Antiaggreganti
SIDS
Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia
2016 ©
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Introduzione
Nel modulo 2015 "I nuovi farmaci anticoagulanti orali" è stato presentato un ripasso dei meccanismi
fisiologici dell'emostasi, nonché delle caratteristiche e dei limiti degli anticoagulanti orali tradizionali,
antagonisti della vitamina K, warfarin e acenocumarolo. Il modulo ha poi fornito una ampia presentazione
dei nuovi, più selettivi, anticoagulanti orali, quali dabigatran, rivaroxaban e apixaban.
Con questo nuovo modulo, si completa il tema, estendendo la
trattazione alle eparine e agli antiaggreganti piastrinici, farmaci che
rivestono un ruolo particolarmente importante in condizioni
patologiche diffuse e rilevanti dal punto di vista sanitario.
Si seguirà uno schema che suddivide le patologie tromboemboliche
a seconda della sede in cui possono manifestarsi (Fig. 1), avendo
presente che a volte questa suddivisione può rivelarsi
eccessivamente schematica.
Si affronterà dapprima il capitolo degli anticoagulanti somministrati per via parenterale (eparina e
"similari"), utilizzati prevalentemente, ma non esclusivamente, nelle trombosi venose per passare poi ai
farmaci inibitori dell'aggregazione piastrinica, particolarmente ricco di nuove proposte terapeutiche per il
trattamento di malattie trombotiche arteriose.
Ovviamente, si darà particolare rilevanza alle informazioni relative ai farmaci impiegati in terapie domiciliari
e pertanto di maggiore interesse per il farmacista operante nel territorio, riservando alcune note essenziali
ai farmaci di preminente interesse ospedaliero.
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Le trombosi
La trombosi è stata definita, in modo molto efficace, come l'"emostasi in un posto
sbagliato".
In condizioni fisiologiche l'emostasi assicura la coagulazione del sangue in caso di
emorragia. In particolari situazioni però, gli stessi meccanismi dell'emostasi possono
essere causa di trombosi e conseguenti patologie.
Tanto l'emostasi quanto la trombosi hanno tre "attori" principali: le pareti dei vasi, le proteine della
coagulazione e le piastrine. Le trombosi possono manifestarsi tanto nelle arterie quanto nelle vene, ma è
diverso il coinvolgimento di queste tre componenti.
Nel primo caso l'evento trombotico dipende soprattutto dallo stato della parete arteriosa, ed in particolare
dalla rottura di una placca aterosclerotica, che favorisce l'adesione e l'aggregazione delle piastrine.
Le trombosi venose si manifestano invece, generalmente, in aree dove le pareti vasali non sono
particolarmente danneggiate, mentre entrano in gioco altri fattori quali il rallentamento del flusso del
sangue e gli stati di ipercoagulabilità, dovuti ad alterazioni nella formazione dei normali fattori della
coagulazione.
I trombi arteriosi differiscono da quelli venosi in quanto sono formati principalmente da molte piastrine e
poca fibrina ("trombo bianco"), mentre quelli venosi sono ricchi in fibrina, che ingloba nella sua fitta rete
globuli rossi ("trombo rosso").
Questa differente composizione è essenziale per comprendere le diverse strategie terapeutiche.
Infatti, nel caso delle malattie trombotiche venose si utilizzano soprattutto gli anticoagulanti, orali e non,
mentre gli antiaggreganti piastrinici sono i farmaci di scelta nelle trombosi arteriose.
Non bisogna però dimenticare che trombosi venose e arteriose condividono numerosi fattori di rischio, tra
cui molti prevenibili o controllabili, come l'obesità, il tabagismo, il diabete, l'ipertensione e l'iperlipidemia.
Figura 1 - Malattie tromboemboliche arteriose e venose. ACS, sindrome coronarica acuta; AF, fibrillazione atriale; PAD, malattia
arteriosa periferica; PE, embolia polmonare; TIA, attacco ischemico transitorio.
(da: Gross PL, Weitz JI. New antithrombotic drugs. Clin Pharmacol Ther 2009; 86:139-46).
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Le trombosi venose
I trombi venosi si formano generalmente sulle cuspidi valvolari delle vene profonde del polpaccio (TVP), a
seguito della stasi del sangue e del ridotto apporto di ossigeno. Le cellule endoteliali di rivestimento di
queste cuspidi si attivano ed espongono molecole di adesione sulla loro superficie. Il fattore tissutale
presente sui leucociti aderisce a queste cellule attivate e induce la coagulazione.
Frammenti del coagulo (emboli) possono staccarsi e arrivare ai polmoni provocando una pericolosa embolia
polmonare.
Oltre agli anticoagulanti orali, i farmaci utilizzati nelle trombosi venose sono l'eparina non frazionata (o
standard), le eparine a basso peso molecolare (EBPM) e il fondaparinux.
Eparina, eparine a basso peso molecolare e fondaparinux
L'eparina è un polisaccaride solforato presente nei mastociti (mast-cellule) dei tessuti di mammiferi, isolato
per la prima volta da cellule epatiche, da cui il nome.
Il prodotto commerciale è ottenuto a partire dalla mucosa intestinale porcina o dal polmone bovino.
Le eparine a basso peso molecolare sono ottenute a partire dall'eparina attraverso processi di separazione
o depolimerizzazione con diversi reagenti chimici o enzimatici.
Il fondaparinux è un pentasaccaride sintetico che riproduce la struttura del sito di legame dell'eparina all'antitrombina.
Tutti questi farmaci sono somministrabili esclusivamente per via parenterale, non essendo assorbiti dopo
somministrazione orale.
Figura 2 - Rappresentazione schematica del meccanismo d'azione dell'eparina, Ebpm e fondaparinux (da: Weitz, JI, LowMolecular-Weight Heparins, N Engl J Med 1997; 337:688-699).
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Meccanismo d'azione
L'eparina agisce come anticoagulante attivando l'antitrombina (AT - un tempo chiamata antitrombina III) e
accelerando la velocità con la quale l'AT inibisce i fattori della coagulazione, in particolare il fattore Xa e la
trombina (o fattore IIa). L'attivazione dell'AT avviene attraverso il legame con una particolare sequenza di
cinque unità saccaridiche dell'eparina, posseduta da solo un terzo circa delle catene polisaccaridiche del
prodotto commerciale. A seguito di questo legame, avviene una modifica nella conformazione
dell'antitrombina, che determina un aumento della velocità di inibizione del fattore Xa (Fig.2).
Nell'inibizione della trombina, oltre alla modifica conformazionale dell'AT, è importante la funzione di
"stampo" svolta dall'eparina, che accelera di oltre 1.000 volte la velocità con cui si forma il legame fra AT e
trombina. Solo le catene di eparina composte da almeno 18 unità saccaridiche (corrispondenti ad un peso
molecolare di 5.400 Dalton - Da) sono di lunghezza sufficiente per consentire la formazione del complesso
AT-trombina. Nell'eparina non frazionata, le cui catene hanno un peso molecolare variabile fra 5.00030.000 Da, praticamente tutte le catene hanno una lunghezza sufficiente per svolgere questa funzione di
"stampo".
Le catene presenti nelle EBPM hanno un peso molecolare medio di 5.000 Da, o inferiore, corrispondenti a
17 unità saccaridiche, e sono quindi mediamente troppo corte per consentire la formazione del legame fra
AT e trombina. Mantengono però la capacità di indurre le modifiche nella conformazione della AT per
consentire il suo legame al fattore Xa. L'attività è dunque principalmente dovuta all'inibizione dell'AT e solo
in parte a quella della trombina). Mentre nell'eparina standard il rapporto fra attività anti fattore Xa e anti
fattore IIa (trombina) è 1:1, nelle EBPM questo varia da 2:1 (dalteparina) fino a 8:1 (bemiparina).
Il fondaparinux è costituito solamente dalle 5 unità saccaridiche dell'eparina e consente esclusivamente
l'inibizione del fattore Xa.
Indicazioni
Le preparazioni commerciali di eparina (sottoforma di sale di sodio o di calcio) sono tutte autorizzate per la
prevenzione e il trattamento delle trombosi venose e arteriose, senza ulteriori specificazioni. I dosaggi
disponibili sono: 5.000 UI e 12.500 UI per la somministrazione s.c. e in flaconi dosati a 5.000 UI/ml per
quella e.v. L'eparina non deve essere somministrata per via intramuscolare per il rischio di formare
ematomi. Quando somministrata a scopo terapeutico (alte dosi per infusione e.v.) è necessario monitorare
la coagulazione del sangue con test appropriati, mentre se utilizzata a basse dosi per via s.c. (es. 5.000 U.I.,
2-3
volte
al
giorno)
a
scopo
preventivo,
il
monitoraggio
non
è
necessario.
Data la sua rapidità d'azione, viene utilizzata nel trattamento iniziale delle trombosi venose e nell'embolia
polmonare. Generalmente si inizia parallelamente anche un trattamento con anticoagulanti orali, che
sostituiscono l'eparina dopo 4-5 giorni. E' utilizzata anche in campo cardiologico nei pazienti con angina
instabile o infarto miocardico acuto durante e dopo angioplastica coronarica o posizionamento di uno stent
(vedi Appendice 1).
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Effetti indesiderati
Il più comune effetto indesiderato dell'eparina è l'eccessivo sanguinamento, che può variare da ecchimosi
locali a complicanze emorragiche più gravi. Il rischio aumenta con l'aumentare della dose di eparina e nei
casi più gravi può essere necessario somministrare protamina solfato, farmaco in grado di neutralizzarne
l'azione.
Come funziona la protamina solfato?
La protamina solfato è un agente
classificato come antidoto. E' una
proteina a basso peso molecolare,
fortemente basica che si ottiene dai
testicoli di diverse specie di salmone.
Il suo funzionamento si basa sulla
capacità di determinare la dissociazione
del complesso eparina-antitrombina III
formando un complesso eparinaprotamina che risulta inattivo.
Il rischio è aumentato dalla contemporanea
assunzione di farmaci antiaggreganti
piastrinici o da condizioni predisponenti,
come recenti interventi chirurgici, traumi,
ulcera peptica, ecc.. Altri effetti indesiderati
importanti dell'eparina sono la
trombocitopenia e l'osteoporosi.
La trombocitopenia compare in genere
dopo 5-14 giorni dall'inizio della terapia, è più frequente con
l'eparina standard che con le EBPM e può ridurre la conta
piastrinica di oltre il 50%.
L'osteoporosi può essere una complicazione (rara) se la
terapia con eparina prosegue per più di un mese e può
portare a fratture vertebrali sintomatiche.
L'EBPM attualmente in commercio sono sei. In virtù del loro meccanismo d'azione, prevalentemente rivolto
verso il fattore Xa, presentano alcuni vantaggi rispetto all'eparina standard (Tabella 1), utili soprattutto nei
trattamenti prolungati o in pazienti a rischio.
Tabella 1 -Vantaggi delle EBPM 1
Eparine a basso
peso molecolare
Bemiparina
Dalteparina
Enoxaparina
Nadroparina
Parnaparina
Reviparina
Vantaggi
Conseguenze pratiche
Migliore biodisponibilità e emivita più
lunga dopo somministrazione s.c.
Possono essere somministrate meno
frequentemente (1-2 volte al giorno)
Clearance dose-indipendente
Dosaggio semplificato
Risposta anticoagulante più prevedibile
Non è necessario un monitoraggio della
coagulazione
Minor rischio di trombocitopenia
Più sicure dell'eparina dopo
somministrazione sia a breve che a
lungo termine
Minor rischio di osteoporosi
Più sicura dell'eparina per
somministrazioni protratte nel tempo
Le diverse EBPM non possono essere considerate equivalenti, variando i loro dosaggi e le modalità di
espressione della loro attività. Anche le indicazioni di impiego autorizzate per le diverse EBPM variano
dall'una all'altra: tutte sono autorizzate per la prevenzione e il trattamento della TVP in chirurgia generale e
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ortopedica; alcune lo sono anche per il trattamento dell'angina instabile o dell'infarto miocardico non-Q
(vedi Appendice 1), in associazione ad ASA (dalteparina, enoxaparina, nadroparina) o per la prevenzione
della coagulazione extracorporea in emodialisi ed emofiltrazione (dalteparina, enoxaparina, nadroparina,
bemiparina); solo la reviparina è autorizzata anche per la prevenzione di eventi acuti in interventi di
angioplastica coronarica percutanea.
Le EBPM somministrate per via s.c. a dose fissa, sono considerate efficaci e sicure quanto l' eparina
somministrata e.v. per il trattamento iniziale delle trombosi venose, indipendentemente che sia presente o
meno anche embolia polmonare2. Tuttavia, nella prevenzione di eventi trombotici durante interventi di
angioplastica coronarica, l'eparina standard resta il farmaco di riferimento.
Il fondaprinux è un prodotto di sintesi in cui è stata realizzata la sequenza pentasaccaridica dell'eparina,
responsabile del legame all'AT. Il suo peso molecolare è di 1728 Da e la sua catena non è perciò
sufficientemente lunga per legare la trombina all'antitrombina (Fig. 2). Pertanto il fondaparinux è in grado
solo di indurre la modifica conformazionale del sito attivo dell'AT e di consentire così l' inibizione del fattore
Xa, con interruzione della cascata della coagulazione ematica. A differenza dell'eparina e delle EBPM non
causa trombocitopenia.
Le indicazioni d'impiego autorizzate vanno dalla prevenzione e trattamento di episodi tromboembolici in
pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica maggiore, chirurgia addominale in pazienti a rischio, angina
instabile, infarto miocardico, fino al trattamento della TVP e dell'embolia polmonare. Viene utilizzato per
via sottocutanea alla dose di 2,5 mg/die, per periodi di tempo variabili in funzione dell'indicazione di
impiego.
Eparina, EBPM e fondaparinux sono inclusi nel Prontuario Ospedale Territorio (PHT) e possono essere
oggetto di distribuzione diretta da parte di strutture pubbliche del Servizio sanitario.
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Informazioni per il paziente: come somministrare l'eparina
Il farmacista dovrebbe accertarsi che chi somministra eparina, EBPM e fondaparinux
per via sottocutanea sia a conoscenza delle modalità di esecuzione dell'iniezione.
Rispetto a quanto normalmente si crede, la piccola bolla d'aria presente nelle siringhe
pre-riempite non va eliminata.
L'ago deve essere introdotto interamente,
perpendicolarmente e non tangenzialmente, nello
spessore di una plica cutanea realizzata tra il pollice e
l'indice dell'operatore, preferibilmente nella cintura
addominale anterolaterale o posterolaterale, a destra e a
sinistra alternativamente. L'operatore non deve eseguire
la manovra di Lesser (aspirazione nel punto di iniezione
prima di iniziare la somministrazione del farmaco) che
favorisce la formazione di ecchimosi.
L'iniezione deve essere effettuata lentamente (almeno 10
secondi), per ridurre il dolore3. La plica deve essere
mantenuta durante tutta la durata dell'iniezione. Al
termine dell'iniezione, non si deve strofinare, ma operare
una modica pressione sulla sede. La procedura va
interrotta se l'introduzione dell'ago ha determinato un dolore vivo, che sta a significare lesione di un vaso.
In tal caso occorre ritirare l'ago e praticare l'iniezione dal lato opposto.
Bivalirudina
La bivalirudina è un peptide semisintetico di 20 aminoacidi analogo dell'irudina, proteina anticoagulante
della sanguisuga, rispetto alla quale è circa 800 volte più debole nell'inibizione della trombina. E' un
inibitore diretto della trombina (fattore IIa) (§ 2.1.5), bivalente in quanto capace di legarsi sia al sito attivo
dell'enzima che al sito di legame con la fibrina. Il suo legame alla trombina è però reversibile in quanto
viene lentamente scisso dalla trombina stessa.
Studi in vitro indicano che l'inibizione avviene sia a carico della trombina libera solubile che di quella legata
al coagulo.
Figura 3 - Rappresentazione schematica del diverso meccanismo d'azione della bivalirudina rispetto ad eparina e eparine a basso
peso molecolare (da: Lee CJ, Ansell JE, Direct thrombin inhibitors, Br J Clin Pharmacol, 2011, 72:4581-592)
Il farmaco è di esclusivo interesse ospedaliero essendo indicato come anticoagulante in pazienti adulti
sottoposti ad intervento coronarico percutaneo, inclusi i pazienti con infarto miocardico con innalzamento
del tratto ST sottoposti a intervento coronarico percutaneo primario.
E' anche indicata per il trattamento di pazienti adulti con angina instabile/infarto miocardico senza
innalzamento del tratto ST nel caso di intervento di urgenza ed immediato.
Negli studi in cui sono state confrontate bivalirudina ed eparina non frazionata o eparina + inibitore della
glicoproteina IIb/IIIa in pazienti sottoposti a PCI (intervento coronarico percutaneo), la bivalirudina ha
esibito una efficacia paragonabile con minor sanguinamenti.
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Le trombosi arteriose
Le malattie conseguenti alla formazione di trombi nel distretto arterioso coronarico e cerebrovascolare
sono tra le principali cause di morte e di disabilità nel mondo occidentale, Italia compresa. Si stima che nel
nostro paese ogni anno 135.000 persone siano colpite da Sindrome Coronarica Acuta - ACS- (vedi
Appendice 1), con 45.000 eventi fatali (prima causa di morte)4. L'ictus è la terza causa di morte, dopo le
malattie ischemiche del cuore e le neoplasie; causa il 10-12% di tutti i decessi per anno e rappresenta la
prima causa di invalidità. Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 ictus, di cui il 20% sono recidive. Il
10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese e un altro 10% entro il primo anno di
vita. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, il 75% sopravvive con una
qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere
l'autosufficienza. Circa l'80% di tutti gli ictus è ischemico. Inoltre, si stima che il 40% delle persone che
presenta un attacco ischemico transitorio (TIA), in futuro andrà incontro ad un ictus vero e proprio5.
Le piastrine
Le piastrine sono le più piccole "cellule" presenti nel sangue. In verità, non si tratta di vere e proprie cellule,
ma di frammenti di citoplasma derivati da megacariociti, grosse cellule prodotte nel midollo osseo dalle
cellule staminali ematopoietiche pluripotenti. Ogni giorno l'organismo produce ~1011 piastrine, ma questo
numero può incrementarsi di 10 volte in caso di necessità. Il loro diametro, compreso fra 1-5 μm, è solo il
20% di quello degli eritrociti. In un μL di sangue sono presenti normalmente dalle 150 mila alle 450 mila
piastrine. Sono anche chiamate «trombociti»; la condizione patologica caratterizzata da un ridotto numero
di piastrine è definita «trombocitopenia», mentre se le piastrine sono in eccesso si parla di «trombocitosi»
o «trombocitemia».
La loro caratteristica è quella di essere prive di nucleo,
pertanto non è possibile la rigenerazione di strutture e
sostanze mediatrici: tutte le componenti presenti nella
piastrina al momento della sua formazione servono per
rispondere agli stimoli per il suo breve ciclo di vita, pari a
7-10 giorni.
Il ruolo fisiologico principale è quello di intervenire nel
processo dell'emostasi in caso di emorragia per lesione di
un vaso, formando un primo "tappo". Tuttavia, se il
processo coagulativo è innescato da un danno vascolare
causato da una placca aterosclerotica, le piastrine
giocano un ruolo fondamentale nel provocare la formazione di un trombo arterioso, causa di gravi
complicanze tromboemboliche (es. malattie coronariche, compreso l'infarto miocardico, ictus).
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Tabella 2 - Principali recettori presenti sulla membrana delle piastrine e loro ligandi
Recettori piastrinici
Recettori per l'adesione cellulare
αΙΙββ3 (GPIIb-IIIa)
Fibrinogeno, Fattore di von Willebrand, fibronectina,
vitronectina
α2β1 (GPIa-IIa)
Collageno
α 5β1 (GPIc-Iia)
Fibronectina
α Vβ3
Vitronectina
GPIb-IX-V
Fattore di von Willebrand
GPVI
Collageno
Recettori per gli agonisti
P2Y1-P2Y12
ADP
PAR1, PAR4
Trombina
TP-R
Tromboxano A2
5-HT2A
Serotonina2
α 2 adrenergico
Epinefrina
Legenda: ADP, Adenosina Difosfato; GP, glicoproteina; P2Y1-P2Y12, recettori purinergici; PAR , recettori attivati dalle proteasi; TP-R, recettore per il
tromboxano e prostanoidi.
Una conoscenza più precisa, anche se molto schematica, della morfologia delle piastrine e dei meccanismi
dell'adesione e dell'aggregazione consente di comprendere i punti di attacco dei farmaci sviluppati nel
corso degli anni per le loro proprietà antiaggreganti.
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Morfologia
Per saperne di più
Cosa sono i Recettori accoppiati alle proteine G?
I recettori accoppiati alle proteine G sono una
importante famiglia di recettori che consentono,
attraverso diversi meccanismi, la trasduzione del
segnale fra esterno della cellula e suo interno. Sono
caratterizzati dall'essere costituiti da proteine che
attraversano per 7 volte la membrana cellulare e
sono per questo chiamati anche recettori a
serpentina.
Sulla superficie della membrana delle piastrine
sono presenti diversi recettori costituiti da
glicoproteine (GP), in grado di interagire con
proteine presenti nella matrice sub endoteliale
delle pareti dei vasi e nel plasma (Tabella 2).
Sono inoltre presenti recettori per specifici
agonisti (ADP, serotonina, trombina e
tromboxano A2), appartenenti alla famiglia dei
recettori accoppiati alla proteina G (vedi box).
All'interno delle piastrine sono presenti tre tipi di
granuli: il primo contiene lisosomi, deputati alla
degradazione intracellulare delle proteine; i
granuli δ (ο granuli densi) che contengono
piccole molecole con attività agonista, quali
serotonina, epinefrina e ADP; i granuli α che
contengono una ampia gamma di proteine, tra
cui il fattore di von Willebrand (vWF),
fibrinogeno, fibronectina, vitronectina e Pselectina.
Adesione e aggregazione
Il collegamento tra il recettore e il primo stadio della
trasduzione del segnale viene stabilito attraverso le
proteine G.
Queste devono il loro nome al fatto che legano il
guanosin-trifosfato (GTP) o il guanosin-difosfato
(GDP) e sono dotate di attività GTPasica, importante
per idrolizzare il GTP. In assenza del ligando sul
recettore la proteina G è in condizione di riposo.
Quando è presente il ligando ( primo messaggero), la
proteina subisce una modificazione strutturale che le
conferisce una alta affinità per il GTP e determina
l'attivazione (o l'inibizione) di un secondo messaggero
(adenilato-ciclasi, guanilato-ciclasi, fosfolipasi C) o
l'apertura di un canale ionico, responsabili degli
effetti finali della stimolazione del recettore. L'attività
GTPasica determina l'idrolisi del GTP e il ritorno del
recettore allo stato di riposo.
Le piastrine svolgono il loro ruolo nella
coagulazione attraverso un processo di adesione
prima
e
di
aggregazione
poi.
In condizioni normali, le piastrine fluiscono
liberamente nel sangue senza aderire
all'endotelio
vasale
integro.
La presenza di una lesione nella parete di un
vaso, dovuta alla sua rottura o alla presenza di
una placca aterosclerotica, espone le proteine
adesive della matrice sub endoteliale, in
particolare il collageno e il fattore di von
Willebrand. I numerosi e diversi recettori
glicoproteici presenti sulle piastrine si legano
progressivamente a queste proteine e le
piastrine iniziano ad aderire alla lesione. Per
effetto di questo legame, le piastrine vengono
stimolate a:
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
rilasciare le proteine contenute nei granuli α (in particolare,
fattore di von Willebrand , fibrinogeno, P-selectina) che
amplificano l'attivazione e l'adesione delle piastrine.
 rilasciare il contenuto dei granuli δ (serotonina, epinefrina,
ADP) con un processo di esocitosi; le molecole effettrici così
liberate possono legarsi ai loro recettori di membrana. Così, la
serotonina si lega ai recettori 5-HT2A presenti sulla superficie
delle piastrine, amplifica l'attivazione delle piastrine e stimola il
cambiamento della loro forma, che da discoidale diventa irregolarmente sferica e ricca di
protuberanze; queste protuberanze aumentano la superficie di contatto fra piastrine e proteine
sub endoteliali, favorendo l'adesione;
 l'ADP, legandosi ai recettori P2Y1 e P2Y12, attrae altre piastrine nell'area lesionata, e aumenta
l'espressione del complesso GPIIb/IIIa, favorendo l'aggregazione.
 produrre tromboxano A2 attraverso la conversione enzimatica dell'acido arachidonico, liberato dai
fosfolipidi di membrana ad opera delle fosfolipasi, da parte della ciclossigenasi -1 (COX-1) e della
tromboxano sintetasi. Il TXA2 contribuisce al cambiamento della forma delle piastrine, al
reclutamento delle piastrine e alla loro aggregazione per formare il tappo emostatico primario.
Inoltre, l'accumulo di TXA2 nel sito della lesione provoca una contrazione dei microvasi riducendo il
flusso di sangue.
Come risultato ultimo, il complesso GPIIb/IIIa si lega al fibrinogeno, che funge da ponte tra piastrine
adiacenti determinando l'aggregazione.
Il tappo piastrinico così formato è instabile, ma la sua struttura viene rinforzata dalla produzione di fibrina.
La protrombina, solubile e circolante, viene convertita in trombina sulla superficie delle piastrine, la quale a
sua volta converte il fibrinogeno in fibrina. Inoltre, la trombina agisce come attivante delle piastrine,
legandosi al recettore PAR- 1 e PAR-4 presenti sulla membrana piastrinica (Fig.4).
Figura 4 - Rappresentazione schematica delle fasi dell'aggregazione piastrinica e dei punti di attacco dei principali farmaci
antiaggreganti [da Mega JL, Simon T, Pharmacology of antithrombotic drugs: an assessment of oral antiplatelet and anticoagulant
treatments, Lancet 2015; 386:281-91. ADP= Adenosina difosfato; ASA=Acido acetilsalicilico; COX-1=Ciclossigenasi-1; G = Proteina G;
GP = Glicoproteina; 5-HT2A= Recettori della serotonina; PAR = Recettore attivato dalle proteasi; P2X1 e P2 Y12= Recettori
purinergici; TP-R = Recettore per il Tromboxano A2; TXS = Tromboxano sintetasi]
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I farmaci antiaggreganti piastrinici
Prima di esaminare le caratteristiche dei diversi farmaci antiaggreganti piastrinici può essere utile avere una
visione d'insieme di questa categoria terapeutica e osservare come si sia sviluppata nel corso degli anni,
fino a tempi recentissimi (Tabella 3).
Tabella 3 - Farmaci antiaggreganti piastrinici
Farmaco
Meccanismo d'azione
Anno di
introduzione
in terapia
Acido acetilsalicilico
(ASA)
Inibizione della COX -1
Anni'70*
Dipiridamolo
Inibizione del reuptake dell'adenosina.
Inibizione della fosfodiesterasi
1973
Ticlopidina
Inibizione del legame dell'ADP al suo
recettore piastrinico P2Y12
1981
Tienopiridina
Abciximab
Antagonismo recettore glicoproteico (GP)
IIb/IIIa
1995
Anticorpo monoclonale chimerico. Solo
uso ospedaliero.
Clopidogrel
Inibizione del legame dell'ADP al suo
recettore piastrinico P2Y12
1998
Tienopiridina
Eptifibatide
Antagonismo del recettore GPIIb/IIIa.
1999
Eptapeptide ciclico sintetico. Solo per uso
ospedaliero
Tirofiban
Antagonismo del recettore GP IIb/IIIa
1998
Solo uso ospedaliero.
Cilostazolo
Inibizione della Fosfodiesterasi III
2006
▼Medicinale sottoposto a monitoraggio
addizionale.
Prasugrel
Inibizione del legame dell'ADP al suo
recettore piastrinico P2Y12
2009
Ticagrelor
IInibizione del legame dell'ADP al suo
recettore piastrinico P2Y12.
2010
Cangrelor
Inibizione del legame dell'ADP al suo
recettore piastrinico P2Y12.
2015
▼Medicinale sottoposto a monitoraggio
addizionale.
Solo uso ospedaliero.
Vorapaxar
Inibitore selettivo e reversibile dei
recettori PAR-1 attivati dalla trombina
2015
▼Medicinale sottoposto a monitoraggio
addizionale..
Note
* L'indicazione si riferisce all'impiego dell'ASA come antiaggregante piastrinico.
13
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Inibitori della Ciclossigenasi-1 (Cox-1)
Acido acetilsalicilico
L'acido acetilsalicilico (ASA) è a tutt'oggi l'antiaggregante piastrinico più utilizzato nel
mondo.
Già a basse dosi, comprese tra i 75 e i 325 mg/die, agisce da inibitore irreversibile della
COX-1, l'enzima che catalizza nelle piastrine la trasformazione dell'acido arachidonico in
prostaglandina H2, precursore del tromboxano A2 (TxA2), potente induttore
dell'aggregazione
piastrinica.
L'inibizione è cumulativa a seguito di dosi ripetute del farmaco, in quanto l'inattivazione
dell'enzima dura per tutto il tempo di vita della piastrina (7-10 giorni); essendo le piastrine cellule
anucleate, non sono in grado di sintetizzare nuovamente l'enzima COX-1 bloccato dall'ASA.
A dosi superiori ( ~1g/die) l'ASA inibisce anche la COX-2 con i ben noti effetti analgesici e antipiretici, ma
non si ha alcun vantaggio nell'inibizione dell'aggregazione piastrinica, che potrebbe potenzialmente ridursi
per la contemporanea inibizione della produzione di prostaciclina (antiaggregante e vasodilatatore) da
parte delle pareti vasali. Inoltre, a dosi maggiori aumentano i rischi di sanguinamento e la gastrolesività.
In ogni caso, la sola inibizione del TxA2 non è in grado di bloccare completamente l'aggregazione
piastrinica, essendo molteplici i percorsi attraverso cui si può giungere all'attivazione e alla aggregazione
piastrinica. Per questa ragione, spesso l'ASA viene associata ad altri farmaci antiaggreganti (es. clopidogrel,
prasugrel, ticagrelor), che agiscono con meccanismi diversi da quelli dell'ASA.
Indicazioni terapeutiche
Le indicazioni d'impiego come antiaggregante autorizzate per i diversi prodotti a
base di acido acetilsalicilico, sono riassunte nella tabella 4.
Numerosi studi hanno documentato l'efficacia dell'ASA nella prevenzione secondaria
di eventi cardiovascolari in pazienti con Sindrome Coronarica Acuta (SCA), o storia di
ictus o attacchi ischemici transitori (TIA). Rispetto al placebo, l'ASA riduce il rischio di
gravi eventi vascolari (infarti miocardici non fatali, ictus non fatali e morti per cause
vascolari, di circa il 25%.
Viene anche utilizzata nella prevenzione primaria di eventi cardiovascolari in pazienti con fattori di rischio
per patologie trombotiche. Negli uomini l'ASA riduce soprattutto gli infarti miocardici mentre nelle donne
abbassa il rischio di ictus6.
Tabella 4 - Indicazioni autorizzate per medicinali antiaggreganti a base di ASA
Indicazione
75 mg
100 mg
160 mg
300 mg
Prevenzione secondaria di trombosi in pazienti con IM, ictus ischemico
cerebrale, TIA, angina instabile, angina stabile cronica, ri-occlusione by-pass
aorto coronarico e nell'angioplastica percutanea transluminale. Prevenzione
degli eventi cardiovascolari nei pazienti con malattia ateromasica conclamata
✓
✓
✓
✓
Circolazione extra corporea
✓
✓
✓
✓
Sindrome di Kawasaki
✓
✓
✓
✓
Emodialisi
✓
✓
✓
✓
Prevenzione degli eventi cardiovascolari in pazienti ad elevato rischio*
✓
* In soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare maggiore (rischio a 10 anni > 20% in base alle carte di rischio del
Progetto Cuore dell'Istituto Superiore di Sanità).
TIA = Attacchi ischemici transitori
14
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Effetti indesiderati e precauzioni
Gli effetti indesiderati più comuni sono di tipo gastrointestinale (dispepsia, gastriti erosive o ulcera peptica
con sanguinamento e perforazione), sono dose dipendenti e possono essere in parte ridotti con
l'assunzione durante i pasti o, se necessario, con inibitori della pompa protonica. Poiché la risposta clinica
all'ASA non è dose dipendente, a differenza degli effetti indesiderati gastrointestinali, è sempre vantaggioso
utilizzare la dose più bassa dimostratasi efficace.
L'ASA può provocare effetti indesiderati a carico dell'apparato respiratorio nello 0,3% circa della
popolazione, percentuale che può salire al 5-10% nei pazienti asmatici. I sintomi compaiono dopo 0,5-3 ore
dall'assunzione e consistono in rinorrea, congestione nasale, lacrimazione, iperemia congiuntivale e/o
broncospasmo.
Sono possibili reazioni di ipersensibilità di vario tipo che possono interessare la cute (orticaria e/o
angioedema) e reazioni sistemiche di tipo anafilattoide (ipotensione, edema laringeo, prurito generalizzato,
tachipnea); in questi casi l'ASA non può essere utilizzato o è necessario ricorrere a pratiche di
desensibilizzazione7.
Per il suo effetto antiaggregante l'ASA non deve essere utilizzato o la terapia, se necessaria va
attentamente monitorata, nei pazienti con tendenza ad episodi emorragici, storia di emorragia cerebrale o
ictus emorragico, traumi recenti o interventi chirurgici, malattia peptica e sanguinamenti gastrointestinali.
Le informazioni per il paziente
Oltre ai ben noti consigli che il farmacista può dare a chi assume ASA, intesi a ridurre la dispepsia e la
gastrolesività del farmaco, può essere utile sottolineare al paziente l'importanza di una regolare assunzione
del farmaco per la prevenzione di eventi trombotici, una condizione ben diversa da quelle in cui si utilizza
normalmente l'ASA.
L'impiego regolare di prodotti contenenti ibuprofene può interferire con l'effetto inibitorio
sull'aggregazione piastrinica dell'acido acetilsalicilico. Questo effetto non sembra avere una particolare
rilevanza per un impiego saltuario.
15
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Inibitori del recettore P2Y12
Tienopiridine
Il recettore P2Y12
Il recettore P2Y12 è un recettore accoppiato
alla proteina G che fa parte del sistema
purinergico di trasmissione dei segnali fra
esterno e interno delle cellule. Questo
sistema comprende recettori per il
nucleotide adenina (recettori P1 - a loro volta
distinti in 4 sottotipi A 1, A2A, A2B, A3) e per
i nucleosidi purinici ATP e ADP (recettori P2,
a loro volta suddivisi in due famiglie PX e PY).
Del recettore PY si conoscono 8 sottotipi di
cui il P2Y12 è quello presente sulle piastrine.
Tre farmaci, attualmente impiegati come antiaggreganti
piastrinici, derivano dalla stessa struttura chimica di base,
quella della tienopiridina: sono, in ordine di comparsa sul
mercato, la ticlopidina, il clopidogrel e il prasugrel.
La ticlopidina è una tienopiridina di prima generazione, la
cui prescrizione sta lentamente lasciando il posto al più
sicuro clopidogrel (Fig. 5) .
Il clopidogrel è la tienopiridina di riferimento per i
pazienti con SCA e in quelli sottoposti ad angioplastica
coronarica.
Tuttavia, il clopidogrel presenta problemi di variabilità
interindividuale nell'efficacia antiaggregante e un ritardato inizio dell'effetto, problemi che sono superati
dal prasugrel. Il prasugrel ha infatti un inizio d'azione più rapido, è più potente del clopidogrel e provoca
una inibizione dell'aggregazione più costante, ma presenta maggiori rischi di sanguinamento.
Figura 5 - Consumo di tienopiridine (DDD/(1000 ab./die ) - Fonte: Rapporto OSMED 2014
L'inibizione dell'aggregazione piastrinica da parte di questo gruppo di farmaci è conseguenza del legame
irreversibile al recettore purinergico P2Y12 il cui agonista fisiologico è l'adenosina difosfato (ADP). L'ADP è
un attivatore delle piastrine, in quanto favorisce diversi processi come l'adesione, la degranulazione, i
cambiamenti nella forma delle piastrine, l'amplificazione della aggregazione indotta da altri agonisti e, in
definitiva, l'attivazione del complesso glicoproteico GPIIb-IIIa che porta alla aggregazione piastrinica. Il
legame di questi farmaci al recettore P2Y12 dura per l'intera vita residua della piastrina.
Poiché ASA e inibitori del recettore P2Y12 hanno meccanismi d'azione diversi, nel trattamento dell'angina
instabile e dell'infarto miocardico viene generalmente praticata la cosiddetta terapia antiaggregante
"duale", in cui all'ASA viene associata una tienopiridina o il ticagrelor.
16
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Farmacocinetica
Ticlopidina, clopidogrel e prasugrel sono in realtà dei
profarmaci che devono essere convertiti nel metabolita
attivo ad opera di enzimi della famiglia della citocromo
P450 (vedi box). Tuttavia, la trasformazione in metaboliti
attivi segue percorsi diversi per i tre principi attivi, con
conseguenze sulla comparsa dell'effetto antiaggregante .
Ticlopidina. L'inibizione dell'aggregazione piastrinica si
evidenzia nell'arco di due giorni e il massimo effetto
antipiastrinico (50-70% dell'aggregazione piastrinica
indotta dall'ADP) si ottiene dopo 5-8 giorni8. Il pieno
ripristino della funzionalità piastrinica si ottiene dopo 1113 giorni dalla sospensione del trattamento9.
Clopidogrel. L'inibizione dell'aggregazione, in misura pari
al 25-30%, inizia al secondo giorno dopo
somministrazione di 50-100 mg di clopidogrel, ma può essere aumentata (50-60%) e accelerata dopo una
dose di carico di 600 mg (2-4 ore)10. [la dose di carico raccomandata dal produttore, quando il clopidogrel è
associato all'ASA, è però di 300 mg 11].
Prasugrel. Il picco della concentrazione plasmatica del metabolita attivo è raggiunto già dopo 30 minuti
dalla somministrazione12, più veloce quindi del clopidogrel.
La marcata variabilità interindividuale nell'inibizione della funzionalità piastrinica osservata per il
clopidogrel, ma non per il prasugrel comporta, nei cosiddetti "metabolizzatori lenti", una ridotta
produzione del metabolita attivo e una riduzione dell'attività antiaggregante. I pazienti che presentano una
scarsa risposta al clopidogrel possono rispondere invece in modo adeguato al prasugrel.
La famiglia degli enzimi Citocromo P450 comprende più
di 7.000 isoenzimi noti, coinvolti soprattutto in reazioni
metaboliche di detossificazione (famiglie 1-3). A volte
le reazioni catalizzate da questi enzimi possono anche
portare a metaboliti attivi di profarmaci o alla
formazione di sostanze tossiche. Gli isoenzimi delle
famiglie da CYP4 a CYP51 intervengono in reazioni di
sintesi di importanti sostanze fisiologicamente attive
come ormoni steroidei, prostaglandine e acidi biliari.
Vengono classificati in famiglie e sottofamiglie
identificati mediante sigle composte dalla sigla CYP
seguita da un numero che identifica la famiglia, una
lettera maiuscola che identifica la sottofamiglia e un
ulteriore numero che identifica il singolo isoenzima. I
geni corrispondenti sono indicati dalla stessa sigla ma
con caratteri corsivi.
Tabella 5 - Tienopiridine: caratteristiche farmaceutiche e farmacocinetiche
Ticlopidina
Clopidogrel
Prasugrel
orale
orale
orale
300 mg
60 mg
cpr 250 mg
cpr 75 mg
cpr 5 mg
cpr 10 mg
250-500 mg/die
75 mg/die
10 mg/die
1-2 volte al giorno
1 volta al giorno
1 volta al giorno
?
15%
85%
Inizio dell'effetto
1-3 h
2-8 h
30 min-4 h
Picco concentrazione ematica dopo somministrazione
singola
1-3 h
1h
0,5 h
7 giorni
5 giorni
7-10 giorni
50-60% con le urine, il
resto nelle feci
~ 40% con le urine e 3560% con le feci
70% con le urine e 25% con
le feci
Nell'Rcp è riportata una
nota di attenzione per
farmaci con stretto indice
terapeutico
si
no
80
165
956
Farmacie
Farmacie e strutture
pubbliche
Farmacie e strutture
pubbliche
Via di somministrazione
Dose di carico
Forma farmaceutica e dosaggio
Dose di mantenimento
Frequenza di somministrazione
% di metaboliti attivi
Durata dell'effetto dopo sospensione
Vie di eliminazione
Interazione con farmaci attivi sul citocromo P450
Costo €/anno
Canale dispensazione
17
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
La tabella 5 riassume le caratteristiche farmaceutiche e farmacocinetiche delle 3 tienopiridine.
Per tutti i farmaci è raccomandata una dose di carico iniziale per sopperire al lungo periodo richiesto per
raggiungere le concentrazioni allo steady-state. Solo per la ticlopidina è prevista la somministrazione in due
dosi giornaliere, da assumere ai pasti, quando si usa la posologia maggiore. Clopidogrel e prasugrel possono
essere somministrati indifferentemente ai pasti o lontano dai pasti, ma il produttore consiglia di effettuare
la dose di carico del prasugrel somministrando il farmaco lontano dai pasti13.
Indicazioni terapeutiche
Le tre tienopiridine non condividono esattamente le stesse indicazioni terapeutiche autorizzate.
Da notare che nessuna tienopiridina è autorizzata per la prevenzione primaria di eventi trombotici. Alcune
indicazioni sono relative all'impiego di questi farmaci in ambito ospedaliero, ma il loro impiego in
prevenzione secondaria di eventi cardio vascolari ne rendono diffuso anche l'impiego sul territorio.
La ticlopidina, utilizzata da sola, è risultata più efficace dell'ASA nel ridurre gli ictus nei pazienti con TIA 14,
mentre è risultata di pari efficacia all'ASA nei pazienti con infarto miocardico recente15 . E' risultata più
efficace della terapia antianginosa convenzionale nel ridurre i casi di morte per cause vascolari o infarto nei
pazienti con angina instabile16 e più efficace del placebo nel ridurre le occlusioni acute nei by pass aorto
coronarici 17.
Il clopidogrel è stato confrontato con l'ASA in uno studio di ampie dimensioni (19.185 pazienti con ictus
ischemico o infarto miocardico recente o con malattia arteriosa periferica sintomatica, seguiti mediamente
per quasi 2 anni). Il clopidogrel ha ridotto dell'8,7% il rischio relativo di infarto miocardico, ictus ischemico e
morte vascolare rispetto all'ASA18.
In uno studio in cui l'associazione clopidogrel + ASA è stata confrontata con il placebo, si è avuta una
riduzione del rischio del 20% con il trattamento attivo19 (vedi scheda di approfondimento in Appendice 2).
Tabella 6 - Indicazioni terapeutiche delle tienopiridine
Prevenzione secondaria di trombosi in pazienti con PAD, IM, ictus ischemico cerebrale
Ticlopidina
Clopidogrel
✓*
✓
Prevenzione di eventi di origine aterotrombotica in pazienti adulti con SCA candidati alla
terapia trombolitica.
Prasugrel
✓**
Prevenzione di eventi di origine aterotrombotica in pazienti con SCA sottoposti a
posizionamento di stent in seguito a intervento coronarico percutaneo, in associazione con
acido acetilsalicilico (ASA)
✓**
Prevenzione ri-occlusione by pass aorto coronarici
✓
✓**
✓**
✓***
Prevenzione eventi trombotici in pazienti con fibrillazione atriale
Circolazione extra corporea
✓
Emodialisi
✓
Trombosi della vena centrale retinica
✓
* Nell'IM e nel TIA la ticlopidina è indicata solo quando l'ASA è inefficace, non tollerato o controindicato
** in associazione ad ASA
*** in associazione ad ASA in pazienti non idonei a terapia con AVK
AVK= Antagonisti della vitamina K; PAD=Malattia arteriosa periferica; SCA = Sindrome coronarica acuta (IM infarto miocardico;
angina instabile); IPC= Intervento percutaneo coronarico; TIA = Attacchi ischemici transitori
18
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
I benefici della terapia con clopidogrel + aspirina sono stati confermati
anche in pazienti sottoposti ad intervento coronarico percutaneo: ad un
anno dall'intervento il rischio relativo di morte, infarto miocardico o ictus è
20
risultato
inferiore
del
26,9%
rispetto
al
placebo
.
Altri studi hanno documentato la validità dell'associazione clopidogrel +
ASA in pazienti con infarto miocardico21, 22. La terapia duale è stata valutata
anche in pazienti con fibrillazione atriale a rischio di eventi trombotici. Il
warfarin si è dimostrato più efficace dell'associazione clopidogrel +
aspirina, ma questa è risultata superiore rispetto alla sola aspirina nei
pazienti non trattabili con l'antagonista della vitamina K23,24.
L'efficacia e la sicurezza del prasugrel è stata confrontata con quella del
clopidogrel in uno studio che ha coinvolto 13.608 pazienti con sindrome coronarica acuta candidati
all'intervento coronarico percutaneo25. L'incidenza di infarto miocardico, ictus e morte cardiovascolare è
stata del 9,9% con prasugrel contro il 12,1% con clopidogrel, ed è dovuta principalmente alla riduzione
dell'incidenza di infarti cardiaci non fatali. Il prasugrel ha inoltre ridotto del 50% le trombosi dello stent, ma
non ha ridotto la mortalità complessiva ed ha provocato più eventi emorragici fatali (0,4% vs 0,1%).
Un secondo studio di confronto con clopidogrel ha valutato se la riduzione della dose (5 mg anziché 10 mg)
potesse apportare un miglior rapporto beneficio rischio nei pazienti di età >75 anni. L'efficacia dei due
farmaci è risultata paragonabile e così pure il rischio di gravi emorragie intracraniche, in tutte le classi di
età, senza beneficio per la riduzione della dose26.
In un recente studio condotto in pazienti in cui era stato posizionato uno stent coronarico medicato, è stato
confrontato un regime di terapia associata tienopiridina (clopidogrel e prasugrel) + ASA della durata di 30
mesi vs un regime di soli 12 mesi. Lo studio ha documentato una riduzione degli eventi di trombosi dello
stent (0.4% vs. 1.4%) e una riduzione degli eventi cardio e cerebrovascolari maggiori (4,3% vs 5,9%), ma
anche un aumentato rischio emorragico (2.5% vs. 1.6%).27
Effetti indesiderati e precauzioni
I disturbi più comuni della ticlopidina sono nausea, diarrea, perdita dell'appetito, mal di testa, capogiri,
eruzioni cutanee spesso pruriginose. Il rischio di neutropenia, anche grave, di agranulocitosi e di
trombocitopenia richiede un attento controllo della crasi ematica all'inizio del trattamento e ogni 2
settimane nei primi 3 mesi di terapia. Possibili anche complicanze emorragiche come lividi, ecchimosi,
epistassi (vedi anche § Informazioni per il paziente). Il farmaco può provocare inoltre epatite e ittero
colestatico. Un'altra temibile manifestazione della terapia con ticlopidina è la porpora trombotica
trombocitopenica, una forma di anemia emolitica con consumo di piastrine potenzialmente fatale.
In considerazione dello spettro di effetti indesiderati possibili con la ticlopidina, il farmaco è controindicato
nei pazienti con disturbi dell'emopoiesi, come neutropenia o trombocitopenia, disturbi emorragici associati
ad un prolungamento del tempo di coagulazione o ad aumentato rischio di sanguinamento come l'ulcera
peptica.
Come per la ticlopidina, anche per clopidogrel possono aversi sintomi gastrointestinali,
ma l'incidenza di discrasie ematiche è molto inferiore e non è richiesto un monitoraggio
laboratoristico di routine. I pazienti devono comunque conoscere i sintomi e segni precoci
di complicanze emorragiche o delle rare, ma gravi, possibili complicanze, come l'eritema
multiforme o la sindrome di Stevens-Johnson (gonfiore del viso, gonfiore della lingua,
orticaria, eruzione cutanea, vesciche sulla pelle e sulle mucose, desquamazione della
pelle).
19
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Tabella 7 - Tienopiridine: informazioni per il paziente

Ticlopidina



Il farmaco può essere assunto indipendentemente dai pasti. Se viene omessa una dose:
o entro 12 ore dall'assunzione programmata: il paziente deve assumere
immediatamente la dose e prendere la dose successiva all'orario abituale.
o se sono trascorse più di 12 ore: il paziente deve prendere la dose successiva all'orario
abituale e non deve prendere una dose doppia.

Assumere il farmaco indipendentemente dai pasti. E' preferibile assumerlo a digiuno se si
vuole ottenere un effetto più rapido. Non schiacciare o rompere la compressa.
Segnalare immediatamente al proprio medico sintomi indicativi di ictus, quali:
o sonnolenza improvvisa o senso di debolezza ad un braccio, ad una gamba o alla
faccia, specialmente se limitato ad un solo lato del corpo
o Confusione improvvisa, difficoltà a parlare o a capire ciò che dicono gli altri
o Improvvisa difficoltà a camminare o perdita di equilibrio o della coordinazione
o Giramenti di testa improvvisi o improvviso forte mal di testa senza una causa nota.
L'ictus è un effetto indesiderato non comune del prasugrel nei pazienti che non
hanno mai avuto un ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA).
Clopidogrel

Prasugrel

Ticlopidina,
Clopidogrel,
Prasugrel
Assumere il farmaco durante i pasti. Non prendere una dose doppia per compensare la
dimenticanza della compressa.
La ticlopidina può far aumentare la concentrazione nel sangue di colesterolo e trigliceridi.
Rispettare scrupolosamente le indicazioni fornite dal medico per frequenti controlli della crasi
ematica.


Segnalare al proprio medico sintomi e segni quali:
o febbre, mal di gola, ulcerazioni del cavo orale che potrebbero essere indicativi di una
condizione di neutropenia;
o ittero, urine scure, feci di colore chiaro, indicativi di epatite
o irritazione della pelle associata a sanguinamento e alla diminuzione delle piastrine
(sintomi della porpora trombotica trombocitopenica).
o Sintomi di sanguinamento (lividi, sangue nelle urine, ecc.).
Prima di essere sottoposti ad eventuale intervento chirurgico e prima di assumere un nuovo
medicinale i pazienti devono avvisare i medici e i dentisti se stanno assumendo uno di questi
farmaci.
In caso di intervento chirurgico programmato, e nel quale non sia espressamente indicata una
terapia antitrombotica, è necessario interrompere l'assunzione di ticlopidina 10 giorni prima
dell'intervento (7 giorni per clopidogrel e prasugrel).
Il prasugrel provoca complicanze emorragiche più frequentemente del clopidogrel. Segnalata inoltre la
possibilità di ipersensibilità al farmaco con angioedema28. I casi riportati hanno presentato un tempo di
esordio variabile da immediatamente/qualche ora fino a 5-10 giorni dopo l'assunzione.
Esiste la possibilità di una reattività crociata alle tienopiridine per cui i pazienti che hanno manifestato una
precedente reazione allergica e/o ematologica ad una tienopiridina possono avere un aumentato rischio di
sviluppare la stessa o un'altra reazione ad un'altra tienopiridina.
Interazioni
Tutte le 3 tienopiridine non vanno utilizzate con farmaci inibenti la coagulazione. L'associazione con ASA è
ammessa per l'aumento dell'efficacia antiaggregante, seppur a rischio di più frequenti rischi emorragici.
Essendo tutte le tienopiridine pro-farmaci convertiti in metaboliti attivi da isoenzimi del sistema della
citocromo P450, sono potenzialmente possibili interazioni con inibitori di questo sistema. Se si esclude una
20
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
ridotta attività antiaggregante per contemporanea somministrazione di una tienopiridina e omeprazolo, la
rilevanza clinica di altre interazioni con farmaci inibitori/induttori non è al momento ben definita
Altri inibitori del recettore P2Y12: ticagrelor e cangrelo
Ticagrelor e cangrelor sono farmaci strutturalmente simili all'adenosina (Fig. 5) e sono entrambi degli
inibitori reversibili del recettore P2Y12.
adenosina(agonista)
ticagrelor
cangrelor
Fig. 5 - Formule di struttura di ticagrelor e cangrelor in raffronto a quella dell'agonista adenosina
Il ticagrelor, a differenza delle tienopiridine, non si lega al sito di legame dell'ADP, ma ad un diverso punto
di attacco del recettore P2Y12, con inibizione dell'attivazione della proteina G e della trasduzione del
segnale.
A differenza delle tienopiridine, inoltre, il ticagrelor non è un pro-farmaco ma agisce direttamente; questo
determina una attività più rapida, più costante e meno soggetta alla variabilità interindividuale, propria del
clopidogrel.
L'azione è più rapida rispetto al clopidogrel, con inibizione di più del 40% delle piastrine entro mezz'ora
dalla somministrazione e un picco dopo 2 ore.
Il ticagrelor ha una emivita plasmatica di 8-12 ore e raggiunge la concentrazione di equilibrio dopo 2-3
giorni; la sua azione residua, alla sospensione del trattamento è più breve rispetto a quella delle
tienopiridine e questo rappresenta un vantaggio se il farmaco deve essere sospeso per ridurre i rischi
emorragici in occasione di un intervento chirurgico.
21
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Indicazioni terapeutiche
Attualmente il ticagrelor è autorizzato, in co-somministrazione con ASA
per la prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti adulti con SCA
(angina instabile, infarto miocardico senza innalzamento del tratto ST
[NSTEMI] o infarto miocardico con innalzamento del tratto ST [STEMI]),
compresi i pazienti trattati farmacologicamente e quelli sottoposti a
intervento coronarico percutaneo (PCI) o a impianto di by-pass aortocoronarico.
Tabella8. Caratteristiche farmaceutiche e farmacocinetiche del ticagrelor e del cangrelor
Ticagrelor
Cangrelor
Via di somministrazione
orale
Bolo ev+ infusione ev
Dose di carico
180 mg
30 mcg/Kg
Forma farmaceutica e dosaggio
cpr 90 mg
Flac, 50 mg
Dose di mantenimento
SCA:90 mg
Infarto del miocardio:60 mg
bolo endovenoso di 30 mcg/kg
seguito immediatamente da
un'infusione endovenosa di 4
mcg /kg/minuto. Il bolo e
l'infusione devono essere
iniziati prima della procedura e
continuati per almeno due ore
o per la durata della
procedura, a seconda di quale
tempo risulti più lungo.
Frequenza di somministrazione
2 volte al giorno, durante o
lontano dai pasti
Non applicabile. Terminata
l'infusione occorre passare ad
un inibitore del recettore
P2Y12 per via orale
% di metaboliti attivi
30-40%
-
Inizio dell'effetto
30'
immediato
Picco concentrazione ematica dopo somministrazione singola
2h
2'
Durata dell'effetto dopo sospensione
4 gg
1h
Vie di eliminazione
(57,8% nelle feci,26,5% nelle
urine)
58% nelle urine e il rimanente
35% nelle feci
Interazione con farmaci attivi sul citocromo P450
sì
no
Costo €/anno
1.390€
Non applicabile
Canale dispensazione
Strutture pubbliche e farmacie
con piano terapeutico
Solo uso ospedaliero
Lo studio clinico multicentrico PLATO29 ha messo a confronto ticagrelor (90 mg
x2/die) e clopidogrel (75 mg/die). Il ticagrelor ha ridotto in modo significativo la
frequenza di morte per cause vascolari, infarto miocardico o ictus (Riduzione del
Rischio Assoluto [ARR] 0,6% e Riduzione del Rischio Relativo [RRR] del 12% a 30
giorni), senza un aumento di eventi emorragici maggiori. Secondo i dati di questo
studio il trattamento di 54 pazienti affetti da SCA con ticagrelor, invece che con
clopidogrel, eviterebbe l'insorgenza di un evento aterotrombotico, mentre il
trattamento di 91 pazienti eviterebbe una morte per cause cardiovascolari30.
22
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Lo studio PEGASUS ha dimostrato l'efficacia del ticagrelor nel ridurre l'incidenza di morte cardiovascolare,
infarto miocardico o ictus dopo somministrazione di durata superiore ai 12 mesi, a fronte di una maggiore
incidenza di eventi emorragici maggiori31.
Effetti indesiderati e precauzioni
Il ticagrelor può provocare dispnea di grado lieve moderato, generalmente autolimitante e che si risolve
entro una settimana; raramente comporta la sospensione del trattamento. Abbastanza frequenti sono
anche gli episodi emorragici come epistassi, melena e sangue occulto nelle feci, ecchimosi, ematomi e
petecchie.
Per il suo effetto antiaggregante anche il ticagrelor non deve essere utilizzato nei pazienti con tendenza ad
episodi emorragici, storia di emorragia cerebrale o ictus emorragico, traumi recenti o interventi chirurgici,
malattia peptica e sanguinamenti gastrointestinali, pazienti in trattamento con anticoagulanti orali.
Interazioni
Il ticagrelor viene metabolizzato da CYP3A4 o CYP3A45 e va evitato il concomitante utilizzo di farmaci
inibitori di questi enzimi (per es., ketoconazolo, claritromicina, nefazodone, ritonavir e atazanavir). A sua
volta il ticagrelor può anche inibire il CYP3A4 e aumentare la concentrazione plasmatica di simvastatina,
anch'essa substrato del CYP3A4.
Anche il succo di pompelmo aumenta la concentrazione al picco del ticagrelor.
Tabella 9 - Informazioni per il paziente: ticagrelor



Ticagrelor


Il ticagrelor può essere assunto indipendentemente dai pasti. Se ci si dimentica di prendere
una dose, prendere la dose successiva come al solito.
Non prendere una dose doppia per compensare la dimenticanza della dose
Informare il paziente delle potenziali interazioni del ticagrelor.
La terapia duale prevede l'associazione di ticagrelor e ASA, quest'ultima alla dose giornaliera
compresa tra 75 e 150 mg. Dosi maggiori riducono l'efficacia del ticagrelor. Il paziente deve
essere informato di non assumere altri farmaci contenenti ASA, compresi quelli da banco.
In caso di intervento chirurgico programmato, e nel quale non sia espressamente indicata una
terapia antitrombotica, è necessario interrompere l'assunzione di ticagrelor 7 giorni prima
dell'intervento
Per i pazienti che non sono in grado di deglutire la(e) compressa(e) intera(e), le compresse
possono essere frantumate in una polvere fine, mescolate in mezzo bicchiere d'acqua e bevute
immediatamente. Il bicchiere deve essere sciacquato con un ulteriore mezzo bicchiere d'acqua
ed il contenuto bevuto.
Il cangrelor (▼) è un farmaco di recente immissione in commercio e di
esclusivo interesse ospedaliero. Si tratta infatti del primo inibitore diretto del
recettore P2Y12 somministrabile per via endovenosa, caratterizzato da una
pressoché immediata inibizione dell'aggregazione piastrinica, rapidamente
reversibile dopo sospensione dell'infusione venosa (vedi tabella 8). Questo
consente la somministrazione di un inibitore del recettore dell'ADP nel
periodo immediatamente precedente l'intervento percutaneo anche in
pazienti in cui vi è una ridotta biodisponibilità dei farmaci somministrati per via orale a causa, ad esempio di
nausea o ridotto assorbimento, o quando sia necessaria una inibizione piastrinica d'urgenza32. Rispetto agli
inibitori della glicoproteina IIb/IIIa (vedi paragrafo successivo), anch'essi somministrabili per via
endovenosa, presenta il vantaggio di un più rapido arresto dell'effetto antiaggregante e quindi un minor
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rischio di complicanze emorragiche. Dopo la sospensione dell'infusione di cangrelor è necessario proseguire
l'inibizione del recettore P2Y12 con tienopiridine o con il ticagrelor. Poiché il cangrelor blocca il recettore
P2Y12, impedendo l'accesso dei metaboliti attivi del clopidogrel e del prasugrel, questi possono essere
somministrati solo dopo l'interruzione dell'infusione, mentre il ticagrelor, che ha un'azione diretta, può
anche essere somministrato prima dell'infusione stessa33.
Inibitori della glicoproteina IIb/IIIa
Un breve cenno meritano anche abciximab, eptifibatide e tirofiban, tre antiaggreganti piastrinici di
esclusivo interesse ospedaliero.
Ogni piastrina ha sulla propria superficie 80.000 copie della GP IIb/IIIa, il recettore più abbondante presente
nelle piastrine. Allo stato di riposo il recettore è inattivo, ma subisce una modificazione della sua
conformazione quando la piastrina viene attivata sotto lo stimolo di agonisti piastrinici come la trombina, il
collageno e il tromboxano A2. Questo gli consente di legare molecole adesive come il fibrinogeno e il
fattore di von Willebrand, che àncorano le piastrine le une alle altre, portando all'aggregazione finale.
Gli inibitori di questi recettori sono potenti antiaggreganti, somministrabili esclusivamente per bolo e,v.
seguito da infusione. La loro azione è reversibile in tempi diversi a seconda del principio attivo. Sono
utilizzati in associazione ad ASA ed eparina non frazionata.
Tabella 10 - Principali caratteristiche degli inibitori del recettore GPIIb/IIIa
Abciximab
Eptifibatide
Tirofiban
Descrizione
Frammento Fab di un
anticorpo monoclonale
chimerico IgG1
Eptapeptide ciclico sintetico
Derivato non peptidico della
tirosina
Specificità per GPIIb/IIIa
No
Sì
Sì
Emivita plasmatica
10-30 min
2,5 h
2h
Durata dell'effetto dopo
sospensione
48 h
4h
8h
Eliminazione
Dato non disponibile
50% renale
66% urine 23% feci
Forma farmaceutica
Flac. 10 mg/ 5ml per bolo e
infusione e.v.
Flac 100ml 0,75mg/ml
Flac 10 ml 2mg/ml
Flac 50 ml 250mcg/ml
Indicazioni d'uso
PCI, angina instabile
Prevenzione infarto
miocardico iniziale in pazienti
con angina instabile o infarto
miocardico non-Q
Prevenzione infarto
miocardico iniziale in pazienti
con angina instabile o infarto
miocardico non-Q
Canale di distribuzione
Ospedaliero
Ospedaliero
Ospedaliero
I maggiori effetti indesiderati sono rappresentati da sanguinamenti e trombocitopenia, quest'ultima più
frequente con abciximab (~ 5%) che con gli altri due farmaci (~1 %).
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Farmaci antitrombotici inibitori della trombina
La trombina svolge un ruolo centrale nella formazione del trombo. Essa attiva diversi fattori della
coagulazione (V, VIII e IX) coinvolti nella ulteriore produzione di trombina e il fattore XIII, una proteina
implicata nella formazione del tappo di fibrina e nella sua stabilizzazione. La principale funzione della
trombina è quella di convertire il fibrinogeno solubile in fibrina insolubile e di stimolare l'aggregazione
piastrinica.
Figura 6 - Rappresentazione schematica del meccanismo d'azione del vorapaxar
In quest'ultimo processo la trombina agisce scindendo il dominio esocellulare dei recettori attivati dalle
proteinasi (PAR-1 e PAR-4) presenti sulla superficie delle piastrine. La "nuova" porzione terminale
esocellulare della catena proteica può così legarsi ad un secondo recettore provocando un aumento della
concentrazione del Ca2+ nel citosol e una conseguente riduzione del cAMP intracellulare. L'effetto finale è
l'attivazione del recettore GPIIb/IIIa, con conseguente aggregazione delle piastrine e formazione del
coagulo (Fig.7).
Oltre alla bivalirudina, già trattata tra i farmaci anticoagulanti, l'unico farmaco ad azione antiaggregante
appartenente a questa categoria è il vorapaxar.
Vorapaxar ▼
Il vorapaxar è il più recente farmaco antiaggregante approvato dall'EMA (gennaio 2015) ma ancora non in
commercio in Italia. Per completezza viene comunque descritto anche se brevemente.
E' un inibitore reversibile del recettore PAR-1 della trombina. La sua struttura deriva da quella di un
alcaloide trovato nella corteccia della magnolia australiana. Il farmaco non agisce su altri attivatori dell'
aggregazione, come l'ADP o il tromboxano A2, e non influenza l'azione della trombina sul recettore PAR-4,
per cui alte concentrazioni di trombina possono ancora indurre aggregazione delle piastrine.
Viene somministrato per via orale alla dose di 2 mg, sotto forma di compresse,
indifferentemente ai pasti o lontano dai pasti. Le indicazioni autorizzate ne
prevedono l'impiego in associazione ad ASA e, laddove appropriato, con clopidogrel,
per la riduzione degli eventi aterotrombotici in pazienti adulti con una storia di
infarto del miocardio. Il trattamento deve essere iniziato almeno 2 settimane dopo
un infarto del miocardio e, preferibilmente, entro i primi 12 mesi successivi
all'evento. Il trattamento può essere prolungato fino a 24 mesi.
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Viene metabolizzato nel fegato dalla CYP450 3A per cui la co-somministrazione di induttori (es. rifampicina,
fenitoina, carbamazepina) o inibitori (es. claritromicina, ketoconazolo) può modificarne l'effetto.
L'effetto indesiderato pi comune del orapa ar (c e pu riguardare no a 1 persona su 10 è il
sanguinamento, mentre il più temibile è l'emorragia intracranica, per cui il farmaco è controindicato nei
pazienti con storia di ictus o attacco ischemico transitorio (TIA) o emorragia intracranica .
Altri farmaci antitrombotici: dipiridamolo e cilostazolo
Dipiridamolo
Figura 7 - Rappresentazione schematica del meccanismo d'azione del dipiridamolo
Il dipiridamolo ha un meccanismo d'azione unico tra i farmaci antiaggreganti. In primo luogo inibisce il
reuptake dell'adenosina presente nel sangue da parte delle piastrine. Questo fa sì che la concentrazione di
adenosina aumenti e possa stimolare il recettore A2 presente sulla membrana delle piastrine, con aumento
della produzione di AMP ciclico (cAMP). Questo, in presenza di ioni Ca++, inibisce l'attivazione e
l'aggregazione delle piastrine, perché questi processi sono inversamente proporzionali alla concentrazione
di cAMP. Un secondo effetto del dipiridamolo è quello di inibire le fosfodiesterasi che trasformano il cAMP
in AMP, con ulteriore aumento della concentrazione di cAMP. L'adenosina ha inoltre un effetto
vasodilatatore, rafforzato anche dalla stimolazione della sintesi di prostaciclina da parte dell'endotelio
vasale.
Tabella 11 - Indicazioni di impiego dei farmaci a base di dipiridamolo
Dipiridamolo 75 mg - compresse
Terapia aggiuntiva nel trattamento orale anticoagulante per la prevenzione
della embolia da trombi associata alle protesi meccaniche valvolari cardiache.
Dipiridamolo 200 mg capsule rigide a rilascio
modificato
Terapia aggiuntiva nel trattamento orale anticoagulante per la prevenzione
della embolia da trombi associata alle protesi meccaniche valvolari cardiache;
nella prevenzione secondaria dell'ictus ischemico e degli attacchi ischemici
transitori, da solo o in associazione con acido acetilsalicilico.
Dipiridamolo 200 mg + ASA 25 mg
Prevenzione dell'ictus in pazienti con precedenti attacchi ischemici transitori
o ictus ischemico completo dovuto a trombosi (prevenzione secondaria).
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Il farmaco è disponibile in commercio in forma di compresse da 75 mg e in
capsule a rilascio modificato da 200 mg. Le capsule devono essere assunte
preferibilmente ai pasti e devono essere deglutite intere, senza masticare. Le
indicazioni approvate sono solo parzialmente sovrapponibili per i due
differenti dosaggi.
La posologia giornaliera è di 300-450 mg con possibilità di aumentarlo fino a
600 mg/die, da somministrare in dosi refratte.
Esiste anche una formulazione in capsule a dose fissa in cui 200 mg di
dipiridamolo, sotto forma di pellet a rilascio modificato, sono associati a 25 mg
di ASA, da assumere due volte al giorno, mattino e sera, preferibilmente ai
pasti. L'aggiunta di dipiridamolo all'acido acetilsalicilico o la concomitante
somministrazione di dipiridamolo e warfarin non comporta un aumento del
rischio di sanguinamento rispetto alla sola terapia con ASA o warfarin.
L'aggiunta di ASA al dipiridamolo in formulazione a rilascio modificato riduce del 23% circa il rischio relativo
di ictus ischemico rispetto alla sola aspirina34.
La cefalea è il principale effetto indesiderato del dipiridamolo, di entità tale da portare alla sospensione del
trattamento di circa un quarto dei pazienti; se compare in pazienti in trattamento con l'associazione con
ASA, non deve essere trattata con dosi analgesiche di acido acetisalicilico. Altri effetti indesiderati
abbastanza frequenti sono nausea, vomito, diarrea, vampate di calore, prurito.
Cilostazolo▼
La claudicatio intermittens è un'andatura particolare (un tipo di zoppia)
caratterizzata da dolore, rigidità, debolezza a carico degli arti inferiori che si
manifesta durante la deambulazione (soprattutto in salita) e che si risolve
nell'arco di alcuni minuti col riposo. Rappresenta il sintomo principale di una
arteriopatia periferica generalmente causata da una occlusione su base
aterosclerotica dell'aorta addominale inferiore e delle arterie iliaca, femorale
e/o poplitea. Il graduale accrescimento delle placche aterosclerotiche presenti
in queste arterie provoca una ischemia cronica la cui progressione è indicata
dalla riduzione della distanza che il paziente può percorrere in assenza di
sintomi. Nelle fasi avanzate, il dolore ischemico può manifestarsi a riposo.
Alcuni pazienti vanno incontro ad una ischemia critica agli arti inferiori in cui
coesistono una arteriopatia periferica, dolore ischemico cronico a riposo,
ulcerazioni, in particolare a carico delle dita dei piedi o dei talloni; ostruzioni
estese possono portare a necrosi o a gangrena. L'arteriopatia periferica
interessa il 4-12% delle persone con età compresa tra 55 e 70 anni e il 20%
degli ultra 70enni. Nell'arco di 5 anni, il 75% circa dei pazienti con claudicatio
rimane stabile o ottiene un miglioramento dei sintomi, il 20% peggiora e il 5%
sviluppa una ischemia critica alle gambe (l'1% subisce l'amputazione di un
arto). L'arteriopatia occlusi a sintomatica si associa ad un’aumentata
incidenza di complicazioni cardiovascolari, in particolare di morte da
coronaropatia e ictus. Il trattamento medico si basa su abolizione del fumo,
attività fisica strutturata (camminate in particolare), controllo di pressione
arteriosa e colesterolemia, compenso glicemico e riduzione del peso
corporeo.
Il cilostazolo è un inibitore della
fosfodiesterasi III dell'AMP ciclico,
dotato di attività antiaggregante
piastrinica e vasodilatatrice. E' indicato
per aumentare la distanza massima
percorsa a piedi senza dolore nei
pazienti con claudicatio intermittens
(vedi box), senza dolore a riposo e
senza necrosi dei tessuti periferici.
Il farmaco è indicato come trattamento
di seconda linea, in pazienti nei quali
modifiche dello stile di vita (tra cui
smettere di fumare e programmi di
attività fisica sotto la guida di un
supervisore) e altri interventi appropriati non sono riusciti a migliorare sufficientemente i sintomi della
claudicatio intermittens.35
La dose raccomandata è di 2 compresse da 100 mg al giorno, da assumere 30 minuti prima di colazione e
della cena. La dose va ridotta a 50 mg due volte al giorno nei pazienti trattati con farmaci che inibiscono
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
fortemente il CYP3A4, ad esempio, alcuni macrolidi, antifungini azolici, inibitori della proteasi, o medicinali
che inibiscono fortemente il CYP2C19, ad esempio omeprazolo.
L'assunzione assieme al cibo può aumentarne l'assorbimento con il rischio di maggior incidenza di effetti
indesiderati.
Quelli più frequenti sono legati all'effetto vasodilatatore del farmaco, vale a dire cefalea, anche grave,
capogiri ed edemi periferici. Comuni sono anche i disturbi gastrointestinali (come diarrea e feci molli) e
quelli di tipo cardiovascolare (palpitazioni, aumento della frequenza cardiaca, aritmie ed extrasistoli
ventricolari). L'aumento delle frequenza cardiaca può indurre episodi di angina in pazienti a rischio.
Come altri inibitori della fosfodiesterasi III il cilostazolo è controindicato nei pazienti con insufficienza
cardiaca di qualsiasi entità.
Una recente meta analisi di 15 studi clinici controllati ha concluso che il cilostazolo è efficace nel migliorare
la distanza percorsa da persone con claudicatio intermittens secondaria ad arteriopatia periferica, con
effetti indesiderati generalmente lievi, ma che non ci sono dati sufficienti per poter dire se il farmaco è in
grado di ridurre la mortalità per tutte le cause, gli eventi vascolari o se migliora la qualità di vita dei
pazienti36.
Informazioni per il paziente
I pazienti devono essere informati della necessità di riferire qualsiasi episodio emorragico o di facile
comparsa di ecchimosi nel corso della terapia, nonché della necessità di riferire tempestivamente
qualunque altro segno che possa suggerire l'esordio precoce di discrasia ematica, come piressia e mal di
gola.
Ruolo del farmacista
Il farmacista può svolgere un ruolo importante nell'aiutare i pazienti reduci da infarto o altri eventi vascolari
importanti relativamente alla gestione della complessa terapia medica.
Oltre ai farmaci antiaggreganti, spesso i pazienti assumono altre terapie,
come
beta-bloccanti, ACE
inibitori, nitroderivati e
statine.
I pazienti devono comprendere l'importanza della regolare assunzione della
terapia antiaggregante, spesso di tipo "duale" e la necessità di assumerla
per lunghi periodi di tempo. Per questo è importante spiegare loro quali
sono gli obiettivi della terapia antiaggregante, vale a dire ridurre il rischio di
morte dovuto ad eventi cardiovascolari e di ridurre il rischio di avere un
altro infarto o ictus e prevenire la trombosi dello stent per chi è stato sottoposto ad intervento coronarico
percutaneo. Ai pazienti (o a chi li assiste) devono essere date tutte le informazioni circa i dosaggi dei
farmaci, la frequenza e le modalità di assunzione e le informazioni sui più frequenti effetti indesiderati.
Devono essere resi consapevoli della necessità di segnalare ai medici con cui entrano in contatto tutti i
farmaci che stanno assumendo e di non sospendere la terapia antiaggregante senza averne prima parlato
con il proprio medico o il cardiologo.
I pazienti devono essere avvertiti di segnalare al medico sanguinamenti importanti o protratti e ogni altro
effetto indesiderato inatteso.
La comprensione di tutti gli aspetti della terapia è una componente importante, anche se non decisiva,
dell'aderenza del paziente alla sua terapia.
Più in generale, il farmacista può incoraggiare il paziente ad adottare, se necessario, più salutari stili di vita
che possano modificare i fattori di rischio quali il fumo, l'obesità, la sedentarietà, le errate abitudini
alimentari, mantenere sotto controllo ipertensione, diabete e ipercolesterolemia.
Tutto questo può essere realizzato sia attraverso il rapporto diretto con il proprio cliente/paziente
(interviste, incontri in collaborazione con medici o altri operatori sanitari) che attraverso strumenti
informativi come poster, foglietti illustrativi, opuscoli, monitor, allestimento delle vetrine ecc.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Appendice 1
La lettura di queste appendici è caldamente consigliata. Le informazioni contenute, se pur non direttamente applicabili alla routine professionale,
contribuiscono alla cultura generale di un professionista della salute quale il farmacista è a tutti gli effetti.
Cosa significa?
Nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di una specialità medicinale a base di clopidogrel si legge:
"Pazienti adulti affetti da sindrome coronarica acuta:

sindrome coronarica acuta senza innalzamento del tratto ST (angina instabile o infarto miocardico senza onde Q), inclusi pazienti
sottoposti a posizionamento di stent in seguito a intervento coronarico percutaneo, in associazione con acido acetilsalicilico (ASA).

sindrome coronarica acuta con innalzamento del tratto ST in associazione con ASA nei pazienti in terapia farmacologica candidati alla
terapia trombolitica"
Ecco cosa significano questi termini:
Con l'espressione Sindrome Coronarica Acuta (ACS - Acute Coronary Syndrome) si indica l'insieme dei sintomi clinici che sono compatibili con una
condizione di ischemia miocardica acuta. Si verifica in seguito alla rottura di una placca ateromasica in un paziente con malattia coronarica. La
rottura della placca è accompagnata da attivazione e aggregazione piastrinica e da trombosi, che hanno come conseguenza un ridotto rifornimento
di ossigeno al tessuto miocardico.
La sindrome è caratterizzata dalla presenza di dolore toracico, che si irradia al braccio sinistro, al collo, le spalle, la mandibola, al dorso e all'addome
superiore, ed è associato a sintomi neurovegetativi quali nausea, respiro corto, cute fredda e sudata. In circa il 20% dei casi l'infarto può essere
silente o dare una sintomatologia che non viene presa in considerazione dal paziente.
(da: Fanoroff AC, Rymer JA, Goldstein SA, Acute Coronary Syndrome;
JAMA 314(18); 1990.doi: 10.1001 /jama.2015.12743)
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
I fattori di rischio comprendono l'ipertensione, l'ipercolesterolemia, il fumo, il diabete e l'età.
In base al tracciato ECG e al dosaggio dei marker è possibile distinguere:

un infarto miocardico acuto con elevazione del tratto ST dell'ECG: è l'infarto miocardico dovuto ad una occlusione completa di un vaso
coronarico, con marker biochimici (troponine I e T) molto elevati indicativi di una necrosi del tessuto cardiaco. Viene indicato con la sigla
STEMI (ST Elevation Myocardial Infarction). Nella maggior parte di questi casi si sviluppa un'onda chiamata onda Q (Qw - Q wave),
mentre in altri casi quest'onda non è presente (NQMI).

Un infarto miocardico acuto con aumento delle troponine I e T, ma senza elevazione del tratto ST. In questo caso l'occlusione del vaso
coronarico è incompleta e l'infarto è definito NSTEMI (No ST Elevation Myocardial Infaction). Nella maggior parte dei pazienti con
NSTEMI, non si sviluppa l'onda Q, mentre in una quota inferiore di pazienti questa onda compare successivamente.

Angina instabile senza aumento del tratto ST e senza aumento significativo delle troponine I e T.
Nei pazienti con sindrome coronarica acuta si può ripristinare un adeguato flusso ematico al muscolo cardiaco con un'angioplastica coronarica (PCI Percutaneous Coronary Intervention) con o senza inserimento di uno stent, con la trombolisi farmacologica o con un by-pass aortocoronarico (CABG
- Coronary Artery Bypass Graft). La scelta della strategia dipende dalle caratteristiche del paziente (es. rischio emorragico, età) e dal tempo
intercorso prima dell'inizio del trattamento. Il trattamento di prima scelta durante le prime 12 ore dopo un infarto miocardico con elevazione del
tratto ST è l'angioplastica; un'altra opzione è rappresentata dall'uso di un trombolitico per via endovenosa. Il by-pass aorto-coronarico è un
intervento più duraturo ed efficace, ma più oneroso. In caso di angina instabile o di infarto miocardico senza innalzamento del tratto ST.
L' intervento coronarico percutaneo (Percutaneous Coronary Intervention), detto anche angioplastica coronarica, è una procedura con la quale
viene inserito un catetere flessibile di plastica in una arteria coronarica occlusa da una placca aterosclerotica. Candidati all'intervento sono i pazienti
che soffrono di malattia coronarica non controllabile con la terapia farmacologica e rappresenta una alternativa all'intervento di by pass aorto
coronarico.
La via di accesso è di solito l'arteria femorale, al livello dell'inguine, e l'intera procedura viene monitorata radiologicamente. All'estremità del
catetere che raggiunge la placca, vi è un palloncino che può essere gonfiato in modo che spinga lateralmente la placca contro la parete del vaso
ostruito e facilitare così il flusso di sangue. La procedura prevede generalmente il successivo, immediato posizionamento di uno stent metallico in
grado di mantenere aperta l'arteria. Per evitare il rischio della restenosi dell'arteria, si utilizzano spesso stent medicati, dove una vernice polimerica
contenente il farmaco (es. sirolimus o paclitaxel) viene applicata sulla rete metallica (stent a rilascio di farmaco).
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
La terapia trombolitica nell'IMA prevede l'impiego precoce (poche ore dall'insorgenza dell'infarto) di farmaci fibrinolitici, somministrati per bolo e/o
infusione venosa, in grado di dissolvere il coagulo ostruente e ripristinare il flusso ematico nella coronaria occlusa.
I farmaci di questo tipo attualmente autorizzati in Italia sono: alteplasi (attivatore tissutale umano ricombinante), reteplase (attivatore
ricombinante), tenecteplase (attivatore ricombinante) e urokinasi. Tutti agiscono attivando il plasminogeno in plasmina. Questo enzima degrada la
matrice di fibrina del trombo, dissolvendolo e producendo frammenti solubili.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Appendice 2
Cosa significa?
Nel foglietto illustrativo di una specialità medicinale contenente clopidogrel si può leggere
"Lo studio CURE è stato condotto su 12.562 pazienti con sindrome coronarica acuta senza innalzamento del tratto ST (angina instabile
o infarto miocardico senza onde Q) ….
I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con clopidogrel (dose di carico 300 mg seguita da 75 mg/die, N=6259) o con placebo
(N=6303), entrambi somministrati in associazione con ASA (75-325 mg una volta al giorno) e altre terapie standard. I pazienti sono stati
trattati fino ad un anno.[NdR: dalla lettura dello studio originale la media era di 9 mesi].
….
Il numero di pazienti che ha manifestato l'endpoint primario (morte cardiovascolare, infarto miocardico, o ictus) è stato di 582 (9,3%) nel
gruppo trattato con clopidogrel e di 719 (11,4%) nel gruppo trattato con placebo, con una riduzione del rischio relativo del 20%".
Domanda : In base ai risultati dello studio, quante persone con angina instabile già in trattamento con ASA bisognerà trattare
anche con clopidogrel per un periodo di 9 mesi per poter prevenire un ulteriore evento cardiovascolare (morte CV, infarto
miocardico o ictus)?
Per rispondere a questa domanda è necessario calcolare qual è la riduzione assoluta del rischio determinata dall' aggiunta del
clopidogrel allo schema terapeutico. Per far questo è necessario calcolare dapprima quale è la riduzione assoluta del rischio (ARR Absolute Risk Reduction). La scheda del prodotto ci fornisce i valori Rischio Relativo (RR) per i due gruppi di pazienti: così sappiamo
che ogni 100 pazienti trattati con sola ASA si possono prevedere 11,4 casi di uno degli eventi assunti come end point, mentre con
l'aggiunta del clopidogrel si avranno 9,3 casi ogni 100 pazienti trattati. La ARR sarà perciò data da:
Frequenza dell'Evento nel gruppo ASA -Frequenza dell'Evento nel gruppo ASA + clopidogrel = Riduzione Assoluta del Rischio (ARR)
11,4% - 9,3% = 2,1%
Il numero di pazienti con angina o NSTEMI che si devono trattare con clopidogrel + ASA (NNT - Number Needed to Treat) per prevenire
un evento end point in più rispetto al solo trattamento con ASA, in un periodo di 9 mesi, è dato dal reciproco del valore di ARR, ovvero:
NNT=1/0,021 ≌ 48
Questo dato è molto utile perché consente di confrontare l'efficacia di questo tipo di trattamento con altri trattamenti. Una valutazione di
questo tipo è presentata in questa tabella:
Riduzione di infarti del miocardio, ictus e morte
Farmaco*
RRR (%)
ARR (%)§
NNT
Eventi evitati/1000
pazienti
20
2,1
48
20
Clopidogrel e ASA (in
confronto a solo ASA)
19
2,2
46
22
Prasugrel e ASA (in
confronto a clopidogrel e
ASA)
16
1,9
53
19
TiCagrelor e ASA (in
confronto a clopidogrel e
ASA)
Da: Can Pharm J (Ott). 2015, Mar. 148(2):71-81
Volendo completare l'indagine ci si può chiedere: a che prezzo, non economicamente ma in termini di rischi, è possibile
raggiungere questo risultato?
In questo caso abbiamo bisogno di altre informazioni non presenti nella scheda tecnica del prodotto ma ricavabili dalla lettura dello
studio originale, per calcolare ogni quanti pazienti trattati si verifica un grave effetto indesiderato (in questo caso una emorragia grave
ma non fatale).
Lo studio ci dice che il 2,7% dei pazienti del gruppo ASA ha avuto un evento emorragico non fatale contro il 3,6% nel gruppo trattato
con clopidogrel + ASA.
Frequenza dell'evento avverso nel gruppo ASA -Frequenza dell'evento avverso nel gruppo clopidogrel +ASA = Aumento Assoluto del
Rischio (AAR)
2,7% - 3,6 %= - 0,9%
Il Numero di Pazienti da trattare per avere un effetto avverso (NNH - Number VNeeded to Harm) è dato dall'inverso del valore di AAR:
NNT=-1/0,009 ≌ 111
Combinando i due dati e rapportandoli a 1000 pazienti trattati con entrambi i farmaci per 9 mesi si può stimare che si eviteranno
[1000/48] ~20 casi in più, rispetto al solo trattamento con ASA, di ictus, infarto o morte cardiovascolare, ma al costo di [1000/111] = 9
eventi emorragici importanti in più rispetto al solo trattamento con ASA.
32
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2016
Bibliografia
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