Facoltà di Scienze Motorie Università degli Studi di Milano Corso di Teoria dell’Allenamento Parte generale 1 Enrico Arcelli STRESS, OMEOSTASI, ALLENAMENTO Argomenti della lezione • Stress, omeostasi, allostasi, intervento del SN autonomo e degli ormoni; • L’allenamento come un tipo particolare di stress; • Stimolo allenante; mezzi di allenamento; metodi di allenamento; carico di allenamento; • Specificità, intensità, quantità, densità dello stimolo allenante. PERCHE’ CI SI ALLENA? Ci si allena per ottenere dei miglioramenti dal punto di vista della tecnica, della tattica, della psiche… Ma anche (soprattutto in certi sport) per fare in modo che nell’organismo avvengano dei cambiamenti (“adattamenti”) tali da determinare un miglioramento delle prestazioni. PERCHE’ CI SI ALLENA? Allenamento sportivo cambiamenti nell’organismo (= adattamenti) miglioramento della prestazione I cambiamenti nell’organismo possono essere di vario tipo. I VARI TIPI DI ADATTAMENTO • CAMBIAMENTI ANATOMICI: anche molto evidenti, come l’aumento di volume dei muscoli quando aumenta viene fatto lavoro contro resistenza; come l’aumento di dimensioni del cuore (esame radiologico) per il lavoro di resistenza; come il calo del grasso in chi riprende ad allenarsi dopo un periodo di sospensione, per esempio dopo un infortunio…. I VARI TIPI DI ADATTAMENTO • CAMBIAMENTI ULTRASTRUTTURALI: rilevabili al microscopio elettronico; per esempio l’aumento dei mitocondri, oppure la trasformazione delle fibre di un tipo di fibra in un altro tipo; • CAMBIAMENTI BIOCHIMICI: legati ai cambiamenti di tipo enzimatico, per esempio quelli legati al meccanismo lattacido; I VARI TIPI DI ADATTAMENTO • CAMBIAMENTI ESCLUSIVAMENTE FUNZIONALI: si pensi all’aumentata capacità di reclutare fibre muscolari in un soggetto che inizia a fare lavoro; non ci sono né cambiamenti anatomici, né cambiamenti ultrastrutturali, né cambiamenti enzimatici, ma la funzione cambia. ALTRI TIPI DI CAMBIAMENTO Nell’organismo dell’atleta avvengono continui cambiamenti non legati all’allenamento (talvolta il tecnico si illude che i meriti o le colpe siano sue..): • quelli età-dipendenti (dell’infanzia e dell’adolescenza, della vecchiaia); • quelli da malattie, intossicazioni, agenti lesivi di varia natura; • quelli legati all’alimentazione. ALTRI TIPI DI CAMBIAMENTO Si tenga presente che nel nostro corpo sono in atto continui adattamenti. Pensiamo, per esempio, allo scheletro. Non è una struttura stabile, fissa: ci sono cellule che distruggono l’osso (osteoclasti) e cellule che lo ricostruiscono (osteoblasti). Nell’astronauta e in chi rimane a lungo a letto prevalgono i primi e c’è una tendenza alla osteoporosi. Viceversa in chi fa sport. OMEOSTASI ED ALLOSTASI Walter Cannon parlò per primo di omeostasi. Egli sostenne che nell’organismo ci sono alcuni costanti, alcuni valori che non cambiano; per esempio: • la temperatura interna dell’organismo è di 37°C; • la glicemia è pari circa 1 g di glucosio per litro di sangue; • il pH del sangue è circa 7,4. OMEOSTASI ED ALLOSTASI Pensiamo alla temperatura corporea: se si fa attività fisica protratta, essa aumenta; sopra i 41-42°C ci sarebbero danni per il SNC. Il nostro organismo, perciò, mette in azione vari meccanismi per aumentare la dispersione del calore dal corpo; aumentano, per esempio, la produzione di sudore e il flusso sanguigno a livello cutaneo. Anche se fa freddo il corpo reagisce (vasocostrizione, brividi…). OMEOSTASI ED ALLOSTASI Lo stesso vale per la glicemia: se si alza perché si sono consumati molti carboidrati, il pancreas produce insulina; se la glicemia si abbassa, il fegato mette in circolo il glucosio. L’ omeostasi è l’insieme dei processi che l’organismo mette in atto per riportare alla norma alcuni valori (ci sono, però, variazioni “circadiane” di tali valori). OMEOSTASI ED ALLOSTASI La premessa al principio dell’omeostasi è che per una data misura (temperatura interna, glicemia…) esiste un unico valore ideale. Ma non è così: per la migliore prestazione, per esempio, la temperatura interna è sopra i 37°C. Secondo il principio dell’allostasi, invece, ci sono valori diversi a seconda della situazione. OMEOSTASI ED ALLOSTASI A studiare l’allostasi, sono stati Sterling, Eyer a McEwen. Essi hanno palato di “costanza attraverso il cambiamento”. Ad un’azione che tende a cambiare un determinato valore dell’organismo, le risposte possono essere varie e possono anche anticipare il verificarsi di quell’azione. OMEOSTASI ED ALLOSTASI Esempio di R.M. Sapolsky: in una zona della California manca l’acqua: - SOLUZIONE OMEOSTATICA: si riduce il flusso d’acqua nel sistema idrico della zona; - SOLUZIONE ALLOSTATICA: a) si riduce il flusso d’acqua, b) si invita la popolazione a consumarne meno, c) si impedisce la coltivazione del riso, ….. LO STRESSOR E LO STRESS A questo punto si può parlare di stress, un concetto “inventato” da Hans Selye. Tutto ciò che tende a cambiare l’equilibrio omeostatico (od allostatico) dell’organismo può essere definito stressor. Esistono stressor (o agenti stressanti) di vario tipo; ad essi l’organismo reagisce; si può definire stress l’insieme dell’azione dello stress e della risposta ad esso da parte dell’organismo. GLI STRESSOR Sono agenti stressanti (o stressors): - fattori fisici (caldo, freddo, aria rarefatta, radiazioni…); - fattori chimici e farmacologici; - fattori alimentari (fame, eccesso di certi cibi..); - fattori psichici (spavento, rabbia…); - agenti infettivi (batteri, virus); - lesioni traumatiche (ferite, fratture…); - altri (anche l’esercizio fisico). LO STRESS In pratica succede questo: stressor azione sull’organismo reazione dell’organismo Lo stressor, insomma, è ciò che fa perdere al corpo l’equilibrio (omeostasico o allostasico); la reazione allo stress è il tentativo del corpo di ritrovare l’equilibrio. LO STRESS Nella reazione allo stress c’è sempre l’intervento del sistema endocrino (i livelli di alcuni ormoni aumentano, quello di altri diminuiscono) e del sistema nervoso. Nella reazione allo stress ci sono: - componenti specifiche (differenti a seconda dello stressor); - componenti aspecifiche (comuni a tutti gli stress). LO STRESS Può sembrare strano che, in risposta a stressors diversissimi, ci siano risposte comuni. Nella risposta aspecifica allo stress c’è il tentativo di mobilizzare rapidamente tutte le energie. Si pensi all’antilope che deve fuggire dal leone o a due animali che lottano fra loro per sopravvivere (“fight or flight”). LO STRESS Ai muscoli, per esempio, devono arrivare subito glucosio e ossigeno. Vengono messi in circolo ormoni che favoriscono il passaggio del glucosio al fegato al sangue e diminuiscono gli ormoni dell’accumulo. Aumenta la frequenza del respiro, aumenta la frequenza cardiaca, aumenta la pressione del sangue… SN SIMPATICO E STRESS Importanza del sistema nervoso autonomo: nello stress viene attivato il SN simpatico, quello delle emergenze, quello che aumenta eccitazione, attivazione, mobilitazione delle risorse e così via. Effetti: il cuore viene accelerato, viene messa in circolo adrenalina da parte delle surrenali, viene rilasciata noradrenalina dalle varie terminazioni simpatiche. SN SIMPATICO E STRESS Adrenalina e noradrenalina, a loro volta, accelerano la frequenza cardiaca e migliorano la circolazione periferica. Il parasimpatico, invece, ha gli effetti opposti a quelli del simpatico (è quello che rallenta la frequenza cardiaca). Quando si attiva il simpatico, ovviamente, il parasimpatico viene messo a riposo e viceversa. ORMONI E STRESS Nello stress intervengono vari ormoni. C’è in sistema ipotalamo-ipofisi-surrene che determina il rilascio di adrenalina (e noradrenalina). L’ipotalamo produce il CRH; in alcuni secondi questo arriva all’ipofisi che manda in circolo l’ACTH. Con il sangue l’ACTH arriva alle surrenali che, a loro volta, producono l’adrenalina. ORMONI E STRESS Ma intervengono vari altri ormoni. Il pancreas, per esempio, rilascia il glucagone che (assieme all’adrenalina e alla noradrenalina) fa aumentare la glicemia, vale a dire il tasso di glucosio nel sangue. Si producono poi encefalina ed endorfina con effetto analgesico (è meglio non sentire dolore se si combatte o si fugge). ORMONI E STRESS Aumenta anche la produzione di cortisolo, ormone con effetto catabolico. Vengono inibiti, invece, altri ormoni: • l’insulina, ormone che immagazzina energia; • il GH e il testosterone, omoni che hanno effetto anabolico. Viene favorita la risposta ad una domanda fisica maggiore (fight or flight). GLI EFFETTI DELLO STRESS Ci sono effetti dello stress a breve termine e a lungo termine. Si sa che se lo stress dura a lungo, ci possono essere effetti patologici: l’ulcera gastrica, la depressione eccetera. Ma ci sono anche dei cambiamenti positivi, tali da favorire il soggetto quando si trova di nuovo di fronte a quello stress. GLI EFFETTI SPECIFICI DELL’ALLENAMENTO Oltre alle risposte comuni derivate dallo stress (una volta si parlava di “Sindrome generale da adattamento” oggi semplicemente di “Risposta allo stress”), ci sono quelle specifiche: - ci si adatta al caldo o al freddo; - si producono gli anticorpi contro i germi… Nel caso dell’allenamento ci sono gli adattamenti di cui si è già parlato. LO STIMOLO ALLENANTE Succede, dunque, che l’individuo – per effetto dell’azione dello stressor sul suo organismo – si adatta. Un tipo particolare di stressor è costituito dall’allenamento. Si può indicare questa successione: stimolo allenante processo di adattamento miglioramento delle prestazioni LA DEFINIZIONE DI ALLENAMENTO Con il termine “allenamento” si possono definire cose diverse: • lo stimolo allenante, per esempio 6 x 200 m in 28 s (la causa); • quello che avviene nell’organismo in seguito allo stimolo allenante (il processo); • gli adattamenti che si sono verificati in seguito al lavoro (l’effetto). LA SUCCESSIONE DEGLI EVENTI Quello che conta è che l’organismo reagisce ad uno stimolo allenante (uno stressor) con dei cambiamenti (anatomici, ultrastrutturali, enzimatici, esclusivamente funzionali…) e che questi cambiamenti portano ad un miglioramento delle prestazioni. Ricordiamoci che c’è anche il miglioramento nella tecnica esecutiva, nella tattica eccetera. IL DEALLENAMENTO Se l’allenamento determina degli adattamenti positivi, la mancanza di allenamento (o deallenamento) provoca adattamenti negativi, con peggioramento delle prestazioni. Chi si ammala e sta a letto per vari giorni, perde forza, massa muscolare, potenza aerobica… Assenza di stimolo allenante processo di deallenamento peggioramento delle prestazioni I CAMBIAMENTI PRESTATIVI ETA’-DIPENDENTI Un ragazzo, per esempio di 17 anni, anche se si allena poco e male, può migliorare in una prestazione aerobica o lattacida. L’allenatore si illude che il merito sia suo, mentre in realtà è successo che il ragazzo è in una età in cui quelle qualità migliorano. Con l’avanzare dell’età, poi, ci sono dei peggioramenti delle prestazioni. L’ALLENAMENTO: UNA DEFINIZIONE “Insieme dell’attività fisica che tende a provocare (o a mantenere) nell’organismo quegli adattamenti grazie a quali la prestazione può migliorare (o mantenersi costante).” (Arcelli, 1990) E’ già importante per un agonista oltre una certa età (per esempio over 30) riuscire a mantenersi a certi livelli. STIMOLO ESTERNO E STIMOLO INTERNO Quando si parla di stimolo allenante ci si può riferire allo: • STIMOLO ESTERNO: è quello che si può misurare (in min & s, in m, in kg...), per esempio 6 x 200 m in 28 s o sollevare 10 volte 100 kg; • STIMOLO INTERNO: se l’organismo è fresco oppure già stanco, gli effetti (“stimolo allenante”) è differente. STIMOLI ALLENANTI E MEZZI DI ALLENAMENTO In realtà 6 x 200 m in 28 s non è uno “stimolo allenante” ma un mezzo di allenamento. Così come sono mezzi di allenamento l’interval training, il lavoro a piramide per la forza, lo stretching e così via. Lo un mezzo di allenamento comprende tanti “stimoli allenanti”. Fare 4 x 200 m in 28” allena il lattacido, ma anche l’aerobico centrale e così via. MEZZI DI ALLENAMENTO E METODI DI ALLENAMENTO Un metodo di allenamento prevede l’utilizzo di vari mezzi, organizzati secondo un certo criterio e una certa successione nella settimana, nel mese e nella stagione. Nel metodo finlandese di allenamento per il mezzofondo, per esempio, prevede corsa continua in inverno; poi corsa balzata; a partire da tre mesi prima della gara, lavoro lattacido e da due mesi velocità. PERIODIZZAZIONE Un atleta, in vista di un impegno importante (per esempio i Campionati Mondiali o le Olimpiadi); prepara la tabella di allenamento basandosi sul tempo che manca a quell’impegno e lo divide in periodi per ciascuno dei quali pone determinati obiettivi che si propone di raggiungere. Questa è, in pratica, la “periodizzazione”. LA SEDUTA DI ALLENAMENTO In una singola seduta di allenamento (o unità di allenamento) difficilmente si usa un solo mezzo. Un corridore comincia, per esempio, con la corsa lenta, poi fa lo stretching, poi i balzi in piano, poi alcuni allunghi, poi 6 x 300 m. Infine fa il defaticamento, ancora con stretching e corsa lenta. IL CARICO DI ALLENAMENTO E’ l’indice dell’impegno richiesto in allenamento e/o della fatica che ne è derivata. Si è parlato in precedenza di stimolo esterno e di stimolo interno. Il carico esterno è più facile da calcolare. Secondo Aldo Sassi e Roberto Sassi, si può pensare che: carico esterno = intensità x tempo IL CARICO DI ALLENAMENTO L’intensità, a sua volta, come può essere stabilita? Nel calcio si può usare un indice da 1 a 10, per esempio 1 per lo stretching e 10 per ogni minuto di partita. A questi valori si può arrivare utilizzando la scala di Borg o la frequenza cardiaca o il lattato. Quindi: 10 min di stretching equivalgono ad un carico di 10 x 1 = 10, mentre 90 min di partita a 90 x 10 = 900. IL CARICO DI ALLENAMENTO Sommando il carico di ciascun mezzo di allenamento, si può calcolare quello di una singola seduta, poi quello di una settimana, di un mese e così via. Si può così stabilire quanto lavoro si è compiuto in quel periodo. CLASSIFICAZIONE DEI MEZZI DI ALLENAMENTO I mezzi utilizzati possono essere classificato, per esempio in: A) mezzi a carattere generale: corsa lenta, stretching, propriocettiva, prevenzione infortuni, riscaldamento, defaticamento…; B) mezzi a carattere specifico: quelli che allenano qualità che servono in gara (atletici, tecnici, tattici…); C) mezzi di gara: competizioni (nei giochi: partite ufficiali od amichevoli). CLASSIFICAZIONE DEI MEZZI DI ALLENAMENTO Si può fare anche questa classificazione: • mezzi diretti: provocano direttamente gli adattamenti che consentono migliorare o mantenere la prestazione; • mezzi indiretti: non hanno effetti diretti sulla prestazione, ma sono utili o indispensabili; servono a prevenire gli infortuni, a migliorare le capacità di allenarsi di più, di recuperare prima eccetera. SPECIFICITA’ DELLO STIMOLO ALLENANTE “Specificità dello stimolo allenante” non vuole dire che per migliorare una certa qualità si deve necessariamente farla intervenire in allenamento; per es. che per migliorare la potenza aerobica si devono fare sforzi completamente aerobici. Significa che per ottenere un certo effetto sull’organismo si deve utilizzare un ben specifico stimolo allenante. SPECIFICITA’ DELLO STIMOLO ALLENANTE Per migliorare le componenti aerobiche periferiche (quelle legate alla capacità dei muscoli di utilizzare l’ossigeno e, quindi, alla densità mitocondriale), per esempio, non si deve lavorare in modo del tutto aerobico, ma anzi le fibre devono produrre un po’ di acido lattico, una piccola quantità. Il territorio lattacido deve essere un po’ invaso. MEZZO DI ALLENAMENTO = MISCELA DI STIMOLI Un mezzo di allenamento non è mai costituito da un solo stimolo allenante (soltanto l’elettrostimolazione si avvicina a questo), ma da una miscela di stimoli allenanti. Si deve scegliere il mezzo di allenamento che corrisponde alla miscela più adatta ai nostri scopi. L’ALLENAMENTO NON SEMPRE ALLENA DAVVERO! La miscela di stimoli allenanti, affinché sia davvero efficace nel raggiungere l’obiettivo che ci si propone, deve essere adeguata, deve cioè essere in grado di agire sulle strutture sulle quali si vogliono provocare gli adattamenti in conseguenza dei quali la prestazione migliora effettivamente. Deve avere, in particolare, un minimo di intensità e un minimo di quantità. INTENSITA’ E QUANTITA’ Se applico le tabelle di un dato atleta ad un altro atleta, posso non avere buoni risultati perché non sono adeguate le intensità e/o le quantità. Può succedere la stessa cosa anche se un atleta (specie se è un giovane o uno che ha cominciato da poco) continua ad applicare sempre la stessa tabella di allenamento. La stessa tabella può diventare inadeguata. INTENSITA’ In linea di massima, esiste un minimo di intensità (una soglia) al di sotto del quale lo stimolo allenante non ha alcun effetto. Negli sport ciclici, per esempio, occorre un minimo di velocità (se ne parlerà più avanti). Se si usa un bilanciere o una macchina da palestra, è necessario superare un certo numero di chilogrammi e/o di ripetizioni. QUANTITA’ Anche in questo caso, per avere un effetto allenante si deve talvolta raggiungere una certa soglia, per esempio di minuti di sforzo, di chilometri percorsi, di ripetizioni eccetera. In altri casi – se l’intensità è quella giusta l’effetto allenante cresce con la quantità dello stimolo (per esempio: più chilometri = adattamento più ampio). DENSITA’ E’, in pratica, il rapporto fra la quantità di lavoro compiuto e il tempo impiegato. Se, per esempio, faccio 8 volte i 1000 m in 3 min con un intervallo di 2 min fra una ripetuta e l’altra, la densità è maggiore rispetto a quando faccio sempre 8 x 3 min, ma il recupero è di 3 min.