19.05.2008 IMPIEGO DELL’ IDROSSSIUREA NELLE SINDROMI DREPANOCITICHE – ABSTRACT Lo scopo di questo intervento è illustrare le conoscenza attuali relative all’impiego dell’idrossiurea nella sickle cell desease (SCD). Tale patologia è oggi meno rara che in passato a causa dell’immigrazione, della maggior attenzione nella diagnosi e del miglior approccio terapeutico che ha permesso di aumentare la sopravvivenza di tali pazienti. Nel Centro Microcitemia di Orbassano il numero dei pazienti dal 1998 al 2008 è triplicato e la metà di essi è in età pediatrica. La SCD o anemia falciforme o drepanocitosi comprende un gruppo di disordini genetici caratterizzati dalla presenza di una variante anomala dell’emoglobina: l’ HbS. Essa si può trovare sia in forma omozigote, sia in forma eterozigote composta con mutazioni talassemiche del gene beta (microdrepanocitosi) o con altre varianti emoglobiniche. Da qui l’eterogeneità delle sindromi drepanocitiche per quanto riguarda caratteristiche ematologiche, cliniche e prognosi. La malattia si caratterizza per due fenomeni fisiopatologici conseguenti al sickling da polimerizzazione dello HbS: La vaso occlusione L’emolisi e il danno endoteliale. A livello di danno d’organo è possibile distinguere la componente principale che ne è la responsabile: le crisi acute dolorose sono eventi vaso occlusivi mentre lo stroke è maggiormente legato alla componente emolitica e di disfunzione endoteliale. Anche dal punto di vista clinico ne derivano due fenotipi principali che però non si escludono a vicenda ma coesistono e si intrecciano nel singolo paziente. Il soggetto con SCD ha quindi una malattia multi sistemica e va seguito sia in acuto, per le classiche crisi dolorose o le sindromi polmonari o lo stroke, sia in cronico per il danno d’organo derivante da ripetuti eventi vaso occlusivi od emolitici, anche asintomatici e spesso a diagnosi tardiva. La terapia deve quindi mirare non solo alla buona gestione attuale del paziente ma anche alla prevenzione primaria del danno cronico. Da qui la necessità di un follow-up attento e accurato in ogni età della vita in particolare nei pazienti con fenotipo severo dove la malattia, non adeguatamente trattata, potrebbe avere conseguenza gravi. La maggior parte dei pazienti oggi è sottoposta al trattamento di base che prevede: Prevenzione delle crisi Prevenzioni delle infezioni con vaccinazioni, profilassi antibiotica Trattamento in acuto delle complicanze sintomatiche con trasfusioni ,idratazione parenterale, antibiotico terapia, ossigeno terapia, antidolorifici. Questo approccio non è però sufficiente nei pazienti con fenotipo severo dove è importante impostare una terapia di fondo con: L’impiego dell’idrossiurea La terapia trasfusionale regolare Il trapianto di midollo osseo da familiare HLA compatibile e sono stati presentati i primi risultati anche da banca (valutando attentamente rischi e benefici). L’ efficacia dell’idrossiurea è stata dimostrata per la prima volta da uno studio multicentrico su pazienti adulti nel 1995. Sono poi seguiti studi dai risultati incoraggianti anche in pazienti pediatrici ed, attualmente, l’idrossiurea è l’unico farmaco approvato da FA ed EMEA per il trattamento non sintomatico ed in acuto, ma preventivo della SCD. L’idrossiurea agisce svolgendo un’azione citostatica, bloccando la replicazione delle cellule in fase S, e stimolando la sintesi di ossido nitrico. Il razionale del suo impiego nelle sindromi drepanocitiche è legato all’evidenza che i fenomeni di sickling dipendono dalla concentrazione intracellulare e dalle percentuali rispettive di HbS e di emoglobine non S (HbA, HbA2, HbF). In particolare l’HbF riduce la concentrazione percentuale di HbS e forma degli ibridi HbSHbF che impediscono all’HbS di polimerizzare in modo efficace. Normalmente solo una piccola percentuale di globuli rossi circolanti, le cosiddette cellule F, contengono percentuali elevate di HbF. La loro produzione clonale a partire da progenitori midollari è quindi attiva ma scarsa ed aumenta in condizioni di stress. L’idrossiurea agisce come un potente induttore di HbF: la sua azione tossica è infatti più marcata sulla linea eritroide e minore sulla linea di produzione clonale delle cellule F che quindi aumentano. Questo determina quindi una riduzione di frequenza ed entità dei fenomeni di sickling. Sul piano clinico l’idrossiurea determina: Una diminuzione delle crisi dolorose vaso occlusive e degli episodi di chest. Un aumento dei livelli di Hb totale lieve (1-2 g/dl) ma importante per la qualità di vita dei pazienti Un aumento del volume globulare: è uno dei più precoci parametri a modificarsi ed è utile nel valutare la compliance al trattamento Una riduzione dei globuli bianchi (alti livelli di leucociti favoriscono fenomeni di disfunzione endoteliale nella SCD) Una riduzione dell’attivazione endoteliale Un aumento del rilascio di ossido nitrico Una minore insorgenza negli anni di asplenia funzionale Nel suo impiego occorre tener presente: Servono alcuni mesi (mediamente 6 ) per valutare l’efficacia del farmaco E’ stata esclusa una riduzione della sua efficacia in trattamenti a lungo termine (attualmente al max 9 anni di terapia) Il suo impiego è indicato nei soggetti con un fenotipo principale di tipo vaso occlusivo in quanto alti livelli di HbF non influiscono positivamente sui fenomeni emolitici e di disfunzione endoteliale La riduzione delle crisi dolorose e l’aumento dell’HbF non garantiscono l’assenza di danno d’organo. E’ quindi importante mantenere un follow up attento e ricordare ai pazienti con livelli di HbS ≥50% l’utilità del trattamento di base inteso come educazione alla prevenzione delle crisi e profilassi delle infezioni Non sempre il trattamento è efficace ed esistono soggetti non responder per motivi non noti. Non è possibile prevedere l’entità della risposta all’inizio del trattamento e questa non sembra essere correlata ai livelli basali di HbF. In caso di mancata risposta è sempre importante andare a valutare la compliance del paziente al trattamento (emocromo, HbF, MCV) Sulla base delle conoscenze attuali è’ possibile e razionale pensare di utilizzare l’idrossiurea nella terapia di fondo dei pazienti con fenotipo severo in alternativa alle trasfusioni regolari. Per quanto riguarda la correttezza del suo impiego in terapia : In letteratura sono presenti indicazioni non definitive. Occorre utilizzare buon senso clinico e esperienza valutando le caratteristiche del singolo paziente dal punto di visto clinico e laboratoristico E’ indicata nei soggetti con fenotipo vaso occlusivo dove l’aumento dei livelli di HbF ha valore protettivo in alternativa alla terapia trasfusionale E’ necessario il suo utilizzo dove non è possibile una terapia trasfusionale regolare Nella scelta tra l’impiego dell’idrossiurea e la terapia trasfusionale occorre considerare: Nella prospettiva di un trattamento di fondo che va eseguito a vita l’accettabilità di un farmaco a somministrazione orale supera quella della trasfusione La terapia trasfusionale deve mantenere livelli di HbS≤30% con trasfusioni ogni 3-4 settimane Le trasfusioni presentano complicanze tra cui l’alloimmunizzazione, il rischio infettivo, l’iron overload (quest’ultimo assente nelle drepanocitosi non trasfuse) Circa l’utilizzo della terapia trasfusionale: Vi sono indicazioni precise o nel trattamento in acuto o nel trattamento in cronico: nella prevenzione primaria e secondaria dello stroke nel danno d’organo cronico renale,cardiaco,polmonare,epatico Vi sono ancora dubbi: o nelle situazioni in cui il suo beneficio non è noto (ipertensione polmonare) o nei casi in cui è possibile scegliere, in alternativa, l’impiego dell’idrossiurea (prevenzione primaria del danno d’organo ed in particolare dello stroke) Per quanto riguarda l’efficacia dell’idrossiurea e le modalità di somministrazione occorre considerare: Il farmaco si assume in monosomministrazione giornaliera In Italia esiste un unico prodotto commerciale, manca il generico L’aumento dell’HbF è dose dipendente Non è ancora chiaro se aumentare la dose, fino a quella massima tollerata, dia un reale beneficio sul’efficacia clinica In America si prescrive la max dose tollerata (30 mg/Kg/die nei pazienti pediatrici e 35 negli adulti). In Europa e nel Centro Microcitemie di Orbassano si preferisce impiegare la minima dose efficace(20-25 mg/Kg/die) non avendo al momento attuale sicurezze sugli eventuali effetti collaterali legati al suo impiego specie a lungo termine. I possibili effetti collaterali: Sono per lo più reversibili e di relativa scarsa importanza clinica Non ha un’influenza negativa sulla crescita e non determina un ritardo puberale Quello più rilevante è la mielotossicità, anch’essa transitoria e reversibile, che deve essere monitorizzata attraverso un controllo dell’emocromo e della conta reticolocitaria ogni 3-4 settimane. E’ stato descritto, in alcuni case reports, l’insorgenza di neoplasie secondarie (per lo più leucemie e linfomi) ma il reale ruolo dell’idrossiurea nella loro insorgenza è difficile da valutare Vi è un possibile rischio teratogeno per cui è utile associare la terapia contraccettiva Il suo impiego non è controindicato dopo i due anni di età ma è bene posticiparlo il più possibile al fine di ridurre il rischio oncogenetico e definire meglio le caratteristiche fenotipiche del paziente Nell’ambito della prevenzione primaria dello stroke un ruolo fondamentale è oggi svolto dal doppler transcranico. Attraverso la finestra temporale esso permette infatti di valutare la velocità di flusso nell’arteria cerebrale media ed è stato evidenziato come valori maggiori di 200cm/sec identifichino soggetti ad elevato rischio di stroke. Questo perché un aumento della velocità di flusso è correlato a un restringimento del lume vasale con conseguente rischio di ostruzione completa al flusso da parte dell’impilamento dei globuli rossi da sickling. Presto il Centro di Orbassano sarà dotato di questo importante strumento e il suo impiego nella prevenzione primaria dello stroke in pazienti pediatrici potrebbe rientrare tra i progetti della Rete. Dott.ssa S. Roggero SSDU Centro Microcitemie AOU San Luigi Gonzaga, Orbassano (TO)