FARMACI ANTIAGGREGANTI I farmaci antiaggreganti, detti anche

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FARMACI ANTIAGGREGANTI
I farmaci antiaggreganti, detti anche farmaci (antiaggreganti piastrinici), sono una categoria di
farmaci in grado di interagire negativamente con la funzione di aggregazione piastrinica,
prevenendo così la formazione di trombi ed emboli di origine trombotica.
I farmaci antipiastrinici possono agire attraverso tre meccanismi:
1. Interazione con recettori piastrini per sostanze prodotte all'esterno delle piastrine, come il
collageno, la trombina, alcune prostacicline e le catecolamine.
2. Interazione con recettori piastrinici per sostanze prodotte all'interno delle piastrine come
l'ADP, la serotonina e le prostaglandine D2 e E2.
3. Interazione con recettori piastrinici per sostanze prodotte all'interno delle piastrine come il
trombossano A2, cAMP, cGMP e gli ioni calcio.
I farmaci maggiormente utilizzati sono: aspirina, il clopidogrel, la ticlopidina, il dipiridamolo,
cilostazolo, abciximab, l’integrelin ed il Tirofiban.
Analizziamo meglio questa tipologia di farmaci.
ASPIRINA Acido acetilsalicilico
E' uno dei farmaci antinfiammatori non steroidei più adoperato in ambito clinico e capostipite di
una famiglia di farmaci nota con il nome di salicilati.
L'acido acetilsalicilico è una molecola ottenuta sinteticamente a partire dall'acido salicilico.
Assunto per via orale questo principio attivo viene assorbito a livello della mucosa gastrica ed
intestinale e quindi distribuito rapidamente al livello epatico, dove grazie all'azione di alcuni enzimi
noti come esterasi, viene convertito in acido salicilico.
E' proprio questa molecola, che raggiungendo i vari tessuti, espleta la propria azione terapeutica
inibendo irreversibilmente le ciclossigenasi, e determinando pertanto una sensibile riduzione delle
concentrazioni di prostaglandine, mediatori chimici coinvolti nella genesi del processo
infiammatorio e dotati di attività vasopermeabilizzante, vasodilatatrice e chemotattica.
Nelle suddette modalità d'azione prevalgono l'effetto antinfiammatorio, antidolorifico e in minima
parte anche antipiretico, grazie all'azione controregolatoria esercitata nei confronti di alcune
citochine e prostaglandine dotate di attività pirogena.
Terminata la propria attività l'acido salicilico viene opportunamente metabolizzato a livello epatico,
principalmente attraverso processi di coniugazione e glucuronazione, per poi essere
successivamente escreto per via renale
Gravidanza e Allattamento
Nonostante i bassi dosaggi di acido acetilsalicilico contenuti, l'utilizzo di questo medicinale è
controindicato nelle donne in gravidanza.
Tale controindicazione è sostenuta da numerose evidenze che dimostrano come assunzione di
farmaci antinfiammatori non steroidei durante la gravidanza, possa aumentare il rischio di
malformazioni fetali e aborti indesiderati, compromettendo il normale processo di differenziazione
e proliferativo delle varie cellule embrionali.
Controindicazioni Acido acetilsalicilico
L'assunzione è controindicata in caso di ipersensibilità al principio attivo o ad uno dei suoi
eccipienti, angioedema, ulcera peptica, anamnesi positiva per sanguinamenti intestinali, colite
ulcerosa, morbo di Crohn o storia pregressa per le stesse patologie, sanguinamento
cerebrovascolare, diatesi emorragica o concomitante terapia anticoagulante, insufficienza renale,
insufficienza epatica, asma, ipofosfatemia ed infezioni virali.
Effetti indesiderati
Nonostante i bassi dosaggi di acido acetilsalicilico presenti che consentano di ridurre sensibilmente
l'incidenza e la gravità dei vari effetti collaterali, è utile ricordare come l'utilizzo prolungato nel
tempo di farmaci antinfiammatori non steroidei, possa facilitare la comparsa di condizioni
patologiche a carico dei seguenti apparati:
• Apparato gastrointestinale, sottoposto all'azione irritativa diretta ed indiretta dell'ASA che si
manifesta con bruciore, gastralgie, nausea e vomito, stipsi e nei casi più gravi ulcere ed
emorragie;
• Sangue, nel quale si osserva un allungamento significativo del tempo di sanguinamento,
solo raramente associato anche a pancitopenia;
• Sistema genito-urinario, caratterizzato da un progressivo deterioramento della funzionalità
renale;
• Apparato tegumentario colpito da eritema nodoso, rash cutaneo, dermatiti e reazioni
bollose nei casi più gravi;
• Sistema Sensoriale interessato da calo dell'udito e oftalmopatie;
• Controllo Metabolico, con alterazioni soprattutto a carico del metabolismo glucidico;
• Sistema Nervoso centrale con cefalea, insonnia, sonnolenza, confusione e tremori;
• Apparato cardiovascolare associato ad un maggior rischio di eventi cerebro e
cardiovascolari.
L'utilizzo dell'aspirina nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari è ormai
constatato da diversi studi e non vi sono dubbi degli effetti benefici in termini di prevenzione della
trombosi coronarica: dopo infarto del miocardio, in caso di angina pectoris instabile, angina stabile
cronica ed in pazienti con fattori di rischio multipli (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia,
obesità, diabete mellito e familiarità per cardiopatia ischemica); profilassi degli eventi ischemici
occlusivi in pazienti con attacchi ischemici transitori (TIA) e dopo ictus cerebrale; prevenzione della
riocclusione dei bay-pass aorto-coronarici, e nell'angioplastica coronarica percutanea
transluminale (PTCA); prevenzione della trombosi durante circolazione extracorporea, nei pazienti
in emodialisi e nella sindrome di Kawasaki
Altri nomi commerciali :
• CARDIRENE, 75 -160 e 300 mg. Di prassi si utilizza il dosaggio di 160 mg, utilizzando 75 mg
come prosecuzione nei pazienti con rischio basso di eventi cerebrovascolari.
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ASCRIPTIN 20 CPR
CARDIOASPIRIN 100MG 30CPR
ANTIGREG 30 CPR 250 MG
CLOX*250MG 30 CPR
OPTERON*250MG 30 CPR
CLOPIDOGREL
Il Clopidogrel è il nome del principio attivo di farmaci con indicazione specifica per la prevenzione e
il trattamento di malattie cardiovascolari, un antiaggregante piastrinico della famiglia delle
tienopiridine, il cui meccanismo d'azione è volto all'inibizione di uno dei due recettori piastrinici
dell'ADP (molecola in grado di attivare le piastrine), denominato P2Y12. Dapprima è stato utilizzato
perlopiù in sostituzione della ticlopidina (un farmaco antipiastrinico con lo stesso meccanismo
d'azione del clopidogrel ma con maggiori effetti collaterali) o dell'aspirina, nei casi di intolleranza o
allergia a quest'ultima. Studi successivi hanno poi dimostrato un effettivo risultato positivo a
confronto con l'aspirina nel caso di infarto del miocardio. Attualmente è indicato nel trattamento
delle sindromi coronariche acute (infarto STEMI, infarto NSTEMI, angina instabile) in associazione
all'aspirina. Inoltre deve essere associato all'aspirina per la prevenzione della trombosi dello stent
in pazienti sottoposti ad impianto di stent coronarici, per un periodo variabile da 3 mesi ad un
anno a seconda del tipo di stent impiantato.
Il clopidogrel è indicato negli adulti nella prevenzione di eventi di origine aterotrombotica in
pazienti affetti da infarto miocardico (da pochi giorni fino a meno di 35 giorni), ictus ischemico (da
7 giorni fino a meno di 6 mesi) o arteriopatia periferica comprovata.
Negli adulti e negli anziani il Clopidogrel deve essere somministrati in dose giornaliera di 75 mg
durante o lontano dai pasti
Alcuni degli effetti indesiderati sono:
gastrite, cefalea, dolore addominale, dispepsia, nausea, vomito, febbre, leucopenia, pancreatite,
sindrome di Stevens-Johnson, affaticamento, epatite,vasculite, allucinazioni, artralgia.
Il Clopidogrel fa parte della lista dei farmaci che possono essere altamente pericolosi se assunti in
associazione con agrumi, in particolare il pompelmo. Le reazioni comprendono insufficienza renale
o respiratoria acuta, emorragie gastrointestinali, tossicità renale e soppressione del midollo osseo.
Il nome commerciale piu conosciuto del Clopidogrel è PLAVIX 75 mg ma ci sono altri nomi tra cui:
• CLOPIDOGREL RED 75MG 28CPR
• CLOPIDOGREL TEV 75MG 28CPR
• CARDER*75MG 28CPR
• CLOPIDOGREL ACV 75MG 28CPR
• CLOPIDOGREL MYL 75MG 28CPR
LA TICLOPIDINA
La Ticlopidina appartiene alla classe delle tienopiridine ed è dotata di peculiare attività
antitrombotica, in quanto diminuisce l’adesività piastrinica, inibisce l’aggregazione piastrinica
(indotta da APD, collagene, trombina ed endoperossidi), stimola la disaggregazione piastrinica,
diminuisce l’iperaggregabilità eritrocitaria indotta da protamina solfato, migliora la capacità degli
eritrociti di modificare la propria forma (filtrabilità).
La Ticlopidina è indicata nella prevenzione secondaria di eventi ischemici occlusivi cerebro e
cardiovascolari in pazienti a rischio trombotico (arteriopatia obliterante periferica, pregresso
infarto del miocardio, pregressi attacchi ischemici transitori ricorrenti, ictus cerebrale ischemico,
angina instabile).
Il farmaco è controindicato nei soggetti che presentino od abbiano presentato: leucopenia,
piastrinopenia od agranulocitosi,
diatesi emorragiche (pregresse o in atto) ed emopatie che comportano un allungamento del tempo
di sanguinamento, lesioni organiche suscettibili di sanguinamento (ulcere dell’apparato
gastrointestinale, varici esofagee, ecc), accidenti vascolari cerebrali emorragici in fase acuta ed
infine epatopatie gravi.
In qualche caso è stata segnalata, durante il trattamento con Ticlopidina, la comparsa di leucopenia
od agranulocitosi, talvolta anche ad esito irreversibile; pertanto il farmaco deve essere impiegato
solo nei casi in cui esso è insostituibile e negli ultimi tempi a causa appunto di questi effetti
collaterali viene usato sempre meno
La dose consigliata è di 2 cp da 250 mg al giorno. È necessario prima di iniziare la terapia ed ogni
15 giorni durante i primi tre mesi di trattamento, effettuare un controllo quindicinale della crasi
ematica, con particolare riguardo alla conta dei globuli bianchi e delle piastrine.
Prima di un intervento chirurgico di elezione sospendere il trattamento per una settimana (tranne
nei casi in cui non sia espressamente richiesta un’attività antitrombotica) in considerazione del
rischio emorragico indotto dal farmaco;
IL DIPIRIDAMOLO
Il Dipiridamolo è il nome del principio attivo utilizzato come terapia aggiuntiva nella profilassi della
tromboembolia associata alla presenza di protesi meccaniche valvolari cardiache. Ha un effetto
antiaggregante da ricondurre all'inibizione della captazione dell'adenosina ematica. Esso infatti è
un inibitore abbastanza potente del trasportatore nucleosidico bilanciato. In aggiunta possiede un
certo effetto inibitore sulle fosfodiesterasi specifiche per l'AMP ciclico. L'effetto combinato di
questi due meccanismi impedisce l'aggregazione piastrinica indotta da vari stimoli.
È utilizzato nella prevenzione secondaria dell'ictus ischemico e degli attacchi ischemici transitori,
da solo o in associazione con acido acetilsalicilico
Dosaggi :
• Profilassi della tromboembolia, associata a protesi valvolari cardiache: il range di dosaggio è
300-450 mg al giorno in dosi refratte e fino a 600 mg/die nei casi gravi.
• Prevenzione secondaria dell'ictus ischemico e degli attacchi ischemici transitori 200 mg due
volte al giorno.
Controindicazioni
Dovrebbe essere impiegato con cautela in pazienti con gravi malattie a carico delle arterie
coronarie quali angina instabile, infarto del miocardio recente, insufficienza cardiaca non
compensata, stenosi aortica, miastenia grave. In caso di allattamento va utilizzato se considerato
indispensabile dal medico.
Nota:
Aggrenox è una associazione a dose fissa di due antiaggreganti piastrinici, il dipiridamolo e
l'aspirina, per la prevenzione secondaria dell'ictus.( 200 MG Piridamolo , 25 mg Aspirina)
Altri nomi Commerciali: Persantin, Corosan.
CILOSTAZOLO
Cilostazolo è un principio attivo della classe degli inibitori reversibili della fosfodiesterasi III con
attività antiaggregante piastrinica
Indicazioni: per aumentare la distanza percorsa a piedi senza dolore e la distanza massima in
pazienti con claudicatio intermittens, senza dolore a riposo e senza necrosi dei tessuti periferici.
Una metanalisi della Cochrane di 7 studi di confronto con placebo (n=1.579) indica che un paziente
trattato con cilostazolo alla dose registrata di 100 mg 2 volte al giorno può percorrere a piedi senza
dolore 31 metri in più rispetto ad un paziente trattato con placebo, mentre la distanza di marcia
massima aumenta di 50 metri rispetto al placebo. Le differenze sono statisticamente significative.
Un'analisi combinata di 8 studi controllati con placebo ha evidenziato che il miglioramento
dell'ACD verso placebo, stimabile intorno al 20%, è inferiore nei diabetici (15%) rispetto ai non
diabetici (24%)Il cilostazolo è un nuovo antiaggregante piastrinico con attività vasodilatatoria. Nei
pazienti con claudicatio intermittens aumenta del 20% circa la distanza di marcia percorsa senza
dolore, ma non influisce positivamente sulla mortalità. A questa modesta efficacia sui sintomi si
associa un profilo di tollerabilità scadente. La cefalea, anche grave, interessa 1 paziente su 3; altri
effetti indesiderati frequenti sono la diarrea (1 paziente su 5), la tachicardia e le alterazioni del
ritmo cardiaco (1 paziente su 10) che possono risultare pericolose. Un farmaco dall'alto potenziale
interattivo, costoso, che non ha un ruolo nell'attuale strategia di trattamento della claudicatio.
Dosaggio: La dose raccomandata è di 100 mg due volte al giorno (dopo colazione e cena).IL nome
commerciali è PLATEL
ABCIXIMAB
L’Abciximab (ReoPro) è un potente inibitore del recettore della glicoproteina IIa/IIIb ( Gp IIa/IIIb ),
riduce le complicanze trombotiche nei pazienti sottoposti ad intervento percutaneo coronarico
( PCI ).
È utilizzato in cardiologia nella previdenza delle complicanze cardiache in special modo dell’infarto
miocardico acuto o l’angina instabile, di solito di somministrazione pre-intervento.
Prevenzione pre-intervento 250 ug/kg per iniezione endovenosa immediata, in seguito 125
ng/kg/minuto. La proceduta tempistica cambia a seconda dell’intervento che la persona dovrà
subire.
Alcuni degli effetti indesiderati sono:
emorragia, cefalea, dolore toracico, nausea, vomito, febbre, ipercalcemia, bradicardia,
iperuricemia, affaticamento, ipotensione, rash, vertigine, angioedema, sindrome da distress
respiratorio dell'adulto.
INTEGRILIN
Integrilin è un medicinale contenente il principio attivo eptifibatide
Integrilin è utilizzato per prevenire l'infarto del miocardio (attacco di cuore) in adulti. Integrilin è
indicato nei seguenti gruppi:
1. pazienti con angina instabile (una grave forma di dolore al torace di varia intensità);
2. pazienti che hanno già avuto un infarto del miocardio senza onda Q (un tipo di attacco di
cuore) in presenza di dolore al torace nelle ultime 24 ore e anomalie
dell'elettrocardiogramma (ECG) o segni di problemi cardiaci rilevati nel sangue.
Integrilin è somministrato con aspirina ed eparina non frazionata (altri farmaci che impediscono la
formazione di coaguli di sangue).
I pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dal trattamento con Integrilin sono
quelli ad alto rischio di infarto miocardico nei tre-quattro giorni dall'inizio di un'angina acuta
(improvvisa). Sono inclusi i pazienti sottoposti ad angioplastica transluminale percutanea
coronarica (ACTP, un tipo di chirurgia volta a ripulire le arterie che alimentano il cuore).
Integrilin è un inibitore dell'aggregazione piastrinica; ciò significa che aiuta a prevenire la
formazione di coaguli di sangue. La coagulazione del sangue avviene per l'azione di speciali cellule
del sangue, le piastrine, che si attaccano l'una all'altra (si aggregano). Il principio attivo di Integrilin,
l'eptafibatide, interrompe l'aggregazione delle piastrine bloccando una proteina, la glicoproteina
IIb/III, situata sulla loro superficie che contribuisce a farle aderire l'una all'altra. Integrilin riduce
fortemente il rischio di formazione di coaguli di sangue e aiuta a prevenire un nuovo attacco di
cuore.
AGGRASTAT TIROFIBAN
E’ un antiaggregante piastrinico che, antagonizzando il legame del fibrinogeno e del fattore di von
Willebrand ai recettori delle glicoproteine IIb/IIIa presenti sulla superficie delle piastrine,
impediscono l'aggregazione piastrinica [con lo stesso meccanismo d'azione dell'acbiximab
(Reopro)].
L'effetto antipiastrinico di tirofiban ed eptifibatide permane per circa 4 ore contro le 24-48 ore
dell'abciximab. Vengono impiegati per infusione endovenosa: il tirofiban alla dose di 400ng/kg/min
per 30 minuti, seguiti da 100ng/kg/min per almeno 48 ore; l'eptifibatide alla dose di 2 mcg/kg/min
sino a 72 ore, preceduta da un bolo di 180mcg/kg.Nei pazienti candidati a interventi di
rivascolarizzazione coronaria percutanea (es. angioplastica con o senza impianto di stent), gli
inibitori selettivi dei recettori IIb/IIIa, associati all'aspirina e alla eparina, si sono dimostrati in grado
di ridurre l'incidenza di morte e di infarto miocardico a 30 giorni e a 6 mesi.Nel trattamento delle
sindromi coronariche acute e nell'infarto non Q, l'efficacia di questi antiaggreganti piastrinici risulta
meno evidente e il loro ruolo preciso è ancora in via di definizione.
Sulla base dei trial più importanti sinora condotti, la popolazione di pazienti che può ottenere i
benefici maggiori dal trattamento è quella con angina instabile associata ad almeno uno dei
seguenti fattori: troponina positiva, scompenso in atto, ischemia ricorrente, instabilità
emodinamica, aritmie maggiori, angina precoce post-infartuale, pregresso by-pass coronarico. Non
esistono confronti diretti tra tirofiban ed eptifibatide, né ragioni per ritenere che l'uno sia
superiore all'altro. Nell'infarto miocardico acuto è attualmente in fase di studio la loro associazione
a dosi ridotte di fibrinolitico per migliorare la riperfusione coronarica.
Tutti gli antagonisti della glicoproteina IIa/IIIb aumentano leggermente il rischio di emorragie
maggiori.
Procedure invasive nei pazienti che assumono terapia antiaggregante orale
La terapia antiaggregante come abbiamo detto ,consiste in farmaci in grado di inibire
l’aggregazione piastrinica attraverso meccanismi diversi. Tali medicinali vengono impiegati nella
prevenzione primaria e secondaria degli eventi cerebrovascolari, nonchè nella prevenzione della
trombosi precoce e tardiva degli stent.
I pazienti candidati ad una procedura invasiva che assumono la terapia antiaggregante, hanno un
rischio emorragico maggiore in quanto le piastrine “disattivate” da questi farmaci non possono
contribuire alle prime importanti fasi dell’emostasi.
Anche in questa situazione il medico deve attentamente valutare il rischio emorragico
dell’intervento, considerando, tuttavia, il rischio trombotico cardiovascolare del Paziente che
risulta diverso a seconda della patologia di base (es. Pazienti in monoterapia antiaggregante per la
prevenzione primaria dell’ictus o dell’infarto hanno un rischio trombotico molto minore rispetto a
un Paziente in duplice terapia antiaggregante per il recente posizionamento di uno stent
coronario).
Principi da considerare nell’interruzione della terapia anti-aggregante:
• La vita media delle piastrine è di circa 7 –10 giorni; pertanto, per gli antiaggreganti che
inibiscono irreversibilmente la funzione piastrinica, sono necessari 7 – 10 giorni di
sospensione per rinnovare totalmente il pool piastrinico.
• Qualora si ritenga più sicuro accorciare i tempi della sospensione della terapia
antiaggregante a causa dell’elevato rischio trombotico del Paziente, si può valutare se
interrompere la terapia 5 giorni prima della procedura.
• Alcune procedure di chirurgia minore possono essere eseguite anche durante assunzione di
terapia antiaggregante.
• A differenza della TAO, nella terapia antiaggregante non esiste una vera e propria terapia
ponte supportata da evidenze scientifiche; infatti, nonostante nella pratica clinica si osservi
spesso l’impiego delle EBPM, questo approccio non offre una reale protezione.
• Grande attenzione va rivolta ai Pazienti che assumono una duplice terapia antiaggregante
per il recente posizionamento di stent, in quanto la sospensione di uno dei due farmaci può
portare a complicanze anche letali quali la trombosi dello stent.
AVVERTENZE
Sono stato attento, ma non sono perfetto. Per qualsiasi mia inesattezza accetto consigli e
suggerimenti.
[email protected].
Dr. Raffaele Apa
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