Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982 Scuola lombarda 1480 circa I quattro Dottori della Chiesa latina Tempera su tavola; 26 x 65 cm ciascuna (nn. inv. 1634, 1635) Collezione Gian Giacomo Poldi Pezzoli Questi tondi, che rappresentano i quattro Padri o Dottori della Chiesa latina (Gerolamo, Ambrogio qui raffigurato senza l’abituale attributo del flagello, Gregorio Magno e Agostino), sono stati dipinti su due tavole rettangolari, congiunte tra di loro in tempi recenti. Una fotografia pubblicata da A. Venturi ([1930], 1931, fig. 24) ancora riproduce infatti uno dei due frammenti separato dall’altro. E probabile che il loro innesto risalga all’intervento di restauro di M. Pellicioli nel 1911 (Russoli, 1955, p. 190), durante il quale furono mascherate alcune minute perdite di colore sui fondi a tinta unita e risarcito in parte il semplice disegno architettonico nei quale sono inseriti i medaglioni con le figure. I dipinti compaiono ascritti a Vincenzo Civerchio, nel catalogo del museo redatto da G. Bertini (1881, pp. 3738) e con tale attribuzione furono menzionati da B. Berenson (North Italian Painters..., 1907, p. 196; 1932, p. 26) e da A. Venturi ([1930],1931, p. 32) che ben notava come essi rivelassero l’influenza di Bernardino Butinone. W. Suida (1929, p. 284) li incluse invece nel suo estensivo catalogo del “Maestro della Pala Sforzesca”, ma la proposta non ebbe seguito. Altri studiosi proferirono il nome di Gottardo Scotti (Morassi, 1932, p. 26; Ferrari, 1956, p. 136, nota 111) in base alle analogie di stile con il trittico del pittore piacentino conservato in questo stesso museo (cat. 12). Nel 1955 F. Russoli (p. 190) connetteva queste opere con gli affreschi anonimi della cappella di San Giuseppe, o della Vergine, in San Pietro in Gessate a Milano, che allora si riteneva poter riferire a Giovan Pietro da Cemmo, mentre V. Lazarev nel 1964 (p. 88) le ascriveva ad un seguace del Butinone autore di una notevole Madonna con il Bambino del Museo di Arti Figurative a Mosca, pubblicata dallo studioso in quell’occasione. Il laborioso percorso critico delle tavole del Poldi Pezzoli ha registrato recentemente un sostanziale progresso grazie ad una acuta annotazione di G. Romano (1978, p. 23, nota 23) che ha riconosciuto la medesima mano negli scomparti di uno smembrato polittico comprendente la Madonna con il Bambino e angeli del Musée des Beaux-Arts a Digione (n. mv. 32), i Santi Bernardino da Siena e Giovanni Battista, Gerolamo e Francesco della Galerie Municipale de Peinture della città di Lussemburgo, e i Santi Romano e Babila, Ambrogio e Sebastiano di Waddesdon Manor. La ricostruzione di questo importante complesso, dovuta a L. Vertova (1969, pp. 70-79, 112-121) che ne ha peraltro proposto l’improbabile attribuzione a Ambrogio Bevilacqua, e la restituzione allo stesso artista dei Quattro Dottori della Chiesa latina del Poldi Pezzoli consente di gettare nuova luce su di una personalità dotata di notevoli capacità di aggiornamento e di elaborazione, di cui è testimonianza la stessa disparità delle opinioni formulate a proposito della Madonna di Digione (per una rassegna bibliografica su quest’opera, vedi Guillaume, 1980, pp. 28-29, n. 44). Il problema dell’identità di questo gruppo di pannelli coinvolge d’altra parte uno dei problemi più delicati della cultura figurativa milanese negli ultimi due decenni del Quattrocento, ed è intimamente connesso alla conoscenza del cosiddetto «Maestro di San Pietro in Gessate» dal ciclo di affreschi con storie della Vergine nella cappella di San Giuseppe dell’omonima chiesa milanese, e dell’autore di un polittico dipinto a tempera su tela con la Madonna, il Bambino, i Santi Benedetto, Antonio abate e dona tori, Cristo sul sepolcro e i Santi Sebastiano e Rocco, conservato anch’esso in quel tempio (Mazzini, 1958, pp. 117-118, n. 358), attribuito ora al «Maestro di San Pietro in Gessate» (Ferrari, 1956, p. 136, nota 113, con bibliografia precedente), ora a Giovanni Donato da Montorfano (Mazzini, 1958, pp. 117-118, n. 358; Vertova, 1969, p. 75, con bibliografia precedente). L’anonimo maestro di Digione mostra, oltre ad un rapporto di contemporaneità, svariati punti di contatto con l’autore di quest’ultima opera, riscontrabili soprattutto nella comune ascendenza foppesca e butinoniana e nel forte rilievo conferito al disegno architettonico, di derivazione padovana. Egli esprime tuttavia caratteri e qualità personali molto spiccati nella fine esecuzione dei panneggi, nell’impegno formale e nell’impianto dei volumi che, in un’accezione leggermente più arcaica, contraddistinguono anche le tavolette del Poldi Pezzoli. Rispetto ai pannelli che gravitano intorno al dipinto del museo francese, queste ultime devono essere considerate di poco anteriori e datate quindi intorno al 1480. La chiara correlazione stilistica del gruppo di opere fin qui menzionate con la produzione di Giovanni Donato da Montorfano e alcune anticipazioni delle cadenze più tipiche dei modi di Ambrogio Bevilacqua, inducono a formulare un’ipotesi sull’identità storica di questo artista. Escluso il nome di Matteo de Fedeli, maestro del Bevilacqua nel 1474 (Biscaro,Il maestro..., 1914, p. 337) di cui è stata recentemente ritrovata da F. Zeri (comunicazione verbale, 1981) una Madonna con il Bambino firmata e datata 1491, converrà rammentare quello di Stefano de Fedeli, fratello del precedente, che nel 1472 appare impegnato nella «depintura della sesta parte della cappella de sotto de co’ dalla sala verde» nel castello ducale di Porta Giovia (Beltrami, 1894, p. 283). L’anno seguente i documenti lo menzionano ancora attivo in castello ove esegue, in collaborazione con un Giovanni o Giovanni Battista da Montorfano (Beltrami, 1894, p. 283; Malaguzzi Valeri, 1902, p. 228; Id., 1907, p. 165: l’incertezza che coinvolge la possibile identità dei due nomi non inficia la probabilità di stretti rapporti di parentela con il più noto Giovanni Donato), lavori nelle stanze della duchessa. A quello stesso anno risale una Madonna dipinta per la chiesa di San Celso (Malaguzzi Valeri, 1902, p. 228), mentre nel 1478 lo stesso Stefano de Fedeli si impegna a decorare lo studio di Ambrogio Griffi, medico del duca (Malaguzzi Valeri, 1902, pp. 228-229). Il pittore compare infine iscritto all’Arte nel 1481 (Motta, 1895, p. 412). Nessuna delle imprese menzionate dai documenti si è conservata; il regesto lascia tuttavia trasparire l’attività di un maestro dotato di un certo prestigio, all’opera in un arco cronologico e in un ambiente culturale analoghi a quelli del «Maestro della Madonna di Digione», che forse ricerche future consentiranno di identificare con questo nome. Bibliografia aggiornata al 2004 G. Bertini, Fondazione Artistica Poldi Pezzoli. Catalogo generale, Milano 1881, pp. 37-38. B. Berenson, North Italian Painters of the Renaissance, New York-London 1907, p. 196. W. Suida, Leonardo und sein Kreis, München 1929, pp.181, 284. A. Venturi, North Italian Paintings of the Quattrocento (Firenze 1930), Florence 1931, p. 32. B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 151. A. Morassi, Il Museo Poldi-Pezzoli in Milano, Roma 1932, p. 26. F. Russoli, Il Museo Poldi Pezzoli in Milano. Guida per il visitatore, Firenze 1951, p. 21. F. Russoli, La Pinacoteca Poldi Pezzoli, Milano 1955, p. 190. M.L. Ferrari, Giovan Pietro da Cemmo, Milano 1956, p. 136, n. 111. V. Lazarev, Una nuova Madonna lombarda e alcuni problemi del primo leonardismo a Milano, in “Arte Lombarda”, IX, 1964,1, pp. 83-90; pp. 88, 90, n. 29. G. Romano, La Pala Sforzesca, in Il Maestro della Pala Sforzesca, in “Quaderni di Brera”, 1978, 4, pp. 7-23, p. 23, n. 23. F. Russoli, Il Museo Poldi Pezzoli in Milano. Guida per il visitatore, Firenze 1978, p. 5. M. Natale, Museo Poldi Pezzoli. Dipinti, Milano 1982, cat. 13, pp. 74-75.