cap_11 - Dipartimento di Fisica e Astronomia and

Capitolo 11
Metodi di approssimazione
dell’equazione di Schrödinger
L’equazione di Schrödinger può essere risolta esattamente solo per pochi semplici sistemi come l’oscillatore
armonico o l’atomo d’idrogeno e comunque non sempre è vantaggioso avere la soluzione esatta perchè
potrebbe oscurare l’interpretazione fisica dei risultati.
Ci occupiamo qui di alcuni metodi di approssimazione di frequente applicabilità. Teniamo presente tuttavia che, come sovente si suol dire, ogni problema fisico richiede uno specifico metodo di
approssimazione.
11.1
Metodo perturbativo nel caso non degenere
Supponiamo che la Hamiltoniana possa scriversi come la somma di due termini
H = H0 + V
(11.1)
dove H0 è l’Hamiltoniana di un sistema imperturbato di cui si conoscono autovalori ed autovettori
H0 |ψk0 >= Ek0 |ψk0 >
(11.2)
e V è un termine perturbativo che si assume essere piccolo. Consideriamo un autostato |ψk > di H con
autovalore Ek , che tende ad un determinato autostato |ψk0 > di H0 con autovalore Ek0 quando V − > 0.
Stiamo quindi assumendo che Ek0 è un autovalore non degenere. Sviluppiamo autostato di H ed autovalore
corrispondente in serie di potenze dell’interazione a partire dall’autostato imperturbato ed dall’autovalore
imperturbato corrispondente Ek0
|ψk > = |ψk0 > +|ψk1 > |ψk2 > + · · ·
Ek
=
Ek0
+
Ek1
+
Ek2
+···
(11.3)
(11.4)
Fissiamo la normalizzazione di |ψk > tale che < ψk0 |ψk >= 1. Assumendo < ψk0 |ψk0 >= 1, si ha
< ψk0 |ψk >=< ψk0 |ψk0 > + < ψk0 |ψk1 > + < ψk0 |ψk2 > + · ·· = 1
(11.5)
Essendo il primo termine al secondo membro uguale ad uno, tutti gli altri termini sono nulli
< ψk0 |ψk1 >=< ψk0 |ψk2 >= · · · = 0
57
(11.6)
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
58
Sviluppiamo ora l’equazione di Schrödinger in serie di potenze
(H0 + V)(|ψk0 > +|ψk1 > +|ψk2 > + · ··) = (Ek0 + Ek1 + Ek2 + · · ·)(|ψk0 > +|ψk1 > +|ψk2 > + · ··)
(11.7)
Uguagliando termini dello stesso ordine del primo e secondo membro, si ottiene una catena di equazioni.
All’ordine zero si ottiene nient’altro che l’equazione di Schrödinger per lo stato imperturbato; al primo
ordine si ottiene
H0 |ψk1 > +V|ψk0 >= Ek0 |ψk1 > +Ek1 |ψk0 >
(11.8)
Proiettando sullo stato |ψk0 > e applicando l’eq.(11.6) si ottiene
Ek1 =< ψk0 |V|ψk0 >
(11.9)
che rappresenta la correzione al primo ordine all’energia Ek ≈ Ek0 + Ek1 . La correzione all’autostato si
ottiene proiettando su tutti gli altri autostati di H0 (j ̸= k)
< ψj0 |ψk1 >= −
< ψj0 |V|ψk0 >
Ej0 − Ek0
(11.10)
Questa equazione ci da tutte le componenti di |ψk1 > nella base degli autostati di H0 con j ̸= k, la
componente k − ima essendo nulla (cfr. Eq.(11.6)). Approssimazioni successive alla prima si ottengono
sulla stessa falsariga.
11.2
Metodo perturbativo nel caso degenere
Nel caso in cui il livello imperturbato in considerazione sia degenere il limite per V → 0 non porta ad
0
un autostato definito perchè alla stessa energia corrispondono più stati. Chiamiamo |ψkα
> gli stati
0
appartenenti allo stesso autovalore Ek , con α indice di degenerazione. Riprendiamo l’eq.(11.8), che è
ancora valida, tenendo conto che lo stato |ψk0 > pur appartenendo al sottospazio degli stati di energia Ek0
non è un autostato definito. Tuttavia |ψk0 > si può scrivere come una sovrapposizione degli autostati del
sottospazio in considerazione, cioè
|ψk0 >=
∑
0
cα |ψkα
>
(11.11)
α
Proiettando l’eq.(11.8) in un generico autostato del sottospazio e si ottiene
0
0
0
0
< ψkβ
|H0 |ψk1 > + < ψkβ
|V|ψk0 >= Ek0 < ψkβ
|ψk1 > +Ek1 < ψkβ
|ψk0 >
(11.12)
Applicando l’equazione di Schroedinger imperturbata due termini si elidono. Applicando poi l’eq.(10.11)
a ψk0 , si ottiene
∑
α
0
0
cα < ψkβ
|V|ψkα
>= Ek1
∑
0
0
cα < ψkβ
|ψkα
>
(11.13)
α
Quest’ultima rappresenta in forma matriciale l’ equazione agli autovalori per l’operatore V, dove
gli autovalori sono le correzioni al primo ordine all’energia dello stato fondamentale e gli autovettori,
di componenti Cβ sono le componenti degli autostati corrispondenti. Essendo gli autovalori in genere
diversi, l’effetto del potenziale è di eliminare la degenerazione. Nel caso non degenere l’eq.(11.13) coincide
con l’eq.(11.9).
Illustriamo con un esempio il metodo perturbativo per uno stato non degenere come lo stato fondamentale (n=1) dell’atomo di idrogeno ed uno degenere come il primo stato eccitato (n=2). Consideriamo
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
59
E1 / 4 + |V01|
E1 / 4
E1 / 4
E1 / 4 - |V01|
E1
Figura 11.1: Effetto Stark
l’atomo d’idrogeno sottoposto ad un campo elettrico E costante e diretto lungo l’asse z. Questo campo
agisce sull’elettrone dell’atomo, generando un potenziale
V = −eEz = −eErcosθ,
(11.14)
(z è la componente lungo l’asse z della posizione dell’elettrone). Se l’elettrone si trova nello stato fondamentale (n = 1, l = 0, m = 0), si applica l’eq.(11.9) per uno stato non degenere. Questa perturbazione
non provoca nessuna correzione del primo ordine all’energia, in quanto si verifica facilmente che
∫
√
1
∗
Y10 Y00 = 0 ,
(11.15)
E0 =< 100|V |100 >= −eE < 100|rcosθ|100 >= 4π/3 dΩY00
poichè il potenziale ’trasporta’ un momento angolare l = 1, il cui valor medio nello stato di momento
angolare l = 0 non può che essere nullo.
Consideriamo ora gli effetti della perturbazione sul primo stato eccitato n = 2, che è degenere poichè
all’energia E20 corrispondono gli stati: (l = 0, m = 0), (l = 1, m = −1), (l = 1, m = 0), (l = 1, m = 1).
Quindi dobbiamo applicare la teoria perturbativa per uno stato degenere con degenerazione g=4. Ció
richiede di diagonalizzare il potenziale, d’accordo con l’equazione agli autovalori, eq.(11.13) per uno stato
degenere. Nel sottospazio dello stato n=2, il potenziale è una matrice 4x4 < l′ m′ |V |lm > (omettiamo
per semplicità di notazione il numero quantico principale n=2). Si trova facilmente


 0 v 0 0 




 v∗ 0 0 0 

V =


 0 0 0 0 




0 0 0 0
dove v è l’elemento di matrice del potenziale tra lo stato |00 > e lo stato |10 >. Sono nulli gli elementi di
matrice con m′ ̸= m perchè il potenziale ’trasporta’ una proiezione del momento angolare uguale a zero;
sono anche nulli gli elementi di matrice con l = l′ perchè il potenziale di parità dispari (l=1) non può
accoppiare stati della stessa parità. (−)l
Risolvendo l’equazione secolare, si trova l’autovalore doppio E21 = 0 e due autovalori distinti E21 =
√
± |v|2 . L’effetto del campo elettrico è dunque di eliminare la degenerazione del livello di energia E2 dello
spettro dell’atomo d’idrogeno, cioè un singolo livello si divide in tre livelli (effettoStark). L’autostato corrispondente all’autovalore nullo corrisponde allo stato imperturbato, mentre gli autostati corrispondenti
ai due livelli autovalori non nulli sono
1
|ψ1± >= √ (|00 > ±|10 >)
2
(11.16)
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
11.3
60
Effetto Zeeman
Studiamo ora l’effetto indotto su atomi semplici da un campo magnetico costante. L’interazione è dovuta
sia al moto orbitale dell’elettrone, che genera un momento magnetico proporzionale al momento angolare
⃗ che al moto ’intrinseco’, che genera un campo magnetico proporzionale allo spin S.
⃗ Una
orbitale L,
specificità del problema è il fatto che la Hamiltoniana imperturbata ha un termine di accoppiamento tra
i due momenti angolari, chiamato accoppiamento spin-orbita, che deriva dalla forma relativistica della
⃗ e S
⃗ non si
equazione di Schroedinger, detta equazione di Dirac. A causa di questo accoppiamento, L
conservano separatamente e quindi non possono classificare lo stato dell’elettrone. Piuttosto si conserva
⃗ ed il momento angolare totale J⃗ = L
⃗ + S.
⃗ Questo problema e’ rimandato al capitolo in cui si discute
S
come accoppiare due momenti angolari. Qui tratteremo il caso di un campo magnetico molto piu’ intenso
⃗ ed S
⃗ con buona approssimazione sono entrambi costanti del moto.
del termine spin-orbita per cui L
11.3.1
Hamiltoniana di interazione tra particella carica e campo elettromagnetico
Calcoliamo la Hamiltoniana d’interazione tra un elettrone ed il campo e.m. Trascuriamo per il momento
il potenziale atomico. Sappiamo che la Lagrangiana è data da
1
e⃗
e dxi
· ⃗v
= mv 2 − eϕ + A
L = L0 − Ai
c
dt
2
c
(11.17)
⃗ è il potenziale vettodove L0 è la Lagrangiana della particella libera, ϕ è il potenziale scalare ed A
re. Passando al limite non relativistico il primo termine è stato sostituito con l’energia cinetica 12 mv 2 .
Per determinare la Hamiltoniana dobbiamo esprimere la velocità in termini dell’impulso a partire dalla
definizione
∂L
e⃗
+ m⃗v
(11.18)
p⃗ =
= A
∂⃗v
c
e sostituire nella definizione di Hamiltoniana
H = ⃗v ·
∂L
−L
∂⃗v
(11.19)
Quindi al limite non relativistico si trova
H = eϕ +
1
e⃗ 2
(⃗
p − A)
2m
c
(11.20)
Per una opportuna trasformazione di gauge il potenziale scalare si annulla ed il potenziale vettore soddisfa
⃗ = 0. Assumendo che l’intensità del campo sia piccola (A2 ≪ A, come infatti accade
la condizione ∇ · A
per il campo e.m.) si può trascurare A2 . Nel contesto quantistico la Hamiltoniana è un operatore, per
cui p̃ e à in generale non commutano e quindi scriviamo
2
⃗ = 1 (⃗p − e A)
⃗ 2 ≈ p − e (⃗p · A
⃗ +A
⃗ · ⃗p)
H
2m
c
2m 2mc
(11.21)
⃗ = 0 segue
Tuttavia, dalla condizione ∇ · A
∫
∫
∫
~ ⃗
~ ⃗
⃗
⃗ · ⃗p|ψ >
⃗ ~ ∇ψ(⃗r)) = < ϕ|A
< ϕ|⃗p · A|ψ
>= d⃗rϕ∗ (⃗r) ∇·Aψ(⃗
r) =
d⃗rϕ∗ (⃗r)( ∇·A)ψ(⃗
r)+ d⃗rϕ∗ (⃗r)A·(
i
i
i
(11.22)
⃗ commutano e la Hamiltoniana si scrive
essendo che il primo dei due contributi si annulla. Quindi ⃗p e A
2
⃗ = p − e A
⃗ · ⃗p
H
2m mc
(11.23)
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
61
⃗ molto più intenso del termine spin-orbita.
Prendiamo in esame il caso di un campo magnetico B
Imponiamo che il campo magnetico sia costante, nel qual caso il potenziale vettore si scrive1
⃗ = 1B
⃗ × ⃗r
A
2
(11.24)
2
p2
e ⃗
p2
e ⃗ ⃗
⃗ = p − e B
⃗ ×⃗
H
⃗r · ⃗p =
−
B · ⃗r × ⃗p =
−
B·L
2m 2mc
2m 2mc
2m 2mc
(11.25)
Dalla Eq.(11.24) segue
e
⃗ il momento magnetico orbitale.
dove il fattore g = 2mc
è il fattore giromagnetico dell’elettrone e g L
e
Aggiungendo il contributo dello spin, di cui il fattore giromagnetico è g ′ = 2 2mc
, ed il momento magnetico
′ ⃗
g S, la Hamiltoniana dell’elettrone, completa del potenziale coulombiano, si scrive
H =
p2
e ⃗ ⃗
+ V (r) −
B · (L + 2⃗S)
2m
2mc
(11.26)
La perturbazione dovuta al campo magnetico modifica lo spettro energetico. Siccome gli stati elettronici
sono degeneri, almeno a causa dello spin, uno si aspetterebbe che il campo magnetico elimina la degenerazione, tuttavia se il termine spin orbita è piccolo, i livelli del sistema imperturbato sono del tipo
|n, lm, 12 Sz >, dove Sz è la proiezione dello spin lungo un asse arbitrario. In questo caso questi stati
son anche autostati della perturbazione per cui la diagonalizzazione del potenziale perturbante, che si
applica nella teoria perturbativa per livelli degeneri, e’ triviale. Per un campo costante lungo l’asse z
(B = Bz = B0 ), si ha
E1 = −
e~B0
eB0
1
1
< lm, Sz |Lz + 2Sz )|l′ m′ , Sz′ >= −
δll′ δmm′ δSz Sz′ (m + 2Sz )
2mc
2
2
2mc
(11.27)
dove Sz = ± 12 . L’effetto della perturbazione è una variazione dell’energia dipendente dalla proiezioni di
momento angolare orbitale e spin, ma senza splitting dei livelli di diverso momento angolare.
Questo fenomeno si chiama limite Paschen-Back dell’effetto Zeeman. Quest’ultimo sara’ trattato
dopo che avremo imparato come si accoppiano i momenti angolari.
11.4
Metodo variazionale
La validità del metodo perturbativo risiede nel fatto che l’intensità del potenziale perturbante sia sufficientemente piccola. Se ciò accade la procedura di calcolo è ben determinata. Al contrario il metodo
variazionale, che andiamo a descrivere, non richiede che il potenziale perturbante sia piccolo, ma la procedura, come vedremo, cambia a seconda del sistema fisico in considerazione. Ciò nonostante è da preferire
perchè si tratta di un approccio basato sulla intuizione fisica ed è applicabile a qualsiasi potenziale.
Dato un sistema quantico di Hamiltoniana H. Dimostriamo che la risoluzione dell’equazione di
Schrödinger per la ricerca degli autostati di H equivale alla ricerca dei punti di stazionarietà del valor medio < ψ|H|ψ > / < ψ|ψ > rispetto alle variazioni dello stato |ψ > nello spazio di Hilbert. Questo
principio va sotto il nome di principio di Ritz:
δE = δ
< ψ|H|ψ >
=0
< ψ|ψ >
(11.28)
Portiamo al primo membro il fattore di normalizzazione e quindi effettuiamo la variazione
δE < ψ|ψ > +E < δψ|ψ > +E < ψ|δψ >=< δψ|H|ψ > + < ψ|H|δψ >
1 si
⃗ = rotA
⃗
può verificare ricordando che B
(11.29)
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
62
Figura 11.2:
Imponendo δE=0, otteniamo
E < δψ|ψ > +E < ψ|δψ >=< δψ|H|ψ > + < ψ|H|δψ >
(11.30)
Giacchè la variazione è arbitraria, possiamo sostituire |δψ > con i|δψ > nella precedente equazione, che,
dopo aver eliminato l’unità immaginaria, diventa
(− < δψ|ψ > + < ψ|δψ >)E = − < δψ|H|ψ > + < ψ|H|δψ >
(11.31)
Sottraendo membro a membro otteniamo
< δψ|ψ > E =< δψ|H|ψ >
(11.32)
ed essendo la variazione < δψ| arbitraria arriviamo alla equazione di Schrödinger
|ψ > E = H|ψ >
(11.33)
Abbiamo cosı̀ dimostrato che il principio di Ritz è equivalente all’equazione di Schrödinger. Il principio
di Ritz è la controparte quantistica del principio di minima azione classica. La traiettoria classica è
quella che minimizza l’azione, gli autostati della Hamiltoniana sono quelli che minimizzano il valor medio
dell’energia. Questi minimi sono minimi locali ed il minimo dei minimi è lo stato fondamentale del
sistema. Dimostriamo che l’energia dello stato fondamentale è minore od uguale al valor medio di H
rispetto ad uno stato qualunque nello spazio di Hilbert degli stati del sistema in considerazione. Si ha
∑
Ek | < ψk |ψ > |2
< ψ|H|ψ >
= k
(11.34)
E =
< ψ|ψ >
< ψ|ψ >
∑
| < ψk |ψ > |2
=
(Ek − E0 )
+ E0 ≥ E0
(11.35)
< ψ|ψ >
k
avendo introdotto una rappresentazione dell’identitá in termini degli autostati|ψk >. Da questa proprietà segue che qualunque stima approssimata all’energia dello stato fondamentale basata sul metodo
variazionale sará sempre una stima per eccesso dell’energia vera.
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
63
Vediamo come il principio di Ritz si possa adoperare per costruire approssimazioni all’energia dello
stato fondamentale. L’idea è di cercare il minimo non in tutto lo spazio di Hilbert, ma in un sottospazio
opportunamente scelto. L’energia risultante sarà tanto più accurata quanto più ’vicino’ è lo stato fondamentale vero del sistema al sottospazio di prova. Potrebbe anche succedere che quest’ultimo appartenga
al sottospazio; in tal caso la variazione nel sottospazio porta allo stato fondamentale vero. In genere non
è cosı̀. Come scegliere il sottospazio di prova è il problema centrale del metodo variazionale e dipende
dal sistema in considerazione. Per esempio, se la Hamiltoniana del sistema gode di una certa simmetria,
conviene scegliere un sottospazio i cui stati godono della stessa simmetria. Molto dipende dall’intuizione
fisica dei meccanismi che controllano la perturbazione. In ogni caso il metodo è applicabile a prescindere
dall’entità della perturbazione o dal fatto di dividere la Hamiltoniana in un termine imperturbato ed un
termine di perturbazione.
11.5
Energia di legame dell’atomo di elio: due metodi di approssimazione a confronto
Come illustrazione dei metodi di approssimazione consideriamo il calcolo dell’energia di legame dell’atomo
di elio, che affronteremo sia col metodo perturbativo che con quello variazionale. L’atomo di elio ha un
nucleo contenente due protoni ed una nube elettronica contenente due elettroni. La sua Hamiltoniana si
scrive:
e2
H = H01 + H02 +
(11.36)
|⃗r1 − r2 |
dove H01 e H02 sono le Hamiltoniane dei due elettroni nel campo coulombiano attrattivo del nucleo,
l’ultimo termine è il potenziale coulombiano repulsivo tra i due elettroni.
metodo perturbativo
Se l’interazione tra i due elettroni si potesse trascurare, lo stato fondamentale di ciascuno di essi
sarebbe lo stesso di quello dell’atomo d’idrogeno con la differenza che ora il nucleo agisce con una carica
2e; quindi
1
ψ00 (⃗r1 , ⃗r2 ) = 3 e−(r1 +r2 )/r
(11.37)
πr
dove il raggio r sostituisce il raggio di Bohr, e precisamente ne è la metà, poichè la carica nucleare dell’He
è due volte quella dell’H, quindi
~2
r0
r=
=
(11.38)
2m(2e)(e)
2
Allora l’energia imperturbata, cioè senza l’interazione tra i due elettroni, per effetto del raddoppio della
carica nucleare e del dimezzamento del raggio risulta essere quattro volte l’energia di legame dell’atomo
di idrogeno per ogni elettrone, quindi
E00 = −2
(2e)(e)
(2e)(e)
= −2
= 8EH
r
r0 /2
(11.39)
L’effetto della repulsione tra i due elettroni si può calcolare perturbativamente, applicando l’eq.(11.9)
∫
∫
e2
π e−2(r1 +r2 )/r
1
0
0
3
E0 =< ψ0 |
|ψ0 >= d ⃗r1 d3⃗r2 ( 3 )2
(11.40)
|r̃1 − r̃2 |
r
|⃗r1 − ⃗r2 |
Con il cambiamento di variabili ⃗r1,2 = ⃗s1,2 r, l’integrale si rende adimensionato e possiamo raccogliere le
quantitá fisiche in un fattore proporzionale ad EH
∫
∫
1
5
1
3
E0 = 2EH 2
d ⃗s1 d3⃗s2 e−2(s1 +s2 ) = −2 EH
(11.41)
π
4
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
64
Con EH = −13.5eV l’energia dello stato fondamentale dell’atomo di elio al primo ordine perturbativo è
E0 ≈ E00 + E01 = (−108 + 34)eV = −74eV , che va confrontato col valore sperimentale −78.6eV . Non
ostante il valore teorico sia una buona approssimazione di quello sperimentale, il termine al prim’ordine
(34eV ) non é piccolo rispetto al valore imperturbato e quindi, a rigore, dovremmo procedere al calcolo
del secondo termine di approssimazione E02 .
metodo variazionale
Il calcolo precedente si puó affrontare anche col metodo variazionale. Il problema principale è fissare
il sottospazio dove effettuare la ricerca del minimo del valor medio della Hamiltoniana H del sistema.
Come abbiamo visto in precedenza la correzione all’energia calcolata con la funzione d’onda imperturbata
è soddisfacente, quindi quest’ultima è una buona approssimazione alla funzione d’onda vera. Ora, l’effetto
della repulsione coulombiama è quello di indebolire l’attrazione tra ciascun elettrone ed il nucleo, come
se ciascun elettrone interagisse con il sistema composto dal nucleo e dall’altro elettrone avente una carica
totale ’efficace’ λe inferiore a 2e. Al variare del parametro λ, la funzione d’onda
ψ00 (λ) =
π −(r1 +r2 )/r
e
r3
(11.42)
con r = r0 /λ copre un sottospazio dello spazio di Hilbert, dove andiamo a cercare il valore di λ che
minimizza il valor medio dell’Hamiltoniana completa
δ
δE(λ)
=
< ψ00 (λ)|H|ψ00 (λ) >= 0
δλ
δλ
(11.43)
L’energia cinetica di ciascun elettrone nello stato ψ00 (λ) si ottiene dall’energia cinetica dell’atomo d’idroe2
geno K = EH − V = 2r
sostituendo alla carica del nucleo e la carica λe ed al raggio dell’elettrone r0 il
0
raggio r0 /λ. Pertanto in termini di λ si ha
K1 + K2 = −2λ2 EH
(11.44)
L’energia potenziale di ciascun elettrone nelo stato ψ00 (λ) si ottiene da quella dell’atomo di idrogeno
V = −e2 /2r sostituendo alla carica del nucleo e la carica doppia 2e (attenzione: non λe poiché la
funzione d’onda non l’Hamiltoniana dipende da λ !). Quindi
V1 + V2 = 8λEH
(11.45)
Infine il valor medio in ψ00 (λ) si ottiene dall’Eq.(11.29) semplicemente sostituendo r con λr (e2 non viene
coinvolto perchè si riferisce alla repulsione tra i due elettroni). Mettendo assieme tutti i termini, si ottiene
5
E(λ) = −2λ2 EH + 8λEH − λEH
4
(11.46)
Il minimo si ha per λ0 = 2(1 − 5/32). La correzione di carica è 5/32 e quindi l’energia dello stato
fondamentale
5
E(λ0 ) = −2λ20 EH + 8λ0 EH − λ0 EH = −76.6eV
(11.47)
4
La deviazione dal valore sperimentale è 2eV contro i 4.6eV del metodo perturbativo. Quindi il metodo
variazionale, non ostante la estrema semplicità del sottospazio di prova si rivela superiore al metodo
perturbativo, almeno in questo caso. Concludiamo osservando che, identificando il valore sperimentale
con il valore esatto relativo all’Hamiltoniana H, il valore variazionale −76.6 costituisce comunque un
limite superiore al valore esatto di −78.6.
CAPITOLO 11. METODI DI APPROSSIMAZIONE DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
11.6
65
Problemi
Calcolare una stima superiore all’energia dello stato fondamentale di una particella in una buca unidimensionale infinita: V = 0 per |x| < a e V = ∞ per |x| > a, usando come funzione d’onda di
prova:
ψ(x) = a2λ − x2λ
(11.48)
con λ parametro variazionale. Confrontare con il valore esatto.