Eritroexchange- Stato dell`arte

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BORSA DI STUDIO OGGETTO DI CONTRIBUTO LIBERALE da parte dell’Associazione
Talassemici e Drepanocitici Lombardi Onlus (ATDL)
L’ERITROEXCHANGE NEL TRATTAMENTO DELL’EPATOPATIA FALCEMICA
L’eritroexchange (EEX) o scambio eritrocitario è una procedura che consiste nel rimuovere
selettivamente i globuli rossi patologici di un paziente e sostituirli con globuli rossi selezionati di un
donatore sano. Questa procedura, che può essere effettuata manualmente o in modo automatico con
separatori cellulari, viene utilizzata principalmente nelle Sindromi Falcemiche e nelle parassitosi
quali malaria e babesiosi.
Secondo i criteri ASFA (American Society for Apheresis) del 2010, le indicazioni
dell'eritroexchange nelle Sindromi Falcemiche comprendono: eventi cerebrovascolari acuti (stroke),
Acute Chest Syndrome (ACS), infarto polmonare, MOF (Multi Organ Failure), prevenzione del
sovraccarico marziale e preparazione ad interventi di chirurgia maggiore. L'eritroexchange è inoltre
indicata come procedura programmata (non in urgenza) per il trattamento dell’epatopatia falcemica
preferibilmente in fase precoce di esordio, in cui l'outcome sembra essere maggiormente
favorevole, come riportato in letteratura, ed in preparazione al trapianto epatico. Obiettivi della
terapia con eritroexchange sono costituiti dal miglioramento della funzionalità epatica, il cui
deterioramento potrebbe esitare in insufficienza epatica e dalla riduzione dei fattori predittivi
negativi condizionanti l’outcome trapiantologico. L’eritroexchange infatti è stata proposta come
opzione terapeutica potenzialmente più efficace a livello epatico rispetto alla classica terapia
trasfusionale “top-up transfusion” o al trattamento con idrossiurea poiché permette di mantenere i
livelli di HbS al di sotto del 30% circa, di rimuovere i globuli rossi falcizzati ed i globuli rossi
senescenti e di riportare la funzionalità epatica allo steady-state con minore od assente sovraccarico
marziale e con scarso rischio di iperviscosità e di sovraccarico di circolo rispetto alle convenzionali
emotrasfusioni.
Nelle Sindromi Falcemiche, un gruppo di anemie emolitiche croniche trasmesse secondo modalità
mendeliana recessiva e caratterizzate da una variante emoglobinica detta HbS, l’epatopatia è una
complicanza rara, più frequente nell’età adulta e potenzialmente molto grave, la cui eziologia può
essere legata alla falcizzazione delle emazie (causa di vaso-occlusione ed ischemia acuta e cronica),
al sequestro epatico con conseguente colestasi, ai fenomeni emolitici reiterati, al sovraccarico
marziale e ad infezioni virali da virus epatotropi.
Pertanto gli scopi principali del nostro progetto sono quelli di:
- valutare l’utilità del trattamento con eritroexchange in pazienti affetti da Sindromi Falcemiche che
hanno sviluppato epatopatia cronica ad impronta colestatica;
- definire il ruolo di tale terapia, quale alternativa al trapianto di fegato, con conseguente
contenimento dei costi sanitari;
- valutare l’impatto dell’eritroexchange, eseguito in preparazione dell’eventuale trapianto epatico,
sull’outcome post-trapianto.
Nell’ambito del progetto sono attualmente sottoposti a procedure di eritroexchange ogni circa 40
giorni due pazienti con epatopatia falcemica ad impronta colestatica in progressione verso quadri di
cirrosi / insufficienza epatica.
Il primo paziente trattato è un uomo di 32 anni, di origini siciliane, affetto da Talasso-Drepanocitosi
(IVS1-110/βs) presentante dal 2004 al 2011 progressiva alterazione degli indici epatici e quadro di
epatopatia cronica nodulare (alla biopsia epatica transgiugulare: quadro di fibrosi lieve moderata
diffusa con sinusoidi dilatati e congesti, contenenti trombi di eritrociti).
Il secondo paziente è un ragazzo di 25 anni, di origini senegalesi, affetto da Drepanocitosi (βs/βs) e
quadro di epatopatia cronica nodulare cirrotica (alla biopsia epatica: quadro di cirrosi in stadio
avanzato con tralci fibrotici e sinusoidi dilatati e congesti, contenenti trombi di eritrociti).
Il primo paziente è stato sottoposto a 11 sedute di Eritroexchange la prima eseguita in data
12/04/2012 e l’ultima eseguita in data 21/05/2013. Il secondo paziente è stato sottoposto a 15 sedute
di Eritroexchange la prima eseguita in data 11/12/2011 e l’ultima in data 09/05/2013.
Dall’inizio del trattamento con EEX sono stati valutati:
- i parametri emocromocitometrici e il dosaggio della percentuale di HbS ed HbF;
- gli indici di emolisi, di stasi epatica, di necrosi e sintesi epatica mediante esecuzione di esami
ematochimici;
- il grado di danno epatico attraverso l’esecuzione dell’ecografia addominale e del fibroscan
In rapporto al primo paziente si è assistito all'aumento dei valori totali di Hb, alla diminuzione della
percentuale di HbS in corrispondenza delle procedure di eritroexchange fino a valori inferiori al
30% (andamento a picchi), alla stabilità degli indici di stasi e necrosi epatica e ad una riduzione dei
valori di LDH e dei valori di bilirubina totale e diretta. Tuttavia si è osservato il peggioramento nei
valori di fibroscan (da 16.8  31.6 Kpa). Si segnala che il paziente è stato sottoposto a terapia con
Idrossiurea dall'età di 18 anni fino all'età di 31 anni.
Per quanto riguarda invece il secondo paziente si è assistito all'aumento dei valori totali di Hb, alla
diminuzione della percentuale di HbS che si è mantenuta costantemente in un range compreso tra il
40-60%, alla progressiva riduzione degli indici di stasi epatica, alla stabilità degli indici di necrosi
epatica e alla riduzione dei valori di LDH e di bilirubina totale e diretta. Si è osservato inoltre un
lieve miglioramento nei valori di Fibroscan (da 18.5  17.1 KPa)
In entrambi i casi si è osservata una riduzione dei valori di ferritinemia.
Dai risultati ottenuti si è registrata una minore risposta del primo paziente rispetto al secondo
verosimilmente imputabile ad una serie di concause ad effetto potenzialmente aggravante il quadro
epatologico, quali la presenza di esiti di pregresso ematoma epatico, colecistopatia cronica,
calcolosi colecistica, tempo d'insorgenza e diversa durata dell’epatopatia (anni rispetto a mesi),
diversità delle condizioni cliniche e del quadro di presentazione dei due pazienti e il possibile ruolo
svolto dall’Idrossiurea.
Nonostante questo se si considera il primo paziente preso singolarmente è possibile affermare una
sostanziale stabilità del quadro clinico inteso come stabilità degli indici di stasi e necrosi epatica.
Dai risultati finora ottenuti è quindi possibile affermare che i fattori che potenzialmente possono
influenzare la risposta alla terapia sono:
- il tempo di insorgenza e la durata delle alterazioni della funzionalità epatica;
- le concause di epatopatia;
- il ruolo della colelitiasi e della colecistopatia flogistica anche asintomatica;
- la distribuzione della fibrosi epatica all’esame istologico.
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