Sedazione in Endoscopia Digestiva: qualcosa di nuovo?

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La sedazione in endoscopia digestiva
è argomento da sempre molto dibattuto
ed in costante evoluzione. Fornire un
adeguato livello di sedazione/analgesia
ai pazienti sottoposti ad accertamenti
endoscopici fa ormai parte di uno
standard qualitativo irrinunciabile.
I recenti contributi della letteratura
internazionale hanno inoltre dato
l’impulso allo sviluppo di nuovi criteri
di approccio. Questo articolo vuole
essere una disanima della letteratura
più recente riguardo lo “stato dell’arte”
della sedazione in endoscopia con uno
sguardo rivolto verso i futuri traguardi.
Lorella Fanti
Gemma Rossi
The best sedation and analgesia strategy
during gastrointestinal endoscopy is still
debated. Providing an adequate regimen
of sedation and analgesia has become
a mandatory quality standard. Recent
contributions from the international literature
have brought about new approaches. This
article examines in depth the current “state
of art” in gastrointestinal endoscopy
sedation, with a look toward future targets.
Introduzione
Key words: gastrointestinal endoscopy,
sedation, monitoring, propofol,
infusion platforms
Unità di Gastroenterologia
ed Endoscopia Digestiva
Università Vita-Salute
IRCCS Ospedale San Raffaele
di Milano
Sebbene nel corso degli ultimi anni siano stati pubblicati
numerosi editoriali e linee guida che hanno valutato ed
approfondito molti e fondamentali aspetti della sedazione in endoscopia digestiva, recentemente il tema è apparso sempre più scottante ed in costante evoluzione.
Nel 2009, a cura della Società Tedesca di
Endoscopia Digestiva, congiuntamente alla
Società di Anestesia e Medicina Intensiva,
sono state pubblicate le ultime linee guida
europee specificatamente indirizzate alla
Sedazione in Endoscopia Digestiva (1).
Tale importante documento, dato il crescente ruolo
della sedazione in ambito endoscopico, è stato stilato
tenendo conto delle più recenti acquisizioni in tema
di evidence based medicine, confrontando i farmaci
utilizzati con particolare riguardo alla loro efficacia ed
al loro profilo di rischio.
Molte sono le conferme, in questo lavoro, riguardo tutta
una serie di importanti temi trattati negli studi precedentemente pubblicati, come la selezione dei pazienti da
sottoporre a sedazione e gli standard relativi al monitoraggio, ma alcune indicazioni rivestono invece carattere
notevolmente innovativo. Viene ad esempio rimarcata
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Parole chiave: endoscopia digestiva,
sedazione, monitoraggio, propofol,
piattaforme infusionali
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come raccomandazione di Grado A, che venga riservata la presenza dell’Anestesista per pazienti ad alto
profilo di rischio per ragioni fisiologiche o anatomiche
che li espongano a maggior rischio di ostruzione della
vie aeree (apnee notturne, malformazioni cranio-facciali,
rigidità della colonna, classe Mallampati 3 o 4 etc.) oppure appartenenza a classe ASA maggiore o uguale a 3.
In assenza di rischio elevato, le linee guida sottolineano
in modo rigoroso i requisiti del Medico responsabile della
sedazione, indipendentemente dal grado della stessa e
dai farmaci utilizzati: il medico responsabile della somministrazione di un regime di sedo-analgesia deve essere
esperto in medicina intensiva, deve essere adeguatamente addestrato all’uso dei farmaci che utilizza e conoscerne
la farmacocinetica. Deve altresì essere in grado di riconoscere e trattare i prevedibili effetti collaterali avvalendosi,
ove necessario, della rianimazione cardiopolmonare, della
defibrillazione, del mantenimento della pervietà delle vie
aeree e della ventilazione assistita. Nel documento viene
inoltre definitivamente sancito come il personale, medico
o infermieristico, dedicato all’endoscopia debba essere
sottoposto ad adeguato training in sedazione con periodico aggiornamento, come parte integrate nell’erogazione
di prestazioni qualitativamente adeguate.
Il propofol
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In questo scenario in costante evoluzione si innesta, a
pieno diritto l’annosa diatriba riguardo la somministrazione di propofol da parte di non anestesisti, trascinando
con se tutti i quesiti e le polemiche connesse. Nel 2009
viene pubblicata a cura di D. Rex un’esaustiva analisi di
646.080 casi (223.656 pubblicati e 422.424 non pubblicati) di sedazione con propofol condotta dagli Endoscopisti che, in considerazione dell’ampiezza della casistica,
ha prodotto dati di grande interesse (2).
I risultati di questo importante lavoro hanno evidenziato
come la sedazione con propofol gestita dai non anestesisti (NAPS) abbia comportato una percentuale di mortalità inferiore rispetto a quella della sedazione tradizionale con benzodiazepine ed oppioidi e come la stessa
somministrazione di propofol da parte degli anestesisti,
gravata peraltro da un costo molto elevato, non abbia altresì dimostrato alcun potenziale beneficio aggiuntivo.
A rafforzare i dati riguardo l’ottimo profilo di sicurezza ed efficacia della somministrazione del propofol
da parte dei non anestesisti, nel dicembre 2009 l’American Association for the Study of Liver Disease,
l’American College of Gastroenterology, l’American
Gastroenterological Association e l’American Society for Gastrointestinal Endoscopy si esprimono congiuntamente in un documento che viene pubblicato
contemporaneamente su quattro riviste diverse sotto
forma di position statement, il quale sancisce come il
NAPS presenti un profilo di efficacia e sicurezza comparabili a quelli della sedazione tradizionale unitamente ad un livello di soddisfazione del paziente equiparabile o lievemente superiore (3).
Viene altresì confermata l’importanza dell’accurata
selezione dei pazienti a basso rischio anestesiologico
(classe ASA I e II) oltre che dell’adeguato training per
la gestione delle complicanze coinvolgenti le vie aeree
equiparabile all’ALS; tali programmi di training, pianificati periodicamente, dovranno includere:
• una parte didattica teorica;
• workshop dedicati alla gestione delle vie
aeree;
• training al simulatore;
• una parte pratica sotto la supervisione
di un tutore.
Inoltre, in un’ottica di un corretto impiego delle risorse
economiche sanitarie, la gestione da parte dell’anestesista della sedazione con propofol per pazienti a basso
profilo di rischio anestesiologico e privi di comorbidità,
sottoposti a procedure in elezione, esiterebbe in più alti
costi, senza aggiungere alcun beneficio rispetto alla sicurezza del paziente o all’efficacia della procedura.
Riguardo alle problematiche medico-legali legate
all’uso del propofol in assenza degli anestesisti va evidenziato come le Società Anestesiologiche abbiano
costantemente ribadito la caratteristica insita nella farmacocinetica del propofol di indurre livelli di sedazione
profonda tali da inficiare la protezione delle vie aeree
con conseguente necessità di raggiungere livelli avanzati di competenza rianimatoria.
Inoltre secondo la U.S. Food and Drug Administration
(FDA) il propofol andrebbe somministrato
“solo da persone addestrate a praticare
l’anestesia generale” e l’uso da parte
del non Anestesista va pertanto considerata
“off label”.
Va altresì sottolineato come gli interessi economici riguardo a tale argomento da parte delle Società Anestesiologiche Americane siano stati a tutt’oggi davvero importanti poiché il propofol si stima venga attualmente utilizzato dagli Anestesisti americani in più di
1/3 degli esami endoscopici diagnostici e questa percentuale appare annualmente in costante progressivo
incremento. Il vantaggio di tale pratica è un sempre
più rapido turnover dei pazienti sottoposti a procedure endoscopiche grazie alla rapidità della dimissione mentre per contro lo svantaggio è che il rimborso
separato della prestazione anestesiologica comporta
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un aggravio dei costi delle procedure insostenibile soprattutto per quanto riguarda esami di screening o di
routine in pazienti a basso rischio (4).
Rivisitando l’argomento da un punto di vista squisitamente medico-legale è recentemente apparso, in una
monografia interamente dedicata alla sedazione in endoscopia digestiva, un interessante articolo che tratta
questo tema (5).
In questo lavoro viene sottolineato come non
sia tanto importante che il gastroenterologo
somministri il propofol “off label”, quanto
piuttosto che sia stato opportunamente
addestrato per farlo e abbia selezionato
adeguatamente il paziente, seguendo
protocolli provati e sicuri e ottenendo
dal paziente stesso specifico consenso
riguardo il regime di sedazione impiegato,
rischi, benefici ed eventuali alternative.
In caso di contenzioso medico-legale pertanto, non sarà criticato il fatto di aver utilizzato il propofol in assenza dell’anestesista, quanto piuttosto il comportamento professionale del gastroenterologo che non rispetti
protocolli pre-stabiliti e/o si allontani dallo “standard of
care” che ci si possa aspettare in merito al tipo di prestazione erogata. Ciò che appare importante sul piano
legale è proprio l’opportunità di creare corsi di formazione per la gestione della sedazione in endoscopia
che indirizzino il responsabile della sedazione stessa
alla rigorosa applicazione di protocolli prestabiliti. Tale progetto formativo dovrebbe includere l’adeguata
preselezione dei pazienti, al fine di prevenire eventuali
eventi avversi o, in caso questi si verificassero, la capacità di gestirli adeguatamente.
Nuovi consensi in merito al NAPS arrivano dal workshop
tenutosi ad Atene nel settembre 2009, i dati del quale
sono stati pubblicati nel 2010 sotto forma di position
statement (6). Dall’incontro di un panel 32 esperti mondiali in gastroenterologia, anestesia e medicina legale
nascono le linee guida che forniscono le indicazioni per
la conduzione di un adeguato, efficace e sicuro regime
di sedazione in endoscopia, partendo dalla valutazione
e preselezione dei pazienti, passando per il monitoraggio e arrivando al necessario programma di training del
personale coinvolto, che si svolga con l’intervento tutoriale di un anestesista che fornisca le nozioni pratiche
e teoriche per la gestione in acuto delle complicanze.
Nel 2010 per la prima volta, un’importante
società anestesiologica, l'European Society
of Anaesthesiology (ESA) prende posizione
ufficiale riguardo la somministrazione
del propofo da parte di non-anestesisti.
L’ESA, unitamente all’European Society of Gastrointestinal Endoscopy (ESGE) e all’European Society of
Gastroenterology and Endoscopy Nurses and Associates (ESGENA), pubblica un vero e proprio set di
linee guida evidence e consensus based, dedicato
a stigmatizzare quali debbano essere i requisiti indispensabili per endoscopisti e infermieri che si apprestino a praticare il NAPS (7).
Tali linee guida appaiono prendere atto di come le risorse anestesiologiche siano sempre più limitate a fronte
di una sempre maggior richiesta di un adeguato regime
di sedazione durante le manovre endoscopiche; preso
atto dei numerosi dati della letteratura e dell’opinione
degli esperti, questo documento evidenzia inoltre come, paragonata alla sedazione tradizionale, la sedazione con propofol presenti la stessa incidenza di eventi
avversi con maggiore soddisfazione del paziente, maggior rapidità di induzione e ridotto recovery time.
Viene altresì ribadito come lo staff che utilizza il NAPS
debba ricevere uno specifico training che conferisca
competenze adeguate a garantire comfort e sicurezza
al paziente durante gli esami, scoraggiando un qualsiasi tipo di self-training per acquisire le appropriate
competenze in tale ambito (raccomandazione di grado A). I corsi dovrebbero includere una parte teorica
e una parte pratica, ciascuna seguita da un esame di
verifica finale, in modo tale da fornire nozioni di BLS
(Basic Life Support) e di ACLS (Advance Cardiac Life
Support) e la persona incaricata di somministrare la
sedazione dovrà essere sollevata da altri compiti.
Appare opportuno sottolineare come in molti dei lavori
recentemente pubblicati sia stato evidenziato il potenziale manifestarsi di eventi avversi a prescindere dal farmaco utilizzato, ma in modo esclusivamente correlato al
livello di sedazione raggiunto in modo più o meno intenzionale. Da tale concetto e dalla sempre maggiore richiesta da parte del paziente del massimo confort durante le
procedure endoscopiche, ne deriva che, a prescindere
dal tipo di farmaco utilizzato per la sedazione, la competenza del medico che ne sarà responsabile debba
essere mantenuta ai massimi livelli grazie a programmi
di training e retraining adeguatamente codificati e standardizzati dalle Società Scientifiche.
Le piattaforme infusionali
L’introduzione delle piattaforme infusionali per la
sedazione con propofol rappresenta uno strumento
innovativo indirizzato a consentirne una somministrazione più sicura ed un rilascio controllato, con l’obiettivo di rappresentare una valida alternativa ai tradizionali metodi di sedazione.
Tali sistemi sono rappresentati dalle pompe TCI (Target Controlled Infusion) PCA/S (Patient Controlled
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Analgesia/Sedation) e dai più sofisticati sistemi CAPS
(Computer Assisted Propofol Sedation) tutt’ora oggetto di valutazione da parte dell’FDA (8-9).
Le pompe TCI, descritte per la prima volta nel 1980, infondono il farmaco avvalendosi di modelli farmacocinetici
specifici, relativi alla sostanza somministrata, mediante
una pompa controllata da un sistema computerizzato;
basandosi sulle caratteristiche fisiche e anagrafiche del
paziente, il sistema calcola la dose target da raggiungere
nel sito effettore e la mantiene costante nel tempo variando la quota di infusione, in accordo con un modello
farmacocinetico tri-compartimentale (10). I requisiti del
software, che agisce direttamente sulla pompa regolando
la velocità di infusione del farmaco e riducendo quindi il
rischio di “over o undersedation” correlato alla somministrazione in boli ripetuti, fa della TCI un sistema sicuro ed
efficace come dimostrato in numerosi lavori scientifici (11).
Con l’impiego delle pompe PCA/S il paziente è in grado di somministrare autonomamente boli di farmaco in
risposta ad uno stimolo doloroso. Programmando la
pompa è possibile impostare un tempo di lock-out, per
permettere al bolo erogato di agire adeguatamente non
correndo rischi di sovradosaggio del farmaco (10). La
PCA ha dimostrato di essere quindi uno strumento utile
e sicuro nella gestione del dolore di tipo episodico quale
può essere quello indotto dagli esami endoscopici (12).
Nel 2008 per la prima volta Pambianco ha descritto
un sistema computerizzato (CAPS) di somministrazione del propofol, in grado di monitorare in continuo i
parametri vitali
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• frequenza cardiaca
• frequenza respiratoria
• saturazione d’ossigeno
• capnometria
• pressione arteriosa
• traccia ECG
ed il livello di coscienza grazie alla risposta dei pazienti
a stimoli tattili e uditivi somministrati dal sistema stesso
(13,14). La piattaforma computerizzata, in fase di valutazione dell’FDA, con il nome di SEDASYS™, facilita
l’infusione del propofol calcolando automaticamente la
dose di induzione e quelle subentranti per ottenere l’effetto clinico desiderato.
Il sistema effettua continui controlli dei parametri del paziente al fine di consentire al Team medico/ infermieristico di modulare l’erogazione del propofol da parte di SEDASYS™ per mantenere il livello di sedazione prescelto
e riconoscere i segni precoci di potenziali eventi avversi.
SEDASYS™ è in grado di rispondere ai segni precoci
di oversedation arrestando o riducendo l’infusione del
propofol, aumentando il rilascio di ossigeno e invitando il
paziente, collegato ad un auricolare, a respirare profondamente (13,15).
Conclusioni
Le tecnologie emergenti paiono facilitare l’accesso
all’uso del propofol da parte dei non anestesisti e va
altresì sottolineato come nessun lavoro scientifico abbia dimostrato differenze in termini né di efficacia né di
sicurezza rispetto alla sedazione tradizionale con benzodiazepine più o meno associate agli oppioidi; si deve
però riconoscere come la ristretta finestra terapeutica
del propofol possa potenzialmente esporre al rischio di
effetti indesiderati indipendentemente da chi lo somministri. È comunque noto come una buona percentuale
di complicanze dell’endoscopia siano correlate alla sedazione ed in particolare alla depressione respiratoria e
all’ostruzione delle vie aeree farmaco-indotte. Appare
pertanto ragionevole nonché mandatorio che tutti gli
endoscopisti che pratichino sedazione con qualunque
tipo di farmaco, debbano essere in grado di mantenere
la pervietà delle vie aeree e di supportare adeguatamente i pazienti che manifestino difficoltà respiratorie,
apnea o qualunque altro effetto indesiderato attribuibile
al/ai farmaco/i utilizzato/i per la sedo-analgesia.
Il diffondersi nel mondo delle esperienze riguardanti l’uso
del propofol da parte di non anestesisti non ha fatto altro
che sollevare e amplificare una problematica, peraltro già
esistente, legata alla standardizzazione dei programmi
di training adeguato per chi somministra la sedazione,
poiché deve essere ormai chiaro che il medico che si
avvalga di sedativi che siano benzodiazepine, oppioidi
o propofol, dovrà farlo solo dopo adeguato training e
dovrà saperne gestire completamente gli effetti.
Non ci si potrà più nascondere dietro la rassicurante
espressione “sedazione” poiché la differenza tra sedazione ed anestesia è, in realtà, solo una questione di
dosaggi e di risposta del paziente ma l’approccio culturale e comportamentale dovrà essere identico.
La legge potrebbe valutare con severità l’imprudenza
di un non-anestesista che si avventurasse ad impartire un qualsiasi regime di sedazione seguito da una
ingestibilità delle vie aeree.
Qualsiasi regime di sedazione decida di intraprendere, il Medico responsabile, sia o no Anestesista, dovrà
porsi il problema di possedere il “know how” per saper
gestire in modo adeguato ed inopinabile gli eventuali
effetti avversi dei farmaci che utilizza.
Corrispondenza
Lorella Fanti
Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
Università Vita-Salute, IRCCS Ospedale San Raffaele
Via Olgettina, 60 - 20132 Milano
Tel. + 39 02 26432744
Fax + 39 02 26432504
e-mail: [email protected]
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