Identificativo: DO20070902040AAA Data: 02-09-2007 Testata: IL SOLE 24 ORE DOMENICA Riferimenti: ECONOMIA E SOCIETA' Pag. 40 Contrabbando Alla borsa delle armi Un brillante saggio rivela come si possa scoprire il traffico illegale degli armamenti partendo dai listini azionari, dalle società che li producono e dalla loro nazionalità - L'analisi, condotta da due giovani ricercatori italiani in America, si presta a essere letta come un poliziesco Giorgio Barba Navaretti di Giorgio Barba Navaretti Gli studiosi di relazioni internazionali sanno bene quanto sia difficile influenzare le azioni e la volontà dei governi attraverso strumenti come l'embargo. Queste sono reti dalle maglie larghe. Il traffico di armi illegale, ad esempio, continua ad alimentare conflitti o scontri armati tra paesi vincolati dalle Nazioni Unite. Il blocco imposto alle esportazioni di petrolio all'Irak non ha impedito a Saddam Hussein di continuare a governare senza scrupoli il suo paese. Il programma Oil for Food che aveva lo scopo di alleviare la pressione dell'embargo sui bisogni umanitari, permettendo di scambiare petrolio con cibo e medicine, è stato fonte di corruzione e tangenti. Non solo le maglie sono larghe, ma quel che gli passa attraverso è difficilmente visibile. I tentativi dell'Onu di identificare le violazioni dell'embargo sull'importazione di armi hanno dato risultati relativamente limitati e poche aziende, comunque non quotate in borsa, sono risultate coinvolte. La CommissioneVolcker, incaricata di indagare le violazioni del programma Oil for Food ha stimato che l'ammontare totale delle tangente pagate all'Irak era circa 230 milioni di dollari. Cifra modesta, se si pensa che il programma complessivo ha generato 32 miliardi di dollari in aiuti umanitari, circa il 40% del Piano Marshall. La difficoltà di controllare e sanzionare traffici illeciti è dunque una grave debolezza dei blocchi economici. Che fare? Alcuni economisti hanno messo in luce come sia possibile invece costruire delle prove indirette, attraverso lavori estremamente minuziosi su dettagliatissime banche dati. In un saggio che ha un po' del giallo Stefano Della Vigna di Berkeley ed Eliana La Ferrara della Bocconi cercano di identificare il traffico di armi illegale attraverso la dinamica dei titoli azionari delle società di armamenti. La loro ricetta è la seguente. Considerate un campione di otto paesi sottoposti ad embargo di armi da parte dell'Onu per un certo periodo di tempo. Identificate degli episodi di conflitto, ad esempio una guerra civile o una lotta tra diverse fazioni. Verificate l'andamento dei titoli azionari delle società che producono armi. Supponete, cosa assai plausibile, che chi opera nei mercati finanziari, o almeno una parte di essi, abbia informazioni non di dominio pubblico. Allora, se una società fa traffici illeciti di armi, il conflitto determina un aumento nel prezzo delle azioni, altrimenti una caduta. Infatti l'aumento della domanda di armi nel paese in conflitto andrà a favore di chi vende le armi illegalmente. Le altre imprese saranno invece danneggiate, in quanto l'escalation di violenza potrebbe provocare un prolungamento o un rafforzamento dell'embargo. Il primo passaggio dei nostri autori sui dati non dà risultati: non riescono a stabilire alcuna associazione statisticamente significativa tra episodi di guerra e corsi di borsa. Ma questo potrebbe derivare dal fare di ogni erba un fascio, dalla difficoltà di distinguere imprese viziose da quelle virtuose, per cui la salita dei titoli delle une compensa la discesa di quelli delle altre. Il problema è cercare di distinguere i due tipi di imprese. Ancora una volta si ricorre ad un metodo indiretto, ci si basa sul paese di appartenenza dell'impresa. L'idea è che sia più facile o meno costoso perseguire scopi illeciti in paesi con un quadro legislativo debole e un elevato grado di corruzione. E infatti, introducendo questa distinzione, emerge un quadro che è in linea con le predizioni dei due autori. Dopo ogni evento bellicoso le azioni delle società con sede in paesi istituzionalmente deboli aumentano a livelli anomali mentre diminuiscono per quelle collocate in paesi con bassi tassi di corruzione. E proseguendo su questa pista si riesce anche a identificare le singole imprese e gli episodi bellicosi a cui associare un possibile comportamento illecito. Una strategia simile è anche stata perseguita da Chang-Tai Hsieh ed Enrico Moretti, sempre di Berkeley, per stimare il livello di corruzione dell'Oil for Food Program. Per quanto gli irakeni dovessero depositare tutti i ricavati della vendita di petrolio su un conto vincolato e controllato dalle Nazioni Unite, per gran parte del programma avevano discrezionalità nella fissazione del prezzo. Era così possibile scegliere acquirenti che fossero disposti a pagare una tangente in cambio di uno sconto. Moretti e Hsieh, allora, hanno confrontato il prezzo ufficiale del petrolio iracheno con il corso di mercato. Hanno riscontrato che per buona parte del programma il petrolio iracheno è stato venduto con uno sconto rispetto a quello di mercato. Hanno così stimato una rendita implicita pari a 3,5 miliardi per circa 1,3 miliardi a favore degli iracheni (il resto restava sotto forma di sconto agli acquirenti). Una cifra molto maggiore di quella stimata sulla base dell'evidenza diretta dalla Commissione Volcker. Insomma, l'idea dell'osservazione indiretta messa a punto dai nostri economisti-investigatori può essere molto utile per identificare pratiche economiche illecite. Ovviamente applicare questo metodo non è sempre possibile. Ma comunque i nostri autori identificano due episodi quantitativamente molto significativi e anche danno indicazioni importanti sul disegno ottimale delle misure di embargo. Ad esempio il gap nel prezzo del petrolio iracheno scompare nel 2001 con la fissazioni di parametri specifici per il prezzo a cui il petrolio può essere venduto nell'ambito del programma. 1 Stefano Della Vigna e Eliana La Ferrara, «Detecting Illegal Arms Trade», National Bureau of Economic Research Working Paper n. 13355, Agosto 2007. Da ricordare: Chang-Tai Hsieh ed Enrico Moretti, «Did Iraq Cheat the United Nations? Underpricing, Bribes and the Oil for Fodd Program», Quarterly Journal of Economics, Novembre 2006. Foto: Tavola calda. Ufficiali della Guardia Costiera di Taiwan mostrano le armi recuperate durante la perquisizione di una barca da pesca