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Filosofia
Fichte
Illustra le caratteristiche principali del movimento idealista e sottolineane le differenze con l’illuminismo.
Romanticismo in generale.
Il movimento idealista che nasce come filosofia del movimento Romantico si confronta con l’illuminismo,
supera la sua concezione razionalista della realtà fondata esclusivamente sui dati empirici e propone una
riflessione sull’Assoluto e sulla metafisica. Alla concezione illuminista che giudica la storia oppone una fiducia
in essa come matrice del progresso, come se fosse guidata da una “mano”. Esalta poi il sentimento,
specialmente l’amore, considerando l’amore come cifra dell’assoluto.
Idealismo.
L’idealismo si confronta soprattutto con Kant, al quale muove due critiche verso il suo noumeno: anzitutto
Kant ne afferma l’esistenza dopo averne sostenuto l’inconoscibilità, poi lo indica come causa delle sensazioni,
applicando al noumeno quel principio di causa-effetto che era proprio esclusivamente del fenomeno.
Illustra e spiega i principi della dottrina della scienza secondo Fichte.
Nella dottrina della scienza Fichte illustra i principi tramite il quale egli deduce l’esistenza dell’Io e la sua
entità di principio primo, autocoscienza, fondamento della coscienza e dell’essere stesso, da cui derivano sia
il soggetto che l’oggetto. La deduzione fichtiana si articola in tre principi: l’Io pone sé stesso, Io=Io, è un’autocreazione che permette tutte le altre affermazioni; l’Io pone il non-Io, qualcosa che proviene dall’Io e si trova
quindi nell’Io, è l’oggetto del soggetto, quell’altro da sé necessario per poter agire e conoscere; l’Io oppone
nell’Io, all’Io divisibile un non-Io divisibile, è cioè la situazione concreta del mondo, dopo essere stato limitato
dal non-Io (quindi divenuto finito).
Spiega la teoretica fichtiana, confrontando idealismo, dogmatismo e la posizione di Fichte.
Fichte individua due tipi di conoscenza: il dogmatismo-realismo che punta sulla cosa astraendo dall’Io e vede
le percezioni venire dall’oggetto sul soggetto; l’idealismo che vede nel soggetto il fondamento di tutte le
conoscenze, punta sull’Io astraendo dalla cosa. Nessuno dei due riesce a prevalere sull’altro nella
dimostrabilità, e la scelta tra essi deve essere fatta su base etica: al dogmatismo seguirà il determinismo e
quindi la negazione della libertà, mentre l’idealismo contempla il libero arbitrio. Fichte che riprende questa
posizione la stempera in un idealismo realista: le percezioni arrivano al soggetto dall’oggetto, ma
quest’ultimo è posto dall’Io (dal Soggetto) e ne è parte. L’Io però non si rende conto di questo procedimento:
egli crea (o pone) la realtà tramite l’immaginazione produttiva, ma ne ha coscienza solo quando la ha già
davanti a sé, e perciò è inconsapevole del primo passaggio.
Illustra e spiega il primato della ragion pratica sulla pura secondo Fichte, ed il carattere morale del suo
idealismo.
Fichte asserisce che l’Io è libero e per realizzarsi deve agire (moralmente). Perché questa azione sia possibile
esso deve porre il non-io, come ostacolo da superare, ovvero da riappropriarsene conoscendolo. L’Io,
Assoluto, è per sua natura agente, e ha cioè l’esigenza di agire, l’azione si esplica nell’attività teoretica. La
ragion pratica ha allora un primato su quella pura, poiché la conoscenza e l’oggetto della conoscenza sono
possibili solo in funzione dell’azione.
Spiega il pensiero politico di Fichte
Fichte propone la costituzione di una società perfetta di esseri liberi e ragionevoli, che si realizza tramite lo
Stato, che è solo il mezzo: il suo obbiettivo è rendersi inutile in favore della società perfetta. È basato su una
visione contrattualistica ed antidispotica dello Stato, dove lo scopo del contratto sociale è l’educazione alla
libertà che, qualora non fosse garantito, permetterebbe implicitamente il diritto alla rivoluzione. Nella visione
di Fichte coesistono una prospettiva individualistica, poiché l’Io pone a se stesso una sfera di diritti naturali
inviolabili di libertà, proprietà e conservazione, ed una prospettiva di statalismo socialistico autarchico: lo
Stato deve impedire la povertà e regolare la vita pubblica (idee espresse nello Stato commerciale chiuso),
sorvegliando la produzione e la distribuzione dei beni, nonché essere autosufficiente sul piano economico.
Questo per evitare conflitti tra gli stati che nascono, secondo Fichte, da interessi economici contrastanti, che
il libero mercato genererebbe.
Nei Discorsi alla nazione tedesca Fichte sostiene la necessità di una nuova educazione destinata al popolo e
alla nazione, capace di trasformare la struttura psichica e fisica delle persone. Ma gli unici a poter promuovere
questa nuova educazione sono i Tedeschi, unici ad aver conservato una stessa lingua e cultura, ed in tal senso
unici possessori di una patria.
Hegel
Illustra il sistema di Hegel e il ruolo della dialettica in esso.
Hegel sostiene che la realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione, che
egli ritiene coincidere con l’Infinito e l’Assoluto. Questo organismo immanente, che è Dio, non è una realtà
immutabile, una sostanza, ma un soggetto in divenire in un processo di auto-produzione, che soltanto l’uomo
e la filosofia riescono alla fine a comprendere. Questo organismo è per Hegel la ragione che afferma
identificarsi con la realtà: tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale; ovvero la
razionalità è la forma stessa di ciò che esiste (come il Logos per gli stoici), immanente, e la realtà è un
dispiegamento razionale dell’Assoluto, che l’uomo può comprendere. Poiché l’Assoluto è in divenire, ciò può
realizzarsi solo tramite il contrasto tra opposti: la legge che regola il divenire è la dialettica.
Spiega i tre momenti dialettici di Hegel.
Hegel non ipotizza una vera e propria teoria sistematica della dialettica, individua però i tre momenti che la
compongono: la tesi, l’idea in sé per sé, che corrisponde al momento del pensiero astratto o intellettuale;
l’antitesi, l’idea fuori di sé, che è il momento razionale-negativo; e la sintesi, l’idea che ritorna in sé, ed è il
momento razionale-positivo. Il primo momento è quello in cui il pensiero considera la realtà in maniera rigida,
affermando un concetto astratto e limitato (es. “il giorno”), il secondo prevede la sua negazione ed il
passaggio ad un concetto opposto (es. “la notte”), il terzo consiste nel sintetizzare i due momenti precedenti,
Hegel lo chiama Aufhebung, cioè qualcosa che abolisce il conflitto tra tesi e antitesi ma nello stesso tempo
ne conserva il contrasto (es. “il dì”).
Spiega cos’è la fenomenologia diacronica e quella sincronica.
La fenomenologia è la scienza di ciò che appare, ovvero, poiché tutta la realtà è Spirito, per Hegel, è l’apparire
dello spirito a sé stesso, cioè la presa di coscienza dello Spirito di essere tutta la realtà, l’Assoluto. Hegel la
illustra in due prospettive diverse: una diacronica ed una sincronica. Mentre quest’ultima si sofferma a
delineare il cosiddetto sistema hegeliano, ovvero a considerare la dialettica e l’eterna coesistenza dei tre
momenti del logos, la prospettiva diacronica è l’analisi delle vicissitudini storiche della consapevolezza dello
Spirito dall’alba dei tempi sino al suo completo dispiegamento (ovvero sino alla comprensione), che avviene
con Hegel. Tale percorso, che è logico e non cronologico, viene descritto in maniera romanzata dal filosofo
ricorrendo alle figure, snodi o tappe del pensiero umano, che delineano l’uscita della coscienza
dall’individualità verso l’universalità e la consapevolezza dell’identità tra ragione e realtà.
Come lo spirito si autocomprende nella fenomenologia?
Hegel afferma che inizialmente lo spirito ha coscienza solamente dell’esistenza dell’oggetto “qui ed ora”,
ovvero immediata e diretta (certezza sensibile), quando il soggetto prende coscienza che l’oggetto
appartiene ad una determinata categoria lo associa ad un concetto (percezione). Quando il soggetto si Rende
conti che l’esistenza dell’oggetto è subordinata alla sua percezione (intelletto), e che dunque l’oggetto è
fenomeno, il soggetto risolve in se stesso tutta la conoscenza e comprende di essere autocoscienza.
Quando il soggetto si è reso conto di essere autocoscienza tende ad affermare se stesso il più possibile
cercando la sua libertà, anche le altre autocoscienza tendono a questo: ne nasce uno scontro in cui
un’autocoscienza (servo) si lascia sottomettere da un’altra (padrone). Il padrone diventa ben presto
dipendente dal servo (crisi dialettica) che invece, grazie alla paura della morte, al servizio e al lavoro, ha
maggior coscienza di se e dunque è più libero.
Servi e padroni dunque si è ugualmente liberi, è lo stoicismo, che pur riconoscendo la realtà la disprezza. La
sua estremizzazione, lo scetticismo, porta a negare la realtà. La negazione della realtà è in se stessa un
paradosso, perché afferma che nulla esiste, affermando appunto qualcosa, e perché negare la realtà fisica a
discapito del pensiero porta ad una scissione tra finito e infinito. Questa scissione (coscienza infelice) è anche
separazione tra Dio e l’uomo, che lo spirito prova a risolvere con la religione. Non riesce sino a che lo Spirito
non si rende conto di essere esso stesso la realtà che stava tentando di conoscere: ha raggiunto la ragione.
Come si articola la filosofia dello spirito oggettivo?
La filosofia dello spirito oggettivo si occupa di studiare le relazioni tra gli uomini nelle loro istituzioni, si
articola in diritto, morale ed eticità. Nel diritto una legge data, come ad esempio la tutela della proprietà
privata, ovvero del frutto del proprio lavoro, è tutelata da un contratto. Quando questo contratto viene
violato (colpa) è necessaria una pena che riequilibri il torto. Ma la pena per essere efficace non deve essere
vendicativa ma formativa. Per essere formativa chi la sconta la deve assimilare in una morale. Nella morale
la legge è interiore ma non si rispecchia nelle istituzioni, ciò avviene nell’eticità. La prima istituzione è la
famiglia, fondata sul rapporto tra i sessi e l’educazione dei figli, questi ultimi quando crescono formeranno
una nuova famiglia. Le diverse famiglie perseguono ognuno dei propri interessi particolari e costituiscono la
società civile, articolata in sistema dei bisogni, amministrazione della giustizia, polizia e corporazioni.
Quest’ultimo raccolgono cittadini che rinunciano ai propri interessi particolari per perseguire di comuni:
nasce lo Stato.
Come si articola la filosofia dello spirito assoluto?
La filosofia dello spirito assoluto si articola in arte, religione e filosofia. Nell’arte l’uomo prova a conoscere
l’infinito tramite l’opera d’arte (Intuizione sensibile) che permette di unire il soggetto, ovvero l’autore e il suo
sentire, e l’oggetto, opera d’arte, che supera il tempo e lo spazio. Ma troppo legata all’oggetto l’arte si rivela
inadeguata, lo spirito tenta di giungere allora all’assoluto con la religione, in cui l’uomo tenta di riunire finito
e infinito rappresentandosi l’assoluto come Dio. Ma questa rappresentazione è troppo legata al soggetto: è
necessario un ulteriore passaggio, la filosofia: essa, che con Hegel ha raggiunto il suo apice, permette di
cogliere lo Spirito nella propria essenza, cioè la razionalità dialettica.
Schopenhauer
Qual è la concezione del mondo di Schopenhauer? Cosa si può conoscere?
Schopenhauer si confronta con Kant da cui riprende la concezione di una realtà apparente (il fenomeno) ed
una nascosta (il noumeno), ma non ritiene che la filosofia debba limitarsi ad indagare la realtà apparente, che
ritiene essere una rappresentazione che esiste solo nella coscienza, ma anzi crede che il compito del filosofo
sia quello di ricercare il noumeno squarciando il “velo di Maia”. L’uomo dunque per Schopenhauer conosce
il mondo tramite i giudizi sintetici a priori (tramite le forme di spazio, tempo e causalità), su cui si basa la
Scienza, ma la vera essenza della realtà, che l’uomo può intuire dalla sua volontà di vivere, è il volere. La
volontà di Schopenhauer è alogica, irrazionale, inconscia, eterna e unica. Come spiegare allora la molteplicità
del mondo? Il filosofo afferma che l’unica volontà si è oggettivata (resa concreta verso i singoli individui)
dapprima in archetipi, come idee platoniche eterne e immutabili, e poi nel mondo in cui viviamo.
Qual è il rapporto tra volere e soffrire? Come si può evitare il dolore?
Poiché volere significa brama di qualcosa che non si ha, dunque mancanza di qualcosa, dunque sofferenza
per la mancanza, se la volontà è l’essenza stessa della realtà, tale sarà anche il dolore! Schopenhauer però
non nega l’esistenza del piacere, dato empirico, ma lo ritiene una momentanea cessazione del dolore, così la
vita è per il filosofo un pendolo che oscilla tra il desiderio e dunque il dolore, e la noia tra un desiderio
soddisfatto e il prossimo. Per uscire da questo circolo Schopenhauer propone di smettere di desiderare,
ovvero di soffrire, tramite tre vie: l’arte, che vuole risalire alla volontà prima dell’oggettivazione, la
compassione, che significa superare la propria individualità in maniera attiva (la carità, fare del bene) o
passiva (la giustizia, non fare il male), e l’ascesi, che è l’astensione dal piacere, la noluptas.
Feuerbach
Che differenza c’è tra la destra e la sinistra Hegeliana?
Alla morte di Hegel il suo pensiero, ampio e sistemico, venne largamente interpretato, talvolta anche in
maniera assai diversa, sottolineandone più e meno alcuni aspetti. La Sinistra Hegeliana accentua la necessità
del movimento dialettico e del cambiamento, da ciò deriva un’impostazione politica rivoluzionaria e una forte
sfiducia nei confronti della religione, ritenuta qualcosa da superare. La Destra Hegeliana invece sottolinea la
necessità delle singole tappe nel processo dialettico di sviluppo dello Spirito, con tratti conservatori sia in
politica che in religione, accettando, in forma di giustificazionismo, la realtà come essa è, in quanto tappa
necessaria per lo Spirito.
Qual è la critica che Feuerbach muove alla religione? Cosa dice dell’idea di infinito?
Feuerbach è un materialista, per tanto ritiene che tutto ciò che esiste sia composto di materia, le idee sono
immagini della realtà presenti nella mente dell’uomo, la filosofia si può occupare non delle idee (idealismo)
ma solo della materia. La Religione viene perciò riletta in chiave materiale: non è Dio ad aver creato l’Uomo,
ma il contrario. L’Uomo – dice Feuerbach – si è spogliato di tutte le proprie qualità proiettandole nell’idea di
Dio, un essere altro da sé, in questo modo si è alienato. Ma come può l’uomo finito, creare un Essere infinito?
Traendo l’idea di infinito dalla contrapposizione tra uomo e specie (non soggetta al tempo = infinita), potere
e volere (infinito), uomo e natura, che genera sempre una sproporzione “infinita” appunto.
Marx
Qual è la critica che Marx muove alla civiltà moderna?
Marx ritiene che la civiltà moderna sia un trionfo di individualismo e particolarismo, che ci sia una discordanza
tra l’apparente uguaglianza sociale dei cittadini dello stato e la disuguaglianza sostanziale dei borghesi della
società. Questo lui lo imputa alla proprietà privata che permette una parte di cittadini (i capitalisti),
proprietari dei mezzi di produzione, di espropriare i lavoratori del frutto del loro lavoro creativo: ciò causa
l’alienazione.
In cosa consiste l’alienazione? Che differenza c’è rispetto a Feuerbach?
L’alienazione è l’espropriazione da parte dei proprietari dei mezzi di produzione del frutto del lavoro creativo.
Il lavoro è infatti per Marx l’essenza dell’uomo: l’alienazione è dunque estraniazione dell’operaio dal prodotto
del proprio lavoro, dalla propria attività, dalla propria essenza e dal proprio prossimo, per il rapporto
conflittuale che si è venuto a creare con il capitalista. Mentre per Feuerbach dunque l’Alienazione è legata
alla religione ed è un fatto della coscienza dell’uomo, da cui ognuno deve “liberarsi”, per Marx è invece frutto
di un sistema danneggiato, legata dunque alla struttura economica e sociale della civiltà.
Concezione della storia in Marx?
Per Marx la storia è un processo materiale fondato sul lavoro dell’uomo, mosso non tanto, come volevano
gli idealisti, da un qualche Spirito immanente, o dalla filosofia, ma dai processi economici. La storia è dunque
fondata sulla struttura economica, il “modo di produzione”, che è costituita a sua volta dalle forze produttive,
tutto ciò che è impiegato per produrre (forza-lavoro, mezzi di produzione e conoscenze tecniche), e rapporti
di produzione, i rapporti che si instaurano tra gli uomini nel corso della produzione, giuridicamente espressi
da rapporti di proprietà. La struttura economica per Marx determina e condiziona la sovrastruttura, cultura
e pensiero, e non il contrario. La Storia segue inoltre un movimento dialettico: al veloce sviluppo delle forze
produttive (classe in ascesa) non ne corrisponde uno altrettanto rapido dei rapporti di produzione, la classe
dominante, che tenta di conservare il suo ruolo, ne sorge uno scontro da cui esce vittoriosa generalmente la
classe in ascesa. Per Marx ciò sfocerà nella vittoria del Socialismo sul Capitalismo.
Contenuti e temi del Capitale?
Nel Capitale Marx studia la struttura e le funzioni del Capitalismo per individuarne le contraddizioni. Poiché
per Marx il Capitalismo è fondato sulla produzione generalizzata di merci il filosofo inizia con l’analizzare
quest’ultime. Una merce ha un valore d’uso, la sua destinazione pratica, ed uno di scambio che le garantisce
di essere scambiata con altre merci, a volte per mezzo di denaro (D). Se il sistema precapitalista si può
esprimere come MDM, quello capitalista è invece DMD’, dove D’ è il plusvalore ricavato dalla vendita della
merce. Questo plusvalore viene per Marx dall’impiego di una “merce” particolare, l’operaio, capace di
produrre più del suo valore di scambio, il salario, ciò che gli è necessario per prodursi e riprodursi, quel
prodotto in più costituisce il plusvalore del capitalista. Non è però un guadagno netto (profitto) che si esprime
considerando il plusvalore in rapporto agli investimenti nel salario (capitale variabile) e quelli nelle macchine
(capitale costante) che il Capitalista fa per ottimizzare la produzione.
Quali sono le contraddizioni e le tendenze del Capitalismo?
La necessità per il capitalista di aumentare la produzione porta dapprima a forzare l’aumento della
produttività dell’operaio al minor prezzo possibile (sfruttamento), tuttavia sarà necessario ad un certo punto
sarà necessario un investimento sui macchinari (capitale costante) per aumentare la produzione. Ciò
provocherà: una crisi di sovrapproduzione, l’aumento del capitale costante e quindi la diminuzione del saggio
del profitto, la scissione della società in due classi antagoniste.
Come avverrà la rivoluzione comunista?
Il proletario deve, per Marx, prendere coscienza di sé e del proprio valore grazie alla filosofia, abolire la
proprietà privata e così spezzare la catena dialettica. Ciò avverrà però in due fasi: una prima, il Socialismo, in
cui verranno collettivizzati i mezzi di produzione e di scambio, attraverso una vera e propria dittatura del
proletariato che porterà al superamento di ogni forma di stato; una seconda, il Comunismo, dove ci sarà un
uomo nuovo, e una società fondata sull’uguaglianza che tenga conto dei bisogni e non solo delle capacità
degli individui.
Nietzsche
Quali sono le caratteristiche dell’apollineo e del dionisiaco?
Nietzsche studiando i classici greci vi individua due impulsi fondamentali: il dionisiaco, irrazionale forza vitale
che vuol partecipare al divenire, e l’apollineo, impulso a dare una forma alla realtà e a fuggire così dal
divenire. Questi due impulsi sono entrambi presenti nella tragedia greca e in equilibrio, sino a che, con
Euripide, l’apollineo prevale, anche grazie all’insegnamento di Socrate che ha esaltato la ragione sugli istinti.
Nietzsche ritiene che la vita sia dolore e sofferenza: l’apollineo è l’atteggiamento di chi da essi vuole fuggire,
così il filosofo spiega la metafisica e la religione, mentre l’atteggiamento che propone lui va al di la del
pessimismo e dell’ottimismo, consiste nell’affrontare la vita così come essa è (dire di sì alla vita), è il
dionisiaco.
In cosa consiste l’annuncio della morte di Dio?
Nietzsche descrive l’annuncio della morte di Dio come la profezia di un uomo folle in un mercato tra le risa
di altri uomini. Per il filosofo Dio è la sintesi di tutte le “bugie”, la personificazione dell’apollineo, della
tendenza dell’uomo ad ordinare il caos della realtà e a fuggire da essa. L’annuncio è per Nietzsche necessario
perché l’ateismo del suo tempo, rappresentato dagli uomini che ridono, non ha colto la portata della morte
di Dio: la fine di ogni credenza. Dopo la morte di Dio l’uomo sarà smarrito, e cercherà inizialmente dei
surrogati da adorare, ma poi, affrontata la realtà, potrà giungere il superuomo, che vive la vita secondo i
propri nuovi valori.
Chi è il superuomo? Come ci giunge lo spirito?
Il superuomo (ubermensch) è il modello di uomo in cui si concretizzano i temi del pensiero di Nietzsche. È
colui che ha saputo dire di si alla vita, in una sua accettazione totale, supera il trauma della morte di Dio ed
accetta l’essere in maniera dionisiaca. Per giungere a questo stato lo spirito, spiega Nietzsche, ha passato tre
metamorfosi: originariamente cammello, portava il peso della tradizione, diventa leone, liberato dai fardelli
e dalle costrizioni, e infine fanciullo, superuomo che sa dire si alla vita e la vive come spirito libero all’insegna
dell’io voglio.
Cos’è la teoria dell’eterno ritorno?
La teoria dell’eterno ritorno è il pensiero di Nietzsche per cui tute le vicende del mondo si ripetono
eternamente, riprendendo l’antica concezione ciclica del tempo, opposta a quella cristiana-lineare. Questa
teoria, espressa nel racconto di un pastore che, inizialmente soffocato da un serpente, riesce a morderne la
testa e a sopravvivere, è legata a quella del superuomo: solo lui, accettando la realtà per come essa è può
goderne e viverla anche se essa si rappresentasse per sempre, una constatazione che altrimenti si rivelerebbe
soffocante e opprimente. Sulla natura di questa concezione Nietzsche resta vago, non sappiamo se è una
formulazione metafisica, di imperativo categorico o semplicemente allegorica.
Cos’è il nichilismo?
Nietzsche parla del nichilismo in due accezioni: dapprima come “volontà del nulla”, ovvero fuga e disgusto
da tutta la realtà, propria dell’apollineo; poi come il sentimento dell’uomo dopo la morte di Dio, di sgomento
e senso di vuoto. Nietzsche supera il nichilismo affermando che i significati metafisici sono in realtà frutto
della volontà di potenza dell’uomo, e che il non-senso del mondo è per il superuomo occasione di imporre i
suoi valori: il senso non essendo ontologicamente dato, deve essere umanamente inventato.
Come si è giunti al prevalere dell’apollineo?
Originariamente nel mondo classico la morale era espressione dell’aristocrazia cavalleresca, dei signori,
pertanto legata alla forza vitale e alla gioia di vivere (dionisiaco). Successivamente prevalse la morale dei
sottomessi, i servi, che cercavano nell’aldilà un riscatto (apollineo, cristianesimo). Il passaggio dalla prima alla
seconda morale avvenne perché i servi (sacerdoti), non potendo vincere i padroni (guerrieri) con la forza, li
sottomisero con una morale oppressiva e con il senso della colpa e del peccato.
Freud
Come è composta la personalità nella psicanalisi?
In una prima topica Freud individua nell’uomo tre sistemi: il conscio, il preconscio e l’inconscio, differenziati
per il diverso grado di coscienza. Successivamente ne elabora una seconda in cui individua tre istanze: l’id (o
es), parte istintuale e passionale dell’uomo, priva del concetto di spazio-tempo e di principi logici; il super-io,
proiezione ideale e perfetta cui l’uomo aspira, è la fonte della morale, è il censore delle passioni e dei desideri;
l’io, parte organizzata della personalità è di raccordo tra le altre due, in un individuo sano riesce a mantenere
l’equilibrio. È considerato servo di tre padroni: l’id, da cui vengono i desideri, il super-io, che li filtra e la realtà
esterna.
Cos’è l’inconscio? Come possiamo accedervi?
L’inconscio è la parte inaccessibile della coscienza, dove finiscono i fatti e i desideri che l’io non riesce ad
accettare, e pertanto li rimuove, ma che ancora influenzano la coscienza e la quotidianità. Vi si può accedere
durante il sonno, dove l’io è meno attivo, attraverso i sogni: dietro la scena sognata (contenuto manifesto) vi
sono spesso significati profondi legato all’inconscio (contenuto latente), che sono comunque camuffati da
una censura minima dell’io. Essi sono legati al sogno tramite lo spostamento (associazione di idee),
condensazione (di più idee) o simboli (culturali). È possibile accedere all’inconscio anche attraverso la
psicanalisi, con l’associazione di idee, ritenendo Freud che intorno al rimosso gravitino una serie di pensieri
collegati, e attraverso il transfer medico-paziente, ovvero quel particolare rapporto di fiducia e attrazione
verso il curante che permette al paziente di “trasferire” su esso le proprie emozioni, rendendo più semplice
la terapia.
Come sviluppa la teoria della sessualità?
Freud ritiene che la sessualità non sia legata solo alla procreazione ma al desiderio sessuale proveniente
dall’id, che lui chiama libido. Questo desiderio è presente sin nei bambini che lo esplorano attraverso varie
fasi in base all’oggetto che gli procura piacere: fase orale (nutrimento), anale (funzioni escretorie), genitale,
dapprima fallica, di esplorazione legata al sesso maschile, e poi genitale in senso stretto co l’attrazione per la
sessualità. Inizialmente il bambino è attratto dal genitore del sesso opposto, fase che se non superata
permane come complesso di Edipo, per poi identificarsi con il genitore del proprio sesso.
Come si è sviluppata la civiltà per Freud?
Freud ritiene che inizialmente non vi fosse la morale ma che tutti gli uomini vivessero secondo i propri
desideri. Con l’esigenza della sopravvivenza della specie fu necessario reprimere alcuni istinti e gli uomini si
organizzarono in società: nacque la morale che si concretizzò nel super-io.
Kierkegaard
Che rapporto c’è tra Kierkegaard ed Hegel?
Mentre Hegel formula un sistema filosofico universale, per spiegare ogni aspetto della realtà, Kierkegaard si
concentra sull’individuo, perché ritiene l’uomo al di la dei problemi filosofico s ritrovi costretto ad affrontate
ogni giorno la vita. Critica inoltre ad Hegel lager fatto coincidere l finito con l’infinito, realtà che ritiene invece
distanti, e anche la concezione dialettica per cui ogni momento è necessario (et… et): per Kierkegaard l’uomo
è chiamato a scegliere ed ogni scelta ne esclude un’altra (aut… aut). Scegliere è pertanto in rischio e genera
angoscia.
Quali sono per Kierkegaard i tre stati di scelta dell’uomo?
Kierkegaard identifica l’uomo come di fronte a tre stati d scelta: stadio estetico, etico e religioso. Il primo
stato è quello di chi voglie l’attimo, rappresentato dal Don Giovanni, ma in questo modo non sceglie e nega
così la sua essenza. Il secondo, rappresentato dal marito, è quello etico che vede l’uomo scegliere sempre e
assumersi responsabilità. Queste scelte tendono riso m progetto teorico irraggiungibile, l’uomo infatti sbaglia
(pentimento) o comunque ne ha paura (ansia), in definitiva questo stadio porta alla disperazione. L’unico
modo per l’uomo di salvarsi dall’angoscia e dalla disperazione è la fede, ovvero lo stadio religioso,
rappresentato da Abramo che fidandosi ciecamente di Dio è pronto ad uccidere suo figlio. Questo stato però
è paradossale, come lo è la storia di Abramo: per avere fede è necessaria la grazia di Dio.
Realizzato da Paolo Franchi, 5°BC A.S. 2015/2016.
AMDG.
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