CASO 17
Maschio di 72 anni, forte fumatore in passato.
All’età di 63 anni, infarto miocardico anteriore con successiva comparsa di aneurisma cronico.
Intervento di asportazione dell’area aneurismatica.
All’età di 70 anni, comparsa di tosse e febbricola.
Indagini radiologiche del torace evidenziano atelettasia incompleta del lobo superiore sx e
addensamento peribronchiale al lobo superiore sx. Esame dell’escreato positivo per cellule
neoplastiche.
Eseguita lobectomia superiore sx, decorso postoperatorio discreto.
Due mesi dopo l’intervento, comparsa di versamenti sierosi e segni di ingravescente scompenso
cardiaco. Comparsa di focolai broncopolmonitici al lobo inferiore sx. Morte.
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- DEFINIRE L’ANEURISMA CARDIACO ACUTO E CRONICO E IDENTIFICARE LE DIFFERENZE
MORFOLOGICHE.
- IDENTIFICARE LE POSSIBILI CONSEGUENZE LEGATE ALLA PRESENZA DI UN ANEURISMA
CRONICO.
Aneurisma: dilatazione patologica circoscritta a carico della parete di un vaso sanguigno o del cuore. Vero
se è delimitato dai componenti della parete vasale o da una porzione della parete miocardica ormai
assottigliata.
Arterie Coronarie
Arterie coronarie: lunghezza 5-10 cm ; diametro 2-4 mm
Originano dai seni del Valsalva localizzati a livello di due delle tre cuspidi della valvola aortica. Sono
TRONCO COMUNE a sx e CORONARIA DX
Tronco comune: lunghezza: 2,5 cm. Emerge dal seno del Valsalva anteriore dell’aorta;raggiunge il solco
interventricolare anteriore dove si biforca in:
RAMO DISCENDENTE ANTERIORE che decorre ulteriormente nel solco interventricolare
anteriore da cui originano di solito i RAMI DIAGONALI (2-6) ed irrora 2/3 anteriori del
setto (da 3 a 5 ARTERIE PERFORANTI); la parete anteriore ventricolo sx (e in parte del
dx).
RAMO CIRCONFLESSO che decorre nel solco atrioventricolare e vi derivano L’ARTERIA
PER IL NODO SENO ATRIALE (50% degli individui), le ARTERIE DEL MARGINE OTTUSO ed
il RAMO DISCENDENTE POSTERIORE (che deriva dalla circonflessa nel 45% degli
individui) irrora parete laterale e posteriore del ventricolo sx, oltre a fornire
l’irrorazione al nodo atrioventricolare (10%).
Coronaria dx: decorre nel solco atrioventricolare che percorre fino al solco interventricolare posteriore. Ha
un ramo collaterale che irrora il nodo SA (50% degli individui) e l’altro che irrora il nodo
A-V (90%). I due principali collaterali sono:
- rami del margine acuto  irrorano ampie porzioni dell’atrio e del ventricolo dx
- ramo discendente posteriore  irrora la parete posteriore del ventricolo sx e la
porzione posteriore del setto interventricolare (rami perforanti posteriori).
Si può trovare un ramo anastomotico (arteria di Kugel) tra coronaria dx prossimale e ramo circonflesso da
cui partono rami accessori per il nodo seno atriale.
% interessamento stenosi critiche coronariche (>70-75%):
Sedi elettive: ramo discendente anteriore e circonflessa coronaria sx; tronco principale coronaria dx; meno
frequentemente arterie subepicardiche; ancora meno quelle intramiocardiche.
% occlusione in caso di INFARTO TRANSMURALE:
 1%  infarto isolato del ventricolo dx. Nel restante 99% ventricolo sx eventualmente coinvolgendo
porzioni del miocardio dx.
 50% occlusione a carico del ramo discendente anteriore (nostro caso!!!). Può essere infarto
anterosettale  coinvolge i 2/3 anteriori del setto, la punta e una piccola parte della parete
anteriore del ventricolo sx) o anterolaterale  coinvolge anche la parete anterolaterale in quanto
l’occlusione si è verificata a monte dell’emergenza del primo ramo diagonale.
 30% coronaria dx  infarto inferosettale, che coinvolge il terzo post del setto, la parete inferiore
del ventricolo sx; talvolta si estende alla parete post del ventricolo dx e al segmento post del
ventricolo sx
 20% ramo circonflesso  infarto posterolaterale coinvolgendo i segmenti laterali e posteriori del
ventricolo sx
 Raramente l’infarto può essere dovuto all’occlusione del primo ramo diagonale (infarto anteriore
senza interessamento del setto), arteria del margine ottuso o addirittura tronco comune della
coronaria sx con morte improvvisa anziché infarto.
Quadro morfologico dell’infarto miocardio
- prime 2 h  alterazioni di ordine ultrastrutturale che quindi non si possono rilevare se non al microscopio
elettronico (trasformazione vacuolare del Reticolo endoplasmatico, rigonfiamento mitocondri…)
- 2-8 h  aspetto normale , a meno che non si testi con tecniche istochimiche [sale di tetrazolio] su un
tratto di miocardio l’attività di enzimi ossidativi (succinato deidrogenasi), che è diminuita perché tali enzimi
vengono dimessi dalle fibre muscolari.
- 6-12 h compare il primo segno istologico: alla periferia della zona ischemia compaiono fibre
miocardiche nettamente assottigliate che presentano una ondulazione (waving) dovuta all’assenza di
contrazione dell’area infartuata per cui le fibre miocardiche poste tra tessuto infartuato e tessuto sano
vengono stirate. Tale fenomeno rende mal definibile il contorno dell’area infartuata.
- 12-24 h  Macro: pallore dell’area infartuata. Micro: iniziale miocitolisi e necrosi colliquativa con lieve
separazione delle fibre; alterazioni citoplasmatiche con bande di contrazione e perdita della striatura
trasversale; picnosi del nucleo; lieve aumento del numero di leucociti
- 24h-3 gg  Macro: muscolo morto di colorito giallo pallido,omogeneo, opaco e di consistenza aumentata,
il tutto per il completamento del processo di necrosi coagulativa; alone rosso ai margini per iperemia con
piccole aree emorragiche. Micro: le miocellule hanno perso nucleo e striatura trasversale, i citoplasmi
diventano eosinofili, PMN e macrofagi aumentano di numero.
- 3-4 gg  Macro: il tessuto giallo-grigiastro va incontro a riassorbimento a partire dalla periferia, ai margini
sempre alone di congestione.
Micro: neutrofili digeriscono con enzimi proteolitici il tessuto necrotico, le fibre sono separate e riassorbite.
- 7-10 gg  La colliquazione si completa entro 7-10gg. Macro: la consistenza del focolaio diminuisce
progressivamente fino al rammollimento (miomalacìa).
Micro: ai margini compare tessuto di granulazione, i macrofagi rimpiazzano i neutrofili e inizia il processo
riparativo con tessuto connettivo ricco di fibroblasti.
- 2-3 settimana  Macro: ampia zona di tessuto di granulazione roseo o grigiastro ancora cedevole che
man mano si arricchisce di fibre collagene; avanzato riassorbimento necrotico. Micro: tessuto di
granulazione ben formato con attività fibroblastica.
- dopo 6 settimane/mesi  Macro: tessuto fibroso biancastro denso, compatto e non più cedevole. Nei
casi più favorevoli simula un giunto tendineo che unisce i due monconi di muscolatura sana, consentendo
una buona funzione ventricolare a seguito di ipertrofia compensatoria.
Micro: connettivo in cui possono essere comprese fibre muscolari sopravvissute.
COMPLICANZE:
Minuti / ore
1- aritmie (FV o blocco di conduzione)  scompenso cardiaco acuto
2- shock cardiogeno con deficit di pompa
Se il pz sopravvive agli eventi acuti che si verificano nelle prime due ore comincia il suo decorso
postinfartuale che può essere non complicato (10-20%) o più frequentemente caratterizzato da
complicanze distinte in precoci e tardive:
Precoci (primi gg)
3- rimodellamento post-infartuale precoce (3gg- prime 2 settimane): il termine di espansione
infartuale è stato coniato per definire l’assottigliamento della parete e la dilatazione acuta e
l’espansione dell’area infartuata dovuti all’indebolimento del muscolo necrotico con stiramento
passivo, assottigliamento e dilatazione dell’area infartuata con allungamento dei fasci muscolari,
distruzione delle normali cellule miocardiche e perdita di tessuto nelle regione necrotica.
E’ tipico degli infarti transmurali antero-settali.
Macroscopicamente si osserva assottigliamento e allungamento del tratto di parete colpito: si ha
espansione del profilo endocardico, mentre il contorno epicardico resta immutato.
Microscopicamente si notano lo stiramento e slittamento dei fasci delle miocellule necrotiche
(slippage), dovuto alla distruzione dei ponti di collagene tra le miocellule ad opera delle collagenasi.
Può essere frequentemente associato a trombosi murale.
Nella sua forma estrema l’espansione della parete può assumere una configurazione di un
aneurisma acuto e portare a rottura del cuore. La riperfusione precoce limita il rischio di
espansione.
4- Rottura del cuore (3gg- 10 gg -prime due settimane):
- Rottura parete esterna: complica il 5-10% degli infarti transmurali e interessa
generalmente il ventricolo sx. E’ più frequente nelle donne e negli anziani. Si crea una
breccia lineare che apre sull’epicardio causando emopericardio e tamponamento cardiaco
(è acuto, pochi cc sono sufficienti) con morte per ostacolo al ritorno venoso (compressione
di cave e atrio dx). La rottura del cuore è una complicanza precoce, che interviene o nei
primi tre gg quando inizia la miocitolisi e la colliquazione del tessuto necrotico per
infiltrazione dei PMN e si verifica per la miomalacia, cioè la diminuita consistenza del
muscolo necrotico o all’inizio delle seconda settimana quando il tessuto muscolare è
sostituito da un tessuto connettivo ancora giovane e cedevole.
- Rottura di un muscolo papillare: 1% improvvisa insufficiente mitralica acuta  scompenso
cardiaco acuto. Più frequente è una disfunzione del muscolo con insufficienza mitralica.
- Rottura del setto interventricolare: 1% di frequenza rottura con comunicazione
interventricolare; rapida insufficienza ventricolare e morte in poche ore.
Pseudoaneurisma: la rottura della parete libera ( interviene nel miocardio necrotico, sede di processi
infiammatori) può verificarsi in qualsiasi momento, ma è più frequente dopo 3-7- giorni, quando cioè la
necrosi coagulativa, l'infiltrato neutrofilo e la lisi del tessuto connettivo miocardico hanno
sensibilmente indebolito il miocardio infartuato. Almeno un quarto avviene però nelle prime 24 ore.
Avviene più frequentemente in sede apicale o posteriore (uptodate). Fattori di rischio per la rottura
sono età >60 anni, sesso femminile, ipertensione preesistente, assenza di ipertrofia ventricolare
sinistra, assenza precedenti infarti (limitano la zona fibrotica). La presenza di aderenze pericardiche può
limitare la rottura, che può esitare in un pseudoaneurisma/ falso aneurisma (rottura tamponata che
esita in un ematoma saccato)la parete dello pseudoaneurisma è formata solo dall'epicardio e dal
pericardio parietale aderente. Molti vanno incontro a trombizzazione, ma la metà si rompe (30-45%).
Altre cause di pseudoaneurisma possono essere interventi chirurgici valvolari e traumi.
5- Trombosi parietale (II-IV settimana o anche prima)
- Trombosi murale: si forma in corrispondenza del focolaio necrotico che espone un’area
altamente trombogenica, come un’esile pellicola aderente all’endocardio su cui nei gg
successivi si depositano nuove stratificazioni; il trombo è disomogeneo, friabile per
fenomeni litici dei neutrofili  embolie sistemiche (encefalo, rene, intestino, arti inferiori)
- Trombosi atriale: soprattutto in caso di disturbi del ritmo atriale nelle auricole
- Embolia polmonare: da trombi a carico delle vene degli arti inferiori per stasi venosa
favorita dell’immobilità, dalle condizioni pressorie e umorali dello shock.
6- Pericardite acuta fibrinosa, che interessa il tratto di pericardio corrispondente alla zona dell’infarto
entro i primi 4 gg.
Tardive:
7- Pericardite di Dressler: probabilmente di origine autoimmune scatenata dallo smascheramento di
antigeni nel corso dell’infarto.
8- Scompenso cardiaco cronico: può comparire a cicatrizzazione già iniziata, quando l’estensione
dell’infarto è tale da comportare particolari difficoltà nell’esercizio dell’azione di pompa.
9- Disfunzione del muscolo papillare con insufficienza mitralica: oltre che acuta, l’insufficienza
mitralica può essere cronica per gli esiti cicatriziali dell’infarto di un muscolo papillare o per la
dilatazione del ventricolo sx.
10- Aneurisma ventricolare cronico: compare nel 12-15% dei pz sopravvissuti ad infarto. Quando
l’infarto è transmurale ed molto esteso la cicatrice si modella a mo’ di lamina; la retrazione del
tessuto sclerotico e l’azione plastica della pressione concorrono nel ridurre lo spessore di tale
lamina cicatriziale, che può divenire molto sottile e sfiancarsi con una distensione graduale della
cicatrice fibrosa. Ne consegue la formazione di un aneurisma cronico che può interessare la punta,
le pareti anteriore e posteriore del ventricolo sx e il setto interventricolare. Questa è una zona non
solo acinetica, ma anche discinetica, in quanto si estroflette durante la sistole. Le zone più
interessate sono apice, parete anteriore o posteriore del ventricolo sx ed il setto interventricolare.
L’aneurisma cronico comporta ulteriori complicanze che ne impongono la resezione chirurgica:
a) Trombosi per rallentamento del circolo nell’aneurisma che è una zona fibrotica, quindi non
contrattile: il trombo assume un aspetto di disco stratificato. Quando sono organizzati i
trombi possono essere utili al consolidamento della parete e alla riduzione dello spazio
morto; tuttavia vi è sempre pericolo di ulteriori trombosi e di embolie arteriose.
b) Scompenso cardiaco congestizio: il miocardio è fibrotico e la cicatrice è sede di un
movimento paradosso in sistole che comporta un aumento del residuo telesistolico
ventricolare.
c) Rottura con tamponamento cardiaco: caso rarissimo. E’ molto difficile che un miocardio
fibrotico vada incontro a rottura, ma non si può escludere. Secondo l’Harrison non sono
associati aneurisma cronico e rottura.
d) Aritmie: aritmie ventricolari minacciose come una tachicardia ventricolare
11- Miocardiopatia dilatativa post infartuate: l’espansione post infartuate precoce può essere seguita
già nelle prime settimane dall’infarto da una serie di modificazioni strutturali e dinamiche che
vanno sotto il nome di rimodellamento del ventricolo allo scopo di rendere la gittata cardiaca
adeguata. Tali modificazioni vanno dalla dilatazione precoce del ventricolo, alla fibrosi, alla
dilatazione, all’ipertrofia compensatoria efficace, etc. Tuttavia in alcuni casi (quando l’area non
contrattile supera il 30-40%) l’aumento dello stress parietale dovuto alla dilatazione del ventricolo
sx innesca un circolo vizioso che porta a progressiva dilatazione del ventricolo stesso fino ad un
quadro di cardiomiopatia dilatativi postinfartuale.
12- Recidiva dell’infarto
La tendenza a sviluppare complicanze specifiche e la prognosi dipendono dalle dimensioni dell’area lesa,
dalla sede, dall’estensione transmurale (cioè dallo spessore della frazione di parete miocardica
danneggiata: subendocardica e transmurale)
- Infarti transmurali estesi causano più frequentemente shock cardiogeno, aritmie,
insufficienza cardiaca congestizia secondaria .
- Infarto transmurale anteriore: sono a rischio di sviluppare dilatazione regionale, trombosi
murale, o rottura di cuore con un decorso clinico peggiore di quello dei pz affetti da infarto
posteriore-inferiore
- Infarti transmurali posteriori: complicanze più frequenti sono blocchi di conduzione,
coinvolgimento del ventricolo dx.
- Nel 10% dei casi di IMA si può osservare un fenomeno tromboembolico evidente
clinicamente, ma lesioni emboliche si riscontrano nel 20% degli esami autoptici:
-
tromboembolia spesso silente. La tromboembolia è associata ad infarti estesi, specialmente
anteriori.
Pericardite, rottura di cuore, aneurismi ventricolari sono eventi rari.
Esame citologico dell’escreato: materiale necrotico essudatizio, cellule cilindriche cigliate e
pavimentose metaplastiche e lembi di epitelio pavimentoso fortemente atipico, cheratinizzante,
indicativo per carcinoma bronchiale.
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- DISCUTERE LE INDICAZIONI DEI VARI TIPI DI ESAMI CITOLOGICI (ESCREATO, BRONCOASPIRATO,
LIQUIDO DI TORACENTESI, FNB) IN RAPPORTO CON I DIVERSI TIPI DI NEOPLASIE POLMONARI
- DOVENDO FAR SEGUIRE AD UN PAZIENTE L’ESAME DELL’ESCREATO, PRECISARE LE INDICAZIONI
NECESSARIE PER UNA CORRETTA ESECUZIONE.
ESPETTORATO
L’escreato può essere raccolto sia tramite espettorazione spontanea sia dopo inalazione di aerosol irritanti
come una soluzione salina ipertonica; quest’ultimo è l’espettorato indotto.
Modalità di raccolta ed invio del campione:
- Si deve raccogliere l’espettorato di primo mattino (accumulo di secrezioni nelle notte), prima di
colazione e dopo aver sciacquato la bocca solo con H2O per ridurre i residui di cibo e la
contaminazione batterica.
- L’espettorazione deve essere profonda: il pz deve inspirare profondamente quindi espirare
tossendo. In pz con difficoltà nell’espettorazione possono respirare profondamente su un aerosol
di soluzione fisiologica o espettoranti.
- L’espettorazione va fatta in un contenitore sterile (capsula Petri) a bocca larga, che va recapitato
entro 1-2 h al laboratorio. Se non fosse possibile rispettare questi termini di tempo, si può
espettorare direttamente nel contenitore contenente fissativo, costituito da alcool all’70%, in tal
modo il materiale può essere conservato per qualche giorno, questa procedura però tende a indurire il
campione, quindi si opta preferibilmente per una soluzione di formalina al 2% in soluzione di RInger.
- Il prelievo va ripetuto per tre mattine consecutive (80% di casi da carcinoma polmonare)
- E’ necessario far pervenire al laboratorio la scheda di richiesta opportunamente compilata dal
medico curante o dal richiedente l’esame.
L’escreato è costituito prevalentemente da secrezioni provenienti dall’albero tracheobronchiale più che
dalle alte vie aeree. Il riscontro di macrofagi alveolari e di altre cellule infiammatorie indica che il campione
ha origine dai segmenti più distali dell’albero respiratorio, mentre la presenza di cellule squamose epiteliali
in un campione di espettorato segnala una contaminazione con secrezioni provenienti dalle vie aeree
superiori.
Indicazioni: tosse produttiva, emottisi, escreato striato di sangue
Un campo di applicazione di questo esame è rappresentato dai processi infettivi (polmoniti, bronchiti...),
nei quali rappresenta un mezzo per identificare il patogeno coinvolto.
Un campione di espettorato con più di 25 leucociti PMN e meno di 10 cellule epiteliali squamose per
campo è idoneo alla coltura.
Tra i criteri per valutare l'adeguatezza di un campione di escreato oggi vengono particolarmente seguiti
quelli di Bartlett, basati sulla quantità di cellule squamose, quale indice di inquinamento oro-faringeo, e su
quella di neutrofili, quale indice di provenienza profonda dell'escreato, visibili per campo microscopico a
basso ingrandimento (100x).
CRITERI DI BARTLETT
Neutrofili per campo >25
+2
Neutrofili per campo 10-5
+1
Presenza di Muco
+1
Cellule squamose per campo 10-25
-1
Cellule squamose per campo >25
-2
PUNTEGGIO
< 0 Contaminazione orofaringea
> 1 Idoneo per la coltura
Chiaramente l'escreato presenta il vantaggio di essere un metodo semplice e non invasivo, ma è dotato di
alcuni svantaggi, che sono:
Ø Impossibilità di ottenere un escreato adeguato da un’elevata percentuale di pazienti;
Ø Inevitabile contaminazione da parte della flora orofaringea. Questo problema è
particolarmente importante in soggetti, soprattutto ospedalizzati, in cui si sia avuta
colonizzazione orofaringea da parte di batteri frequentemente responsabili di polmoniti;
Ø Inutilizzabilità dei campioni per le culture in anaerobiosi
La colorazione per l’esame citologico finalizzata alla ricerca delle cellule neoplastiche può essere utile nel
sospetto di neoplasia: è un’indagine che può confermare la dx di malignità nel 45-90% dei pz; la raccolta
dell’espettorato è superiore per lesioni centrali (80-90%) rispetto a quelle periferiche (45%); risulta idoneo
per identificare tumori squamosi e microcitomi. Il tipo istologico è individuabile nel 70-90%.
I tre campioni saranno osservati a fresco e poi colorati con il metodo Papanicolau (per alcuni 5 gg
consecutivi). Dopo averlo raccolto in un contenitore sterile deve essere subito portato in laboratorio, dove
sarà fissato con una miscela alcool-formolo-acetico prima di essere processato.
Tipi di risposta:
1) materiale non idoneo (solo saliva, assenza di macrofagi alveolari).
2) negativo per cellule neoplastiche
3) atipie cellulari non specificate e non conclusive per neoplasia.
4) quadro sospetto consigliata ripetizione dell’esame.
5) positivo per cellule neoplastiche
L’escreato può essere colorato, dopo fissazione con alcol 80% con le normali colorazioni citologiche
(Papanicolau), oppure può essere citoincluso, fissato utilizzando la miscela di Duboch (alcol e acido picrico)
e incluso in paraffina, diventa cosi un campione trattabile con le normali colorazioni istologiche ed
immunoistochimiche.
Il citoincluso può essere effettuato anche per broncoaspirati (non per il BAL)
CITOLOGIA:
 Espettorato
 Broncoaspirato
 Spazzolamento
 Broncolavaggio
 Lavaggio broncoalveolare
 Agobiopsia transbronchiale
 Agobiopsia transtoracica
 Toracentesi
Note metodologiche generali
L'esame citologico è di notevole utilità nella diagnosi del carcinoma polmonare, sia in fase preclinica
(prevenzione secondaria), ove rappresenta l'unica indagine morfologica attuabile, sia durante
l'accertamento clinico nei pazienti sintomatici.
L'esame citologico è oggi valido sia per il riconoscimento della neoplasia, sia per la sua tipizzazione
istologica.
E' utilizzabile ai fini della diagnosi citologica:
a) materiale di origine bronchiale, rappresentato da espettorato, broncoaspirato, liquido di lavaggio
bronchiale e materiale ottenuto mediante spazzolamento della mucosa bronchiale;
MA COME SI PORTA FINO ALL’ANATOMIA PATOLOGICA???????????
b) materiale ottenuto per agoaspirazione transtoracica di versamenti pleurici o di masse
pleuropolmonari mediante ago sottile (FNAB: "fine needle aspiration biopsy").
COME SI PORTANO FINO ALL’ANATOMIA PATOLOGICA?????????????
Possibilità e limiti delle indagini citologiche
All'esame citologico deve essere riconosciuto un preciso ruolo nella diagnosi delle lesioni neoplastiche.
Secondo uno schema pratico, al posto della vecchia suddivisione in cinque classi secondo Papanicolaou, i
referti citologici bronco-polmonari sono ascrivibili a cinque gruppi:
1.
2.
3.
4.
5.
materiale inadeguato;
assenza di cellule neoplastiche;
presenza di cellule neoplastiche;
presenza di cellule atipiche non conclusive per neoplasia;
quadro sospetto consigliata la ripetizione dell’esame.
In caso di presenza di cellule neoplastiche il referto dovrà indicare la possibile tipizzazione istologica;
qualora ciò non fosse possibile è sempre utile segnalare se può essere escluso o meno il carcinoma a
piccole cellule (microcitoma)
Il referto di "cellule atipiche non conclusive per neoplasia" identifica i casi con:
1) cellule displastiche (metaplastiche atipiche) dell'epitelio bronchiale;
2) cellule con atipie dovute a fenomeni regressivi, cause flogistiche, rigenerative, iatrogene, ecc.;
3) cellule atipiche con rapporto nucleo-citoplasmatico alterato, ma in numero non sufficiente per
consentire una diagnosi di malignità.
La validità della citologia deve essere considerata sia in senso diagnostico, sia come possibilità di consentire
la tipizzazione istologica della neoplasia. Per quanto riguarda il primo punto, la citologia deve essere
valutata sia in riferimento alla possibilità di accertare la neoplasia (sensibilità), sia come affidabilità della
diagnosi (specificità).
In particolare, la sensibilità della citologia nei confronti del carcinoma del polmone si aggira in media
attorno all'80%.
Per quanto riguarda l'espettorato tale percentuale aumenta sino a valori superiori al 90%, qualora vengano
esaminati almeno 5 campioni.
La sensibilità dell'esame citologico dell'espettorato è maggiore nel carcinoma in sede ilare che non in
quello periferico; in quest'ultimo la sensibilità diagnostica citologica può essere ugualmente elevata qualora
vengano utilizzate tecniche più sofisticate come lo spazzolato bronchiale o l'agoaspirazione transtoracica
sotto controllo TAC.
Per quanto riguarda la specificità della citologia, attualmente si deve riconoscere alla diagnosi effettuata
con tale metodica un’ottima affidabilità: le probabilità di un "falso positivo" sono infatti minime (inferiori
all'1%). le cause dei falsi positivi sono per lo più da ricollegare alla presenza di infezioni polmonari
(specifiche e non come micosi), di bronchiectasie o a pregressi trattamenti radio e chemioterapici.
Un’accurata valutazione delle notizie cliniche potrà permettere di ridurre ulteriormente l’eventualità di
errori diagnostici.
Per quanto riguarda la possibilità di una precisa tipizzazione istologica della neoplasia, i dati della
letteratura e dell'esperienza quotidiana sono più che confortanti. Disponendo di un preparato idoneo si
può caratterizzare correttamente la neoplasia in una percentuale molto elevata di casi. Tale possibilità è
sopratutto in funzione del tipo istologico e/o del grado di differenziazione del tumore.
Per quanto riguarda gli istotipi, sono sopratutto il carcinoma a cellule squamose ed il carcinoma a piccole
cellule (specialmente nella variante "oat-cell") quelli più facilmente identificabili. Secondo alcuni recenti
dati della letteratura il carcinoma a piccole cellule (varietà "oat-cell") potrebbe essere correttamente
riconosciuto addirittura in oltre il 95% dei casi.
In conclusione le possibilità e i limiti dell'indagine citologica in campo broncopolmonare, possono essere
così riassunti:
- l'esame citologico è in grado di evidenziare in modo conclusivo in una buona percentuale di casi
l'esistenza di una neoplasia broncopolmonare;
- un esame citologico ripetutamente negativo in un paziente asintomatico permette di escludere
con sufficienti garanzie l'esistenza di una lesione neoplastica;
- un esame citologico ripetutamente negativo in un paziente sintomatico (o con un quadro
radiologico sospetto) non autorizza ad escludere la presenza di una neoplasia;
- un referto citologico positivo può avere nel contesto della valutazione globale del paziente valore
diagnostico conclusivo;
- ai fini della terapia, un referto citologico positivo per carcinoma a piccole cellule può avere valore
conclusivo, mentre uno positivo per carcinoma epidermoidale o per adenocarcinoma va
considerato assai probante per quanto riguarda la tipizzazione, ma non esclude in modo assoluto
il carcinoma a piccole cellule, data la possibilità di neoplasie con aspetti combinati, epidermoidali,
ghiandolari e appunto, a piccole cellule.
INDAGINI CITOLOGICHE
1. Su materiale di origine bronchiale:
a) ESPETTORATO
b) MATERIALI PRELEVATI IN CORSO DI BRONCOSCOPIA
1) BRONCOASPIRATO
Nonostante il prelievo sia più mirato, la sensibilità non supera quella dell'escreato. Il materiale deve essere
prefissato in alcool 50° oppure strisciato direttamente sui vetrini facendo seguire immediata fissazione;
2) LIQUIDO DI LAVAGGIO BRONCHIALE
E' particolarmente consigliato dopo lo spazzolato bronchiale per raccogliere le cellule disperse nel lume
bronchiale. Lavaggio + aspirazione. Il liquido di lavaggio (soluzione salina) va inviato al laboratorio prefissato
in alcool 95° o con il fissativo di Saccomanno, in quantità uguale al liquido da analizzare;
3) SPAZZOLATO BRONCHIALE ("brushing").
I preparati citologici possono essere allestiti direttamente da chi esegue l'esame; in questo caso è
necessario che il materiale sia strisciato delicatamente ed il velo assai sottile e fissato immediatamente in
alcool 95° o con fissativo di pellicola (spray in commercio). In alternativa la spazzola può essere posta in una
provetta con alcool 50° curando di ruotarla energicamente nel liquido fissativo.
4) BAL
2. Materiale ottenuto per agoaspirazione
a) AGOASPIRATO TRANSTRACHEOBRONCHIALE
b) ASPIRAZIONE TRANSTORACICA CON AGO SOTTILE (FNAB) da masse polmonari, possibilmente sotto
guida TAC.
La metodica da ottimi risultati in caso di neoplasie periferiche non altrimenti raggiungibili. Il materiale
aspirato viene esaminato su striscio allestito all'atto del prelievo e immediatamente fissato;
c) LIQUIDO DI VERSAMENTO PLEURICO.
Questa indagine serve per valutare l'eventuale diffusione del tumore alla pleura.
La tipizzazione istologica è problematica poiché il liquido di versamento, ricco di proteine, è un terreno in
cui le cellule modificano la loro morfologia. Al momento dell'estrazione è consigliabile aggiungere al liquido
eparina o sostanze similari onde evitare la formazione di coaguli. Il liquido può essere esaminato su
preparati allestiti per striscio del sedimento o mediante citocentrifugazione. E' consigliabile, ove possibile,
allestire anche sezioni con la tecnica citoistologica del "cell block". Ove si adotti esclusivamente
quest'ultima tecnica può essere omessa l’eparinizzazione del liquido pleurico .
ISTOLOGIA
 Biopsia endobronchiale
 Biopsia transbronchiale
 Biopsia transtoracica (in disuso)
 Biopsia a cielo coperto e videotoracoscopia
 Biopsia a cielo aperto e toracotomia
 Mediastinoscopia-mediastinotomia e prelievo linfonodi sovraclaveari e scaleni
Note metodologiche generali
Il prelievo, il più ampio possibile, deve essere eseguito possibilmente su una zona esente da fenomeni
necrotico flogistici. E' buona norma procedere al prelievo di più frammenti bioptici per evitare che il
materiale inviato in esame risulti insufficiente. Qualora il prelievo sia di dimensioni idonee, potrebbe essere
utile effettuare una prima valutazione del materiale su sezioni al criostato.
E' importante ricordare che il patologo necessita di una serie di informazioni (notizie anamnestiche, sede e
tipo di prelievo, aspetto macroscopico e/o radiologico della zona dove è stata effettuata la biopsia,
eventuali osservazioni broncoscopiche o intraoperatorie, ecc.) che sono indispensabili per un corretto
inquadramento del caso e per una precisa ed attendibile formulazione diagnostica (in Appendice V si allega
una scheda tipo di accompagnamento del materiale inviato per esame istologico). Il clinico deve farsi altresì
carico della fissazione dei frammenti bioptici: è superfluo sottolineare che quest'ultima, per consentire il
risultato migliore, deve essere immediata ed effettuata con un liquido fissativo idoneo ed in congrua
quantità (rapporto di almeno 1:20). Come fissativo di uso generale si consiglia la formalina 10%; da evitare
l'uso dell'alcool.
Si ricorda che una corretta metodologia diagnostica del carcinoma polmonare richiede, oltre alle consuete
colorazioni morfologiche, almeno una metodica istochimica che permetta la visualizzazione delle mucine
(PAS-diastasi, Alcian blu, ecc.), ed in casi particolari l'applicazione di metodologie immunoistochimiche che
prevedono l'uso di anticorpi (anti-citokeratine, antimarkers neuroendocrini, anti-cellule mesoteliali e antimarkers linfocitari).
Possibilità e limiti delle indagini istologiche
Un prelievo bioptico eseguito ed allestito correttamente consente nella totalità dei casi la diagnosi di
malignità. La tipizzazione, invece, anche in situazione ottimale, può in rari casi, offrire un qualche margine
all'errore: ciò per motivi inerenti ora le caratteristiche della neoplasia ora la soggettività interpretativa del
patologo.
La diagnostica istopatologica preterapeutica ha pertanto taluni limiti sopratutto per quanto attiene la
precisa tipizzazione istologica.
Le cause obiettive di errore diagnostico possono essere così classificate:
1) Cause inerenti la scelta da parte del clinico del tipo di indagine diagnostica (inidoneità in riferimento alla
sede della neoplasia);
2) Cause inerenti la non corretta esecuzione pratica del prelievo. Il prelievo può avvenire, infatti, in una
zona sbagliata o comunque non totalmente rappresentativa (ad esempio su displasia limitrofa ad un
carcinoma invasivo); il prelievo può essere di dimensioni troppo piccole o danneggiato per compressione,
frammentazione, non tempestiva o corretta fissazione, etc;
3) Cause inerenti un non adeguato allestimento dei preparati istologici;
4) Cause inerenti alcune caratteristiche della neoplasia stessa (estesi fenomeni necrotico-flogistici;
variabilità di aspetti istologici da zona a zona nelle forme combinate, ecc.).
Per quanto attiene la precisa tipizzazione è opportuno ricordare come questa abbia una diversa importanza
nella fase diagnostica preterapeutica e nello "staging" patologico. Difatti, mentre nel caso dello "staging"
patologico è necessario definire la neoplasia secondo lo schema classificativo della W.H.O., nella fase di
accertamento diagnostico l'elemento fondamentale ai fini terapeutici, è rappresentato dalla
discriminazione tra carcinoma a piccole cellule e carcinoma non a piccole cellule.
Ovviamente, nei casi giudicati inoperabili, il patologo sarà chiamato a definire l'istotipo sui soli prelievi
bioptici e laddove i frammenti bioptici risultassero palesemente inidonei, dovrà essere valutata
l'opportunità di eseguire nuovi prelievi.
INDAGINI ISTOLOGICHE
Un corretto approccio terapeutico al carcinoma del polmone non può prescindere da una precisa
caratterizzazione istologica della neoplasia nella fase diagnostica preterapeutica, e a tale scopo devono
essere eseguite, in sequenza ben definita, tutte le indagini diagnostiche idonee. Soltanto nel caso di esito
negativo di tali procedure il paziente, laddove la situazione clinica lo consenta, può essere portato al tavolo
operatorio senza una diagnosi precisa. In tal caso l'accertamento della neoplasia è demandato all'esame
istologico intraoperatorio, che, in evenienze del genere, deve essere considerato "obbligatorio".
Procedure diagnostiche:
1. Biopsia bronchiale
2. Biopsia polmonare transbronchiale
3. Agobiopsia polmonare transparietale (controllo TAC)
Questa indagine è da riservare ai casi di carcinoma del polmone localizzati perifericamente o
comunque con endoscopia negativa. E' necessario che il prelievo sia TAC guidato, onde evitare di
raccogliere materiale non significativo.
Tale metodica è oggi sostituita, con risultati molto soddisfacenti, dall'agoaspirazione con ago
sottile (FNAB), che rientra nel novero delle indagini di pertinenza citologica.
Di recente applicazione l'uso di un ago sottile sotto controllo ultrasonografico che permette il
prelievo di frustoli di tessuto delle dimensioni di 1.7 mm x 1.2 mm con possibilità di allestire fino
a 70 sezioni di 4µ di spessore, cosi da soddisfare tutte le esigenze di carattere immunoistochimico.
4. Biopsia pleurica sotto controllo endoscopico
Può essere utile per la diagnosi di neoplasie polmonari periferiche. In caso di neoplasie centrali
può fornire, unitamente ad altre indagini diagnostiche, elementi per un quadro completo sulla
diffusione della neoplasia (interessamento della pleura viscerale e/o parietale) e sulla operabilità
o meno del paziente.
Di fronte ad una lesione neoplastica della pleura il patologo può avere problemi di diagnosi
differenziale, sovente di non facile soluzione, quale per esempio la discriminazione tra tumore
primitivo pleurico e tumore primitivo polmonare. Come pure non facile, e in certi casi impossibile
(adenocarcinoma e carcinoma a grandi cellule del polmone) può essere la distinzione da un
tumore metastatico.
5. Biopsia polmonare toracotomica
La biopsia polmonare toracotomica è stata ormai quasi del tutto abbandonata in campo
oncologico come pura e semplice metodica diagnostica. E' invece largamente utilizzata la biopsia
intraoperatoria nel corso di toracotomia con intenti terapeutici, in pazienti portatori di sospette
lesioni neoplastiche non precedentemente accertate.
6. Biopsia mediastinica (mediastinoscopica e/o mediastinotomica)
Questa indagine diagnostica, elettiva per le neoplasie primitive del mediastino, può essere
altrimenti utilizzata per valutare la diffusione mediastinica di una neoplasia polmonare e, quindi,
l'eventuale operabilità. E' di particolare utilità in questi casi l'applicazione di metodiche
immunoistochimiche (ad esempio per distinguere un linfoma da un tumore ad origine epiteliale).
7. Biopsia su supposte metastasi a distanza
Non è infrequente che il carcinoma polmonare venga diagnosticato in fase molto avanzata. La
biopsia eseguita su sospette lesioni metastatiche può costituire in casi del genere la prima e
talora l'unica possibilità diagnostica.
La corretta tipizzazione, specialmente nelle forme meno differenziate, non sempre è possibile
sulla sola base morfologica. Anche in questi casi l'immunoistochimica può costituire un utile e
spesso dirimente mezzo diagnostico.
La biopsia osteomidollare è un’indagine che può avere una duplice applicazione. La prima,
diagnostica, è volta ad accertare la natura metastatica di lesioni ossee sospette radiologicamente
e/o scintigraficamente, e può essere effettuata in qualunque momento dell'iter diagnosticoterapeutico. La seconda invece ha finalità di staging (cTNM) ed è da riservare ai casi di carcinoma
a piccole cellule. A questo fine, una biopsia osteomidollare può essere attuata in tutti i casi di
carcinoma a piccole cellule accertati istologicamente, anche in assenza di lesioni ossee
radiologicamente o scintigraficamente evidenti. Ricordiamo che la positività della biopsia
osteomidollare è più elevata se l'indagine è eseguita bilateralmente sulle creste iliache.
8. Biopsia al criostato ("frozen sections")
Esame estemporaneo deve essere fatto velocemente su materiale congelato. Sono allestite
sezioni al criostato. Si fa una colorazione rapida e si dà la risposta in meno di 20 min. Si recupera
quindi il materiale residuo con un liquido di fissazione per l’esame istologico finale.
Essa può essere utilizzata con vari intendimenti.
In primo luogo per ottenere la certezza diagnostica nel corso dell'intervento chirurgico, in tutti i
casi in cui non vi sia una diagnosi istologica pre-operatoria. In questi casi la biopsia
intraoperatoria si considera d'obbligo.
Essa può altresì essere utilizzata per avere conferma della operabilità e per fornire elementi utili
alla scelta dell'intervento più idoneo.
In ultima istanza essa può essere utilizzata per valutare in tempi brevi la significatività o meno, ai
fini diagnostici, del materiale bioptico.
Per quel che riguarda le indicazioni, ricordiamo come la biopsia intraoperatoria debba essere effettuata in
tutti i casi in cui essa può fornire elementi utili a modificare la strategia dell'intervento chirurgico.
1 - Diagnosi della natura di un nodo periferico, se questa non si è potuta effettuare prima
dell’intervento (importante DD tra carcinomi periferici primitivi, metastasi, tubercolosi,
amartocondromi)
2 - Presenza o meno di MTS in linfonodi asportati in corso di intervento o di invasione di pareti
vasali, tronchi nervosi, gangli.
3 - Esame estemporaneo anello bronchiale
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DISCUTERE GLI EVENTUALI RAPPORTI FRA METAPLASIA DELL’EPITELIO BRONCHIALE E
CARCINOMA.
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INDIVIDUARE IL SIGNIFICATO DELLE INDAGINI IMMUNOISTOCHIMICHE IN QUESTO CAMPO
DELL’INDAGINE CITOLOGICA
METAPLASIA: modificazione reversibile per la quale un tipo cell differenziato (epiteliale o mesenchimale)
viene sostituito da un altro tipo cell differenziato. Essa può rappresentare una sostituzione adattiva di
cellule sensibili allo stress con un tipo cellulare più adatto a sopportare condizioni ambientali sfavorevoli.
Deriva da una riprogrammazione di cellule staminali presenti negli epiteli o di cell mesenchimali
indifferenziate presenti nel tessuto connettivo per modificazioni di segnali generati da citochine, fattori di
crescita e componenti di matrice extracell presenti in ambiente esterno. Sono coinvolti geni specifici e di
differenziamento.
La metaplasia più comune è quella da epitelio cilindrico a squamoso che si verifica nell’apparato
respiratorio in risposta a stimoli irritativi cronici. Nei fumatori abituali,il normale epitelio cilindrico ciliato
sella trachea e dei bronchi viene spesso localmente o in gran parte sostituito da un epitelio squamoso
stratificato. Quest’ultimo è molto più resistente e sopravvive a stimoli che il normale epitelio cilindrico non
sarebbe in grado di sopportare, ma nonostante ciò si viene a perdere un funzione importante: la
produzione di muco.
Esempi di metaplasie sono:
- metaplasia pavimentosa stratificata dell’epitelio polmonare normalmente cilindrico;
- calcoli dei dotti escretori di ghiandole salivari, pancreas, dotti biliari che causano sostituzione
dell’epitelio cilindrico secretorio in epitelio pavimentoso stratificato non funzionale;
- deficit di vitamina A che comporta una metaplasia pavimentosa dell’epitelio respiratorio che
diventa più resistente ma incapace di secernere muco (l’aumento di vitamina A invece sopprime la
cheratinizzazione). La persistenza degli stimoli metaplastici però può indurre trasformazione
cancerosa con evoluzione in K a cell pavimentose stratificate;
- esofago di Barret che è una metaplasma da epitelio pavimentoso a quello cilindrico intestinale con
aumento del rischio di evoluzione in adenocarcinoma ghiandolare;
- metaplasma del tessuto connettivo con formazione di cartilagine, osso o tessuto adiposo (tutti
tessuto mesenchimali) in tessuto che normalmente non li contengono.
Esempi: miosite ossificante dopo fratture ossee anche se questa non è una metaplasia da
adattamento.
Se lo stimolo che predispone alla metaplasia persiste allora ci è la possibilità di trasformazione neoplastica.
Infatti la forma comune di cancro delle vie respiratorie consta di cellule epiteliali squamose che originano
da aree di metaplasia squamosa del normale epitelio cilindrico.
Può anche verificarsi una metaplasia inversa dal tipo squamoso al cilindrico come per esempi nell’Esofago
di Barret,in cui l’epitelio esofageo squamoso viene sostituito da cellule cilindriche di tipo intestinale sotto
l’influenza del reflusso dell’acido gastrico(evoluzioni in adenocarcinomi ghiandolari)
DISPLASIA: significa proliferazione disordinata caratterizzata da diverse modificazioni come perdita di
uniformità dell’aspetto delle singole cell e loro orientamento nell’architettura del tessuto. C’è
pleomorfismo cioè variazione di forma e dimensioni con nuclei ipercromici e voluminosi rispetto al
diametro cell; c’è anche aumento di mitosi con aspetto normale ma localizzate sparse nell’epitelio (e non
confinate a strati precisi come nella norma) e anarchia architetturale con ammassi di cell.
Quando la displasia coinvolge l’intero spessore dell’epitelio è considerata neoplasia pre-invasiva detta k in
situ.
La displasia non evolve necessariamente in k. Modificazioni lievi e moderate che non coinvolgono l’intero
spessore dell’epitelio possono essere reversibili dopo l’eliminazione del fattore responsabile.
Lesioni Precancerose: Sono riconosciute tre tipi di lesioni precancerose:
1) displasia squamosa e carcinoma in situ
2) iperplasia adenomatosa atipica
3) iperplasia diffusa polmonare idiopatica di cellule neuroendocrine.
Il termine precancerosa non implica necessariamente il fatto che la progressione a lesione invasiva avvenga.
Attualmente non è possibile distinguere tra le lesioni preinvasive che rimarranno tali e quelle a
progressione.
Non è ancora chiaro se l'iperplasia a cellule basali, la metaplasia squamosa e la displasia lieve debbano
essere considerate solo delle modificazioni di tipo reattivo od invece veri precursori neoplastici (il numero
di alterazioni genetiche accumulate in tali lesioni non è ancora sufficiente ad innescare quella autonomia di
crescita tipica delle cellule neoplastiche), mentre la displasia media e severa ed i carcinomi in situ sono
lesioni preinvasive ad alto grado a tutti gli effetti, con il 40% o più di individui destinati a sviluppare
carcinomi infiltranti negli anni a seguire.
Tumori polmonari e immunoistochimica (quasi assente!!).
Carcinomi centrali originano in sede ilare o parailare partendo dalla mucosa di un bronco di mediogrande calibro. Hanno solitamente l’aspetto di placca ulcerata che tende ad accrescere endoluminalmente
ma anche verso il parenchima circostante.
I k centrali più tipici sono:
K SQUAMOSO, parte di solito dai bronchi segmentari, solitamente da problematiche infettive o
atelettasiche alla diagnosi. Tende a presentare necrosi centrale. La storia naturale di questo k passa
dall’esposizione al fumo o a sostanze irritanti, alla metaplasia pavimentosa dell’epitelio bronchiale (che
solitamente ha epitelio ghiandolare) alla displasia o k in sito per finire al k franco.
Istologicamente forma lamine e nidi con tendenza alla cheratinizzazione sulla quale si basa il grading
(quanto è differenziato???). Nella mucosa circostante è possibile rinvenire aree di metaplasia o k in situ. Si
sono dimostrate sequenze di HPV nel 20% dei casi.
Carcinoma squamoso: positivo per citocheratine ad alto perso molecolare (5-6), CEA e p63
K A PICCOLE CELLULE, parte sempre da un grande bronco ma stavolta questo viene avvolto e stenosato da
una massa biancastra che si espande verso l’esterno. Presenta granuli neuro secretori ed è possibile che sia
+ per cromogranina, Leu7, enolasi neuro-specifica. Potrebbe partire dalle cellule basali dell’epitelio
bronchiale che in corso di differenziazione assumono aspetti neuroendocrini. Molto responsivo a chemio.
Remissioni tra 6 mesi ad 1 anno.
I sintomi sono tosse, perdita di peso, dolore e possibile emottisi. Importanti sono le complicanze
infiammatorie dovute all’ostruzione bronchiale.
Microcitoma: positivo per CD56, cromogranina, sinaptofisina. 90% positivo per TTF1, <10% negativo per
markers neuroendocrini. Al microscopio elettronico sono inoltre visibili granuli neuroendocrini
Carcinomi periferici originano dall’albero bronchiale distale, hanno aspetto di nodulo o massa
rotondeggiante. I sintomi sono tardivi e dovuti ad invasione pleurica o di un bronco. I k periferici sono
solitamente:
ADENOK, aspetto gelatinoso e produce mucina. Interessa la pleura nel 70% dei casi e può insorgere da
pregresse cicatrici o polmoni a nido d’ape. Il muco delle cellule è positivo per il PAS. Invade i vasi ematici
peritumorali nel 90% dei casi. Deve essere fatta diagnosi differenziale nel sospetto che sia una metastasi. I
primitivi del polmone hanno + per l’apoproteina surfactante e il TTF1.
Adenocarcinoma: positivo per TTF1 (diagnosi differenziale con metastasi da carcinoma tiroideo,
tireoglobuline -), e citocheratina 7
K A GRANDI CELLULE, grandi cellule pleomorfe senza netta differenzazione squamosa o ghiandolare.
Carcinoma a grandi cellule: positivo per CD56, cromogranina, sinaptofisina. 50% positivo per TTF1,
raramente positivo per citocheratine
BRONCHIOLO ALVEOLARE
K ADENOSQUAMOSO
Sintomi in generale:
1. LEGATI ALLA NEOPLASIA, emoftoe, tosse, dispnea, focolai di broncopolmonite per quelli
centrali mentre per i periferici ritroviamo dolore toracico e versamento pleurico.
2. DIFFUSIONE REGIONALE, alla pleura (dolore e versamento), alla parete toracica (dolore),
alla cava superiore (sindrome mediastinica venosa), plesso bronchiale, diffusione della
parete toracica e dell’apice polmonare TUMORE DI PANCOST da dolore alla spalla e si
irradia al braccio per invasione dei nervi del plesso brachiale, la sindrome di
CLAUDE-BERNARD-HORNER (miosi, enoftalmo, ptosi palpebrale), nervo
ricorrenziale (paralisi ricorrenziale), nervo frenico (paralisi frenica del lato coinvolto),
infiltra inoltre trachea e esofago (per dare disfagia deve essere infiltrato per almeno
2/3) e in ultimo il pericardio.
3. MTS, encefalo, surreni, scheletro e fegato.
4. SINDROMI PARANEOPLASTICHE (non frequenti), Chushing (eccesso di
ACTH), iponatremia e sindrome di Lambert-Eaton (neuropatie e miopatie).
Per approfondimento sindromi paraneoplastiche vedi pagg 899-900 Bonadonna.
Esame estemporaneo su anello bronchiale: anello di parete bronchiale indenne da neoplasia.
Esame del pezzo chirurgico:
MACRO: lobo polmonare flaccido e congesto. Il lume del bronco lobare è parzialmente ostruito da
una massa necrotica, friabile, che infiltra a manicotto la parete e si estende al circostante
parenchima, formando una nodosità del diametro complessivo di 3,5 cm. Pleura indenne.
A parte, 7 linfonodi antracotici (peribronchiali).
MICRO: carcinoma bronchiale di epitelio pavimentoso corneificante. Bronchite cronica con focolai
di metaplasia pavimentosa dell’epitelio bronchiale. Atelettasia con focolai di polmonite da
ostruzione bronchiale (polmonite tipica endogena).
Metastasi focali in 2 su 7 linfonodi.
STADIAZIONE: pT2a N1 MX
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- CHIARIRE IL SIGNIFICATO DELL’ESAME INTRAOPERATORIO SULL’ANELLO BRONCHIALE.
L’esame dell’anello bronchiale ha lo scopo di esaminare il punto in cui il chirurgo effettua la sutura del
bronco (se è interessato dal tumore bisogna estendere ulteriormente la resezione del bronco).
La biopsia intraoperatoria va sempre eseguita in corso di delicati interventi di recente introduzione, come la
"resezione a manicotto" ("sleeve resection"), onde valutare l'eventuale interessamento della trancia di
sezione bronchiale.
Il materiale per tale indagine deve essere ovviamente consegnato fresco.
La colorazione istologica di "routine" e l'ematossilina-eosina, che deve sempre essere affiancata da almeno
una colorazione per le mucine (PAS-diastasi, Alcian blu, ecc.).
Nell’esame estemporaneo il materiale va inviato a fresco (contenitore senza liquido) perché deve essere
congelato (acqua nelle cellule al momento del congelamento potrebbe determinarne la rottura), ma se il
frammento è piccolo lo si può avvolgere in garze imbevute di fisiologica.
OCT fa la funzione della paraffina (congela e fissa).
Il materiale deve essere congelato per abbassamento di temperatura a -25°
1 vetrino va fissato con fissativo che scioglie OCT e colorato con ematossilina rapida di Harris
1 vetrino va colorato con blu di toluidina
Il pezzo chirurgico viene fissato in formalina.
Valutandolo macroscopicamente devo osservare: peso, dimensioni, superficie pleurica per vedere eventuali
retrazioni o ulcerazioni.
Al taglio valutazione del nodo patologico (consistenza, superficie del taglio, dimensioni), i rapporti con il
tessuto circostante per la valutazione di eventuali infiltrazioni di grosse strutture
E’ necessario poi compiere multipli prelievi sul pezzo chirurgico che dovranno essere posti in apposite
biocassette, per poi seguire la normale pro cessazione. E’ anche necessario fare un prelievo del parenchima
adiacente per valutare eventuali infezioni (broncopolmonite)
- IDENTIFICARE ALTRI TIPI DI NEOPLASIA PRIMITIVA CHE COINVOLGONO I GROSSI BRONCHI E
POSSONO CAUSARE ATELETTASIA.
I principali tumori che causano atelectasia sono i carcinomi squamocellulari e i carcinoidi (raramente
anche i microcitomi, anche se di solito sono di piccole dimensioni)
Tumori broncopolmonari
Le neoplasie benigne del polmone rappresentano meno del 5% di tutti i tumori primitivi ed includono
forme di origine epiteliale e mesenchimale che, per l’abituale sviluppo endobronchiale, sono spesso causa
di fenomeni bronco-ostruttivi più o meno gravi.
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Papilloma squamo cellulare bronchiale: tumore papillare composto da un asse connettivale
rivestito da epitelio squamoso o talora da un epitelio di tipo transazionale. Insorge per lo più nei
soggetti giovani e nel laringe, può presentarsi come lesione esofitica o più raramente come
papilloma invertito, può essere circoscritto o diffuso. HPV è un fattore eziologico possibile.
Istologicamente è composto da un asse connettivo-vascolare rivestito da epitelio squamoso non
cheratinizzante. Ha elevata incidenza di evoluzione in carcinoma (fumo è il principale promotore),
però in alcuni casi possono regredire
Adenoma bronchiale simil-ghiandole salivari: origina dalle cellule delle ghiandole bronchiali
sottomucose e assume aspetto morfologico analogo ai tumori delle ghiandole salivari
Adenoma alveolare: lesione periferica di diametro non superiore ai 2 cm, si osserva per lo più in
soggetti anziani e non tende a recidivare dopo l’asportazione chirurgica. Istologicamente consiste di
spazi irregolari vuoti o contenenti scarso materiale eosinofilo, separati da setti sottili vascolarizzati
Cistoadenoma mucinoso: lesione cistica ben delimitata che contiene una gran quantità di materiale
mucoide, gelatinoso. Istologicamente presenta parete fibrosa rivestita da monostrato di cellule
mucipare e ricolma di muco. La parete fibrosa presenta spesso infiltrato infiammatorio
Amartoma bronchiale: si riscontra soprattutto in soggetti maschili di età avanzata, ha per lo più
sede periferica e non provocano sintomi; circa8% degli amartomi sono endobronchiali. Aspetto
lobulato, composto in prevalenza da isole di cartilagine ialina, che può essere calcificata e ossificata,
separata da fessure rivestite da epitelio cilindrico o cubico simile a quello bronchiale; al di sotto di
esso è presente spesso tessuto adiposo e muscolare liscio.
Tumore benigno a cellule chiare (sugar tumour): neoformazione periferica di pochi cm di diametro
ben demarcata con aree emorragiche. Microscopicamente l’aspetto è piuttosto uniforme con nidi
di grosse cellule rotondeggianti, caratteristica è l’abbondanza di glicogeno intracitoplasmatico,
mentre mancano i lipidi. Esprime vimentina e la proteina S-100, mentre è di solito negativo alle
citocheratine
Tumore a cellule granulose: nodulo endobronchiale o placca mucosa. Il tumore è sottomucoso ed è
formato da cordoni o isole di cellule con ampio citoplasma eosinofilo, l’epitelio bronchiale
sovrastante può essere normale o metaplastico. Immunopositività per la proteina S-100
I carcinomi broncopolmonari sono attualmente il tipo di tumore più comune nei paesi occidentali
Rapporto M7F è di 1,5/1
>90% dei pazienti ha più di 40 anni al momento della diagnosi
2-5% di tutti i casi sono tumori multipli
20% dei casi associazione con carcinomi della testa e collo
I tumori polmonari si riscontrano con maggiore frequenza nel polmone di destra e nei lobi superiori,
originando con maggior frequenza nei grossi bronchi in corrispondenza delle loro biforcazioni
Fattori di rischio
fumo di sigaretta: il rischio aumenta con il numero di sigarette fumate ed è direttamente
proporzionale al tempo, aumentando ulteriormente in coloro che iniziano in giovane età. Il rischio
diminuisce negli ex fumatori ma solo dopo 15 dalla sospensione. Fumo di sigaretta contiene oltre
5000 sostanze carcinogene ( benzopirene, cadmio, nitrosamine, idrazina, arsenico, piombo)
- carcinogeni ambientali (inquinamento atmosferico)
- radiazioni ionizzanti: fattore di rischio soprattutto per carcinoma squamoso e carcinoma a piccole
cellule
- radon
- fattori genetici: carcinoma a piccole cellule associato ad HLA-BW44
- fattori dietetici: carenza vitamina A (svolge un ruolo protettivo sull’epitelio respiratorio)
- HPV, EBV
- fibrosi polmonare diffusa
Molti dei carcinogeni citati agiscono inducendo modificazioni dei geni che controllano la crescita cellulare,
sia attivando proto-oncogeni che inattivando geni soppressori.
Una mutazione è insufficiente, si ritiene che siano necessarie almeno 20 mutazioni successive per indurre
modificazioni cancerogene.
Oncogeni coinvolti sono K-ras e c-myc, iperespressione di bcl-2, alterazione del gene della p53 e del
retinoblastoma. Sono inoltre presenti i fattori di crescita autocrini secreti dalla neoplasia (EGFR, erbB2,
TGFR)
I carcinomi si suddividono in centrali e periferici
Carcinomi centrali: originano in sede ilare o parailare, quindi partono dalla mucosa di un bronco di grande o
medio calibro. Aspetto di placca ulcerata che tende ad accrescersi sia verso il lume del bronco che verso il
parenchima polmonare circostante. Sintomi sono tosse, perdita di peso, dolore, possibile emottisi e
complicanze infiammatorie dovute all’ostruzione
Carcinomi periferici: originano dall’albero bronchiale distale; aspetto di nodo o massa rotondeggiante ;
sintomi molto tardivi legati all’invasione di un bronco o della pleura. Talvolta il primo sintomo è legato
all’insorgenza di una metastasi nei linfonodi scaleni o sovraclaveari o nell’encefalo. Carcinomi periferici del
solco polmonare superiore possono determinare la sindrome di Pancoast (dolore nel territorio di
distribuzione del nervo ulnare), spesso accompagnata da sindrome di Horner (interessamento della catena
del simpatico)
La distinzione in tipi istologici è fondamentale sia per la prognosi che per l’impostazione terapeutica. La
diagnosi può essere fatta preoperatoriamente o sul pezzo operatorio
CARCINOMA SQUAMOSO: è il tipo istologico più frequente e si osserva in maggioranza in soggetti di sesso
maschile, tipico tumore associato al fumo di sigaretta. Ha origine nella gran parte dei casi dai bronchi
segmentari (carcinoma centrale), ma in rari casi può essere periferico o sub pleurico. Macroscopicamente si
presenta come una massa a sede ilare o parailare di dimensioni varie, di colorazione bianco-grigiastra, mal
delimitata ed infiltrante il parenchima polmonare con estensione ai bronchi segmentari o sub segmentari.
Nel bronco interessato il carcinoma può assumere uno sviluppo endobronchiale oppure peribronchiale
sottoforma di infiltrazione diffusa della parete bronchiale a manicotto. Al momento della diagnosi nel 50%
dei pazienti ci sono segni di ostruzione bronchiale come polmonite broncostruttiva, atelectasia e
bronchiectasie. Possono presentare necrosi centrale con estesa colliquazione (cancro-ascesso).
Istologicamente è formato da lamine e nidi di cellule neoplastiche che ricordano quelle degli epiteli
pavimentosi, separate da stroma; tendenza alla cheratinizzazione, sulla cui quantità si basa il grading
istologico.
Nella mucosa bronchiale circostante il carcinoma sono presenti tratti di displasia grave o carcinoma in situ
Varianti istologiche
- carcinoma squamo cellulare papillare: caratteristica crescita endobronchiale
- variante a piccole cellule: forma scarsamente differenziata costituita da cellule di piccole
dimensioni
- a cellule chiare
- variante basaloide: organizzazione a palizzata dei nuclei alla periferia delle travate neoplastiche
(prognosi peggiore)
I carcinomi squamo cellulari mostrano diffusa ed intensa positività per le citocheratine a basso peso
molecolare, sebbene le forme ben differenziate esprimano anche le citocheratine ad alto peso
molecolare e il CEA. E’ possibile una focale positività per l’antigene epiteliale di membrana (EMA)
ADENOCARCINOMA: rappresenta la metà dei tumori polmonari del sesso femminile, è il tipo istologico che
sta mostrando il maggior aumento di frequenza. E’ anch’esso correlato al fumo di sigaretta, ma si osserva
spesso on non fumatori o ex fumatori.
Macroscopicamente si presenta come nodi o masse grigio-giallastre di aspetto gelatinoso se producono
mucina.
Localizzazione periferica come massa ben delimitata che può essere localizzata in pieno parenchima
polmonare senza apparenti rapporti con l’albero bronchiale o in sede periferica con associato
inspessimento della pleura viscerale, talvolta con aspetto a corazza che simula un mesotelioma. Insorgenza
su pregressa cicatrice o polmone a nido d’ape.
I criteri istologici per la diagnosi includono la presenza di strutture ghiandolari o di muco nelle cellule
neoplastiche
5 varianti istologiche:
- acinare: cellule formano acini o tubuli
- papillare: predominanza di strutture papillari
- solido con formazione di muco: proliferazione solida di cellule contenenti muco intracitoplasmatico
- con aspetti misti: aspetti di crescita di tipo acinare, papillare, solido e bronchiolo alveolare
- CARCINOMA BRONCHIOLOALVEOLARE: adenocarcinoma con una crescita bronchiolo alveolare pura in
assenza di infiltrazione stromale e pleurica. Si può presentare come nodo unico periferico o sotto forma di
noduli multipli diffusi ad entrambi i polmoni. Istologicamente la struttura alveolare rimane perfettamente
riconoscibile e le cellule neoplastiche appaiono regolarmente stratificate sulla superficie interna degli
alveoli sostituendo l’epitelio normale
3 istotipi
- variante non mucinosa: nodo periferico unico, composta da elementi cuboidali o colonnari, a tratti
l’epitelio si solleva in papille sporgenti nel lume alveolare. Microscopia elettronica mostra cellule
neoplastiche che hanno caratteristiche delle cellule di Clara (pneumociti tipo 2)
- variante mucinosa: cellule cilindriche con variabile quantità di muco nel citoplasma, gli spazi alveolari
sono spesso ricolmi di muco
- variante mista: aree di tipo mucinoso e di tipo non mucinoso
CARCINOMA A GRANDI CELLULE: tumore molto aggressivo che si presenta come grandi masse periferiche
spesso necrotiche costituite da cellule voluminose e pleomorfe; non mostra evidente differenziazione
squamosa o ghiandolare.
- a cellule giganti: cellule grandi con nuclei bizzarri
- a cellule di forma fusata: simulanti quelle dei sarcomi ma positive per antigeni epiteliali
- linfoepitelioma-like: lamine di cellule con nuclei vescicolosi, strettamente commiste con una
popolazione di accompagnamento di piccoli linfociti
Immunoistochimicamente esprimono sia le citocheratine che la vimentina
CARCINOMA ADENOSQUAMOSO: meno del 10% di tutti i tumori polmonari. Presenta aspetti commisti sia
di adenocarcinoma che di carcinoma squamoso. Sono frequentemente periferici e insorgono su cicatrici.
Hanno prognosi peggiore
CARCINOMA A CELLULE CHIARE: dubbio che rappresenti un tipo a sé stante, poiché campi con cellule
chiare possono essere visti nel carcinoma squamoso, a grandi cellule e nell’adenocarcinoma. E’ composto
da cellule con ampio citoplasma chiaro per la presenza di glicogeno. Diagnosi differenziale con metastasi di
carcinoma a cellule chiare del rene.
TUMORI NEUROENDOCRINI: rappresentano uno spettro di entità patologiche fenotipicamente distinte,
con gradi diversi di aggressività, che condividono caratteristiche differenziative tipiche delle cellule APUD e
sono quindi fenotipicamente caratterizzate dall’espressione di marcatori neuroendocrini.
In genere per definire un tumore come neuroendocrino è necessario che siano espressi almeno 2
marcatori: la cromogranina A e la sinaptofisina. Utili sono anche le molecole di adesione delle cellule
neurali (NCAM) riconosciute dagli anticorpi Leu 7 (CD57), Leu19 (CD56), e 123-C3.
La cromogranina e la sinaptofisina si presentano come granuli citoplasmatici, mentre i marcatori NCAM
hanno un’espressione solo di membrana.
Le cellule dei tumori neuroendocrini esprimono inoltre citocheratine a basso e medio peso molecolare
(7,8,17,18) riconosciute dagli anticorpi KL1, Cam5.2 o dal cocktail di citocheratine AE1/AE3
I tumori neuroendocrini del polmone comprendono i tumori carcinoidi (tipici e atipici), il carcinoma
neuroendocrino a grandi cellule e a piccole cellule
CARCINOIDI TIPICI: 1-2% dei tumori primitivi del polmone, incidenza massima tra 50-55 anni, senza
predilezione di sesso e senza alcuna correlazione con il fumo di sigaretta. In genere si rendono evidenti con
sintomi di tipo ostruttivo, mentre solo raramente si presentano con manifestazioni endocrine per
ipersecrezione di ormone antidiuretico, ACTH e GH. Inusuale è la comparsa di sindrome da carcinoide.
Oltre il 90% ha sede centrale prendendo origine nella parete delle vie aeree di medio e grosso calibro per
estendersi al parenchima polmonare circostante e protrudere nel lume bronchiale sollevandone la mucosa
che può rimanere intatta. Nel 10% dei casi è periferico.
Istologicamente ha struttura variabile con aspetti trabecolari, cordonali, insulari, papillari e fusocellulati, lo
stroma è ricco di vasi e conferisce al tessuto neoplastico un aspetto lobulato.
Le cellule possono contenere granuli di neurosecreto o di melanina, oppure sono chiare. Piccole quantità di
muco sono riscontrabili con facilità nei lumi ghiandolari e nel citoplasma delle cellule di carcinoide.
Le cellule del carcinoide sono sempre negative alla reazione argentaffine, mentre è frequente una
variabile argirofila (colorazione istochimica secondo Grimelius).
Il microscopio elettronico fa cogliere i caratteri dei granuli di neurosecreto.
Esprimono cromogranina A, sinaptofisina e i marcatori NCAM, inoltre positività puntiforme per le
citocheratine a basso peso molecolare.
Nei carcinoidi possono anche essere identificati granuli neuro secretori ed ormoni come la serotonina, la
bombesina, VIP, gastrina, leuencefalina, ACTH, prolattina, calcitonina, HCG.
L’antigene carcinoembrionario (CEA) è evidenziato in circa il 50% ei carcinoidi e la sua presenza sembra
essere associata ad una prognosi più severa.
Ci possono essere cellule positive alla proteina S-100 frammiste alle cellule tumorali.
I carcinoidi tipici non esprimono TTF1 né le citocheratine 1,5,10,14
CARCINOIDE ATIPICO: prevalenti nei maschi, sono neoplasie spesso associate al fumo di sigaretta, che
danno metastasi ai linfonodi ilari e a distanza in oltre il 60% dei casi
La prognosi è meno favorevole rispetto al carcinoide tipico
Si presentano spesso come noduli periferici ben delimitati di colorito giallo.
Hanno struttura simile a quella dei carcinoidi tipici, però hanno attività mitotica più elevata, presenza di
aree di necrosi focale
La maggioranza dei carcinoidi atipici esprimono positività per i marcatori neuroendocrini meno diffusa e
marcata rispetto ai carcinoidi tipici. Invece con maggior frequenza sono immunopositivi per alcuni
ormoni, in particolare per ACTH e per il CEA.
Non esprimono il TTF1 e le citocheratine
CARCINOMA NEUROENDOCRINO A GRANDI CELLULE: è una variante del carcinoma a grandi cellule
caratterizzata dalla differenziazione neuroendocrina.
Riscontrato in soggetti di età media di 65 anni, forti fumatori, non si associa alla produzione di ormoni
ectopici e comporta una prognosi severa.
Può essere centrale o periferico, di dimensioni variabili con estese aree emorragiche e di necrosi.
Le cellule neoplastiche sono pleomorfe, di grandi dimensioni; l’attività mitotica è elevata
I marcatori neuroendocrini sono espressi in modo meno diffuso ed intenso rispetto ai tumori carcinoidi,
Esprimono inoltre le citocheratine, il CEA e il TTF1, mentre sono negativi per le citocheratine 1,5,10,14.
Rispetto ai tumori carcinoidi c’è intensa positività per p53
CARCINOMA A PICCOLE CELLULE (MICROCITOMA): 10-20% di tutti i tumori polmonari. Colpisce soprattutto
maschi con età media di 60, 85% fumatori. Tipico carcinoma centrale o perilare estesamente necrotica,
occasionalmente periferico; partenza quasi costante da un grosso bronco che viene avvolto e stenosato da
una massa biancastra con estensione verso l’esterno.
Biopsia broncoscopia ed escreato quasi sempre positivi
3 forme istologiche
- classica: accumuli solidi, cordoni, nidi di cellule poco più grandi dei linfociti, di forma affusolata con
citoplasma scarso
- mista a piccole e grandi cellule: cellule come le precedenti frammiste ad altre con le stesse caratteristiche
ma più grandi
- combinata: aspetti preponderanti di carcinoma a piccole cellule con associati campi di carcinoma
squamoso o di adenocarcinoma
Attività mitotica elevata
Presenza di granuli secretori
Aspetti di differenziazione neuroendocrina variabile (marcatori neuroendocrini): positività per
cromogranina A, sinaptofisina, Leu7, enolasi neurono-specifica
Espressione delle molecole di adesione delle cellule neurali (NCAM), il TTF1 è espresso nell’85% dei casi
Tumore molto sensibile alla chemioterapia, ma le remissioni non durano più di 6 mesi-1 anno
Sindromi metaboliche e cliniche associate
- secrezione ACTH: iperplasia surrenalica, aumentato cortisolo ematico e sindrome di Cushing
- secrezione ADH: oliguria, edema e iponatremia
- secrezione PTH: ipercalcemia
Diffusione all’interno del polmone
- diretta: il tumore distrugge e sostituisce il tessuto polmonare. La proliferazione neoplastica zaffa gli
alveoli e può passare da un alveolo all’altro tramite i pori di Kohn
- linfatica: avviene lungo i linfatici peribronchiali e periva scolari. I bronchi e i vasi appaiono come
inguainati da un collare bianco di tessuto neoplastic. I più piccoli linfatici dei lobuli, specialmente
nella regione sub pleurica, possono essere zaffati da cellule neoplastiche producendo un fine
reticolo biancastro
Diffusione diretta al di fuori del polmone
- diffusione al bronco contro laterale
- diffusione al cavo pleurico e pericardico (soprattutto tumori periferici). La diffusione alla pleura da
luogo ad un versamento emorragico; la diffusione al pericardio, oltre al versamento pericardico,
comporta la possibilità di interessamento per contiguità del cuore
- interessamento a manicotto dei grossi vasi (soprattutto carcinoma a piccole cellule). Ciò determina
compressione della vena cava con ostacolo al riempimento dell’atrio dx, interessamento
dell’arteria polmonare con ostacolo alla circolazione polmonare, interessamento delle vene
polmonari con formazione di trombi neoplastici.
- Interessamento dei tronchi nervosi (soprattutto adenocarcinoma e carcinoma a piccole cellule).
Interessamento nervo laringeo ricorrente determina paralisi delle corde vocali, interessamento
nervo frenico determina paralisi del diaframma, interessamento nervo vago determina effetti vari
su cuore e polmoni, interessamento della catena simpatica determina la sindrome di Horner (ptosi
palpebrale, pupille piccole e assenza di sudorazione facciale dallo stesso lato)
Diffusione linfatica
Di solito piuttosto precoce e molto estesa
- linfonodi ilari sono la prima stazione, soprattutto per i carcinomi centrali, mentre i carcinomi
periferici possono saltare questa stazione e diffondersi subito ai linfonodi mediastinici
- tipica la metastasi al surrene dx per diffusione retrograda linfatica attraverso il diaframma
(soprattutto adenocarcinoma e carcinoma a piccole cellule)
- invasione del dotto causa ascite chilosa
- a volte possono essere interessati i linfonodi para aortici
- tipica è la metastasi al linfonodo sovraclaveare (soprattutto per l’adenocarcinoma), segno di
estensione extraregionale
Diffusione per via ematica
Molto frequente. Può essere dovuta a invasione diretta di una vena polmonare
- fegato 33%
- surreni 20-30%
- ossa 15-20%: prevalentemente locale (coste, sterno, vertebre), ma anche a distanza (bacino)
- encefalo 18%: talvolta primo segno clinico
- reni 10%
Tumori metastatici del polmone
Polmone è una sede molto tipica di metastasi
Macroscopicamente possono presentarsi come:
- nodosità multiple e bilaterali ben delimitate più frequenti ai lobi inferiori: tipici dei carcinomi della
mammella, del tratto GI, del rene, dei sarcomi e dei melanomi
- interessamento diffuso dei linfatici peribronchiali e periva scolari (linfangite carcinomatosa) con
conseguente dispnea e ipertensione polmonare: quadro tipico dei carcinomi dello stomaco,
mammella, pancreas e prostata
- nodi isolati centralmente necrotici che possono simulare un tumore primitivo: quadro tipico dei
carcinomi squamosi del tratto aereo-digestivo superiore, adenocarcinomi del colon e
leiomiosarcomi
- masse polipoidi invadenti la parete dei grossi bronchi: carcinomi della mammella, rene e grosso
intestino
- embolizzazioni tumorali nei rami dell’arteria polmonare: quadro associato ai carcinomi della
mammella, rene e grosso intestino
Diagnosi differenziale con il tumore primitivo non è sempre facile, l’immunoistochimica è di scarso aiuto
tranne che nei tumori che presentano antigeni specifici (come il carcinoma della prostata)
CLASSIFICAZIONE TNM
Stadiazione TNM per il carcinoma polmonare
7° edizione 2009
Tumore primitivo T
Fattore
T1
T1a
Tumore del diametro <3 cm circondato da parenchima pomonare o pleura viscerale
con al massimo infiltrazione del bronco lobare
Tumore del diametro < 2 cm
T1b
Tumore del diametro > 3 cm
T2
Tumore del diametro > 3 cm ma < 7 cm ovvero tumore associato a:
1.
2.
3.
infiltrazione del bronco principale, con distanza > 2 cm dalla carena
infiltrazione della pleura viscerale
atelettasia o polmonite ostruttiva che dall’ilo si porta alla pleura viscerale
senza però interessare l’intero parenchima
T2a
Tumore del diametro < 5 cm
T2b
Tumore del diametro > 5 cm
T3
Tumore del diametro < 7 cm ovvero con invasione:
1.
2.
3.
T4
parete toracica, diaframma, nervo frenico, pleura mediastinica,
pericardio, bronco principale ad una distanza < 2 cm dalla carena (senza
coinvolgimento della carena)
atelettasia o polmonite ostruttiva dell’intero polmone omolaterale
lesioni tumorali multicentriche nello stesso lobo
Tumore di qualsiasi diametro che infiltri.
1.
il mediastino, cuore, grossi vasi, trachea, nervo laringeo ricorrente,
esofago, corpo vertebrale, carena
2.
lesioni tumorali multicentriche in lobi diversi
Fattore
Linfonodi loco-regionali N
NX
Assenza dei requisiti minimi per definire lo stato dei linfonodi regionali
N0
Assenza di metastasi linfonodali
N1
Metastasi linfonodali peribronchiali o ilari omolaterali ovvero intrapolmonari
incluso l’interessamento per continuità
Metastasi linfonodali mediastiniche e/o sottocarenali
N2
N3
Fattore
Metastasi nei linfonodi mediastinici contro laterali, ilari contro laterali,
sopraclavicolari ovvero omolaterali o contro laterali a carico della catena del m.
scaleno
Metastasi a distanza M
MX
Assenza dei requisiti minimi per definire la presenza di metastasi a distanza
M0
Assenza di metastasi a distanza
M1
Metastasi a distanza
M1a
M1b
Noduli neoplastici nel polmone contro laterale, localizzazioni pleuriche, versamento
pleurico o pericardico con citologia positiva
Metastasi a distanza
Stadio
Stadio di malattia
Ia
Ib
IIa
T1a-T1b
T2a
T1a-T2a
T2b
T2b
T3
T 1a-T3
T3
T4
T4
T1a-T4
Tutti i T
IIb
IIIa
IIIb
IV
N0
NO
N1
NO
N1
N0
N2
N1
N0-1
N2
N3
Tutti gli N
M0
MO
MO
MO
MO
MO
MO
MO
MO
MO
MO
M1a o M1b
- IDENTIFICARE LE CAUSE NON NEOPLASTICHE DI ATELETTASIA POLMONARE DA OSTRUZIONE
BRONCHIALE.
Atelettasia primaria: difetto più o meno completo di distensione e aerazione indipendentemente dal grado
e dalla patogenesi. Le atelettasie primarie sono:
- Atelettasia del neonato - incapacità dei polmoni di espandersi alla nascita. E’ caratterizzata dalla
mancanza di atti respiratori alla nascita ed è tipica dei prematuri; istologicamente presenta spazi
aerei obliterati e cavità tappezzate da cell cuboidali, contenenti liquido. Patogenesi multifattoriale
caratterizzata da inefficienza dei centri respiratori associata a mancanza del surfactante.
- Malattie a membrane ialine - interessa i neonati con mortalità nel 30% dei casi;differisce
dall’atelettasia per il tempo di insorgenza. Fattori associati: prematuranza, parto cesareo e diabete
materno. La respirazione è inizialmente normale,poi nel giro di poche ore si instaura un insufficienza
respiratoria. Si ha una marcata difficoltà ad espandere gli alveoli con conseguente respirazione
faticosa supportata dall’ausilio dei muscoli accessori come SCM e conseguente ipossia e cianosi. I
polmoni sono raggrinziti come nell’atelettasia e se le alterazioni sono meno diffuse,si ha un quadro a
carta geografica in cui aree collassate più congeste, sono circondate da parenchima normale.
Istologicamente gli alveoli sono collassati,mentre i bronchioli respiratori sono distesi e cosparsi di una
sostanza ialina eosinofila di aspetto proteinaceo. La causa principale è probabilmente l’immaturità
del tessuto polmonare che,prima della 34^ settimana di gestazione,ha una scarsa capacità di
secernere lecitina,il principale componente del surfactante che a sua volta ha più funzioni: abbassa la
tensione superficiale,previene il collabimento delle pareti alveolari e quindi ne favorisce l’apertura
con la pressione inspiratoria. Infine fa in modo che il fluido alveolare si diffonda come un film sulle
pareti proteggendo le cell dal contatto diretto con l’aria che causerebbe necrosi e irritazione delle
cell,esasperate nella malattia dall’ipossia dovuta alla difficoltà ad aprire ed aerare gli alveoli. Questa
necrosi causerebbe essudazione di proteine plasmatiche con formazione di membrane ialine e
collabimento degli alveoli. L’ ipossia inoltre favorirebbe emorragie ed episodi trombotici disseminati.
Atelettasia secondaria: detta anche collasso, è quella che insorge su polmoni precedentemente espansi. La
divisione delle atelettasie secondarie prevede atelettasie:
-
Da ostruzione: l’ostruzione di un bronco comporta assorbimento di aria dagli spazi aerei non
funzionanti con conseguente collasso che microscopicamente si presenta come una superficie
depressa ricoperta da pleure raggrinzita. A questo si associano alterazioni vascolari con dilatazione
reattiva dei capillari alveolari, ristagno di sangue a cui consegue essudazione di fluido e aumento di
Hb ridotta, responsabili entrambi di edema ed arrosamento purpureo della zona interessata.
Conseguenze: le secrezioni si accumulano al di là dell’ostruzione, possono infettarsi e suppurare
con formazione di ascessi. Se invece non si infettano ma collasso persiste, gli pneumociti granulosi
degli alveoli proliferano con successiva fibrosi mentre i rami dell’arteria polmonare sono ristretti
per fibroelastosi intimale.
Cause dell’ostruzione
Acuta: - corpi estranei (per i grossi bronchi);
- muco nelle infezioni polmonari,bronchite cronica,asma bronchiale (per i piccoli
bronchi).
Cronica: - carcinomi squamosi e carcinoidi della parete bronchiale;
- carcinomi o linfonodi ingrossati comprimenti un bronco (linf da TBC, linfomi,
carcinomi periferici comprimenti un grosso bronco)
- Da compressione: collasso diffuso solitamente dovuto ad aria o liquido nel cavo pleurico
con conseguente spostamento del cuore,del polmone controlaterale e
strutture mediastiniche e depressione diaframmatica.
Cause: - aria nel cavo pleurico da rottura di bolla enfisematosa, ferite penetranti, fistole
con stomaco o esofago x k maligni o ferite.
- versamenti pleurici da infezioni(TBC), carcinomi polmonari o pleurici e insufficienza
cardiaca congestizia
- sopraelevazione diaframmatici da peritoniti, ascessi sottodiaframmatici e
complicanze post-chirurgiche
- empiema pleurico da diffusione di polmonite
- emotorace x trauma, rottura aneurismi, invasione da carcinoma.
Le conseguenze della compressione sono: infiammazione con passaggio di fluido negli alveoli e infezioni;
inoltre se la causa di atelettasia non viene eliminata l’essudato può organizzarsi con esito in fibrosi
polmonare.
-
Da contrazione: per modificazioni fibrotiche che impediscono l’espansione polmonare;
-
Focale: per perdita di surfactante come la ARDS caratterizzata da danno alveolare diffuso e necrosi
dell’epitelio alveolare. Si manifesta con tachipnea, dispnea e ipossiemia improvvisa con edema
polmonare dopo 1-2 gg e diminuita compliance polmonare.
Microscopicamente è caratterizzata
da iniziali fenestrature dell’endotelio capillare con allargamento delle giunzioni intercellulari
dovuti ad attivazione neutrofila da parte del complemento con liberazione di radicali liberi
dell’ossigeno ed enzimi idrolitici. Dopo 24-48 h si ha edema polmonare importante con successiva
necrosi degli pneumoniti di tipo I, formazione di membrane ialine e iperplasia dei pneumociti di tipo
II; dopo 4-7 gg si ha infiltrazione interstiziale linfoplasmacellulare con proliferazione fibroblastica. La
guarigione è possibile con restituito ad integrum funzionale ma non anatomica poiché il polmone
subisce rimodellamento “a nido d’ape” con spazi cistici disseminati, separati da tessuto fibroso e
tappezzati da pneumociti di tipo II, epitelio bronchiale o cell squamose. Cause: shock traumatico o
settico, semiannegamento, aspirazione di contenuto gastrico, esposizioni a radiazioni ionizzanti,
droghe.
- DESCRIVERE IL QUADRO MORFOLOGICO DELLA POLMONITE LIPIDICA.
La polmonite lipidica può essere suddivisa in esogena o endogena, a seconda della provenienza dell’agente
lipidico. La polmonite lipidica endogena è caratterizzata dal rilascio di materiale lipidico [secrezioni e
surfactante che è costituito da una componente lipidica (fosfolipidi e lecitina)] all'interno dello spazio
alveolare in conseguenza di una ostruzione delle vie aeree, per lo più causata da una neoplasia polmonare;
altri casi sono stati descritti come secondari a condizioni infiammatorie, come bronchiectasie o ascesso
polmonare.
La polmonite lipidica esogena si verifica allorquando una sostanza oleosa raggiunge lo spazio alveolare, sia
per aspirazione che per inalazione. La reazione tissutale polmonare al materiale lipidico dipende in massima
parte dalla natura del materiale stesso. Olio di origine animale (ad esempio l’olio di fegato di merluzzo) può
determinare un’intensa infiammazione, mentre l’olio di origine vegetale (ad esempio l’olio di oliva) può
indurre solo una lieve reazione flogistica.
L’olio minerale, relativamente inerte, viene inizialmente emulsionato e fagocitato dai macrofagi. A seguito
di aspirazione ripetute, l’olio minerale può indurre una reazione da corpo estraneo che può portare fino alla
fibrosi.
Con il progredire della fibrosi, il materiale lipidico può confluire fino a formare accumuli sempre più grandi,
delimitati da tessuto fibroso e cellule giganti, partecipando alla formazione di una massa simil-tumorale
definita paraffinoma.
La causa più comune di polmonite lipidica esogena è rappresentata dalla aspirazione cronica di olio
minerale usato come lassativo; meno frequentemente può verificarsi a seguito di inalazione di gocce nasali
oleose.
Studi condotti sugli animali e sugli esseri umani hanno dimostrato, infatti, che le gocce di olio minerale non
inducono il riflesso della tosse e, viceversa, danneggiano la clearance muco ciliare favorendo la loro
penetrazione all’interno delle vie aeree.
Fattori predisponenti per l’aspirazione, come ad esempio l’età avanzata, il reflusso gastroesofageo, gli stati
debilitanti, e i disturbi neurologici, i quali possono interferire con la tosse o con il riflesso della deglutizione,
possono essere tutti associati con casi di polmonite lipidica esogena; tuttavia, molti casi possono verificarsi
anche in pazienti che non presentano alcuna condizione predisponente.
La maggioranza dei pazienti con polmonite lipidica esogena sono anziani, tra la sesta e la settima decade di
vita. Circa la metà dei pazienti non riferisce sintomi di esordio, e possono essere riconosciuti solo grazie al
riscontro radiografico. I pazienti sintomatici riferiscono più comunemente tosse cronica o dispnea; meno
frequentemente viene riferita febbre, perdita di peso, dolore toracico o emottisi.
L’esame obbiettivo può essere del tutto normale, oppure mette in evidenza la presenza di rantoli crepitanti
o respiro sibilante. La radiografia del torace in corso di polmonite lipidica esogena mostra frequentemente
la presenza di un addensamento; sono possibili aspetti radiografici di tipo reticolare, misto
alveolare/interstiziale e lesioni nodulari.
Tali riscontri sono per lo più a carico dei lobi inferiori oppure del lobo medio, e possono avere aspetto
multifocale e bilaterale. La TC e la TC ad alta risoluzione possono mostrare opacità, aspetto a vetro
smerigliato, alterazioni interstiziali, e lesioni nodulari. La caratteristica più comune riscontrabile alla TC è
rappresentata da una consolidazione o una massa dalle caratteristiche lievemente attenuate.
Al momento la risonanza magnetica non sembra di particolare aiuto, rispetto alla TC, nella diagnosi di
polmonite lipidica. La diagnosi di polmonite lipidica esogena si basa essenzialmente sull’anamnesi, sul
reperto radiografico compatibile, ed anche sulla presenza di macrofagi con citoplasma a contenuto lipidico
nell’espettorato o nel liquido del lavaggio broncoalveolare. Nei casi di diagnosi dubbia, può essere
necessario il ricorso alla biopsia transbronchiale o alla biopsia polmonare a cielo aperto.
Se ne distinguono due forme:
- diffusa, con lesioni focali presenti solitamente nei lobi inferiori con tendenza a confluire tra loro sino
ad interessare un intero lobo che appare sodo, consistente e giallastro;
- localizzata, massa soda singola, rotondeggiante, di colorito pallido spesso confusa con k
Microscopicamente è caratterizzata inizialmente da macrofagi con citoplasma schiumoso inglobanti lipidi e
cell giganti plurinucleate; in un secondo momento invece compaiono linfociti e fiboblasti che sostituiscono i
macrofagi e cell adipose. Complicanze: broncopolmonite batterica da sovrainfezione.
-
IDENTIFICARE LE ALTERAZIONI MORFOLOGICHE NECESSARIE PER LA DIAGNOSI DI BRONCHITE
CRONICA
Bronchite cronica:
La bronchite cronica,patologia molto comune tra i fumatori e i soggetti che abitano in città in quinate.Se
persiste per anni può progredire fino a una bronco- pneumopatia cronica ostruttiva,portare al cuore
polmonare o all’insufficineza cardiaca, causare metaplasia atipica e displasia dell’epitelio respiratorio,
fornendo un ricco terreno per la trasformazione neoplastica.
La bronchite viene definita principalmente nei modi seguenti:
1) Bronchite cronica di per sé definita clinicamente:.Ne viene considerato affetto
ogni paziente che presenti tosse produttiva persistente per almeno 3 mesi per
almeno 2 anni consecutivi,in assenza di qualsiasi altra causa identificabile.
2) Bronchite cronica semplice:i pazienti presentano tosse produttiva,ma non segni
obiettivi di ostruzione delle vie aeree.
3) Bronchite cronica asmatica:dimostrata da una iperattivitdall’ipereattività delle
vie aeree con broncospasmo respiratorio e sibili respiratori.
4) Bornchite cronica ostruttiva:Principalmetne pazienti fumatori sviluppano
ostruzione cronica del flusso ,solitamente associato a segni di enfisema.
Patogenesi: Il fattore primario o scatenante nella genesi della bronchite cronica sembra essere
un’irritazione cronica da parte di sostanze inalatorie come il fumo di tabaccoo polvere di granaglie,cotone o
silicio. Le infezioni batteriche o virali sono importanti nel dare inizio a un’esacebazione della malattia. Sono
coinvolti entrambi i sessi a tutte le età,ma la bronchite cronica è più frequente nei maschi di mezza età.
Inizia tutto con un eccessiva produzione di muco nelle grandi vie respiratorie ,associata ad una ipertrofia
delle ghiandole sottomucose(sono ghiandole muco secernenti) nella trachea e nei bronchi in quanto i
neutrofili rilasciano sostanze chiamate elastasi neutrofila e catepsina le quali vanno a stimolare la
secrezione di muco.
Man mano che la bronchite cronica persiste(soprattutto al persiste dello stimolo irritativo come per
esempio il fumo di sigaretta) si può osservare un marcato incremento delle ghiandole caliciformi nelle
piccole vie aeree,nei bronchi e nei bronchiole,che porta ad un ulteriore incremento di produzione di muco
che contribuisce all’ostruzione delle vie respiratorie.(vedi anche morfologia)
Questo incremento delle ghiandole sottomucose pare sia dovuto ad una reazione metaplastica protettiva
contro il fumo di tabacco .Molti degli effetti degli agenti irritanti ambientali sull’epitelio respiratorio sono
ritenuti mediati dal recettore del fattore di crescita epiteliale EGF.
L’ostruzione può essere anche un processo piuttosto precoce,sono infatti stati studiate le piccole vie aeree
dei giovani fumatori nelle quali sono state rilevate:1)metaplasia delle cellule caliciformi con tappi mucosi
nel lume.2)raggruppamento di macrofagi alveolari pigmentati.3)infiltrazione infiammatoria.4)fibrosi della
parete bronchiale.
Per quanto riguarda invece le INFEZIONI pare che non abbiano un ruolo principale nello sviluppo della
bronchite ma solo ne mantenerla e possono essere decisive nel produrre esacerbazioni acute.
Si può parlare di bronchite cronica quando si abbia tosse persistente con espettorazione per un minimo di 3
mesi e per almeno 2 anni. Viene classificata in:
- semplice: non c’è evidente ostruzione al flusso d’aria;
- asmatica: iperreattività delle vie aeree con broncospasmo intermittente e respiro affannoso;
- ostruttiva: ostruzione cronica al flusso con associato enfisema.
Morfologicamente è caratterizzata da ipersecrezione di muco viscido a livello delle vie aeree di diametro
maggiore,con ipertrofia delle ghiandole della tonaca sottomucosa di bronchi e trachea. Se persiste si ha un
aumento del numero di cellule caliciformi mucipare dei piccoli bronchi e bronchioli. Cause: fumo di
sigaretta che infiammando ripetutamente la mucosa bronchiale,ne induce una metaplasia squamosa e
diossido di zolfo e azoto nell’inquinamento atmosferico che inducono iperplasia delle ghiandole mucipare
con conseguente ipersecrezione mucosa.
La tosse persistente è causata dall’ipersecrezione mucosa delle grandi vie respiratorie ma soprattutto dalle
alterazioni a carico delle piccole vie respiratorie che alcuni studi hanno evidenziato essere:
- metaplasia a cell caliciformi con muco che ostruisce il lume;
- cumuli di macrofagi alveolari pigmentati;
- infiltrazione flogistica e fibrosi della parete bronchiale.
Fumo ed inquinamento oltre ad indurre ipertrofia ed iperplasia ghiandolare causano bronchiolite che è la
componente principale della fase precoce di ostruzione al passaggio di aria. L’ infezione infatti non è
l’agente iniziale della bronchite cronica ma ne è responsabile della riacutizzazione;il fumo inoltre favorisce
le infezioni bronchiali perché danneggia l’apparato ciliato e inibisce l’azione difensiva dei leucociti
bronchiali ed alveolari.
Macroscopicamente è caratterizzata da iperemia, rigonfiamento ed edema della tonaca mucosa bronchiale
associati ad abbondanti secrezioni mucose e mucopurulente stratificate su epitelio di superficie. Talvolta i
bronchi e i bronchioli sono riempiti da densi cilindri di secrezioni e pus. L’aspetto istologico tipico della
bronchite cronica è dato dall’infiammazione cronica delle vie aree(linfociti)e dall’ipertrofia delle
ghiandole muco-secernenti tracheali e bronchiali. Il numero delle ghiandole caliciformi aumenta solo
lievemente,ma è significativo l’incremento delle dimensioni ghiandolari (vedi sotto).
A volte si riscontrano tappi di secreto e pus che riempiono bronchi e bronchioli.
Microscopicamente invece il quadro è caratterizzato dall’aumento delle dimensioni delle ghiandole
mucosecernenti (sottomucose) di trachea e bronchi e aumento del numero delle cell caliciformi e ghiandole
mucose indicato dall’INDICE DI REID. Questo indice valuta il rapporto tra lo spessore dello strato
ghiandolare mucoso e lo spessore della parete (misurata tra epitelio e cartilagine); il valore normale è <
0,4e aumenta in proporzione alla gravità e durata della bronchite cronica. L’epitelio invece presenta
metaplasma pavimentosa e displasia. Metaplasia caliciforme dei bronchioli,muco addensato,flogosi e
fibrosi causano restringimento dei bronchioli stessi fino ad obliterarli;in tal caso si parla di bronchiolite
obliterante.
N.B. Molti pazienti affetti da BPCO sono anche fatti affetti da enfisema.
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RISCONTRO AUTOPTICO
ESAME GENERALE ESTERNO E FENOMENI POST-MORTALI:
condizioni generali scadute; scarse macchie ipostatiche fino alla linea ascellare media; rigidità
presente in parte risolta.
APPARATO TEGUMENTARIO:
Cicatrici chirurgiche toraciche anteriore (da pregresso intervento cardiochirurgico) e laterale sx (da
lobectomia). Edemi di discreto grado agli arti inferiori.
SNC: arteriosclerosi di discreto grado al circolo di Willis.
Circolo arterioso del Willis
La vascolarizzazione complessiva dell’encefalo è fornita dalle arterie carotidi interne, dalle arterie vertebrali
(rami collaterali dell’arteria succlavia) e dal tronco basilare che si anastomizzano fra loro alla base
dell’encefalo per formare il circolo del Willis
Circolo del Willis è un importante anello anstomotico situato nella cisterna interpeduncolare, in rapporto
con la faccia inferiore dell’encefalo e circonda il chiasma ottico
E’ formato:
- in avanti dal tratto iniziale delle due arterie cerebrali anteriori (che originano dalla carotide
interna) unite fra loro dall’arteria comunicante anteriore
- sui lati dalle arterie comunicanti posteriori (che originano dalla carotide interna) che raggiungono
l’arteria cerebrale posteriore dello stesso lato
- in dietro dal tratto iniziale delle due arterie cerebrali posteriori derivanti dalla biforcazione del
tronco basilare (che deriva dall’unione delle due arterie vertebrali)
APPARATO CARDIOVASCOLARE:
cuore del peso di 480 grammi con ipertrofia e dilatazione ventricolare sx e modesta dilatazione
atriale sx. Estesa pericardite adesiva (esito di intervento di resezione dell’aneurisma). Grave
coronarosclerosi con occlusione trombotica organizzata del ramo discendente anteriore della
coronaria sx.
Aterosclerosi aortica e dei grossi vasi di discreto grado.
PERICARDITE ADESIVA
= adesione delicata e filamentosa tra il foglietto pericardico parietale e quello viscerale. Raramente
ostacola l'attività cardiaca. In alcuni casi il processo può esitare in una completa obliterazione del sacco
pericardico.
tipi di pericarditi:
fibrinosa\siero fibrinosa:essudazione fibrinosa accompagnata da più o meno abbondante versamento. “a
pane e burro”. L'essudato è poi sostituito da tessuto di granulazione. Ci può essere sfregamento pericardico
udibile clinicamente. Eziologia:infarto miocardico, reumatismo articolare acuto (siero fibrinosa), uremia.
Sierosa: eziologia virale (Coxakie). Versamento liquido sieroso giallastro in quantità variabile (talvolta può
ostacolare l'attività cardiaca). Scarsi depositi di fibrina sulla superficie pericardica. Anche in collagenopatie
(LES, artrite reumatoide).
emorragica: da infiltrazione tubercolare o tumorale e in traumi.
purulenta: complicanza di infezioni da batteri piogeni; è rara. Ad es in polmonite complicata da empiema.
croniche: da attacchi recidivanti di reumatismo articolare acuto o di malattie correlate. Le alterazioni di
base sono costituite dall'organizzazione e dal deposito di sali di calcio → il tessuto fibroso calcificato
determina tenaci aderenze dei foglietti pericardici fino ad ostacolare il riempimento cardiaco (pericardite
costrittiva), e stenosi degli ostii venosi con grave congestione venosa.
APPARATO RESPIRATORIO:
aderenze pleuriche bilaterali, più estese e tenaci a sx.
Versamento sieroso bilaterale (1000cc). Esiti di lobectomia superiore sx.
Focolai basali di broncopolmonite più estesi a sx.
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- CHIARIRE IL SIGNIFICATO E LE POSSIBILI ORIGINI DEL VERSAMENTO.
Versamento pleurico bilaterale sieroso
Un versamento pleurico si sviluppa come conseguenza di un’eccessiva formazione di liquido pleurico (dalla
pleura parietale, dagli spazi interstiziali del polmone, dalla cavità peritoneale tramite) o da una ridotta
rimozione di liquido da parte dei linfatici
Differenze
Trasudato
Essudato
Prot. liq. pleur. / Prot. sier.
‹ 0,5
› 0,5
LDH liq. pleur. / LDH sier.
‹ 0,6
› 0,6
Nell’essudato LDH del liquido pleurico superiore a più di due terzi del limite superiore dei valori normali
dell’LDH sierico
Chilotorace: liquido linfatico lattescente e torbido con TGL superiori a 110 mg/dl, chilomicroni >50%.
Empiema pleurico: versamento purulento con aumento del numero dei leucociti superiore a 10000/ml
prevalentemente granulociti neutrofili e batteri al microscopio ottico e alla coltura.
Cause di versamento trasudatizio
Malattia
Frequenza relativa
Meccanismo eziopatogenetico
Insufficienza cardiaca congestizia
80 %
elevata pressione idrostatica
Cirrosi epatica
8%
Ipoproteinemia, comunicazione pleuroperitoneale
Sindrome nefrosica
4%
Ipoproteinemia, sovraccarico del liquido sistemico
Altre
8%
dialisi peritoneale continua
ambulatoriale
Comunicazione pleuro-peritoneale
ipoalbuminemia
Ipoproteinemia
urino-torace
Uropatia ostruttiva
atelectasia
versamento ex vacuo
pericardite costrittiva
aumentata pressione venosa sistemica
polmone incarcerato
sarcoidosi
embolia polmonare
Cause di versamento essudatizio
Malattie del tessuto connettivo







lupus pleuritis
pleurite reumatoide
malattie del tessuto connettivo misto
sindrome di Sjogren
sindrome di Churg Strauss
granulomatosi di Wegener
Febbre mediterranea familiare
Patologie gastrointestinali







pancreatite
pseudocisti pancreatica
ascesso subfrenico
ascesso epatico, splenico
epatite
ascite chilosa
rottura dell'esofago
Lesioni iatrogene e traumatiche



catetere venoso centrale mal posizionato
perforazione dell'esofago
emotorace
Patologie infettive




polmonite batterica
polmoniti atipiche
parassiti
nocardia


infezioni micotiche
tubercolosi
Malattie neoplastiche





carcinoma
sarcoma
linfoma/leucemia
mesotelioma
chilotorace
Altre affezioni infiammatorie







embolia polmonare
radioterapia
pleurite da asbesto
sarcoidosi
sindrome da distress respiratorio dell'adulto
sindrome post-toracotomica
pleurite uremica
Affezioni varie






sindrome di Meigs
leiomiomatosi
sindrome delle unghie gialle
versamento da colesterolo
chilotorace
ipotiroidismo
Causa del versamento
Nel nostro caso il versamento è sieroso e bilaterale; si escludono quindi tutte le cause che potrebbero dare
un versamento monolaterale, prima fra tutte una localizzazione di neoplasia. Inoltre il versamento non è
siero-ematico, come ci aspetteremmo in caso di neoplasia; in più il carcinoma è centrale e non periferico,
anche se cmq potrebbe dare mts pleuriche.
L’ipotesi dello scompenso è la più probabile:
 È bilaterale.
 È sieroso.
 Presenta edemi declivi, fegato da stasi, versamento peritoneale.
 Pregresso infarto e intervento per aneurisma cardiaco.
 Assenza di altre cause di versamento bilaterale trasudatizio: può aver contribuito la cachessia del pz.
Infine il versamento può essere reattivo al processo infiammatorio dovuto alla broncopolmonite basale
bilaterale. Bisognerebbe capire se si tratta di essudato o trasudato.
Caratteristiche degli altri versamenti pleurici in DD:
 Versamento parapneumonico: Con questa dizione si fa riferimento al versamento pleurico
in corso di polmonite di natura batterica. Tale stretta relazione impone la ricerca di
versamento pleurico ogni volta che si è verificata la presenza di polmonite, soprattutto se
accompagnata a dolore toracico. Una raccolta pleurica saccata (non diffusa, limitata ad un
sola sezione del cavo pleurico), un pH del liquido pleurico inferiore a 7,2 e una
concentrazione di glucosio inferiore a 60 mg/dl sono dei reperti che assumono valore
patognomonico se accompagnati dall'analisi microbiologica che attesti la presenza di
batteri nelle colture e nei campioni isolati; nei casi in cui si ha raccolta di pus nel cavo
pleurico si parla di piotorace o empiema pleurico. Un quadro particolare di infezione
batterica è quella sostenuta da parte Mycobacterium tubercolosis; in tali casi si dovrebbe
ricercare il bacillo nell'espettorato o rilativi antigeni nel siero del paziente.
 Versamenti pleurico secondari a neoplasie maligne: I tumori maligni che più comunemente
danno versamento pleurico sono il tumore del polmone, il carcinoma della mammella e il
linfoma. La diagnosi può essere posta ogni volta che si mostra un versamento in seguito a
neoplasia toracica già precedentemente nota e all'analisi citologica liquido raccolto. Questo
tipo di versamento rappresenta un fattore prognostico estremamente negativo. Il
mesotelioma pleurico diffuso è un'altra condizione che molto frequentemente è associato a
versamento pleurico. Ma il nostro è bilaterale!
Le neoplasie che più frequentemente possono dare un interessamento pleurico sono:
 Adenocarcinoma metastatico.
 Mesotelioma.
 Carcinoma indifferenziato a piccole cellule.
 Linfoma.
 Melanoma metastatico.
La diagnosi differenziale delle neoplasie pleuriche è resa particolarmente difficoltosa dalle caratteristiche
dei campioni che arrivano al patologo (versamenti pleurici o biopsia toracoscopiche), che possono
presentare una serie di problematiche:
 Piccole dimensioni.
 Artefatti da compressione.
 Perdita di aggregazione cellulare nei versamenti e negli aspirati.
 Cattiva fissazione.
Per questo si ricorre all’indagine immunoistochimica che è consigliata sempre.
Si raccomanda di usare pannelli di più marcatori in quanto le cellule neoplastiche possono perdere
l’imunoreattività per alcuni marcatori o esprimere marcatori aberranti, e per la variabilità legata alla
fissazione e alla processazione dei campioni.
Esame citologico del liquido pleurico prelevato mediante toracentesi
Il versamento pleurico è un segno molto frequente del carcinoma del polmone (68).
L’esame citologico è certamente il metodo più semplice per ottenere la diagnosi, ma risulta positivo in non
più del 60-75% dei pazienti con metastatizzazione pleurica, anche se una positività del 50-60% appare più
realistica. Questo è dovuto anche al fatto che molti versamenti in corso di neoplasia maligna sono
secondari ad ostruzione linfatica del mediastino o sono versamenti parapneumonici di polmoniti su base
ostruttiva.
La positività citologica è anche influenzata dall’istotipo. La migliore resa diagnostica si ha
nell'adenocarcinoma, mentre la sensibilità si riduce per il carcinoma a piccole cellule. Un miglioramento
della resa è ottenibile con ripetute toracentesi.
INDICAZIONI:
 Presenza di versamento di eziologia ignota, ma probabilmente essudatizio.
 Infezioni di causa ignota.
 Infezioni resistenti alla terapia antibiotica.
 Stadiazione dei pz con tumori maligni.
 Terapeutico-evacuativa nei pz con patologie del collageno, nei pz con insufficienza respiratoria causata
dal versamento stesso.
CONTROINDICAZIONI:
 Pz non collaborante.
 Pz instabile a causa di ipossiemia, instabilità emodinamica cardiaca, del ritmo o con angina.
 Coagulopatie.
 Pz ventilato meccanicamente.
 Pz con enfisema
PROCEDURA:
 Identificazione e localizzazione del versamento mediante esame obiettivo, Rx, TC (se malattia saccata).
 Pz seduto, piegato in avanti, braccia rilassate appoggiate su di un piano.
 Somministrazione eventuale di atropina per bloccare reazioni vaso-vagali durante l’aspirazione del
fluido.
 NON somministrare narcotici o sedativi.
 Iniezione di lidocaina in un punto tra la linea ascellare media e la posteriore immediatamente sopra il
margine superiore della costa inferiore.
 Si inserisce quindi ago di grosso calibro collegato a siringa e rubinetto con tre vie nello stesso punto, si
effettua prelievo distribuendolo in diversi campioni utilizzai poi per:
1. esame citologico
2. conta cellulare
3. analisi biochimiche compreso peso specifico
4. esame colturale
 Immunoistochimica su versamento per differenziare adenocarcinoma da mesotelioma
citocheratina ed EMA: positivi in entrambi
adenocarcinoma: CEA, LEUM1, CD15, B27.3
mesotelioma: HBME1;
calretinina e vimentina: V+C+  epiteliomorfo, V+C-  sarcomatoide
COMPLICANZE:
 Pneumotorace per perdita di aria dal rubinetto a tre vie o per trauma causato dall’ago.
 Emorragia nella cavità pleurica o nella gabbia toracica.
 Sincope.
 Embolia gassosa.
 Infezione.
 Perforazione della milza o del fegato.
Alla toracocentesi si può talvolta associare la biopsia pleurica con ago qualora la toracentesi non assicuri
una diagnosi eziologica specifica.
- CHIARIRE IL SIGNIFICATO DELLE ADERENZE PLEURICHE.
Le aderenze tenaci a sx sono il risultato dell’intervento chirurgico di lobectomia sx e possono essere
combinate con la pericardite seguita all’intervento cardiochirurgico che potrebbe aver provocato aderenze
anche a livello pleurico (raramente il pericardio viene richiuso).
Ma sono bilaterali. La bronchite cronica può esserne la causa: le alterazioni infiammatorie nei bronchioli
terminali si estendono alla pleura, i cui foglietti sono adesi tra loro e fibrotici
Si tratta di abnorme accumulo di tessuto connettivale tra due organi interni del corpo umano,
normalmente vicini, ma non connessi fra loro; di solito è la conseguenza di un' infiammazione o di un
intervento chirurgico (in tal caso si parla di tessuto cicatriziale). Possono andare incontro ad aderenza il
peritoneo, a causa ad esempio di una peritonite acuta o cronica, provocando una occlusione intestinale,
oppure il pericardio che riveste il cuore, come conseguenza di una pericardite, e la pleura che riveste i
polmoni. Le aderenze pleuriche sono le più frequenti e per lo più esiti di pleurite tubercolare, ma anche
conseguenza di polmonite, broncopolmonite, ascesso polmonare.
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APPARATO GASTROENTERICO:
nulla di patologico da segnalare
FEGATO E VIE BILIARI:
fegato del peso di 1600 grammi da stasi cronica.
FEGATO A NOCE MOSCATA
nello scompenso cardiaco il fegato è solitamente aumentato di dimensioni e di peso (epatomegalia
congestizia) e sulla sezione di taglio mostra una notevole congestione passiva, il cosiddetto aspetto a noce
moscata (aspetto chiazzato e variegato, espressione di emorragie e necrosi delle regioni centrolobulari). Le
porzioni centrali dei lobuli epatici sono rosse e congeste ed appaiono circondate da regioni periferiche più
chiare, talvolta giallastre. In alcuni casi, specie se è coinvolto anche il ventricolo sinistro, la grave ipossia
centrale può provocare anche necrosi centrolobulare insieme con la congestione sinusoidale. Al
microscopio si osserva una netta demarcazione tra gli epatociti periportali vitali e quelli necrotici
pericentrali, con soffusione emorragica attraverso la regione centrolobulare. Con grave scompenso destro
di lunga data le aree centrali possono diventare fibrotiche, creando la cosiddetta sclerosi cardiaca o cirrosi
cardiaca, anche se raramente il danno soddisfa i criteri diagnostici di cirrosi (il tipo di fibrosi epatica è
peculiare in quanto soprattutto centrolobulare). Lo scompenso destro può portare anche a elevata
pressione nella vena porta → splenomegalia congestizia. Microscopicamente si può avere dilatazione
sinusoidale. Anche edema cronico della parete dell'intestino che può talora interferire con l'assorbimento
intestinale. Infine l'accumulo di trasudato nella cavità peritoneale può dare ascite.
Nella maggior parte dei casi la sola evidenza clinica di necrosi centrolobulare è una lieve o moderata
alterazione transitoria dei livelli sierici di aminotransferasi. Il danno parenchimale può essere sufficiente ad
indurre un lieve ittero.
PANCREAS:
nulla di patologico da segnalare.
PERITONEO E RETROPERITONEO:
modesto versamento peritoneale trasudatizio
MILZA ED ORGANI EMOPOIETICI:
milza di tipo settico del peso di 290 grammi. Midollo osseo indenne all’esame macroscopico.
Esame istologico: metastasi midollare di carcinoma.
peso normale 150 grammi; lunghezza 12 cm; larghezza 7 cm; spessore 3 cm.
La milza è l’organo che tipicamente reagisce di più ai processi infettivi, in cui risulta ingrandita. Si parla di
tumore acuto di milza, ma sarebbe più esatto parlare di splenite acuta o di iperplasia settica. Il viscere si
presenta molle, ricco di sangue con polpa diffluente. All’esame istologico i seni splenici risultano dilatati e
pieni di polimorfonucleati; se l’infezione dura da più tempo si vedono anche plasmacellule, linfociti ed
elementi reticoloendoteliali. I corpuscoli di Malpighi aumentano di volume, i linfociti periferici si diffondono
dai margini del follicolo verso il parenchima (trattato di anatomia patologica clinica).
La reazione splenica non specifica in queste infezioni è causata dagli agenti microbiologici stessi e dalle
citochine rilasciate come parte della risposta immune.microscopicamente la principale alterazione è
rappresentata dalla congestione acuta della polpa rossa, che può raggiungere e talvolta cancellare i follicoli
linfoidi. A volte vi è necrosi acuta dei centri dei follicoli splenici, in particolare quando l’agente è uno
streptococco beta emolitico. Raramente si ha la formazione di ascessi.
Metastasi midollare da carcinoma:
Le metastasi sono le più comuni forme di neoplasia dello scheletro.
Vie di diffusione:
- propagazione diretta
- disseminazione linfatica o ematogena
- disseminazioneintrarachidea (plesso venoso di Batson)
Tutti i carcinomi possono metastatizzare all’ osso, ma negli adulti più del 75% delle metastasi scheletriche
deriva da cancri della prostata, della mammella, del rene e dei polmoni.
Le metastasi scheletriche sono tipicamente multifocali; tuttavia, è noto che il carcinoma del rene e della
tiroide producono lesioni solitarie. Le metastasi possono verificarsi in ogni osso, ma il più delle volte
colpiscono lo scheletro assiale (colonna vertebrale, bacino, coste, cranio, sterno), il femore prossimale e
l’omero. Il midollo rosso in queste aree, con la sua ricca rete capillare, il circolo rallentato, costituisce l’
ambiente trofico favorevole all’ impianto e all’ accrescimento delle cellule tumorali. Raramente si
riscontrano metastasi alle piccole ossa delle mani e dei piedi, derivanti soprattutto da carcinomi del
polmone, del rene, del colon.
Manifestazioni radiografiche:
- puramente osteolitiche: le cellule metastatiche secernono sostanze come prostaglandine,
interleuchine e PTHRP, che stimolano il riassorbimento dell’ osso da parte. Nel carcinoma del
polmone (anche nel carcinoma del rene, del tratto gastrointestinale e nel melanoma maligno), sono
più frequenti metastasi con le suddette caratteristiche.
- puramente osteoaddensanti
- miste litiche e addensanti
Metastasi ossee da Carcinoma del Polmone: date dalla frequente diffusione per via ematogena la quale può
essere conseguente a una invasione diretta di una vena polmonare. Circa il 90% dei pazienti presentano
metastasi a più di un organo. Per quanto riguarda la frequenza, le metastasi ossee si ritrovano nel 15-20%
dei casi. L’ invasione è prevalentemente locale (coste, sterno, vertebre) ma anche a distanza soprattutto nel
carcinoma a piccole cellule (bacino, testa del femore)
RENI AD APPARATO UROPOIETICO:
reni del peso di 160 grammi (dx) e 140 grammi (sx). Esame istologico: nefroangiosclerosi benigna.
Nefroangiosclerosi benigna
Malattia renale che si associa alla sclerosi delle arteriole e delle piccole arterie renali
L’effetto che ne risulta è un’ischemia focale del parenchima, irrorato da vasi con parete inspessita e lume
conseguentemente ristretto.
Nei riscontri autoptici un certo grado di nefroangiosclerosi è presente con il progredire dell’età anche in
assenza di ipertensione. L’ipertensione e il diabete mellito tuttavia aumentano l’incidenza e la gravità delle
lesioni
Patogenesi
- inspessimento della media e dell’intima come risposta a variazioni emodinamiche, invecchiamento,
anomalie genetiche o una loro variabile associazione
- deposizione di sostanza ialina nelle arteriole, in parte causata dallo stravaso di proteine
plasmatiche attraverso un endotelio danneggiato e in parte da un’aumentata deposizione di
matrice simil membrana basale
Macroscopicamente i reni appaiono di dimensioni normali o lievemente ridotte. Le superfici corticali sono
finemente granulari. La perdita della massa renale è fondamentalmente dovuta alle cicatrici corticali e alla
retrazione cicatriziale.
Istologicamente si osserva un restringimento dei lumi delle arteriole, causato dall’inspessimento e dalla
ialinizzazione della parete (arteriosclerosi ialina)
Le arterie arcuate e interlobulari mostrano lesioni caratteristiche che consistono nell’ipertrofia della media,
reduplicazione della lamina elastica e aumento del tessuto miofibroblastico nell’intima, con conseguente
restringimento del lume. Questo cambiamento, detto iperplasia fibroelastica, spesso accompagna
l’arteriosclerosi ialina e diventa più grave con l’invecchiamento e in presenza di ipertensione.
Conseguentemente al restringimento vascolare si osservano aree di atrofia ischemica, che consistono in
focolai di atrofia tubulare e fibrosi interstiziale e una serie di alterazioni glomerulari (collasso delle
membrane basali glomerulari, deposizione di collagene nella capsula di Bowman, fibrosi periglomerulare,
sclerosi totale del glomerulo). Quando il danno ischemico è marcato e interessa varie aree di parenchima si
possono formare cicatrici regionali.
Caratteristiche cliniche
Raramente la nefroangiosclerosi benigna non complicata può portare da sola all’insufficienza renale o
all’uremia. Di solito si osserva una moderata riduzione del flusso plasmatico, ma il filtrato glomerulare è
normale o solo lievemente ridotto, a volte c’è lieve proteinuria
Nefroangiosclerosi maligna
Forma di malattia renale associata ad una fase maligna o accelerata di ipertensione.
Questo tipo di ipertensione si sovrappone spesso ad una ipertensione essenziale preesistente, oppure a
forme di ipertensione secondaria o a una sottostante patologia renale cronica (GN)
Patogenesi
L’evento iniziale sembra essere una qualche forma di danno vascolare renale, questo potrebbe derivare da
un’ipertensione benigna di lunga data con infine danno della parete arteriolare, o il danno potrebbe
sorgere ex novo da un’arterite o da una coagulopatia che provoca aggravamento acuto dell’ipertensione.
Si ha in ogni caso incremento della permeabilità capillare dei piccoli vasi al fibrinogeno e ad altre proteine
plasmatiche, danno endoteliale, morte focale delle cellule della parete vascolare e deposizione di piastrine;
ciò porta alla comparsa di necrosi fibrinoide delle arteriole, rigonfiamento dell’intima e trombosi
intravascolare.
I reni diventano marcatamente ischemici, il grave coinvolgimento delle arteriole afferenti renali comporta
una potente stimolazione del sistema renina-angiotensina; in effetti i pazienti con ipertensione maligna
presentano livelli particolarmente elevati di renina plasmatica. Ciò innesca un circolo che si automantiene
in cui l’angiotensina 2 causa vasocostrizione intrarenale con la conseguente ischemia renale che perpetua la
secrezione di renina. Anche i livelli di aldosterone sono alti e la ritenzione di Sali contribuisce all’aumento
della pressione sanguigna.
Le dimensioni del rene dipendono dalla durata e dalla gravità della malattia ipertensiva, piccole emorragie
petecchiali a capocchia di spillo possono comparire sulla superficie corticale per rottura delle arteriole o dei
capillari glomerulari
Alterazioni istologiche
- Necrosi fibrinoide delle arteriole: lesione granulare eosinofila della parete dei vasi, che si colora
positivamente per la fibrina con tecniche istochimiche e di immunofluorescenza. Questo
cambiamento rappresenta un evento acuto e può essere accompagnato da un modesto infiltrato
infiammatorio all’interno della parete
- Inspessimento intimale nelle arterie interlobulari e nelle arteriole causato da proliferazione di
cellule muscolari lisce allungate, disposte concentricamente insieme a fini strati concentrici di
collagene e accumulo di materiale poco colorato (proteoglicani e proteine plasmatiche). Questa
alterazione è descritta a bulbo di cipolla. Le lesioni arteriolari causano un notevole restringimento
dei lumi vascolari, con atrofia ischemica e a volte infarti nelle regioni distali irrorate dai vasi
danneggiati
Ipertensione maligna è caratterizzata da pressioni diastoliche >130 mmhg, papilledema, retinopatia,
encefalopatia, alterazioni cardiovascolari e insufficienza renale.
All’inizio del rapido innalzamento della pressione arteriosa si osserva una proteinuria marcata e talvolta
macro o microematuria in assenza di alterazioni significative della funzione renale. Presto si manifesta però
anche l’insufficienza renale
APPARATO GENITALE:
iperplasia prostatica