La guerra biologica
Tentativi empirici di guerra biologica, ovvero di contaminare le popolazioni
nemiche, furono realizzati alcune volte nei secoli passati: gli antichi romani
avvelenavano le riserve d’acqua nemiche gettandovi dentro carcasse di animali
allo scopo di ridurne il numero ed abbassarne il morale; ancora, i Tartari
catapultavano cadaveri infetti dalla peste dentro alle città assediate.
Grazie alle più recenti conoscenze
scientifiche, nei paesi più industrializzati
furono svolte ricerche per piegare a
scopo bellico gli agenti biologici (che
possono essere: batteri, virus, funghi e
tossine). Si dice che il Giappone, tra gli
anni ’30 e ‘40 del XIX^ secolo, abbia
colpito popolazioni cinesi con i batteri
della peste bubbonica. Negli stessi anni
nell’Unione sovietica viene creato un
istituto di ricerca microbiologica, che
avrebbe permesso l’uso di agenti
batteriologici, in ambito circoscritto,
durante la seconda guerra mondiale.
Con l’avvento della guerra fredda,
questo arsenale fu conservato in
URSS. D’altra parte ,in Gran Bretagna
si
sperimentò
la
possibilità
di
diffondere antrace e
altre
spore
botuliniche, tali da produrre disturbi
neurologici
progressivi
e
avvelenamento. Anche gli USA non
erano da meno.
Negli anni ‘90 si sospettava che l’Iraq
di Saddam Hussein, disponesse di
armi biologiche, e questo fu uno dei
pretesti per la seconda guerra del
Golfo. Ora analogo sospetto grava
sulla Siria.
Non vi sono mai stati tuttavia attacchi su larga scala con armi biologiche poiché il
loro uso non è facilmente controllabile da parte delle autorità militari, che
rischierebbero di mettere a rischio anche le proprie truppe e perché ciò produrrebbe
reazioni ben immaginabili in tutta l’opinione pubblica mondiale: le armi biologiche
sono state infatti ufficialmente bandite nella conferenza di Ginevra sul disarmo del
1971.