ARTE BAROCCA E SAPORI Il Sacro Monte di Orta ha notevole importanza dal punto di vista religioso, artistico e ambientale: copre un'area di ben tredici ettari e dal 1980 è diventato “Riserva Naturale Speciale”. Nel 2003, inoltre, è stato inserito con tutti gli altri sacri monti nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Il grande complesso è formato da 21 cappelle collocate all’interno di un suggestivo percorso naturalistico, sulla cima del monte di S. Nicolao (400 m slm ca.) dove si trova anche la chiesa dei Santi Nicolao e Francesco, oltre al Conventino dei francescani tuttora abitato dai frati. La costruzione è iniziata nel 1590 sul promontorio ove già esisteva l’antica chiesa di San Nicolao, luogo di culto esistente già nell'alto medioevo. Il progetto originario prevedeva la costruzione di 36 cappellette, ciascuna delle quali avrebbe dovuto narrare un episodio della vita di san Francesco d’Assisi, morto nel 1226. In realtà furono completate solamente venti cappelle, la ventunesima è incompiuta. All’interno esse vennero corredate di affreschi e sculture in terracotta, oltre che di una descrizione scritta di ciò che si vedeva nelle scene principali. In questo modo si veniva a creare un ciclo francescano di notevole modernità, con raffigurazioni a grandezza naturale e per di più tridimensionali: un modo infallibile per facilitare il processo di identificazione tra il pellegrino e la vita esemplare del santo assisiate. Le cappelle si affacciano su viali lungo i quali vennero piantati alberi e siepi per impedire al devoto di distrarsi guardando il paesaggio: oggi questo “isolamento visivo” non esiste più, anzi, dal Monte si gode uno dei più bei panorami del Cusio. Il progettista della grandiosa opera fu il padre cappuccino Cleto da Castelletto Ticino, personaggio di cui purtroppo sappiamo molto poco. Cleto realizza le prime cappelle avvalendosi della collaborazione di artisti stimati e talentuosi, come ad esempio lo scultore Cristoforo Prestinari, i pittori Giovanni Battista e Giovanni Mauro della Rovere, detti i Fiammenghini, il Morazzone e altri artisti che avevano lavorato in altri Sacri Monti. Successivamente lavoreranno molte altre notevoli personalità. Le cappelle, essendo state realizzate in un arco di tempo che va dalla fine del Cinquecento al secondo Settecento, presentano stili e gusti architettonici e pittorici diversi, talora sovrapposti, che spaziano dalla sobrietà delle prime cappelle rinascimentali al gusto barocco e rococò delle cappelle costruite successivamente, volutamente seminascoste nella vegetazione per creare il tipico effetto barocco di “maraviglia”. Alla fine del Settecento si chiude la lunga storia costruttiva del complesso con l'edificazione mai terminata dell'ultima cappella, detta “Cappella Nuova”, dal cui terrazzo ad anello si gode un inconsueto panorama. La chiesa del Sacro Monte, riedificata contemporaneamente alle prime cappelle, presenta al suo interno numerosi preziosi dipinti d’età seicentesca e settecentesca. La parte più interessante sono le grandi ancone lignee che raccontano quanto, anche in età barocca, l’arte tradizionale francescana si discostasse da quella legata ad altri ordini. Nessun oro o stucco prezioso, o rivestimento policromo: il legno è lavorato, tornito e intarsiato con maestria, lasciato però a vista in tutte le sue splendide colorazioni naturali che variano a seconda dell’essenza impiegata. Venerata da secoli è la statua lignea trecentesca collocata sull’altare maggiore, raffigurante una Pietà: la Vergine che sorregge il corpo senza vita del figlio. Gli angioletti che sorreggono e circondano la preziosa scultura sono un’aggiunta ottocentesca. Il vistoso pronao posto in facciata è stato aggiunto nel primo Novecento. Dal terrazzo antistante si gode un panorama veramente mozzafiato sulle acque blu del lago e sull’isola di San Giulio. La chiesa di San Rocco rappresenta uno degli edifici più interessanti del barocco lombardo. Fu il vescovo novarese G. P. Volpi, sfruttando i resti di un più antico edificio romanico, a posare nel 1627 la prima pietra della nuova costruzione che fu consacrata 20 anni dopo (1648) da Antonio Tornielli e dedicata a san Rocco, protettore degli appestati. Il progetto fu affidato a uno dei più importanti architetti del barocco lombardo, Francesco Maria Richini o Richino (1584-1658), attento interprete delle nuove normative posttridentine riguardanti l’architettura religiosa e sancite da Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano. 1 La chiesa, a croce latina e navata unica, è una delle più grandi della Diocesi di Novara ed è senza dubbio una delle più ricche. Le sei cappelle affacciate sulla navata, di recentissimo restauro, sono un sunto dell’arte barocca cusiana e lombarda. Le pareti dell’edificio ospitano una vera e propria pinacoteca, oltre che splendide ancone lignee barocche di rara bellezza. Tra i numerosi dipinti sei- settecenteschi si ammirano opere di Giulio Cesare Procaccini, Giuseppe Nuvolone, Legnanino, Giovanni Odazzi, Federico Bianchi, Andrea Lanzani, Antonio Franchi, Pietro Paolini, Pier Francesco Gianoli, Giuseppe Zanatta, Rocco Bonola e ricchi affreschi del gallaratese Carlo Cane e del miasinese G. B. Cantaluppi, qui alla sua prima commissione importante. Molti dei suddetti artisti hanno dipinto il grandioso ciclo di teleri (fine Seicento) dedicato agli episodi della vita di san Rocco da Montpellier, ciclo che si dispiega sia nel vano absidale, di forma rettangolare, sia in controfacciata. Le volte del presbiterio e del transetto sono state dipinte posteriormente, nel 1834. Pregevole, il patrimonio scultoreo, in particolare quello ligneo. Ne sono esempio le splendide ancone dorate delle cappelle di sinistra, il gruppo formato da Crocifisso, Vergine, san Giovanni e la Maddalena, che domina centralmente dal grande arco trionfale, nonché il coro e il grande mobile della sacrestia di destra. Queste opere risalgono più o meno alla metà del Seicento e sono opera di noti maestri intagliatori. Fino agli anni Venti del Novecento la facciata della chiesa rimase incompiuta nel registro superiore: venne terminata nel 1933 grazie alla raccolta di fondi da parte dell’arciprete Stefano Cominazzini e ai disegni forniti dall’architetto Carlo Nigra che qui a Miasino abitava l’omonima villa. Poiché non si trovavano più da tempo i documenti del progetto originale di Richini, Nigra approfondì lo studio del grande architetto milanese cercando di farsi interprete del suo tipico stile elegante e nel contempo calibrato. Chiesa in grave stato d’abbandono fino a non molti anni fa, la parrocchiale di San Rocco è tornata a splendere grazie all’impegno dell’arciprete don Primo Cologni qui giunto nel 1997 con altri padri Premostratensi. Villa Nigra (XVI-XVIII sec.) Dimora storica con parco. Costruita per opera della famiglia Martelli, è composta da tre corpi di fabbrica risalenti ad epoche diverse. La parte originale del Cinquecento, di aspetto piuttosto sobrio, è rivolta verso la piazza. Successivamente la villa è stata ampliata utilizzando il materiale ricavato dalla demolizione del castello di Carcegna e acquistato nel 1606 da Camillo Martelli. Sono quindi aggiunti al palazzo l’ala orientale, i loggiati ed il porticato. Del XVIII secolo è l’ala occidentale dell’edificio, che va a chiudere il cortile sul terzo lato. Il risultato è oggi un duplice loggiato a cinque campate di finissima eleganza. Infine, una belvedere sormonta l’edificio. Villa Caccia a Romagnano Sesia La Villa Caccia dei conti di Romentino sorge su un poggio che sovrasta Romagnano Sesia chiamato "Monte Cucco". Fu progettata da Alessandro Antonelli cercando di recuperare il più possibile il preesistente convento dei Cappuccini edificato nel 1641. Fa da contorno alla villa un grande parco che la isola in una zona di verde tra numerose piante secolari. La Villa rimase proprietà della famiglia Caccia fino al 1950, negli anni '60 venne adibita a scuola media, negli anni '80 fu acquistata dal Comune ed attualmente una convenzione con il Museo Storico Entografico di Romagnano Sesia ha permesso notevoli restauri. È sede del Museo Storico Etnografico Romagnano Sesia. 2 Cuore Verde tra i due Laghi Associazione Culturale Asilo Bianco Via Riccardo Zanoni, 17 28010- Ameno NO [email protected] [email protected] Il progetto consiste nell’organizzare un calendario di appuntamenti da Aprile a Novembre 2012, coinvolgendo tutti i Piani di Valorizzazione e i Sistemi Urbani approvati (30). Si partirà da iniziative di tipo culturale ed enogastronomico già programmate, legando ad esse opportunità di visita del patrimonio museale e naturalistico e una degustazione di prodotti locali. In questa fase, sarà cura dei Piani di Valorizzazione e dei Sistemi Urbani 1. identificare un referente (animatore del progetto o altra persona) per scambiare informazioni con la Regione e l'Associazione Torino Città Capitale Europea; 2. fornire una lista di eventi culturali ed enogastronomici già programmati, la priorità e indicando i beni culturali e i musei presenti. Per ogni Progetto verranno scelte una o più date da inserire nel calendario complessivo di GranTour 2012; 3. prevedere almeno un itinerario trasversale, dal centro cittadino o dal territorio ad altra provincia, concordato con uno degli altri Piani di Valorizzazione e Sistemi Urbani; 4. prevedere la gestione flusso dei visitatori del momento dell'arrivo sul territorio sino alla partenza, compreso il servizio di accompagnamento, animazione e visita ai centri cittadini, ai musei e al patrimonio culturale, coinvolgendo operatori culturali e volontari locali, nelle forme e nei modi che riterranno più idonei e sostenibili; 5. fornire alla Regione informazioni su associazioni di volontariato, ristorazione, descrizione dei beni e dei musei, riferimenti, nella scheda che verrà fornita. Riso di Vino e d’Acque. Le Terre delle Colline Novaresi e del Sesia Baluardo Q. Sella, 40 – 28100 Novara Tel. 0321 394059; fax 0321 631063 www.risodivinoedacque.it [email protected] Riso di Vino e d’Acque è un piano di valorizzazione di ventiquattro piccoli borghi delle terre delle Colline Novaresi e del Sesia, ricchi di storia, arte, cultura, tradizioni e varietà di paesaggi e prodotti tipici. Terre con oratori campestri, pievi romaniche ed abbazie, castelli e ricetti medievali, arte e architettura barocca e neoclassica antonelliana, varietà di paesaggi e habitat naturali: la terrazza collinare, aree naturali come il Monte Fenera con reperti del paleolitico, il Piano Rosa con la sua brughiera che ricorda la savana, il fiume Sesia con le lame, le cicogne e ibis sacri. E poi l’enogastronomia con vini DOC e DOCG, grappe e passiti, risotti della tradizioni, salumi, formaggi DOP e miele. L’obiettivo del PVT è la valorizzazione culturale, turistica e paesaggistica delle Terre attraverso azioni di comunicazione e promozione (es. itinerari stagionali e dei borghi, giornate dei musei), di formazione (workshop per animatori e associazioni culturali) e di conoscenza (es. georeferenziazioni del territorio, catalogo delle buone pratiche delle scuole), di servizi per la gestione integrata del patrimonio culturale in particolare dei musei, di coinvolgimento degli operatori economici (es. vetrina dei prodotti tipici del territorio e convegno/ricerca sul rapporto tra territorio ed impresa ). Il fine ultimo è quello di valorizzare ed integrare l’insieme delle risorse e di coinvolgere tutti gli attori del territorio. 3