I fattori di contesto. La centralità del lavoro. Caratteri e trasformazioni. Il caso italiano Corso di Politiche Sociali Facoltà di Scienze della Formazione Università Milano Bicocca Anno Accademico 2011-12 Nel corso degli ultimi decenni le differenti trasformazioni che hanno coinvolto il contesto socio-economico delle realtà europee hanno determinato un cambiamento nella forma e nel significato del lavoro definendo nuovi interrogativi e nuove forme di disuguaglianza. Alcuni autori ritengono che ci si trovi di fronte ad una trasformazione epocale (Beck, Sennet), altri che ci si trovi di fronte alla terza grande trasformazione del lavoro moderno (Accornero), altri ancora ipotizzano si tratti di una fase transitoria e di assestamento (Schizzerotto). Pur arrivando a conclusioni differenti, tutti evidenziano come i cambiamenti abbiano determinato mutamenti “importanti” modificando dei riferimenti consolidati. Quali le cause del cambiamento? L’elemento scatenante è individuabile nella crisi del modello di regolazione socio-economica dominante nel corso del XX secolo. globalizzazione dei mercati, la ristrutturazione industriale e le nuove transizioni demografiche Questo modello, costruito sull’esistenza di un quadro regolatore che prevedeva forme di lavoro standardizzate, la diffusione della famiglia nucleare e l’istituzionalizzazione di attori collettivi nell’ambito dello Stato nazionale, ha avuto la sua massima espressione durante les trentes glorieuses grazie alla crescita della grande impresa, ai successi dell’azione sindacale e al consolidamento dello stato sociale. Questi eventi si sono verificati in tutti i paesi industrializzati determinando un aumento della disoccupazione di lungo periodo e l’emersione di forme occupazionali “instabili”. La conseguente perdita di sicurezza è una delle risultanti di questa crisi e il lavoro è indubbiamente l’elemento cardine di questi fenomeni Questo ha generato un incremento delle diseguaglianze, non solo nelle sue forme più estreme, determinando il passaggio da un modello sociale tendenzialmente garantito e sicuro a un modello caratterizzato dal rischio e dall’incertezza Attorno alla perdita di sicurezza e di garanzie legate al lavoro ruota molto del dibattito in corso. Tre dimensioni del mutamento La prima dimensione fa riferimento alla sfera lavorativa nel senso più stretto e può essere scomposta in quattro fattori di cambiamento: 1. Evoluzione delle forme contrattuali introdotte dai processi di flessibilizzazione del lavoro. Incertezza, se non mancanza, delle principali forme di garanzia e tutela per il lavoratore. 2. Trasformazione della dimensione temporale del rapporto di lavoro. Contratti che possono variare da alcune ore a uno o più anni. Rimodulazione dei rapporti tra tempo di lavoro e tempo libero. Nel corso di un secolo si è passati da una giornata lavorativa media di 15 ore a una di 8 ore, per risalire all’attuale media di 10 ore. 3. Frammentazione dell’esperienza professionale. 4. Questione salariale. La mancanza di garanzie è infatti spesso associata all’assenza di minimi salariali definiti dalla legge o dalla contrattazione collettiva. La seconda dimensione fa riferimento al processo di costruzione dell’identità sociale dei lavoratori. Questa dimensione mette in evidenza come la perdita di stabilità lavorativa non sia una questione solo economica, ma metta in gioco anche i processi di appartenenza e integrazione che si strutturano attraverso la condizione lavorativa. Si possono individuare due principali filoni interpretativi rispetto a queste questioni: 1. Il lavoro instabile ostacola la costruzione dell’identità, perché la frammentazione delle esperienze rende difficile la ricomposizione coerente necessaria a tale costruzione. 2. Il lavoro instabile definisce una risorsa per gli individui spingendo l’individuo ad essere sempre pronto a cogliere nuove opportunità che gli permettano di riformulare i suoi piani La terza dimensione fa riferimento al carattere fortemente individualistico delle forme di lavoro moderno, il quale allenta il legame tra i lavoratori e tra questi ultimi e gli organismi che li rappresentano. Il processo di individualizzazione si caratterizza, secondo alcuni autori, per essere strutturalmente ambivalente (Beck, 2000 , Castel, 1995). Tale processo determina infatti da un lato un senso di smarrimento, causato dalla perdita delle sicurezze tradizionali, dall’altro definisce un aumento della libertà degli individui, i quali diventano artefici del loro destino. La centralità dell’azione individuale (individualismo) sull’azione collettiva porta ad un cambiamento del relativo quadro di riferimento. Lo spostamento dalla dimensione collettiva a quella individuale assume una fondamentale importanza nel momento in cui occorre far valere politicamente alcune istanze, come quelle relative alle tutele e alle garanzie contrattuali, a causa delle forti difficoltà nella creazione di un fronte comune che consenta di difendere più efficacemente i propri diritti. Post fordismo e crisi della società salariale Come abbiamo già visto analizzando la crisi del welfare state uno dei punti nevralgici di cambiamento è definito dalla crisi del modello fordista e dalla conseguente fine del modello di società salariale Il concetto di società salariale definisce una società progressista e ordinata, ove i principali agenti sociali agiscono per perseguire un progresso materiale e sociale, legati dalla medesima dinamica definita dal progresso tecnico Nella società salariale i conflitti sono regolati da istituzioni statali e da istituzioni originate della società civile. L’emergere della società salariale ha portato alla costituzione di un patto sociale che, attenuando i comportamenti di tipo antagonistico di classe, agevola l’integrazione dei lavoratori favorendo il pieno impiego, l’aumento del potere d’acquisto e il consumo di massa. Il modello di sviluppo della società salariale può essere riassunto in tre principali assunti: l’organizzazione del lavoro il regime di accumulazione il metodo di regolamentazione. Castel identifica 5 elementi che definiscono la società salariale: 1. netta separazione economica e sociale tra coloro che sono occupati regolarmente e coloro che invece non lo sono 1. stabilizzazione delle carriere all’interno di un’occupazione stabile 1. fondamentale funzione dei lavoratori salariati nel sostenere il consumo della produzione di massa 1. accesso della forza lavoro ai servizi pubblici e alla proprietà sociale, attraverso cui tutti possono disporre di una parte della ricchezza prodotta 1. riconoscimento pubblico della funzione sociale del lavoratore salariato, il quale acquisisce uno status collettivo e sociale Lo schema proposto dalla società salariale definisce le condizioni per l’esistenza e lo sviluppo del sistema capitalistico moderno. Come abbiamo già detto verso la metà degli anni ‘70, questo sistema entra in crisi. Le cause di questa crisi – per alcuni aspetti tuttora in corso - sono da ricercare principalmente nell’insostenibilità di un modello di sviluppo economico che perseguiva una crescita continua ed illimitata Il modello che emerge come risposta alla crisi può essere identificato attraverso il principio di flessibilità in netta rottura con le rigide logiche fordiste. Da una modello economico-sociale con prospettiva collettiva, si va verso un modello sempre più individualizzato e atomizzato. La cultura post fordista mette al centro l’individuo, mentre quella fordista necessitava, per contro, di una dimensione collettiva più ampia. Nella società post fordista, la sussistenza del lavoratore cessa di essere un problema comune al datore di lavoro, allo Stato e allo stesso lavoratore. Cambiano i riferimenti. Al lavoro stabile e garantito si contrappone il lavoro instabile e precario, alla remunerazione fissa, rappresentata dal salario, si contrappone quella variabile, che nelle forme peggiori può essere assimilata al cottimo senza livelli minimi garantiti. In questo nuovo schema, la ripartizione dei rischi tipici della vita (salute, disoccupazione, vecchiaia, ecc.) tra lavoratore, datore di lavoro e Stato è continuamente minacciata dai forti mutamenti nei rapporti salariali. Indebolirsi delle forme di regolazione sociale: messa in discussione delle funzioni regolative dei sistemi di welfare state L’avvento della flessibilità e dell’instabilità Con l’avvento del modello post fordista la flessibilità diventa lo strumento attraverso cui governare la produzione e l’organizzazione del mercato del lavoro. Il termine flessibilità assume significati differenti a seconda del punto di osservazione e degli aspetti interessati. FLESSIBILITÀ SALARIALE (economisti) FLESSIBILITÀ NELL’USO DELLA FORZA LAVORO: orario di lavoro, mobilità interna e modalità di ingresso ed uscita dall’azienda stessa (sociologi) I termini introdotti nel dibattito – instabilità, flessibilità, a-tipicità, precarietà – vengono spesso usati come sinonimi Andamento tassi di disoccupazione Italia 1992-2006 35 30 25 20 10 5 0 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 Tasso di disoccupazione (% forze lavoro 15+) Tasso di disoccupazione maschile (% forze lavoro 15+) Tasso di disoccupazione femminile (% forze lavoro 15+) Tasso di disoccupazione giovanile (% forze lavoro 15-24) 2006 Fonte: EUROSTAT Labour Force Survey 15 Occupazione temporanea (% sul totale dell’occupazione 15-64 anni) Italia e media EU 15, 1987-2006 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 1987 1990 IT Totale Fonte: EUROSTAT 1993 IT Uomini 1996 IT Donne 1999 Linee 4 2002 2006 EU 15 totale