Per chi medico non è - Società Italiana di Medicina Interna

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edico non è …
… per chi
Orientamenti attuali di trattamento della calcolosi
reno-ureterale
F. TRAVAGLINI, A. MINERVINI, M. CARINI
Clinica Urologica I, Università degli Studi di Firenze
I dati epidemiologici a livello mondiale degli ultimi
decenni mostrano una crescita costante in termini di
prevalenza ed incidenza della litiasi urinaria, soprattutto nei paesi occidentali. Inoltre, la storia naturale della
malattia litiasica è caratterizzata da un’elevata tendenza alla recidiva.
L’approccio terapeutico alla calcolosi urinaria rimane di
difficile impostazione, sia per le innumerevoli opzioni
disponibili che per l’estrema variabilità individuale della
patologia.
La decisione sulla terapia è influenzata da vari fattori:
dimensioni, localizzazione e forma del calcolo, che condizionano la probabilità di espulsione spontanea. Un
intervento attivo trova di solito indicazione per calcoli
che superano i 6–7 mm ed è fortemente raccomandato
in caso di dolore resistente alla terapia medica, presenza di ostruzione e/o di infezione, con rischio di compromissione della funzione renale o di sepsi.
La terapia della calcolosi si è modificata nel corso degli
anni, in virtù dei progressi nelle tecniche chirurgiche,
anestesiologiche, farmacologiche e bioingegneristiche.
La terapia chirurgica a cielo aperto della calcolosi urinaria fino agli inizi degli anni ‘80 è rimasta l’unica soluzione al problema. Le innovazioni tecnologiche ottenute dall’introduzione di metodiche miniinvasive quali la
litotrissia extracorporea o ESWL (Extracorporeal Shock
Waves Lithotripsy) e le metodiche endourologiche (litotrissia percutanea ed ureterorenoscopica), hanno
profondamente modificato l’approccio terapeutico.
Queste tecniche, pur avendo delle indicazioni ben precise, permettono infatti di risolvere, da sole o combinate
tra loro, oltre il 90% dei casi di calcolosi urinaria. Ad
oggi, la chirurgia tradizionale conserva un ruolo importante in una percentuale di casi che non supera il 5%:
calcolosi particolarmente difficili o associate ad anomalie congenite od acquisite della via escretrice o dopo fallimento o complicazioni di altre metodiche. Oggi inoltre
la chirurgia laparoscopica si propone come possibile
altenativa alla chirurgia tradizionale, ove quest’ultima
trovi indicazione.
La litotrissia extracorporea è oramai divenuta il trattamento di scelta per la maggior parte dei calcoli urinari.
Dall’introduzione nella pratica clinica avvenuta nei
primi anni ’80, si è assistito ad un notevole progresso
tecnologico: i litotritori di ultima generazione sono
multiequipaggiati con letto uroradiologico e doppio
sistema di puntamento (che permette di evidenziare
tutti i tipi di calcoli), non necessitano di anestesia e
quindi permettono un’elevatissima percentuale di trattamenti in regime di Day Hospital o addirittura ambulatoriale, con notevole benficio in termini di spesa sanitaria globale.
In tutte le più recenti linee guida [1, 2], l’ESWL rappresenta la prima opzione terapeutica nella calcolosi renale fino a 2 cm di diametro; in caso di calcoli compresi tra
2 e 2,5 cm, c’è notevole dibattito sulla metodica migliore, mentre per calcoli di dimensioni >2,5 cm il trattamento di scelta è univeralmente considerato la litotrissia
percutanea. Per quanto riguarda la calcolosi ureterale,
l’ESWL è considerata il trattamento di prima scelta nella
calcolosi dell’uretere prossimale, mentre a livello di
quello medio e distale condivide il primo posto con l’ureterorenoscopia, rispetto alla quale presenta forse una
minore efficacia, a fronte però di un’invasività notevolmente inferiore [1, 2].
Nel corso degli anni, di pari passo con il progresso della
tecnica, le controindicazioni all’ESWL si sono progressivamente ridotte, tanto che ad oggi l’unica vera controindicazione assoluta rimane la gravidanza, mentre
controindicazioni relative sono considerate le diatesi
emorragiche non trattate, gli aneurismi dell’aorta e delle
arterie renali, le gravi deformità scheletriche e l’obesità
patologica [1, 2].
Anche le possibili complicanze dell’ESWL con le strumentazioni di ultima generazione sono estremamente
ridotte: l’ematuria, presente in quasi il 100% dei casi, è
considerata un effetto secondario “normale” del trattamento e scompare di solito in 24–48 ore; la colica renale; l’ostruzione della via escretrice da parte dei frammenti litiasici (che dipende dalle dimensioni iniziali del
calcolo); l’ematoma perirenale (0,3–0,5%); la febbre e
le complicanze settiche (0,2–0,5%); l’ipertensione legata all’ESWL rimane argomento notevolmente discusso.
Il progresso tecnologico ha inoltre condotto ad una sem-
pre minore invasività delle metodiche endourologiche e
percutanee, in ragione dell’introduzione di strumenti
miniaturizzati e flessibili, con un progressivo aumento
delle indicazioni e del loro uso nella pratica clinica. Dati
gli ottimi risultati della ureterorenoscopia rigida e flessibile associata a litotrissia con laser ad Holmio e della
chirurgia percutanea il ruolo della chirurgia a cielo aperto o laparoscopica è molto esiguo in caso di litiasi
renoureterale [1, 2].
La chirurgia a cielo aperto ha attualmente un ruolo
molto limitato nel trattamento della calcolosi reno-ureterale che tende a ridursi ulteriormente con il diffondersi della tecnica laparoscopica, le cui indicazioni sono in
gran parte sovrapponibili a quelle tuttora valide per la
chirurgia a cielo aperto, con una morbilità inferiore. La
chirurgia a cielo aperto costituisce tuttora il 2–5% degli
interventi per calcolosi renale ed il 3% degli interventi
per calcolosi ureterale. L’efficacia in termini di stone-free
è molto elevata, ma la morbilità significativamente
superiore rispetto alle alternative terapeutiche endoscopiche [1, 2].
La chirurgia aperta dovrebbe essere riservata al trattamento dei casi di calcolosi renale di dimensioni molto
grandi (gigante) o forma complessa, di fallimento di
altre metodiche, di coesistenza di malformazioni anatomiche non correggibili endoscopicamente, di grave obesità o altre co-morbilità, di necessità di concomitante
chirurgia aperta o per esplicita scelta del paziente a
fronte di precedenti fallimenti endourologici o alla possibilità di più di un trattamento per cutaneo programmato [1, 2].
La tecnica laparoscopica viene proposta per la risoluzione di casi in cui vi sia stato il fallimento di precedenti
procedure endoscopiche, in presenza di particolari anomalie e per il trattamento di calcolosi ureterali di notevoli dimensioni. I risultati relativi alla risoluzione del problema litiasico appaiono sovrapponibili alle tecniche
aperte ed endourologiche [1, 2].
Bibliografia
1. Guidelines on urolithiasis (2007) In: European Association of
Urology Guidelines EAU Office Eds.
2. Associazione Urologi Italiani (2007) Linea guida per la calcolosi delle vie urinarie. 9a AUROline, Ed. AURO.it
L’allergia: cos’è, come si riconosce e come si cura
O. ROSSI, A. MATUCCI, A. VULTAGGIO, F. PALANDRI, E. MAGGI
S.O.D. Immunoallergologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze
Cos’é l’allergia
Per allergia s’intendono tutti quei sintomi che compaiono quando un organismo reagisce in modo anormale al
contatto con sostanze denominate “allergeni”, che in
precedenza erano ben tollerate.
Cosa succede nell’organismo che diventa allergico
In quell’organismo alcune cellule del sistema immunitario,
a seguito di una reazione mediata da anticorpi IgE, cominciano a produrre delle sostanze (mediatori) che determinano uno stato di infiammazione, con la conseguente comparsa di sintomi diversi a seconda della sede interessata.
Perchè si diventa allergici
I fattori che determinano la comparsa dell’allergia sono
diversi. Esiste sicuramente una certa predisposizione
genetica. L’allergia può insorgere in qualsiasi momento
della vita. C’è sempre una predisposizione naturale,
familiare, anche se non si può parlare di ereditarietà in
senso stretto, di trasmissione da genitore a figlio, come
avviene per esempio con l’emofilia. Questa predisposizione, quando si associa a cause ambientali precise, cioè
all’esposizione ad allergeni presenti nell’aria, può indurre la malattia. Quanto maggiori sono la predisposizione
e l’esposizione agli allergeni ambientali, tanto più precoce è l’insorgenza della malattia. Vi sono poi degli
agenti, come il fumo di sigaretta, l’inquinamento
ambientale e le infezioni virali e batteriche che favoriscono la comparsa delle manifestazioni allergiche.
Come ci si accorge di essere diventati allergici
Ci si rende conto di essere diventati allergici quando, in
un certo ambiente, in una certa stagione, in pratica in
presenza di una certa sostanza, si manifestano dei
disturbi che in precedenza non si avvertivano. Questi
sintomi compaiono quasi esclusivamente nelle condizioni e situazioni suddette.
Quali sono le sostanze che possono scatenare le
manifestazioni allergiche
In realtà le sostanze che causano allergia sono abbastanza poche e sono denominate allergeni. Gli allergeni
più importanti sono alcuni pollini di piante ed erbe, i peli
di animali, gli acari della polvere di casa, certi alimenti,
qualche farmaco, i veleni di api e vespe ed alcuni prodotti chimici. Gli allergeni hanno la caratteristica di
determinare, in certe persone, una risposta immunologica particolare con produzione di anticorpi IgE.
Quali sono i sintomi dell’allergia
I sintomi delle reazioni allergiche sono diversi a seconda
della sede (organo) in cui avviene il processo infiammatorio. Ad esempio i pollini, i peli e le forfore animali e gli
acari della polvere sono responsabili di disturbi respiratori come la rinite e l’asma e di disturbi oculari come la
congiuntivite. Anche certe forme di orticaria ed alcuni
disordini gastrointestinali possono essere inclusi tra le
malattie allergiche. Le reazioni allergiche a farmaci, ad
alimenti ed alle punture di insetti possono dare sintomi
che interessano tutto l’organismo, provocando il gravissimo quadro dello shock anafilattico.
Cosa si può fare per sapere se si è allergici e a
che cosa
Innanzi tutto si devono raccogliere notizie precise su
come, dove e quando compaiono i sintomi; a volte è
necessario compilare dei diari per ricordare e precisare
meglio le situazioni. Con l’aiuto di queste notizie si può
già sospettare quali siano gli agenti responsabili della
sintomatologia. Successivamente si procede all’esecuzione dei test diagnostici mirati per confermare i sospetti e per impostare le cure più opportune.
Quali sono i test a disposizione
Di primaria importanza sono le prove allergologiche
cutanee, eseguite con la metodica del Prick Test, con le
quali si testano a livello cutaneo un certo numero di
estratti contenenti le sostanze allergizzanti, si attende la
reazione della pelle, rappresentata da un arrossamento
e da un ponfo che compaiono entro pochi minuti. Gli
esami consentono di conoscere con precisione le sostanze allergeniche realmente responsabili.
Si può anche fare un esame sul sangue che serve per
confermare la positività se vi è un dubbio o per risol-
vere casi particolari; con un piccolo prelievo di sangue
è possibile identificare le singole sostanze che scatenano la reazione, giacchè ognuna è riconosciuta dal
suo specifico anticorpo. Questo esame è noto come
RAST. Le prove allergologiche cutanee e gli eventuali
esami di laboratorio devono essere sempre guidati da
un’attenta ed esperta valutazione della storia personale del paziente. Si tratta di metodi non dolorosi e poco
fastidiosi, che possono essere eseguiti anche nei primi
anni di vita.
Come deve essere impostata la terapia delle
malattie allergiche
Il primo e più generale consiglio è quello di evitare le
sostanze allergizzanti, una volta individuate.
In caso di disturbi respiratori, in particolare nell’asma, si
devono adottare in sequenza i seguenti provvedimenti:
1. impostare la prevenzione o profilassi ambientale;
2. usare farmaci sintomatici e preventivi;
3. somministrare immunoterapia specifica (I.T.S.) o
“vaccino”.
Come condurre una terapia sintomatica e preventiva
Questi farmaci aiutano a controllare e prevenire i sintomi. Gli antistaminici sono utili nella dermatite atopica,
nella dermatite da contatto, l’orticaria e per la rinite e
congiuntivite; i cortisonici con un’azione a più ampio
spettro, sono più utili nella rinite e nell’asma bronchiale
e nelle gravi manifestazioni allergiche della pelle. Si possono assumere per bocca o inalazione a seconda del
tipo e della gravità dei sintomi. È già stato detto che la
reazione allergica è caratterizzata da un’infiammazione.
Pertanto i farmaci da preferire sono quelli ad attività
antiinfiammatoria, quali i cortisonici. In particolare nell’asma sono indicati quelli per uso inalatorio, che sono
ben tollerati e non hanno effetti collaterali importanti
alle dosi usuali. In molti casi lo stato infiammatorio persiste in forma minima, anche in assenza di sintomi
apprezzabili, per cui è consigliabile continuare la terapia
preventiva per lunghi periodi.
In cosa consiste il vaccino per le malattie allergiche
L’immunoterapia specifica (I.T.S.) consiste nella somministrazione, a dosi crescenti, dell’estratto della sostan-
za a cui l’organismo è allergico. È una pratica in uso da
più di 70 anni, il cui buon risultato per certe indicazioni è documentato da numerosi studi scientifici. In generale non dà reazioni collaterali ed è abbastanza ben tollerata, a patto che sia prescritta da parte di un medico
specialista.
A chi fare il vaccino
Non è indicata per tutte le persone “allergiche” e per
tutti gli allergeni. È sicuramente consigliabile nei casi di
rinite e di asma (non grave) e di sintomi stagionali intensi e prolungati, nei casi in cui non è possibile evitare la
presenza della causa scatenante (acari della polvere,
pollini). Per ciò che riguarda gli allergeni per i quali può
essere indicata, gli studi hanno dimostrato un’efficacia
per alcuni inalanti (acari della polvere e pollini) e per i
veleni di ape e vespa. La terapia deve sempre essere iniziata in fase asintomatica.
Come effettuare la prevenzione
Esiste un tipo di prevenzione che deve essere attuato già
nelle prime fasi della vita, quando il neonato è “a
rischio” di allergia per una predisposizione familiare. È
consigliabile che l’allattamento al seno sia prolungato il
più a lungo possibile, evitare il fumo di sigaretta negli
ambienti dove vive il neonato; iniziare il più tardi possibile l’introduzione nella dieta di uova e pesce, evitare
nei primi mesi di vita l’esposizione agli acari ed alle
forfore e peli animali.
Esiste poi una prevenzione secondaria, utile per aiutare chi
è già allergico e consiste nel limitare il contatto con gli
allergeni responsabili della sintomatologia. Ad esempio
nel caso di allergia verso gli acari della polvere è necessario eliminare dall’ambiente domestico tutto ciò che può
favorire la crescita degli acari della polvere (tappeti, tendaggi pesanti mobili imbottiti, materassi di lana, trapunte
di piuma d’oca, giocattoli di peluche), usare l’aspirapolvere frequentemente, areare la camera da letto, lavare frequentemente la biancheria, usare coprimaterassi e copricuscini impermeabili agli acari, non usare l’umidificatore e
tenere una temperatura bassa, in quanto un certo grado di
umidità e di temperatura ne favoriscono lo sviluppo.
Mettendo in atto i presidi di prevenzione ambientale e
farmacologica si permette agli individui allergici di condurre una vita del tutto “normale”.
IMPRESSUM
Inserto alla rivista "Internal and Emergency Medicine" Vol. 3 Num. 2
Editore: Springer-Verlag Italia Srl, Via Decembrio 28, 20137 Milano
Stampa: Grafiche Porpora, Segrate (MI) – Copyright © SIMI, Società Italiana di Medicina Interna