Chiesa dell`Annunziata - gerso restauro opere d`arte srl

Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
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La basilica della Santissima del Vastato in Genova
Giorgio Rossini
La chiesa della Santissima Annunziata del Vastato si affaccia oggi su
una piazza che quasi per nulla rivela le sue antiche origini e l’ intensa frequentazione in epoca medioevale.
Quest’area, esterna alle mura del 1155, nel XII secolo era ancora
scarsamente urbanizzata ed utilizzata prevalentemente a vigneti e orti.
Essa fu, così, prescelta da alcuni Ordini religiosi che si insediarono
nelle immediate adiacenze della porta di Sant’Agnese. Fu proprio qui
che gli Umiliati, una comunità di lanaioli proveniente dalla Lombardia,
nel 1228 edificarono, lungo la riva destra del fossato di Carbonara,
un insediamento dedicato a Santa Marta.
Nel 1508 il convento degli Umiliati, ormai quasi disabitato, venne
assegnato ai Frati francescani. Il modesto edificio fu abbattuto e, al
suo posto, i Minori costruirono, a partire dal 1520, un nuovo convento. Incaricato della costruzione fu un maestro muratore lombardo,
Pietro di Gandria, chiamato ad erigere una nuova fabbrica aggiornata secondo gli orientamenti progettuali che, nel frattempo, gli Ordini
Mendicanti avevano apportato alle originarie tipologie costruttive gotiche. Così, se da un lato venne riproposto lo schema a T delle chiese
francescane umbro-toscane, con cappelle absidali di impianto quadrato ed avancorpo a tre navate, dall’altro furono aggiunte, lungo i
fianchi, due serie di cappelle di impianto poligonale regolare, atte ad
evitare il proliferare disordinato e casuale di tali spazi, come era accaduto nelle chiese del Tre e Quattrocento.
La nuova costruzione presentava sottili colonne a rocchi alternati di
marmo bianco e pietra grigia di Promontorio, ancora permeate di spirito gotico.
Le linee architettoniche di questa più antica chiesa del Guastato, ancora conservate sotto l’attuale rivestimento plastico e marmoreo risalente
ai primi decenni del Seicento, furono casualmente scoperte durante
l’ultimo conflitto mondiale quando, a seguito dei bombardamenti,
molte murature furono spogliate dell’apparato decorativo seicentesco.
Nel 1537, gli Osservanti, subentrati ai Minori conventuali, procedettero a completare la chiesa secondo il progetto originario. Si trattava
di un progetto piuttosto ambizioso per un Ordine che aveva propugnato il ritorno alla tradizione primitiva del Francescanesimo ed imponeva ai frati il rispetto delle regole costruttive emanate nei primi capitoli
generali. La costruzione, pur essendo grandiosa, magniloquente,
costruita con materiali pregiati e costosi come il marmo e la pietra a
vista, anziché con il mattone e l’intonaco come la maggior parte delle
chiese francescane, aveva un requisito che la rendeva particolarmente idonea agli Ordini Mendicanti: era vasta, luminosa, di impianto
semplice, e poteva contenere una moltitudine di gente richiamata
dalla parola di celebri e santi predicatori, come non mancavano presso gli Osservanti.
Il rinnovamento della chiesa, avviato alla fine del Cinquecento, venne
promosso con il concorso delle maggiori famiglie nobili che si erano
assicurate il possesso delle numerose cappelle. Fra esse prevalsero,
per importanza e generosità, i Lomellini, le cui residenze erano concentrate non lontano dall’area del Vastato. Nel 1591 Lorenzo
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Lomellini ottiene dai frati il giuspatronato della chiesa: da questo momento iniziano così
le trasformazioni, in senso manierista e barocco, del severo spazio tardogotico
dell’Annunziata, che d’ora in poi sarà considerata dai Lomellini come la loro chiesa gentilizia. L’intervento fu mirato ad alcune sostanziali modifiche dell’impianto, necessarie
anche ai fini dell’adeguamento degli spazi alle norme liturgiche imposte dopo il concilio
di Trento: dapprima l’ampliamento della cappella maggiore, che venne raddoppiata in
profondità per collocarvi il coro dei frati; quindi l’allungamento del corpo delle navate
mediante la costruzione di una nuova campata, dopo aver demolito la facciata primitiva. Il progetto, non finito, della soluzione della nuova facciata, venne pubblicato dal
Rubens nella seconda edizione dei Palazzi di Genova (1652).
Il rinnovamento del vano interno della chiesa si limitò ad una operazione superficiale in
senso coloristico, con l’uso di stucchi, affreschi, dorature, splendidi marmi intarsiati. Le
esili colonne gotiche vennero rivestite con tarsie di marmo bianco di Carrara e rosso di
Francia, allora particolarmente apprezzato dalla ricca committenza genovese, ed inserite in un ordine architettonico ispirato ai modi del manierismo lombardo. Le cappelle ai
lati della maggiore, originariamente due per lato come ancora si vedono nel rilievo pubblicato dal Rubens, vennero unificate in uno spazio più ampio, cui fu sovrapposta una
cupola.
Nel corso dell’Ottocento si procedette ad un generale restauro della basilica a partire dal
1834 quando, dopo un breve periodo di allontanamento, i frati ritornarono a celebrare
nella chiesa dell’Annunziata. Furono avviati dapprima studi per il completamento della
facciata, per la quale Carlo Barabino, architetto civico, aveva ipotizzato un ambizioso
progetto con i campanili coronati da tempietti circolari e un pronao neoclassico preceduto da una scalinata monumentale, secondo il più puro stile neoclassico, allora imperante. La morte dell’architetto, avvenuta nell’anno successivo, ne aveva impedito la realizzazione, ma il progetto venne ripreso e modificato nel 1841 dal suo successore, Giovanni
Battista Resasco.
Per motivi economici egli ridusse l’intervento al solo pronao e alla scalinata, che vennero completati nel 1867, lasciando incompiuta la facciata, ove peraltro sostituì l’originaria serliana con una finestra semicircolare.
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