Copia di 6e228950c1f1108dca69cfaeccee831a 33 SCIENZA MARTEDÌ 14 MARZO 2017 IL PICCOLO Nuove tecnologie per Venezia Carta e fotografia “a restauro” Quelle molecole? Non ci sono Per salvare l’immenso patrimonio culturale di Venezia e la città stessa servono tecnologie innovative, da sviluppare, testare e mettere all’opera su palazzi e opere d’arte. Ne sono convinti gli scienziati che all’Università Cà Foscari Venezia partecipano a un convegno. Nell’ambito del ciclo dedicato al restauro della carta e della fotografia, l’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona ha organizzato alla Biblioteca Nacional de Portugal la conferenza tematica “Il restauro della carta e della fotografia: tra cultura materiale e principi di conservazione”. Le due sostanze finora identificate come possibili feromoni umani, cioè le molecole messaggere dell'attrazione sessuale, non sarebbero tali. Lo dice uno studio dell'università dell'Australia occidentale di Crawley, pubblicato su Royal Society Open Science. La diagnosi arriva per WhatsApp Al Burlo i nuovi strumenti di comunicazione per offrire una prima consulenza ai pazienti di Cristina Serra WhatsApp ha sparigliato le carte della consulenza medica. Un'indagine del 2016 firmata dall'Osservatorio innovazione digitale in sanità (della School of Management del Politecnico di Milano) assieme a Fimmg e Doxapharma, riferisce che il 53% dei medici di medicina generale usa WhatsApp come strumento rapido per scambiare informazioni e offrire una prima consulenza. Anche l'ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste, da qualche anno, sfrutta le opportunità offerte dalla rete e dai nuovi media. WhatsApp, in particolare, è impiegato nei consulti dermatologici dove l'immagine è parte essenziale della diagnosi. «Abbiamo iniziato a usare Whatsapp da due anni per alcune diagnosi dermatologiche a distanza, specie nei casi in cui è possibile evitare alle famiglie - almeno in prima battuta il viaggio fino a Trieste», spiega Irene Berti, responsabile dell'unità operativa semplice di allergologia e dermatologia pediatrica del Burlo. «La dermatologia si adatta meglio di altre all'uso dei nuovi media, perché spesso la diagnosi è quasi esclusivamente visiva, basata sull'analisi della morfologia e della distribuzione della lesione. E WhatsApp permette di dare una risposta immediata». I consulti sono richiesti soprattut- Al Burlo l’uso di WhatsApp è diventato essenziale nelle diagnosi a distanza to da pediatri, sia in Italia che all' estero. Alcuni di essi sono specializzandi che, nell'ambito della loro formazione al Burlo, svolgono un tirocinio in paesi africani come l'Angola, con cui l'ospedale triestino ha rapporti di collaborazione e formazione. Tra coloro che gravitano attorno all'ospedale pediatrico creando una rete internazionale di contatti ci sono anche organizzazioni non governative e associazioni benefiche co- me la Fondazione Luchetta. È recente il consulto relativo a un bambino iracheno affetto da una malattia genetica della pelle, giunto a Trieste tramite la Fondazione dopo una prima valutazione a distanza che ha consentito di predisporre in anticipo un ventaglio di interventi adatti al suo caso. Certo il fatto che i genitori fotografino a più riprese una lesione consente di apprezzarne l'evoluzione nel tempo anche a distanza. Tuttavia, osserva Berti, l'uso di WhatsApp non è privo di rischi: «A volte le foto non sono di qualità sufficiente o le informazioni allegate sono frammentarie. E nel caso di nevi e sospetti melanomi è sempre opportuna l'ossevazione diretta». WhatsApp, inoltre, aggiunge un carico di lavoro extra agli specialisti, in termini di tempo, interferenza con l'attività, presa di responsabilità. Tuttavia, come ha rilevato Ugo Pennacchioni, laureatosi al Burlo, nella sua tesi su WhatsApp: «...in un centro di riferimento di terzo livello come il Burlo, circa l'80% delle consulenze richieste per via telematica può concludersi con un messaggio definitivo (sia diagnostico che prescrittivo) senza una visita diretta e con sicurezza per il paziente, sulla base del follow up eseguito nello studio». «WhatsApp ha di fatto rivoluzionato la consulenza dermatologica», conferma Alessandro Ventura, direttore della Clinica pediatrica del Burlo. «Ma rifiutare a priori questo strumento per timore di essere superficiali e di sbagliare o, viceversa, usarlo sempre per comodità sarebbero entrambi errori. Bisogna professionalizzarne l'uso, al pari di ogni altro strumento che il medico ha a disposizione, per riuscire a trarne i maggiori benefici a servizio dell'utenza». Meteorologa in fuga dalla guerra La siriana Shifa Mathbout partecipa al workshop in corso a Trieste Ha lasciato la Siria nel 2012, durante la Primavera araba, e ha trovato una nuova casa in Spagna. La meteorologa Shifa Mathbout, già docente all' Arab forest and range institute e al Centro arabo per lo studio delle zone aride, è oggi membro del Gruppo di climatologia dell'Università di Barcellona, dove studia i cambiamenti climatici. Mathbout partecipa al workshop in corso a Trieste fino a venerdì “Scienziati rifugiati”, organizzato dalla Twas, l'Accademia mondiale delle scienze, con l'Istituto nazionale di oceanografia, la Euro-Mediterranean University della Slovenia, e il contributo dell’agenzia svedese Sida. Shifa raconterà la sua esperienza di scienziata costretta a reinventarsi la vita in un paese che, oltre ad acco- In arrivo dalla spagna La giovane ricercatrice studia i cambiamenti climatici grazie a un dottorato che sta svolgendo all’Università di Barcellona glierla, le chiude le porte della carriera scientifica per colpa del suo essere siriana, dunque potenzialmente "cattiva". Qual è il suo status politico? «Sono nel programma di protezione internazionale perché fuggita da un paese in guerra cercando la pace, Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming... Precursori dell’odierna schiera di ricercatori che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro) profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica imprimendo svolte decisive al vivere civile. Incoraggiare la ricerca signiica optare in concreto per il progresso del benessere sociale. La Fondazione lo crede da sempre. come ogni essere umano farebbe. Ho ottenuto asilo politico in Spagna nel 2016 e ho il permesso di residenza per cinque anni». Qual era il suo stato d'animo mentre lasciavi la Siria? «Fuggivo da un incubo. Ma non immaginavo che avrei subito discri- minazioni o che avrei dovuto superare così tanti ostacoli solo per essere siriana». Cosa l’ha indotta a partire? «Non temevo solo per la mia vita, ma sentivo anche che stavo sprecando il mio tempo. Così ho fatto domanda per un dottorato finanziato da Erasmus Mundus, all'Università di Barcellona». Che accoglienza ha trovato in Spagna? «Ottima. Sono stata ricevuta come prima dottoranda siriana dal rettore in persona, che mi ha aiutato a definire lo status di protetta con molta rapidità. Adesso, però, trovo molte porte chiuse per il fatto di essere siriana, nonostante le qualifiche e la mia esperienza come meteorologa». (l.str.) AL MICROSCOPIO Nuove Ricerche Farmaci biologici mirati per vincere la psoriasi di MAURO GIACCA uando studiavo medicina negli anni '80, il manuale di dermatologia, nel capitolo sulla terapia della psoriasi, era alquanto disarmante: creme a base di crisarobina, un prodotto vegetale usato empiricamente da più di un secolo, oppure catrame o un po' di cortisone. E la raccomandazione, al paziente, di fare vita meno stressante. Agenzie di viaggio specializzate poi offrivano periodi di soggiorno sul Mar Morto, dove la combinazione di raggi Uvb e sale risultava essere di grande beneficio. La psoriasi colpisce 125 milioni di persone al mondo; si manifesta con chiazze sulla cute rossastre, sulle quali si formano squame di colore bianco-argento. Interessa gomiti, ginocchia, cuoio capelluto, la regione dell'osso sacro, mani, unghie e piedi; nei casi gravi anche le articolazioni. Può essere fortemente invalidante, soprattutto dal punto di vista sociale. In questi 30 anni è cambiato tantissimo. Oggi sappiamo che la malattia è dovuta alla disregolazione del sistema immunitario, che porta a una proliferazione eccessiva delle cellule dell' epidermide. Le cellule del sistema immunitario della pelle secernono un fattore di crescita, l'interleuchina 23 (Il-23), che attiva una classe specifica di linfociti; questi ultimi producono altri fattori di crescita, tra cui Il-17 e Tnf, che stimolano la proliferazione delle cellule. Sulla base di queste informazioni, la ricerca ha sviluppato una serie di farmaci in grado di bloccare i diversi fattori coinvolti. Prima sono entrati un uso tre anticorpi monoclonali e una proteina contro Tnf, seguiti, nel 2009, da un anticorpo contro Il-23. Ora è il turno di due anticorpi contro Il-17 e di uno contro il recettore di Il-7. Nelle ultime fasi di sperimentazione ci sono almeno 4 nuovi anticorpi contro Il-23 e due innovativi contro Tnf e Il-17 insieme. Competono per il mercato tutti i giganti farmaceutici, insieme a piccole imprese biotech. Il successo terapeutico supera già ora il 90 per cento in alcune delle sperimentazioni. Quello della psoriasi è un esempio eclatante di come la ricerca generi informazioni molecolari specifiche sulla base delle quali sia possibile disegnare farmaci biologici mirati, un approccio solo immaginabile 30 anni fa. QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON ©RIPRODUZIONE RISERVATA