzioni facavano seguire una interpretazione (riassunto in
forma spicciola). L’opera – che si basa su fonti sia occidentali che orientali –
è importante per il materiale che ci ha conservato.
Alla morte di Teodorico, il regno fu assunto da Atalarico, sotto la tutela della
madre Amalasunta. Morta quest’ultima scoppiò la guerra greco-gotica, con cui
l’imperatore d’Oriente Giustiniano cercò di impadronirsi dell’Italia. Durante
questa guerra Roma fu saccheggiata 5 volte e la sua popolazione fu distrutta per i
4/5.
LA COMPILAZIONE DI GIUSTINIANO
Giustiniano, come i suoi predecessori, volle preparare una legislazione conforme
alle esigenze dei suoi tempi e tuttavia così aderente alla tradizione romana, da
presentarsi come il coronamento dell’opera della giurisprudenza classica.
Il Codex
La grandiosa opera di compilazione – il cui risultato fu il Corpus Iuris Civilis – ebbe
inizio con una raccolta di leggi progettata da Giustiniano e dal suo ministro
Treboniano. Nel 528 Giustiniano, con una costituzione (Haec quae necessario)
nominò una commissione di dieci membri con il compito di compilare un nuovo
codice, nel quale fosse contenuto il materiale dei codici Gregoriano, Ermogeniano,
Teodosiano e le ultime costituzioni imperiali. L’opera fu compiuta in brevissimo
tempo e il codice venne pubblicato il 7 aprile 529.
Digesta seu pandectae
Nel 530 Giustiniano, con la costituzioni Deo auctore, ordinò una compilazione dei
digesta o pandectae. Si trattava di raccogliere i brani degli scritti dei giureconsulti
muniti di ius respondendi. Tali brani, poiché dovevano essere necessari per la
comprensione dell’ordinamento giuridico, dovettero essere modificati, eliminando
ciò che era andato in desuetudine.
Le Istitutiones
Mentre era ancora in corso la compilazione del digesto, Giustiniano ordinò la
stesura di un trattato elementare di diritto ad uso scolastico da sostituire alle
Istituzioni di Gaio.
Il Novus Iustinianus codex repetitae praelectionis
Dopo la promulgazione del Digesto e delle Istitutiones, il Codice, compilato alcuni
anni prima, apparve superato e una commissione, composta da Treboniano,
Doroteo e tre avvocati, ebbe l’incarico di redigere una nuova edizione di esso che
venne alla luce il 17 novembre del 534: il Novus Iustinianus codex repetitae
praelectionis, diviso in dodici libri, a loro volta divisi in rubriche, che è giunto a noi.
34
Le Novellae
Giustiniano non si limitò alla compilazione ma pubblicò anche numerose
costituzioni delle quali alcune veramente innovatrici. Fondamentali furono quelle
sulle successioni legittime e sui matrimoni.
LA FINE DELL’IMPERO
Tre anni dopo la morte di Giustiniano l’Italia fu invasa dai Longobardi (568).
L’impero d’Occidente si dissolse definitivamente e Bisanzio – formalmente
imperiale e romana – si allontanò sempre più dall’eredità dell’antica Roma e del
suo Impero.
35
SOMMARIO
LA TRADIZIONE STORICA E I METODI DI STUDIO .............................................. 1
CAUSE DELL’INCERTEZZA SULLA STORIA DEI PRIMI SECOLI DI ROMA.................................. 1
GLI ELEMENTI PER LA RICOSTRUZIONE ............................................................................... 1
ALTRE DIFFICOLTÀ ............................................................................................................. 2
L’ETÀ MONARCHICA ..................................................................................................... 2
LEGGENDE RELATIVE AL PERIODO REGIO ............................................................................ 2
L’ORIGINE STORICA DI ROMA .............................................................................................. 3
Roma, città latino-sabina ............................................................................................... 3
Roma, città etrusca ........................................................................................................ 3
Il processo formativo della città e la distinzione della popolazione fra patrizi e plebei
....................................................................................................................................... 3
ORGANI E ISTITUZIONI DELL’ETÀ MONARCHICA.................................................................. 4
Il comizio curiato ........................................................................................................... 5
Il Senato ......................................................................................................................... 5
I comizi centuriati .......................................................................................................... 5
LA GIURISDIZIONE CIVILE E QUELLA PENALE ...................................................................... 6
L’ETÀ REPUBBLICANA .................................................................................................. 6
RACCONTO TRADIZIONALE CIRCA LA CADUTA DELLA MONARCHIA .................................... 6
Le secessioni della plebe................................................................................................ 7
Il decemvirato e le leggi delle XII tavole ....................................................................... 7
Dalle leggi Valerie Orazie alle leggi Licinie Sestie ...................................................... 8
ORGANI E ISTITUZIONI DELL’ETÀ REPUBBLICANA ............................................................. 10
I consoli........................................................................................................................ 10
Le assemblee popolari ................................................................................................. 11
L’ITALIA E LE PRIME PROVINCE ......................................................................................... 11
L’EQUIPARAZIONE PLEBISCITI-LEGGI ................................................................................ 12
LA RIFORMA DEI COMIZI CENTURIATI................................................................................ 12
L’ESPANSIONE EXTRA-ITALICA ......................................................................................... 13
I GRACCHI ........................................................................................................................ 14
MARIO E SILLA ................................................................................................................. 15
POMPEO E CESARE ............................................................................................................ 17
LA GIURISPRUDENZA IN ETÀ REPUBBLICANA .................................................................... 19
LA FINE DELLA REPUBBLICA ............................................................................................. 20
Augusto e l’inizio del principato ......................................................................... 20
La natura del regime Augusteo e il problema della successione ................ 23
L’ETÀ IMPERIALE ......................................................................................................... 24
I GIULIO-CLAUDI .............................................................................................................. 24
Tiberio .......................................................................................................................... 24
Caligola ....................................................................................................................... 24
Claudio......................................................................................................................... 24
Nerone .......................................................................................................................... 25
I FLAVI.............................................................................................................................. 25
Galba ........................................................................................................................... 25
Otone, Vitellio e Vespasiano ........................................................................................ 25
Tito e Domiziano .......................................................................................................... 26
36
L’ETÀ AUREA: GLI ANTONINI ........................................................................................... 26
Nerva e Traiano ........................................................................................................... 26
Adriano......................................................................................................................... 27
Antonino Pio e Marco Aurelio ..................................................................................... 27
L’ordinamento giudiziario e i giuristi nel principato .................................................. 27
I SEVERI ............................................................................................................................ 28
Commodo, Pertinace e Didio Giuliano........................................................................ 28
Settimio Severo ............................................................................................................. 29
Caracalla ..................................................................................................................... 29
Macrino, Elagabalo e Alessandro Severo.................................................................... 29
ORGANI E ISTITUZIONI DEL PRINCIPATO ............................................................................ 30
LA DECADENZA: DIOCLEZIANO E COSTANTINO ................................................................ 30
Diocleziano .................................................................................................................. 31
Costantino .................................................................................................................... 31
LA DIVISIONE DELL’IMPERO E LA FINE DELL’IMPERO D’OCCIDENTE ................................. 32
LA COMPILAZIONE DI GIUSTINIANO .................................................................................. 33
Il Codex ........................................................................................................................ 33
Digesta seu pandectae ................................................................................................. 33
Le Istitutiones ............................................................................................................... 33
Il Novus Iustinianus codex repetitae praelectionis ...................................................... 33
Le Novellae .................................................................................................................. 34
LA FINE DELL’IMPERO ....................................................................................................... 34