l`italia del primo dopoguerra

annuncio pubblicitario
L’ITALIA DEL PRIMO DOPOGUERRA
LA SITUAZIONE PARTITICA
L’Italia era particolarmente fragile economicamente e politicamente. I problemi della
Germania erano molto simili a quelli italiani: inflazione, ceti medi avversati ecc…
Le forze politiche erano il Partito Socialista Italiano di Turati e il PSRI. I problemi nel PSI
continuarono soprattutto dopo l’Internazionale Comunista di Mosca. Il PSI ebbe una
dialettica interna fino al 1921, data in cui nacque il PCI (Partito Comunista Italiano) ad
opera di Gramsci e Bordiga. Oltre al PSI (spaccato tra Sinistra riformista e radicale) c’era il
Partito Popolare di don Luigi Sturzo, prete siciliano che fondò il PPI nel 1919.
Il PPI nacque dove era già nato un partito che si ispirava alla Chiesa: la Democrazia
Cristiana di Romolo Murri.
D. Sturzo era un intellettuale di valore, comprendeva la realtà contemporanea e le
problematiche del Mezzogiorno. Si rese conto che la risorsa meridionale, l’agricoltura, non
era stata valorizzata. Tra le proposte del PPI c’era infatti una riforma agraria che prevedeva
la modernizzazione agricola, la tutela del territorio ecc…
Oltre a ciò, oltre alla riforma agraria c’era una proposta di decentramento amministrativo.
L’Italia era diversa nel suo territorio e ciò contrastava con la uniformità delle leggi. D.
Sturzo voleva, invece, una maggiore autonomia delle entità locali. Tuttavia d. Sturzo non
voleva creare un partito clericale o meridionale bensì uno laico e nazionale.
Intanto il PSI continuò ad essere diviso, soprattutto nel 1919 dopo il Komintern di Mosca. I
socialisti in maggioranza non accettarono le proposte e durante il Congresso di Livorno del
1921 un’ala del partito fondò il PCI.
Il 23 marzo 1919 nacque una nuova forza politica: il movimento dei fasci di
combattimento. Esso ereditava le idee dell’interventismo italiano. Tale movimento non
intendeva essere lontano dal paese, dalla gente e non voleva essere istituzionalizzato in un
partito. Il leader di questo movimento era Mussolini, che era già stato espulso dal PSI.
Al momento della sua fondazione, tale movimento non aveva idee chiare e definite ma
delle linee tra cui l’essere un movimento antiborghese, anticlericale (con tutte le relative
critiche) ed antisocialista perché riteneva che il socialismo si fosse attestato solo su
posizioni operaiste, senza considerare tutto il resto dei lavoratori. Mussolini non aveva
apprezzato la Rivoluzione Russa perché si ispirava al socialismo francese ed al
sindacalismo.
Questa anima antisocialista concepiva come impossibile l’internazionalismo: l’unico
socialismo possibile era quello nazionale. Quindi Mussolini volle scindere il laburismo
dall’operaismo bolscevico.
Infine il movimento dei fasci di combattimento era antimonarchico repubblicano; esso si
ispirava a Mazzini.
PROBLEMI DELL’ITALIA
Bande armate (simili ai Freicorps), inflazione, reduci di guerra.
Fiume divenne un pretesto per manifestare contro il governo. Tornò il mito della “vittoria
mutilata”.
Il 12 settembre 1919 G. D’Annunzio tentò di impossessarsi di Fiume e di restituirla agli
italiani. A Fiume si trovavano i rappresentanti della Società delle Nazioni e un po’ tutti gli
Stati erano imbarazzati della situazione. L’impresa fiumana durò 15 mesi e il governò non
delegittimò l’impresa perché non se la sentiva. A Fiume governava D’Annunzio e qui venne
instaurato un governo socialista: politica ed economia pianificate. D’Annunzio introdusse
per la prima volta dei “rituali di massa” (affacciarsi dal balcone di fronte al popolo ecc…).
Fiume venne organizzata sul modello Russo (tant’è che D’Annunzio aveva contatti con
Lenin, con gli irlandesi, gli arabi, gli indiani e tutte le nazioni antifrancesi e antinglesi). Alla
fine la questione fiumana fu risolta da Giolitti che, nel frattempo, era divenuto capo del
governo.
Nel 1919 c’erano state le elezioni e si erano affermati cattolici e socialisti. Nel 1920 Giolitti
era divenuto capo del governo e aveva un programma molto avanzato: voleva tassare i
titoli nominale e risolse la questione fiumana con il trattato di Rapallo, stipulato con la
Jugoslavia. Questo prevedeva Istria e Gorizia per l’Italia, Dalmazia alla Jugoslavia e Fiume
ancora libera.
Po Giolitti attivò la confisca dei beni di guerra. Nacque l’INA, sistema pensionistico. Dal
punto di vista interno non ebbe successo: non passò la legge sulle tassazioni e c’erano
troppe agitazioni; si bloccò la produzione.
Il culmine ci fu nel 1920 quando si occuparono tutte le fabbriche perché i lavoratori
volevano l’ora legale per non lavorare oltre misura. Questo provvedimento, in realtà, non
giovava effettivamente ai lavoratori ma era divenuta una questione di principio.
Nacquero i consigli di fabbrica; si occuparono le fabbriche e molti video la situazione come
l’inizio della rivoluzione. Giolitti volle usare la sua solita strategia diplomatica ed elaborò un
progetto di pianificazione sindacale che non piacque a nessuno. Intanto i fasci assaltavano
i sindacalisti, le sedi dei partiti socialisti e le leghe rosse. Quindi questo movimento iniziò
ad avere le simpatie degli industriali.
Il movimento fascista ebbe seguito soprattutto nelle campagne (tant’è che si parla di
“fascismo agrario”) e nel 1921 esso era cresciuto talmente tanto da trasformarsi nel Partito
Fascista Italiano. Mussolini continuò il suo piano antisocialista, ad esempio imponendo
l’insediamento di una giunta socialista.
Venivano usate le squadre fasciste, che disseminavano violenza e disordine tra i socialisti.
Questo squadrismo fascista era stato anche tollerato dalle autorità, dagli imprenditori ecc…
Giolitti pensò di coalizzarsi con i fascisti proponendo loro una lista di “Blocchi nazionali”
che avevano il compito di ostacolare i socialisti.
Alle elezioni del 1919 i fasci erano stati ignorati mentre ora nel 1921, dopo il fascismo
agrario, i deputati fascisti ottennero trentacinque seggi che si sedettero all’estrema Destra
del Parlamento. Nonostante tutto, i partiti socialisti ottennero comunque tantissimo voti e
consensi.
Nacque un governo di centro con a capo Bonomi, che voleva fare un’opera di
pianificazione con i socialisti e i fascisti.
Intanto le squadre fasciste cominciarono ad operare; il governo Bonomi, cadde, seguì
quello Facta.
Mussolini iniziò a temere le sue stesse squadracce, anche se finora gli erano state fedeli,
perché aveva paura che un’eccessiva violenza gli avrebbe fatto perdere consensi.
Nel 1922 una squadra arrivò a Roma, compiendo la Marcia su Roma. Arrivarono fino al
Parlamento. Per Mussolini questa manifestazione avrebbe dovuto semplicemente
sconvolgere tutto il governo e la monarchia ma in realtà il re, invece di proclamare lo stato
di assedio contro i fascisti, decise di dare a Mussolini il compito di formare un nuovo
governo.
Il re aveva il diritto di affidare liberamente a qualcuno l’incarico di formare un governo ma
la prassi voleva che egli lo affidasse a chi avesse vinto le elezioni. Il re, invece, volle
legittimamente affidare il governo a Mussolini perché non vedeva in lui la possibilità di
formare un governo stabile.
IL PRIMO GOVERNO DI MUSSOLINI
-Durante il suo primo governo Mussolini si alleò con le forze liberali e cominciò a farsi da
fare: creò una nuova istituzione: Gran Consiglio del Fascismo; esso era di affiancamento
all’azione di governo ed era costituito unicamente da fascisti. Questa istituzione veniva
temuta dai partiti democratici perché essa limitava il Parlamento e rendeva l’esecutivo
tutto dominato dai fascisti (e non da altre forze politiche).
-Creò una milizia volontaria per la sicurezza nazionale: forza di polizia che garantiva
l’ordine interno. Era costituita da quelle squadracce che prima erano ufficiose e che
disseminavano violenza.
Calarono gli scioperi, entrò in crisi il mondo operaio e le altre forze politiche erano con le
mani legate, erano oggetto di violenza della milizia volontaria e in parte anche clandestini.
Invece gli industriali non erano più preoccupati e cominciarono a ridurre i salari.
-Mussolini, però, non avvantaggiò gli industriali solo così ma detassò il reddito, cioè
diminuì la tassa sul reddito.
-Fu abolito il monopolio di Stato sulle assicurazioni.
-Iniziò a licenziare gli impiegati dello Stato. Mussolini veniva visto favorevolmente da tutti i
potentati perché aveva evitato la rivoluzione.
-Mussolini, pur essendo inizialmente antimonarchico, ricevuto l’incarico dal re, fu più
indulgente con la monarchia. Stessa cosa per il suo anticlericalismo e i rapporti con la
Chiesa. Il PPI addirittura era meno seguito dalla Chiesa Cattolica di quanto non lo fosse
Mussolini, il quale ottenne l’esilio di don Sturzo, che lo aveva accusato di statolatria
(vedeva, cioè, nel fascismo una eccessiva importanza data allo Stato).
-Mussolini cominciò ad entrare in dialogo con il Vaticano e a partire dagli anni 20 entrò in
dialogo con mons. Gasparri. Questo portò ad una spaccatura tra coloro che approvavano il
governo di Mussolini e coloro che lo temevano e lo cirticavano. Il governo iniziò a varare i
primi provvedimenti ma concretamente le prime leggi varate furono:
-1923 Riforma Gentile, portata avanti da Giovanni Gentile, filosofo hegeliano neoidealista,
divenuto ministro dell’istruzione. Questa riforma della scuola prevedeva l’istituzione di due
percorsi formativi: uno classico e uno scientifico, distinti da quelli professionali e tecnici.
Mussolini attribuì più valore al liceo. Si istituzionalizzò l’inserimento della religione cattolica
alle medie e della filosofia alle superiori.
La riforma prevedeva l’istituzione dell’esame di Stato. Si inserirono anche gli Istituti
Magistrali per diventare maestri.
-1923 Riforma elettorale, firmata dal ministro Acerbo. Egli scrisse una legge elettorale che
cambiò dal proporzionale al maggioritario. Prima si veniva eletti in proporzione ai voti
ottenuti; ora si veniva eletti se si aveva ottenuto la maggioranza. Questo penalizzava i
piccoli partiti e li obbligava a formare coalizioni. Questa riforma introdusse anche il premio
di maggioranza: un premio, in termini di deputati, che veniva assegnato alla componente
maggioritaria per avere più stabilità governativa.
Alle elezioni del 1924 il Partito Fascista propose una coalizione: le “Liste nazionali” dove
c’erano tutte le forze di Destra. Le elezioni si svolsero in un clima di intimidazione e di
soprusi. Le liste nazionali vinsero e il deputato socialista Matteotti denunciò questo
scandalo; egli fu rapito ed ucciso. I partiti antifascisti, allora, fecero la Secessione
dell’Aventino, cioè non parteciparono più alle sedute parlamentari. Mussolini, il 3 gennaio,
fece un discorso in cui si assunse la responsabilità morale, storica e politica dell’accaduto.ò
Molto probabilmente Mussolini non fu il mandatario dell’omicidio Matteotti perché nel PF
c’era una parte particolarmente violenta ed estrema (che aveva organizzato la Marcia su
Roma). Mussolini si serviva di quella parte ma cercava costantemente di controllarla ed
imbrigliarla. Il PF era un punto di forza e di debolezza per Mussolini (mentre Hitler e Stalin
avevano totalmente assoggettato i loro partiti).
Dal 1922 al 1924 c’era dtata una parvenza di democrazia mentre ora Mussolini decideva gli
argomenti di discussione in Parlamento e decideva i ministri. Ci fu, quindi, una svolta
autocratica, attribuendo alcuni compiti del legislativo al capo del governo. Seguì, quindi, la
protesta dell’Aventino. Questo atto avrebbe avuto senso se il fascismo fosse stato
democratico ma i parlamentari non si erano resi conto del fatto che ormai l’Italia stava
andando verso il totalitarismo.
Dopo questo discorso del 3 gennaio 1925 ebbe inizio lo smantellamento delle istituzioni
liberal-democratiche. Una prima scelta fu il Patto di Palazzo Vidoni, in cui si consentiva ai
lavoratori e ai datori di lavoro di dialogare con un unico interlocutore: il Sindacato Fascista.
Non c’era più la libertà sindacale; se i lavoratori volevano rivendicare i loro diritti dovevano
rivolgersi al Sindacato Fascista. Questo patto nel 1926 divenne legge e mise al bando tutti
gli altri sindacati. Infatti la legge del 1926 proibì lo sciopero e la serrata. Per risolvere le
questioni di lavoro Mussolini creò una Magistratura del Lavoro, una risma di giudici col
compito di risolvere le controversie tra lavoratori e datori di lavoro.
Mussolini subì molti attentati e ciò fu spunto per varare nel 1926 le “Leggi fascistissime”:
-furono sciolti tutti i partiti
-fu introdotta di nuovo la pena di morte
-furono controllate la stampa e tutte le pubblicazioni intellettuali
-fu creato un tribunale speciale per la sicurezza dello Stato.
Ci fu anche una nuova legge elettorale. Essa prevedeva, nel 1928, le elezioni a lista unica.
Questa lista era compilata dal Gran Consiglio dei Fascisti. Si era ormai di fronte ad una
realtà autocratica.
Scarica