BOOK IN PROGRESS II UNITA’
I primi imperatori romani
Ottaviano non era nato da una famiglia nobile, ma pur essendo figlio di un ricco plebeo (Gaio
Ottavio) ebbe una buona formazione culturale e poiché era pronipote di Cesare, all’età di 14 anni,
per intercessione dello stesso Cesare, divenne pontefice massimo e iniziò la sua formidabile carriera
sociale e politica. Cesare non aveva avuto figli (se non un unico figlio, Cesarione, nato dalla
relazione con Cleopatra) e prese il pronipote Ottaviano sotto la sua protezione. Lo nominò prefetto
urbano e poi lo volle con sé nella campagna di Spagna. Quando Cesare fu ucciso Ottaviano tornò a
Roma senza sapere che il prozio lo aveva nominato suo erede universale sia politicamente che
economicamente. Ottaviano, concentrando all’improvviso tutto i potere nelle proprie mani, si
comportò in maniera molto intelligente: si presentò al popolo ed al senato come un restauratore
della repubblica e come persona umile e rispettosa anche se, nel contempo, accettò la carica di
princeps, cioè il primo tra i senatori.
All’inizio del suo governo sembrava che volesse restituire davvero la reggenza dell’impero al
senato, ma poi furono gli stessi senatori a chiedergli di assumere da solo un imperium di tipo pro
consolare della durata di 10 anni. Così, Ottaviano, con il titolo di augustus fu venerato come
imperatore e come dio. Come si è già detto egli fece vivere alla potenza romana un lungo periodo di
pace, detto pax augustea e prima di morire fece in modo di assicurarsi un successore di suo
gradimento, che, come abbiamo già visto, individuò nella persona di Tiberio.
Questi era un esponente della nobile famiglia claudia e, rispettoso del comportamento di Ottaviano
Augusto, anch’egli si fece conferire i poteri dal senato e fu abbastanza liberale. Ridusse le tasse e
sostenne la piccola proprietà terriera. Quando scoprì che in senato si stavano per ordire delle
congiure a suo danno abbandonò il liberalismo e divenne più autoritario e crudele, dando vita ad un
periodo di sospetti e paure che durò fino alla sua morte, avvenuta nel 37 d.C.
(C’è da sottolineare che sotto il suo impero, in Palestina e sotto la responsabilità di Ponzio Pilato,
nacque, visse e morì Gesù di Nazareth, la cui predicazione diede vita al cristianesimo.
A Tiberio successe Caligola, pronipote di Augusto (che Tiberio aveva adottato) e noto come uno
degli imperatori più crudeli di Roma. Fu un tiranno dispotico e nevrotico, umiliò in tanti modi il
senato e fece giustiziare senza motivo un gran numero di suoi avversari politici. Fu ucciso a causa
di una congiura da parte dei pretoriani mentre tornava di sera al palazzo reale, attraversando dei
segreti cunicoli sotterranei che l’imperatore utilizzava per entrare ed uscire senza le guardie del
corpo.
(Di Caligola è noto l’episodio della nomina del proprio cavallo a senatore e, ciò, proprio in
disprezzo del senato romano).
Dopo di lui i pretoriani proclamarono imperatore Claudio, zio di Caligola che, però, non riuscì mai
ad ingraziarsi né il senato né i cavalieri. Claudio fece realizzare molte grandi opere pubbliche ed
ampliò i territori dell’impero conquistando numerose colonie in Oriente. Non fu fortunato nella
scelta delle mogli: la prima, Messalina, fu condannata a morte perché sospettata di aver ordito una
congiura ai danni dell’imperatore; la seconda, Agrippina, fu sospettata di aver avvelenato
l’imperatore che, infatti, era morto improvvisamente nel 54 d.C.
Il reato non fu mai provato.
1
Il figlio di Agrippina, Nerone, fu eletto imperatore a soli 17 anni. Questi non ha mai goduto del
favore degli storici: infatti la maggioranza degli storici antichi lo ha sempre descritto come un
imperatore crudele e mentalmente instabile, molto assetato di potere terreno e divino. A Nerone
sono stati attribuiti gravi misfatti, come le persecuzioni contro i cristiani e l’incendio di Roma,
anche se gli storici moderni hanno in parte rivalutato il personaggio mettendo in luce anche le
riforme positive attuate durante il suo regno. Infatti fu autore di una buona riforma monetaria a
favore dei ceti medio bassi e abolì le tasse (il dazio) sulle merci in entrata nei porti dell’impero.
Inoltre fece realizzare molte opere pubbliche importanti tra cui la splendida residenza imperiale
detta Domus Aurea. Dovette sopportare molti tentativi di congiure e diverse ribellioni da parte
dell’esercito e delle province. Quando nel 68 fu dichiarato nemico dello stato da parte del senato,
per non cadere nelle mani dei ribelli, si suicidò e con la sua morte iniziò un lungo periodo di guerre
civili.
Dopo la morte di Nerone l’impero entrò nel caos e nello spazio di un anno si alternarono sul trono
almeno quattro imperatori diversi: Galba, l’anziano senatore che aveva ordito la congiura al senato;
Otone, governatore della Lusitania che, però, dovette fronteggiare l’altro imperatore eletto dai
Germanici Vitellio. Intanto in Giudea (Palestina) le legioni romane proclamarono imperatore Tito
Flavio Vespasiano che, giunto in Italia alla guida delle sue legioni, sconfisse Vitellio (l’ultimo dei
quattro imperatori sopravvissuto) a Roma. Il senato, quindi, dovette riconoscerlo e proclamarlo
imperatore. Con Vespasiano ebbe inizio la dinastia dei flavi e l’imperatore impose al popolo ed al
senato romano la propria figura di cavaliere e non di nobile come era stato in precedenza.
Fece diverse leggi per trasformare il diritto dinastico all’imperio dotando la città di una magistratura
imperiale (un vero e proprio organo dello stato). Inaugurò un periodo di austerità e sobrietà,
soprattutto dopo gli sfarzi di Nerone, continuò la realizzazione di grandi opere pubbliche, come
l’anfiteatro flavio (il Colosseo) che, poi, fu concluso da suo figlio Tito e, con la sua costruzione,
eliminò definitivamente quel lago artificiale che Nerone aveva costruito intorno alla Domus Aurea.
Dal punto di vista delle guerre Vespasiano fu molto saggio: concesse la cittadinanza romana ai
cittadini liberi di Spagna, riportò diverse vittorie sui Germani e sui Galli. Morì nel 79 d.C. lasciando
la successione a suo figlio Tito.
Tito regnò solo per due anni e la sua politica moderata gli fece meritare l’appellativo di delizia del
genere umano. Sostenne la popolazione durante gravi calamità come un nuovo incendio di Roma e
la grave eruzione vulcanica che seppellì intere città del regno, tra le quali Pompei ed Ercolano.
Tito morì all’improvviso nel 81 e lasciò il regno nelle mani di suo fratello Domiziano. Questi tornò
alla politica violenta della dittatura e, abbandonata l’equità fiscale tanto voluta da suo padre, fece
confische ed espropriazioni a danno anche dei senatori e ciò gli procurò molti nemici. Fece anche
una nuova persecuzione nei confronti dei cristiani e nel 96 fu assassinato nel corso di una congiura.