Capitolo d`Estate 2016

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COMPAGNIA DELL’ARTE
DEI BRENTATORI
BAZZANO
Capitolo d’Estate
o
Capitolo della Guazza di San Giovanni
26 giugno 2016
"Eerbe,Erbette
e
piccole magie
"
Programma
Ore 18,00 Hotel della Rocca di Bazzano sala interna relazione di
Salvatore Caiazzo presidente della Associazione Amici Parco
dell'Abbazia :
"Fiori ed erbe selvatiche e aromatiche, un aiuto in cucina".
Il relatore illustrerà attraverso immagini e descrizioni, alcuni fiori e
piante selvatiche che possono essere utilizzate in cucina per
realizzare piatti inusuali e dai delicati sapori.
Ore 19,30 Hotel della Rocca di Bazzano giardino pensile: Calice
dell'Amicizia. L'aperitivo, ricchissimo come solito, conterrà in
particolare torte salate alle erbette oltre ai frittini di verdura "ed altri
appetitosi finger food" .
ore 20,30 Conviviale del Capitolo. La cena si svolgerà all'aperto, in
un suggestivo scenario, in ricordo delle conviviali degli anni '70"
CHE COSA SI INTENDE PER ERBE?
Con il termine erba si indicano genericamente le piante basse con
fusto verde e non legnoso. Solitamente si tratta di piante annuali, ma
non sono rare le specie sempreverdi, biennali o perenni. Le erbe
impiegate in cucina sono dette erbe aromatiche, mentre quelle
usate in erboristeria per le loro proprietà curative e benefiche si
definiscono erbe medicinali od officinali. Si possono utilizzare
varie parti della pianta (foglie, frutti, fiori, radici, cortecce ecc.).
Particolare importanza rivestono tuttavia, nella maggior parte dei
casi, le foglie. Dal punto di vista botanico la maggior parte delle erbe
sono piante erbacee annuali o pluriennali; ciò significa che le parti
della pianta fuori terra non lignificano e dopo il periodo invernale
rifioriscono. Fanno eccezione il rosmarino e la salvia, che sono
piante legnose e complicano così la definizione. Da menzionare, in
particolare, due famiglie di piante che annoverano molte specie di
erbe dai diversi usi: • le Lamiacee – tra queste figurano molte piante
che amano il clima temperato, tipico delle zone mediterranee come il
rosmarino, il timo, l’origano, la lavanda e il basilico, ma anche la
menta e la melissa; • le Apiacee – a questa famiglia appartengono
importanti erbe aromatiche e da cucina usate per aromatizzare
zuppe, insalate, pane ecc., come il prezzemolo, il levistico, il
cerfoglio, l’aneto, il finocchio, il cumino e l’anice. Le piante di
entrambe le famiglie hanno un alto contenuto di oli essenziali o
eterici. L’impiego delle erbe dipende dalle sostanze in essa
contenute, come per esempio gli oli essenziali. Le piante aromatiche
vengono utilizzate per il loro sapore e aroma, quelle officinali per le
loro proprietà curative.
Molte erbe sono originarie dell’area del Mediterraneo e sono definite
deboli consumatori, ossia hanno un ridotto fabbisogno di sostanze
nutritive. Sono molto semplici da coltivare perché hanno davvero modeste
esigenze e preferiscono posizioni luminose e soleggiate.
I consumatori forti necessitano invece di un terreno fertile, ricco di
sostanza organica, sempre fresco e dotato di un buon drenaggio. Sarebbe
opportuno coltivare insieme piante che hanno caratteristiche ed esigenze
simili. Ciò ne facilita la concimazione e anche l’annaffiatura.
Le erbe in vaso
La maggior parte delle erbe si possono coltivare facilmente in vaso su
balconi o davanzali, il che ne facilita anche l’uso in cucina. Per la
coltivazione possono essere impiegati tutti i tipi di contenitori. L’unico
accorgimento è che tali recipienti abbiano sotto un’apertura.
Le erbe con esigenze simili dovrebbero essere piantate nello stesso vaso.
Le piante proliferanti, come per esempio la menta o la melissa,
dovrebbero essere poste Consumatori forti
in
Consumatori deboli
vasi distinti. . Le erbe con
Santoreggia
esigenze
s i m i l i Nasturzio
(montana)
d o vr e b b e r o
e s se r e
piantate nello stesso vaso. Levistico
Basilico
Le
piante
proliferanti, Prezzemolo
Lavanda
come per esempio la
Origano
menta o la melissa, Erba cipollina
dovrebbero essere poste Diverse varietà di menta Rosmarino
in
vasi distinti.
Melissa
Salvia
Romice sanguineo
Timo
Erba cipollina all’aglio
Issopo
Di tutto questo e di molto altro ci parlerà il:
dott. Salvatore Caiazzo
Presidente della
“Associazione Amici del Parco di Monteveglio”
Nasce a Napoli e per diciotto anni ne gode le
bellezze e la vive intensamente.
Vive tra Bologna, Verona e Padova per poi
stabilirsi oltre 24 anni fa a Montebudello,
frazione di Valsamoggia, dove resta ammaliato
dal Parco dell'Abbazia e ne diventa affezionato
frequentatore.
A 45 anni riprende l'università e si laurea in
infermieristica a Chieti e subito dopo
intraprende gli amati studi di Scienze Naturali a
Bologna, dove si laurea in un triennio e nel
biennio successivo consegue la laurea magistrale in Scienze e
Gestione della Natura.
Socio da oltre 34 anni del WWF, da oltre 18 della LIPU, consigliere
nel direttivo dell'Unione Bolognese Naturalisti per due mandati,
consigliere del Gruppo Micologico AVIS di Bologna, Presidente dal
2014 dell'Associazione Amici del Parco di Monteveglio, di cui è stato
primo iscritto nel 2007 e consigliere nel precedente mandato,
Parliamo di vini aromatizzati e speziati
Vinum Ippocraticum o Ippocrasso
Già il nome stesso attribuisce a questo vino il sigillo medievale per
eccellenza, anche perché il vino è sempre stato utilizzato come veicolo di
principi attivi medicinali ed i vini medicamentosi erano fra le forme più
prescritte nella medicina galenica.
Numerose fonti attribuiscono la ricetta risalente a Ippocrate (460 a.C.),
famoso medico greco del V secolo d.C., fondatore della medicina antica.
Fu lui molto probabilmente a lasciar macerare nel vino greco, molto forte e
ricco di zuccheri, con fiori di dittamo e artemisia.
Il vino rimaneva in infusione e dava luogo ad una bevanda digestiva e
stimolante, che diffondendosi pian piano in tutta europa venne definita
come “vinum ippocraticum” o “ippocrasso”.
I vini speziati sono relativamente insoliti ai nostri palati anche se tutti
conoscono il vin brulè che altro non è che un vino speziato alla maniera
medievale ma cotto. Nel Medioevo ogni vinattiere, speziale e addetto al
vino era in grado di preparare vini speziati e ognuno aveva la sua ricetta.
Fu solo alla fine del '300 che cominciò a circolare il nome di ippocrasso
molto probabilmente ispirandosi al medico Ippocrate per avvalorare una
qualche qualità medicamentosa o di toccasana della bevanda.
Con il passar del tempo e con l’avvento dei floridi commerci dei veneziani
nel Mediterraneo ci fu l’avvento delle spezie e di conseguenza nacquero
vini aromatizzati al cardamomo, alla cannella, chiodi di garofano.
Uno dei primi riferimenti quale bevanda “medievale” è riscontrabile nel
trattato di Guillame Tirel detto Taillevent, cuoco di corte di Filippo VI e
Carlo di Francia, scritto nel 1381.
Tirel difatti fa riferimento ad un vino rosso aromatizzato con chiodi di
garofano, cardamomo, zenzero, galanga, cannella, miele.
Si diffuse facilmente nelle corti d’europa sia per il suo carattere “nobile”
data la macerazione del vino con spezie, al tempo molto costose e
presenti soltanto di ambienti nobili.
In Italia per indicare l’Ippocrasso si utilizza più spesso il termine
chiariera o chiarea, derivato dal latino medievale claretum.
Il pigmentum, claretum o hippocras che dir si voglia discende secondo
alcuni dal vinum conditum dei Romani, chiamato anche piperatum
perché a base di pepe e miele. Plinio lo fa rientrare nella vasta
categoria dei vini aromatites, che appartenevano alla ancor più vasta
famiglia dei vina ficticia, cioè ‘corretti, manipolati’. Nella Storia Naturale
ne sono enumerati 29 fatti con erbe, ortaggi e anche cereali, 21 con
bacche, fiori e frutti e 14 con spezie propriamente intese, vale a dire
quelle piante aromatiche esotiche
che andavano per la maggiore. Solamente il vino aromatizzato con il
pepe godeva, come si è detto, di un nome suo proprio.
Questi vini si ottenevano per infusione, partendo più spesso dal
mosto, in cui veniva immerso un
sacchetto di tela contenente
l’aroma o la miscela di aromi
polverizzati.
Quasi un millennio durò la
“moda” del pepe sulle tavole e
nei vini speziati, poi il primato
passò ad altre spezie, ed
assistiamo così alla nascita del
vino aromatico medievale, in cui
predomina
decisamente
il
cinnamomo.
Anche il procedimento di
preparazione cambia: la miscela
di spezie polverizzate e di miele
(lo zucchero si sta facendo
strada lentamente, anche se
inesorabilmente)
viene
introdotta nella “manica di
Ippocrate”, e sopra di essa il
vino, che sarà ripetutamente
colato nei recipienti sottostanti,
in modo che tutto il vino fosse
“ben condito”.
Questo è l’autentico procedimento per fare un buon hippocras e rimarrà
in voga per secoli.
LA RICETTA:
Ippocrasso
Le dosi sono per ogni litro di
vino rosso o bianco secco e
si calcolano per
8-10
persone. (questa è una
specie di ricetta base,
ognuno poi la integra con
ulteriori spezie o erbe. Da
tenere presente che il gusto
m e d i e v a l e
e r a
tendenzialmente più "secco"
rispetto
all'abitudine
del
nostro palato verso le
bevande dolci.)
Scaldare un paio di bicchieri
di vino in un pentolino per
facilitare così che si sciolgano 100 grammi di miele o di zucchero (la
quantità di zucchero può arrivare anche a 150-200 grammi se piace più
dolce) ovviamente il miele non deve essere d'acacia (arrivata in Europa
solo nel 1600); versare il vino addolcito col restante vino in una capiente
pentola.
In un mortaio (si sconsigliano le spezie in polvere perché il prodotto secco
è più fragrante) mettere: (le dosi massime sono quelle indicate nella ricetta
medievale i valori più bassi corrispondo alle dosi utilizzate mediamente
per il vin brulè)
68 grammi di cannella, 68 grammi di zenzero + 68 grammi di galanga
(non facilmente reperibile, ma simile come sapore allo zenzero), 68 chiodi
di garofano (alcune antiche ricette li omettono) 68 baccelli di cardamomo
(alcune antiche ricette li omettono) pestare in un mortaio fino a
sminuzzare finemente le spezie, se invece le spezie sono
state reperite in polvere vanno mischiate bene insieme.
Mettere la polvere in una garza sterile, chiuderla e lasciarla sul fondo della
pentola per circa 3 ore. (come per il tè, più resta in macerazione più
acquista sapore). Ma se si vuole applicare il metodo medievale alla lettera,
occorre avere molta più pazienza e far decantare il vino per colatura dalla
già citata "manica di Ippocrate"!
E’ preferibile far riposare il vino imbottigliato e in luogo fresco qualche
settimana o anche un mese.
COMPAGNIA DELL’ARTE
DEI BRENTATORI
BAZZANO
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