La possibilità di conquistare il potere con la forza fu prospettata per

La possibilità di conquistare il potere con la forza fu prospettata per la prima volta da
Benito Mussolini il 29 settembre 1922, in una seduta segreta a Firenze della direzione
fascista. La decisione di passare all’azione si ebbe il 16 ottobre 1922, nella riunione a
Milano del gruppo dirigente fascista, nel corso della quale venne anche costituito il
quadrumvirato che avrebbe diretto l'insurrezione, formato da De Vecchi, De Bono, Balbo e
Bianchi. Pochi giorni dopo, il 24 ottobre, al Congresso fascista di Napoli, arrivò il proclama
ufficiale di Mussolini: "O ci daranno il governo o lo prenderemo calando a Roma".
Secondo i piani, il quadrunvirato, insediato a Perugia, avrebbe assunto nella notte tra
il 26 e il 27 i pieni poteri e nei due giorni successivi sarebbe seguita la mobilitazione
delle squadre fasciste che avrebbero occupato i punti chiave dell'Italia centrale. Le
bande destinate a marciare sulla capitale (26.000 uomini) furono inquadrate in quattro
colonne (una di riserva e tre concentrate a Santa Marinella, Monterotondo e Tivoli) e
cominciarono a muovere verso Roma il 27. Mussolini rimase a Milano in attesa degli
sviluppi della situazione a livello governativo.
In grande ritardo, dopo la mezzanotte tra il 27 e il 28 ottobre 1922, il presidente del
consiglio Luigi Facta, richiamato il re da San Rossore (Pisa) a Roma, convocò il
Consiglio dei ministri per predisporre il decreto di stato d’assedio, che dava pieni
poteri al governo per disperdere i fascisti con l'esercito. Il generale Pugliese, capo del
territorio di Roma, predispose, con i suoi 28.000 uomini, la difesa della capitale. La
mattina del 28 le bande fasciste vennero temporaneamente fermate a
Civitavecchia, Orte, Avezzano e Segni.
Vittorio Emanuele III, che alle due del mattino aveva espresso il suo accordo con la
decisione del governo, quando di prima mattina ricevette Facta con il decreto (che era
già stato affisso nelle strade della capitale), anche perché influenzato dal parere
negativo di Salandra e di Giolitti, si rifiutò di firmarlo.
Caduto Facta, il re propose a Mussolini un ministero con Salandra, ma il duce rifiutò
sostenendo la richiesta di un governo interamente fascista. Il 29 ottobre Vittorio
Emanuele cedette e chiese formalmente a Mussolini di formare il nuovo esecutivo.
Quando i fascisti entrarono a Roma, era già tutto deciso. Nonostante la successiva
mitizzazione della "marcia", essa fu essenzialmente una parata: le squadre fasciste,
infatti, giunsero nella capitale 24 ore dopo che Mussolini aveva già ricevuto
l’incarico di formare il nuovo governo. Lo stesso duce arrivò a Roma in vagone-letto
da Milano la mattina del 30 ottobre e la sera salì al Quirinale per sottoporre al re la
lista dei suoi ministri.
La marcia su Roma e la conquista del potere da parte di Mussolini rappresentarono il
momento culminante di un periodo di scioperi (il cosiddetto biennio rosso, 1919-20),
violenza e illegalità diffusa cui le istituzioni dello Stato liberale – governi deboli e
incapaci di durare a lungo - non erano riuscite a porre rimedio, e che aveva visto gli
squadristi fascisti protagonisti, in contrapposizione ai socialisti, ai sindacati e alle
leghe contadine.
Vissuto in forma minoritaria e marginale fino all’inizio del 1921, il fascismo si inserì
nel vuoto di potere e nella crisi dello Stato liberale mediante la violenza e le
spedizioni punitive delle "squadre d’azione" – spesso tollerate dalle autorità locali e
in alcuni casi perfino appoggiate da esercito e polizia – contro Case del Popolo,
sezioni socialiste e amministrazioni comunali rosse. Con le parole d’ordine del
nazionalismo e dell’anti-socialismo, il movimento di Benito Mussolini raccolse in
breve tempo il largo consenso sia di ex-combattenti, agrari a media borghesia urbana,
sia dei centri di potere degli industriali e dell’alta borghesia (di qui la tesi secondo la
quale l’avvento del fascismo avrebbe avuto la funzione di impedire la presa del
potere da parte dei socialisti in Italia, accreditata anche dal fatto che le forze
conservatrici europee inizialmente guardano con un certo favore all’ascesa di
Mussolini).
Quando Mussolini andò al potere, buona parte della classe politica liberale era
convinta che sarebbe durato poco. Lo stesso Giolitti, del resto, inserendo i fascisti nei
Blocchi Nazionali – l’alleanza elettorale per il rinnovo del Parlamento del maggio
1921 - si era illuso di poterne sfruttare la forza contro l’esuberanza della classe
operaia, per poi far rientrare gli squadristi nella legalità. Il fascismo invece si stava
rapidamente costituendo come una vera e propria struttura statuale alternativa e
quindi in grado di sostituirsi al modello liberale in decomposizione.