“FORMAZIONE E CONCLUSIONE DEL CONTRATTO PROF .SSA

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“FORMAZIONE E CONCLUSIONE DEL
CONTRATTO”
PROF.SSA FRANCESCA MITE
Università Telematica Pegaso
Formazione e conclusione del contratto
Indice
1
PREMESSA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
PROPOSTA E ACCETTAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------------ 5
3
LA PRESUNZIONE DI CONOSCENZA --------------------------------------------------------------------------------- 7
4
REVOCABILITÀ DELLA PROPOSTA E DELL’ACCETTAZIONE--------------------------------------------- 10
5
IL CONTRATTO UNILATERALE --------------------------------------------------------------------------------------- 14
6
LE TRATTATIVE E LA RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE ------------------------------------------ 17
7
I VINCOLI PRELIMINARI ALLA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO: IL CONTRATTO
PRELIMINARE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19
7.1
OPZIONE E PRELAZIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------22
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Premessa
Premesso che per poter stipulare un contratto occorre che le parti abbiano la capacità di agire
nel momento in cui viene espressa la volontà di concluderlo, prima di passare in rassegna le fasi
della formazione del contratto, occorre ricordare che ai sensi dell’art. 1321 c.c. il contratto è
l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale;
laddove quando si discorre di parti del contratto ci si riferisce agli autori del regolamento negoziale
ed anche a destinatari delle conseguenze che ne derivano 1. La parte può anche essere
plurisoggettiva, formata, cioè, da più soggetti, posto che per parte si intende un centro di interessi.
Ciò detto, l’art. 1321 c.c. sul piano oggettivo pone in risalto l’accordo delle parti, per tale
intendendosi il cd. in idem placitum, vale a dire l’incontro delle volontà dei contraenti su un assetto
disciplinare che realizza i loro interessi pur se contrapposti.
L’accordo può essere simultaneo, ovvero formarsi per fasi successive, nel qual caso vanno
tenute distinte la proposta dall’accettazione e dalla conclusione del contratto.
L’articolo 1326 c.c.2 disciplina la conclusione del contratto e statuisce che questo è concluso
nel momento in cui chi ha fatto una proposta è a conoscenza dell’accettazione dall’altra parte.
Il programma contrattuale, quindi, è inizialmente fissato in una proposta che una parte, detta
proponente, fa pervenire ad un’altra, detta oblato. Quest’ultimo, a sua volta, può accettare, rifiutare
o trattare: se accetta il contratto si conclude, se rifiuta la conclusione è impedita, se tratta può
controproporre, facendo pervenire al proponente una nuova proposta difforme in tutto o in parte
1
Destinatari in via diretta, immediata ed almeno di regola esclusiva, potendo il contratto produrre effetti per i terzi solo
nei casi previsti dalla legge secondo quanto dispone l’art. 1372 c.c.
2
c.c. art. 1326. Conclusione del contratto. Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell'accettazione dell'altra parte. L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in
quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi. Il proponente può ritenere efficace
l'accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all'altra parte. Qualora il proponente richieda per
l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha effetto se è data in forma diversa. Un'accettazione non
conforme alla proposta equivale a nuova proposta.
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dalla prima, nel qual caso le posizioni si invertiranno perché l’oblato diventa proponente e il
proponente diventa oblato.
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2 Proposta e accettazione
Vengono quindi in evidenza, innanzitutto, la proposta (del proponente) e l’ accettazione
(dell’oblato), di regola manifestate attraverso dichiarazione, scritta o orale; ed invero, solo
eccezionalmente la volontà può essere manifestata mediante comportamento esecutivo.
La proposta (quale dichiarazione di volontà di chi assume l’iniziativa) e l’ accettazione
dell’oblato, (quale dichiarazione di volontà del destinatario della proposta, diretta al proponente e
contenente l’accoglimento della proposta stessa), sono atti (in senso stretto) cd. prenegoziali, di
natura unilaterale, aventi il primo il requisito della cd. completezza, l’altro della cd. conformità (alla
proposta). Questi atti si fondono dando vita al contratto. Ciascuno di essi, pertanto, di per sé non
produce alcun effetto.
Quanto alla completezza della proposta, questa deve contenere tutti gli elementi essenziali
del contratto che si intende concludere; naturalmente la proposta dovrà rivestire la forma che la
legge pretende per il contratto che si intende concludere.
Quanto alla conformità dell’accettazione, questa deve essere, appunto, conforme alla
proposta, altrimenti varrà come nuova proposta; la conformità si misura su un piano sostanziale e
non già meramente formale3. E così, ad esempio, non sussiste conformità quando si accetta con
riferimento ad una sola parte della proposta. L’accettazione, inoltre, deve essere definitiva e deve
giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la
natura dell’affare o secondo gli usi, perché non è lecito vincolarsi a tempo indeterminato.
3
Cass. civ. Sez. II, 04/05/1994, n. 4274 , in Foro it., 1995, secondo cui «L'accordo destinato a modificare un contratto
precedentemente concluso dalle parti si considera perfezionato solo quando risultino intervenuti l'incontro e la fusione
di una proposta e di una accettazione perfettamente coincidenti nel contenuto, con riguardo tanto alle clausole essenziali
quanto a quelle accessorie».
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In entrambi i casi si tratta di dichiarazioni recettizie, in quanto non possono produrre effetti
se non dal momento in cui siano pervenute a conoscenza dell’altra parte.
La proposta può poi essere rivolta anche a destinatario indeterminato (cd. in incertam
personam ), come nel caso dell’ offerta al pubblico (esposizione delle merci in un supermercato o
nella vetrina di un negozio), che si differenzia dalla figura similare della promessa al pubblico per
essere quest’ultima non atto prenegoziale, in quanto tale improduttivo di effetti, ma negozio
unilaterale perfetto con effetti vincolanti immediati. Nel caso di offerta, il vincolo consegue solo ad
un successivo atto di accettazione, nel caso di promessa, trattandosi di un negozio unilaterale,
l’obbligazione nasce a prescindere: ricordiamo, infatti, che ai sensi dell’art. 1989 c.c. dedicato
proprio alla promessa al pubblico «colui che, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a
favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione, è vincolato
dalla promessa non appena questa è resa pubblica».
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3 La presunzione di conoscenza
Tornando alla individuazione del momento di conclusione del contratto, la dottrina ha
evidenziato come il problema non si ponga quando il contratto sia concluso fra presenti, mentre
assume importanza pratica la distinzione tra proposta e accettazione quando il contratto sia concluso
tra persone lontane.
Statuendo che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell'accettazione dell'altra parte, il primo comma dell’articolo 1326 c.c. sembra voler
risolvere il problema attraverso il recepimento del principio della conoscenza, che riflette la
necessità che colui che ha fatto la proposta abbia effettiva consapevolezza dell’accettazione
dell’altra parte.
A ben vedere, tuttavia, poiché la proposta e l’accettazione sono atti unilaterali recettizi, sono
soggetti anche alla disciplina degli artt. 1334, quanto all’efficacia degli atti unilaterali, e 1335 c.c.,
quanto alla presunzione di conoscenza.
Più precisamente, statuendo che gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui
pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati, l’art. 1334 c.c., conferma il
principio della conoscenza, mentre statuendo che la proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni
altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui
giungono all'indirizzo (eventualmente anche elettronico) del destinatario, se questi non prova di
essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia, l’art. 1335 c.c. in qualche modo lo
supera affermando il principio della conoscibilità.
Il principio della conoscibilità, quindi, -secondo cui la dichiarazione è efficace ogniqualvolta
entri in termini oggettivi nella sfera di conoscibilità del destinatario, ogni volta, cioè, in cui egli è
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posto in condizioni di conoscerla- viene introdotto proprio per evitare facili abusi del proponente, il
quale potrebbe eccepire di non avere avuto conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, così
impedendo la conclusione del contratto.
La presunzione di conoscenza introdotta dal predetto art. 1335 c.c. e valida per tutte le
dichiarazioni recettizie (non solo quindi per proposta, accettazione e loro revoca) è relativa ( cd.
juris tantum ), in quanto ammette prova contraria. L'art. 1335 c.c., infatti, consente di superare la
presunzione di conoscenza del destinatario dell'atto, ove quest'ultimo provi di essersi trovato senza
sua colpa nell'impossibilità di averne notizia.
Al riguardo è stato precisato in giurisprudenza che «Il principio stabilito dalla norma dell'art.
1335 c. c., secondo cui ogni dichiarazione diretta a una determinata persona si reputa conosciuta nel
momento in cui perviene all'indirizzo di questa, opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo della
dichiarazione in detto luogo, indipendentemente dal mezzo di trasmissione adoperato e
dall'osservanza delle disposizioni del codice postale per le lettere raccomandate, con la conseguenza
che incombe al destinatario l'onere di superare la presunzione di conoscenza provando di essersi
trovato, senza propria colpa, nell'impossibilità di avere conoscenza della dichiarazione medesima, e
cioè fornendo la dimostrazione di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà quale la
forzata lontananza in luogo non conosciuto o non raggiungibile, che non è configurabile nell'ipotesi
in cui non rimanga interrotto in modo assoluto il collegamento (anche telefonico od epistolare) del
soggetto con il detto luogo di destinazione di quella dichiarazione»4.
Essendo consentita tale possibilità, il problema applicativo che la giurisprudenza ha dovuto
affrontare è stato proprio quello di stabilire quali siano i fatti idonei ad impedire la presunzione di
conoscenza.
4
Cass. civ., 28/01/1985, n. 450, in Mass. Giur. It., 1985.
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Cosa quindi vale a superare la presunzione di conoscenza? E’, ad esempio, sufficiente
dimostrare un ricovero ospedaliero, o un viaggio per vacanze o una improvvisa acusìa ove si tratti
di accettazioni telefoniche ?
Le opinioni sono diverse, sia in dottrina che in giurisprudenza, ma un fatto è certo: occorre
individuare il giusto contemperamento tra soggettività e oggettività della valutazione circa la
effettiva impossibilità di conoscere la dichiarazione5.
In certi casi può esservi anche conclusione del contratto senza accettazione espressa,
allorquando il destinatario della proposta dà immediata esecuzione al contratto senza spedire alcuna
accettazione. In questi casi, il contratto è concluso nel momento in cui il destinatario della proposta
dà inizio all’esecuzione.
5
In ordine alle dichiarazioni spedite in plico chiuso, si veda Cass. civ., 09/09/1978, n. 4083, in Mass. Giur. It., 1978,
secondo cui «La presunzione di conoscenza della dichiarazione unilaterale recettizia, che sia giunta all'indirizzo del
destinatario, salvo che questi provi di essere stato senza colpa nell'impossibilità di averne notizia ( art. 1335 c.c.),
comporta, con riguardo al caso di dichiarazione spedita in plico chiuso, che spetta al destinatario medesimo di fornire la
dimostrazione dell'assunto secondo cui tale plico gli sia stato consegnato vuoto».
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4 Revocabilità della proposta e dell’accettazione
Principio generale vuole che proposta e accettazione siano revocabili in quanto atti
prenegoziali e in quanto tali inidonei a produrre un qualsiasi effetto vincolante.
Discorso diverso è se nella fase delle trattative contrattuali vi siano obblighi di correttezza,
la cui violazione possa quindi originare una qualche responsabilità. Quesito al quale va fornita
risposta affermativa, in quanto al riguardo il codice prevede la responsabilità precontrattuale, ma
trattandosi di una fase preliminare alla nascita del contratto vero e proprio, la dottrina ritiene che
tale responsabilità abbia natura propriamente extracontrattuale.
Va quindi confermata la natura non negoziale della proposta e dell’accettazione, ma il
principio della normale revocabilità trova una disciplina differenziata a seconda che venga in rilievo
l’uno o l’altro dei predetti atti, ed inoltre sopporta talune eccezioni.
Tanto la proposta, quanto l’accettazione possono essere revocate fino al momento in cui il
contratto non è concluso, fino a quando, cioè, al proponente non è pervenuta l’accettazione. Ed
invero, è stato sul punto recentemente affermato in giurisprudenza che «In tema di contratti di
compravendita immobiliare, la revoca della proposta di contratto, quale atto unilaterale recettizio,
non produce effetti quando sia pervenuta all'accettante dopo la conclusione del contratto, ossia dopo
l'arrivo all'indirizzo del proponente dell'accettazione della controparte»6.
Una revoca parziale dell’accettazione non è concepibile e vale come controproposta. La
revoca è atto non formale, nemmeno per relationem, non dovendo essere osservata la forma che ha
rivestito rispettivamente la proposta e l’accettazione.
L’art. 1328 c.c. reca una diversa disciplina per la proposta e l’accettazione: mentre la revoca
dell’accettazione deve giungere a conoscenza del proponente prima che l’accettazione pervenga a
6
Cass. civ., 31/03/2011, n. 7420, in Pluris Cedam, 2011.
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conoscenza del proponente (prima della conclusione del contratto), la proposta può essere revocata
finché il contratto non sia concluso.
Ne consegue che la revoca della proposta non deve giungere a conoscenza dell’accettante
prima della conclusione del contratto- cioè prima che l’accettazione pervenga a conoscenza del
proponente- ma deve essere solo spedita all'indirizzo dell'accettante prima di tale momento (prima
che l'accettazione sia giunta a conoscenza del proponente)7: Si tratta quindi di un atto indirizzato e
non recettizio. Per quanto riguarda, quindi, la revoca della proposta vale la regola della spedizione.
Ma la proposta è sempre revocabile? Per quanto attiene poi alle eccezioni che il principio di
revocabilità sopporta, vengono in considerazione innanzitutto i casi di proposta ferma (o
irrevocabile) e di patto di opzione.
La proposta può essere dichiarata ferma e irrevocabile per un dato tempo, nel qual caso
il proponente si obbliga a non revocare o cambiare tale proposta fino al termine fissato (art. 1329
comma 1); una eventuale revoca sarebbe in questo caso priva di effetti. L’utilità della proposta
irrevocabile è rappresentata dal fatto che il destinatario fruisce di un periodo di tempo entro il quale
decidere se stipulare o meno il contratto, nella certezza che il proponente non cambierà i termini
della proposta, ed inoltre, essa ha lo scopo di accordare al destinatario per l'accettazione della
proposta uno spatium deliberandi maggiore di quello ordinariamente necessario secondo la natura
dell'affare o secondo gli usi8.
Il termine entro il quale il proponente si obbliga a mantenere ferma la proposta, ai sensi
dell'art. 1329, primo comma, cod. civ., costituisce elemento essenziale della proposta irrevocabile
sicché, deve essere fissato dallo stesso proponente. In mancanza di tale determinazione la proposta
7
Cass. civ., 09/07/1981, n. 4489, in Foro It., 1982, I, secondo cui «Nella formazione del contratto tra persone lontane la
revoca della proposta comunicata per lettera impedisce la conclusione del contratto quando la lettera sia stata spedita
all'indirizzo dell'accettante prima che al proponente giungesse notizia dell'accettazione».
8
Trib. Salerno Sez. II, 10/01/2011, in Pluris Cedam, 2011.
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va considerata pura e semplice, ed è revocabile, a norma dell'art. 1328, primo comma, cod. civ.,
finché il contratto non sia concluso9.
Il proponente può anche stipulare con la persona a cui è diretta la proposta un patto, detto
patto d’opzione (disciplinato dall’art. 1331 c.c.) con il quale si obbliga a tener ferma la proposta
per un certo periodo di tempo; più precisamente, quando le parti convengono che una di esse (cd.
concedente) rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra (cd. opzionario) abbia facoltà di
accettarla o meno (più precisamente si tratta di un diritto potestativo), la dichiarazione della prima si
considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329 c.c.; con la
precisazione che se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal
giudice.
Il patto di opzione, quindi, produce a carico di chi si obbliga gli stessi effetti della proposta
irrevocabile, ma con la differenza fondamentale che l’irrevocabilità è un atto unilaterale, mentre
l’opzione deriva da un accordo tra le parti, quindi ha natura di contratto (art. 1331 c.c.). Ed ancora,
l’opzione può essere gratuita e onerosa, con pagamento, in questo caso, da parte dell’opzionario al
concedente di una somma, cd. premio, quale corrispettivo per la concessione del diritto e
conseguente soggezione; laddove la proposta irrevocabile, stante la sua unilateralità, è gratuita10.
La causa del patto d'opzione consiste nel rendere ferma per il tempo pattuito la proposta
relativamente alla conclusione di un ulteriore contratto, con correlativa attribuzione all'altra del
diritto di decidere circa la conclusione di quel contratto entro quel medesimo tempo. L'opzione si
inserisce, quindi, in una fattispecie a formazione progressiva della volontà contrattuale; questa
volontà contrattuale, infatti, inizialmente è costituita da un accordo avente ad oggetto la
irrevocabilità della proposta del promettente, ed, in seguito, è costituita dalla eventuale accettazione
del promissario, che - saldandosi immediatamente con la proposta irrevocabile precedente 9
Cass. civ. Sez. II, 02/10/2014, n. 20853, in CED Cassazione, 2014.
Trib. Milano, 03/10/2013, in Notariato, 2014.
10
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perfeziona il negozio giuridico di trasferimento; per il disposto dell'art. 1331 c.c., che non prevede il
pagamento di alcun corrispettivo, l'opzione può essere offerta a titolo oneroso o gratuito11.
In entrambi i casi vale il principio che la irrevocabilità della proposta vale solo per un
periodo limitato di tempo.
Vi è poi un caso molto importante in cui la irrevocabilità della proposta è prevista non già
dalla volontà delle parti ma dalla legge : è l’ipotesi del cd. contratto unilaterale di cui all’articolo
1333 c.c., ovvero contratto con obbligazioni a carico del solo proponente.
11
Trib. Milano, 03/10/2013, in Notariato, 2014.
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5 Il contratto unilaterale
Il contratto unilaterale è disciplinato dall’art. 1333 c.c. ai sensi del quale «La proposta diretta
a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena
giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata». La configurabilità della fattispecie postula
che al destinatario della proposta derivino solo vantaggi dal contratto medesimo, nel senso che tutti
gli effetti rivenienti dal contratto debbono essere ad esclusivo carico del proponente.
Molto si discute su tale figura giuridica ed in particolare se essa abbia veramente natura
contrattuale, come sembra desumersi dalla stessa rubrica dell’articolo citato 1333 c.c., ovvero
natura di negozio unilaterale.
Il problema deriva da quanto statuito dal secondo comma del 1333 c.c., per quanto attiene
alle modalità di conclusione di tale contratto, prevedendosi che «Il destinatario può rifiutare la
proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il
contratto è concluso».
E’ facile evidenziare l’assimilabilità di tale disciplina a quella della remissione del debito,
figura della quale pure si discute circa la natura unilaterale o bilaterale.
I sostenitori della tesi unilaterale12 del contratto ex art. 1333 c.c. fanno leva sul principio
della normale produttività di effetti da parte di un atto unilaterale sulla sfera giuridica altrui quando
tali effetti siano favorevoli o comunque non sfavorevoli, come nel caso di specie, in cui le
obbligazioni sono dalla parte del solo proponente.
In questa prospettiva, quindi, non sarebbe necessario che l’accettante esprimesse un vero e
proprio consenso.
12
L.BARASSI, La teoria generale, II, p. 122 ss.; A.PINO, Il contratto con prestazioni corrispettive, p. 63 ss..
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Tuttavia l’opinione dominante13 è di avviso esattamente contrario, ritenendo che venga in
rilievo un comportamento concludente, ossia un comportamento sì meramente passivo, ma al quale
l’ordinamento riconnette un particolare significato, che è quello di valere come accettazione (tacita)
di una proposta contrattuale. In questa prospettiva, quindi, il mancato rifiuto equivale ad
accettazione.
Molto diffusa è la pratica di far precedere il contratto dalla divulgazione di materiale
pubblicitario.
Quale significato è da attribuire a tale condotta : vale come proposta contrattuale?
La risposta è senz’altro negativa, in quanto si tratta di un invito ad offrire, con la
conseguenza che chi risponde ad esso formula una proposta, che assume gli specifici connotati
dell’ordine.
La particolarità di tali trattative è che la ditta che riceve l’ordine (ad es. di spedire una
enciclopedia) provvede direttamente alla esecuzione del contratto, senza farla precedere da una
formale accettazione.
Quanto detto sgombra il campo innanzitutto da ogni dubbio circa la reale vincolatività di
facili affermazioni contenute in certo materiale pubblicitario, che vogliono attribuire alla mancata
risposta entro un certo termine il significato di tacita accettazione.
In realtà, ove vi sia l’ordine di invio della merce, questo varrà come proposta e inoltre il
silenzio non assume alcun significato volontaristico in sede di trattative, tranne che nei casi previsti
dalla legge ovvero ad esso si accompagni un contegno dal quale possa desumersi in maniera
univoca la volontà di concludere il contratto.
13
N.DISTASO, I contratti in generale, I, p. 389 ss.
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In materia di contratto concluso a seguito della spedizione di materiale pubblicitario viene
soprattutto in evidenza l’art. 1327 c.c.14, che attribuisce all’accettante il diritto di concludere il
contratto senza una preventiva risposta, quando vi sia una richiesta in tal senso del proponente o
comunque se nello stesso senso depongono la natura dell’affare o gli usi.
In tal caso comunque l’accettante deve dare prontamente avviso all’altra parte della iniziata
esecuzione, pena il risarcimento del danno.
14
c.c. art. 1327. Esecuzione prima della risposta dell'accettante. Qualora, su richiesta del proponente o per la natura
dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel
tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione. L'accettante deve dare prontamente avviso [c.c. 1326] all'altra
parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno.
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6 Le trattative e la responsabilità precontrattuale
Si è già detto che la responsabilità precontrattuale è quella che grava su chi abbia arrecato un
danno all’altra parte per un suo comportamento scorretto già nella fase delle trattative; è configurata
come responsabilità extracontrattuale, quindi ricollegabile alla ampia formulazione dell’art. 2043
c.c. quale responsabilità da fatto illecito.
Tuttavia non manca chi ritiene tale responsabilità sia di natura contrattuale o addirittura di
natura autonoma, così atteggiandosi a tertium genius di responsabilità15.
La responsabilità precontrattuale può configurarsi solo nei casi previsti dalla legge e in
particolare quelli di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c.
L’art. 1337 c.c. disciplina la fase delle trattative, stabilendo che, durante tutta la fase
preparatoria del contratto e, quindi nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto, le parti devono comportarsi correttamente e secondo buona fede. Con la precisazione che
questo dovere deve essere rispettato, oltre che nella fase delle trattative e nella formazione, anche
nell’esecuzione del contratto.
Costituisce, ad esempio, violazione della buona fede iniziare a trattare senza avere
intenzione di concludere il contratto, ovvero recedere ingiustificatamente dal contratto dopo aver
creato nella controparte un legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contratto.
L’art. 1338 c.c. disciplina invece un caso tipico di violazione della buona fede, ed in
particolare, la eventuale conoscenza delle cause di invalidità: la parte che, conoscendo o dovendo
conoscere la esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è
15
L’adesione all’una o all’altra tesi comporta notevoli differenze disciplinari in tema di onere della prova, prescrizione
dell’azione, messa in mora, rilevanza della colpa e dell’incapacità naturale, nonché di danno risarcibile.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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tenuta a risarcire il danno da questa risentito per aver confidato, senza sua colpa nella validità del
contratto, salvo che costei potesse conoscerla usando l’ordinaria diligenza.
Speciale è la disciplina anche per quanto attiene l’entità del danno risarcibile, atteso che
esso, pur riconoscibile nelle voci del lucro cessante e del danno emergente, è limitato solo al cd.
interesse negativo; più precisamente, il quantum debeatur non potrebbe mai essere superiore a
quello che sarebbe stato corrisposto in caso di conclusione del contratto e successivo adempimento.
Trattandosi di responsabilità da fatto illecito, la misura dei danni risarcibili è diversa da
quella dovuta in caso di inadempimento di un contratto, in quanto limitata alle spese e alle perdite
legate strettamente alle trattative (ad esempio spese di viaggio e di corrispondenza) e al vantaggio
che la parte avrebbe potuto procurarsi con altre contrattazioni durante il periodo delle trattative che
sono state interrotte.
Ciò significa che se Tizio è indotto a concludere un contratto con Caio, che pur conosceva la
causa di invalidità che gravava sul contratto stesso, potrà chiedere non soltanto il risarcimento del
danno riconducibile al contratto concluso (ad es. alle spese sostenute), ma anche il risarcimento del
danno riconducibile alla mancata stipulazione di un contratto più vantaggioso con altra persona.
Non potrà invocare invece il risarcimento dell’interesse positivo, cioè connesso all’esecuzione del
contratto concluso da concludere.
Dopo lunghe vicende giudiziarie si ritiene da parte della giurisprudenza16 che la
responsabilità precontrattuale possa gravare anche nei confronti della Pubblica Amministrazione.
16
C.Cassazione Sez. Un., 10 ottobre 1969, n.3256; C.Cassazione, 8 febbraio 1972, n. 330.
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7 I vincoli preliminari alla conclusione del
contratto: il contratto preliminare
Premesso che i vincoli preliminari alla conclusione del contratto possono avere natura
convenzionale o legale, come ad esempio, in questo secondo caso, gli obblighi legali a contrarre,
che costituiscono uno dei limiti alla autonomia contrattuale17, tra i vincoli di natura convenzionale,
vengono in rilievo il già accennato patto di opzione, e che dà luogo alla irrevocabilità della
proposta, e la prelazione, in virtù della quale se una parte decide di concludere un contratto dovrà
farlo con una persona già indicata preventivamente; anche in tal caso la prelazione può essere legale
o volontaria. Su entrambe le figure giuridiche si tornerà nel paragrafo successivo.
Ma l’ipotesi più importante è quella del contratto preliminare, ove le parti si obbligano a
stipulare il successivo contratto definitivo.
A volte le parti fanno precedere la conclusione del contratto principale da un contratto
preliminare, cioè da un accordo con cui le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto,
detto definitivo, del quale predeterminano il contenuto essenziale.
Innanzitutto occorre rilevare che il contratto preliminare si atteggia a negozio perfetto e
produttivo di effetti vincolanti, a differenza della cd. puntuazione o minutazione, ove le parti si
limitano a praticare delle intese che preludono alla conclusione del contratto, la cui stipulazione
17
Tra le ipotesi legali si segnala l’obbligo a contrarre previsto per le imprese operanti in regime di monopolio legale,
ma secondo alcuni anche di fatto, e per quelle esercenti pubblici servizi di linea. Si tratta del limite più intenso che può
essere posto all’autonomia del privato, poiché non riguarda singoli aspetti del contenuto del contratto (come
l’imposizione di prezzi o l’inserimento di clausole), ma la stessa libertà del contrarre, cioè se concludere o meno il
contratto. Il contratto imposto è descritto all’art. 2597 del c.c. : “chi esercita una impresa in condizione di monopolio
legale ha l’obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la
parità di trattamento”. L’obbligo di contrarre è a tutela del contraente che non ha la possibilità di rivolgersi ad altre
imprese. Basta pensare al monopolio di cui godono enti pubblici (oggi non più enti ma società, anche privatizzate, come
ad esempio l’ENEL) nell’esercizio di determinate attività produttive. Altri obblighi sono quelli dei gestori di pubblici
servizi ( alberghi, pensioni, bar, autorimesse ecc.), i quali non possono, senza giustificato motivo, rifiutare le prestazioni
pubbliche a chi le richiede. Obblighi di contrarre sono previsti anche nel diritto del lavoro (ad esempio obblighi di
assunzione di mano d’opera) e nelle locazioni immobiliari.
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tuttavia è ancora libera e non obbligatoria. Più precisamente, la puntuazione è un atto scritto
contenente l’enunciazione degli elementi essenziali del contratto, redatto dalle parti con limitata
funzione probatoria (ai fini della responsabilità da eventuale recesso ingiustificato) delle trattative
svoltesi positivamente fino a quel momento, senza quindi alcun carattere di definitività. Siamo cioè
nella fase delle trattative, che possono dar luogo tutt’al più ad una responsabilità precontrattuale,
ove le parti non si comportino secondo i principi di buona fede e di correttezza.
Da quando detto si comprende come il contratto preliminare prelude al contratto definitivo,
laddove il primo si differenzia rispetto al secondo in quanto è sempre ad effetti obbligatori: l’effetto
prodotto è sempre e soltanto quello di obbligare le parti a stipulare il contratto definitivo. L’oggetto
del contratto preliminare, infatti, consiste nell’obbligazione che le parti assumono di prestare un
futuro consenso e stipulare il futuro contratto definitivo, mentre la causa è la medesima del contratto
definitivo.
Il contratto preliminare, quindi, è sempre ad effetti obbligatori, laddove quello definitivo può
essere tanto ad effetti reali (compravendita, ad esempio), quanto ad effetti obbligatori (contratto di
locazione, ad esempio).
Il caso più frequente è quello del contratto preliminare di vendita, con il quale non si
trasferisce la proprietà del bene, ma si determina la nascita, per una parte, dell’obbligo di vendere e,
per l’altra, dell’obbligo di acquistare. Solo con il contratto definitivo si avrà il trasferimento della
proprietà del bene.
L’uso invalso nella pratica di denominare tale atto “compromesso” è soltanto atecnico, in
quanto con tale espressione si deve intendere un preliminare improprio perché consistente nel
contratto definitivo, con impegno delle parti di riprodurre il consenso in una forma determinata.
È necessario fissare un termine entro il quale stipulare il definitivo; in difetto, trattandosi di
un termine necessario.
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Particolare è la disciplina della forma, atteso che il contratto preliminare deve avere la stessa
forma prevista per il contratto definitivo a pena di nullità (art. 1351 c.c.) cd. forma per relationem e
deve essere trascritto se risulta da atto pubblico o da scrittura privata autenticata o accertata
giudizialmente(art. 2645 bis c.c.).
Se uno dei contraenti del preliminare si rifiuta di addivenire al definitivo, la controparte che
offre di adempiere la sua prestazione può rivolgersi al giudice ex art. 2932 c.c., al fine di ottenere la
cd. sentenza sostitutiva dell’adempimento.
La sentenza, di natura costitutiva, produrrà gli effetti del contratto definitivo non concluso
trattandosi di una ipotesi di esecuzione in forma specifica, in tal caso dell’obbligo di concludere il
contratto.
La giurisprudenza18 ha ammesso in certi casi l’intervento cd. correttivo del giudice, così
facendo cadere il dogma della necessaria corrispondenza tra il contenuto del preliminare e del
definitivo.
18
C. Cassazione, II, 12 febbraio 1993, n. 1782.
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7.1
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Opzione e prelazione
A proposito delle eccezioni che il principio di revocabilità sopporta, si è già detto
dell’opzione, vale a dire dell’accordo con il quale le parti convengono che una di esse rimanga
vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia la facoltà di accettarla o meno.
La figura rientra, però, anche tra i vincoli preliminari alla formazione del contratto e si pone
in relazione con l’altra figura giuridica, della pure si è già detto, della proposta irrevocabile (o
ferma).
Non solo il patto di opzione; a ben vedere, infatti, anche la prelazione si inserisce nella
tematica dei vincoli alla formazione del contratto, ma qui il vincolo è meno intenso, in quanto
consiste nella attribuzione ad un soggetto del diritto ad essere preferito ad altri, a parità di
condizioni, ove l’altra parte decidesse di concludere un determinato contratto. Se, ad esempio, Tizio
stipula un patto di prelazione con Caio relativo alla vendita di un appartamento di cui Tizio è
proprietario e successivamente decide di realizzare la vendita, sarà obbligato, a parità di condizioni,
a preferire Caio a qualsiasi terzo
Il prelazionario, quindi, non ha il diritto di concludere il contratto al quale mira, ma solo di
essere preferito ad altri.
La prelazione può essere convenzionale o legale.
Nel primo caso avremo il cd. patto di prelazione, che ha natura contrattuale così come
l’opzione; la prelazione legale, invece, ricorre nelle sole ipotesi previste dalla legge, come nel caso
dell’affitto di fondo rustico, per cui se il proprietario del fondo decide di venderlo, è obbligato ad
offrirlo con prelazione al conduttore.
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Il concedente del diritto di prelazione ha l’obbligo di cosiddetta denuncia (denuntiatio), cioè
di comunicare al prelazionario la proposta fatta o ricevuta al fine di mettere in condizione
quest’ultima di esercitare il diritto di prelazione.
Il diritto del prelazionario non ha natura reale, bensì personale; ne consegue che ove il suo
diritto sia stato leso da un comportamento scorretto del concedente potrà soltanto chiedere il
risarcimento del danno; ciò a differenza della tutela reale riconosciuta al prelazionario nelle ipotesi
di prelazione legale, in quanto in tal caso questi può esercitare il suo diritto anche quando il
concedente abbia già alienato il bene a terzi, presso cui quindi il prelazionario può riscattare il bene
stesso.
Quanto alla natura, la prelazione, tanto quella convenzionale, quanto quella legale, non ha
natura reale ma obbligatoria ed é insuscettibile di esecuzione coattiva; inoltre, stante l'efficacia
obbligatoria della stessa, il mancato esercizio del diritto di prelazione non comporta la nullità degli
atti compiuti e dei negozi posti in essere ma dà diritto soltanto al risarcimento del danno19.
19
Cass. civ. Sez. III Sent., 18/07/2008, n. 19928 (rv. 604286), in Mass. Giur. It., 2008.
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