CASO 17 Maschio di 72 anni, forte fumatore in passato. All’età di 63 anni, infarto miocardico anteriore con successiva comparsa di aneurisma cronico. Intervento di asportazione dell’area aneurismatica. All’età di 70 anni, comparsa di tosse e febbricola. Indagini radiologiche del torace evidenziano atelettasia incompleta del lobo superiore sx e addensamento peribronchiale al lobo superiore sx. Esame dell’escreato positivo per cellule neoplastiche. Eseguita lobectomia superiore sx, decorso postoperatorio discreto. Due mesi dopo l’intervento, comparsa di versamenti sierosi e segni di ingravescente scompenso cardiaco. Comparsa di focolai broncopolmonitici al lobo inferiore sx. Morte. ________________________________________________________________________________ - DEFINIRE L’ANEURISMA CARDIACO ACUTO E CRONICO E IDENTIFICARE LE DIFFERENZE MORFOLOGICHE. - IDENTIFICARE LE POSSIBILI CONSEGUENZE LEGATE ALLA PRESENZA DI UN ANEURISMA CRONICO. Aneurisma: dilatazione patologica circoscritta a carico della parete di un vaso sanguigno o del cuore. Vero se è delimitato dai componenti della parete vasale o da una porzione della parete miocardica ormai assottigliata. Arterie Coronarie Arterie coronarie: lunghezza 5-10 cm ; diametro 2-4 mm Originano dai seni del Valsalva localizzati a livello di due delle tre cuspidi della valvola aortica. Sono TRONCO COMUNE a sx e CORONARIA DX Tronco comune: lunghezza: 2,5 cm. Emerge dal seno del Valsalva anteriore dell’aorta;raggiunge il solco interventricolare anteriore dove si biforca in: RAMO DISCENDENTE ANTERIORE che decorre ulteriormente nel solco interventricolare anteriore da cui originano di solito i RAMI DIAGONALI (2-6) ed irrora 2/3 anteriori del setto (da 3 a 5 ARTERIE PERFORANTI); la parete anteriore ventricolo sx (e in parte del dx). RAMO CIRCONFLESSO che decorre nel solco atrioventricolare e vi derivano L’ARTERIA PER IL NODO SENO ATRIALE (50% degli individui), le ARTERIE DEL MARGINE OTTUSO ed il RAMO DISCENDENTE POSTERIORE (che deriva dalla circonflessa nel 45% degli individui) irrora parete laterale e posteriore del ventricolo sx, oltre a fornire l’irrorazione al nodo atrioventricolare (10%). Coronaria dx: decorre nel solco atrioventricolare che percorre fino al solco interventricolare posteriore. Ha un ramo collaterale che irrora il nodo SA (50% degli individui) e l’altro che irrora il nodo A-V (90%). I due principali collaterali sono: - rami del margine acuto irrorano ampie porzioni dell’atrio e del ventricolo dx - ramo discendente posteriore irrora la parete posteriore del ventricolo sx e la porzione posteriore del setto interventricolare (rami perforanti posteriori). Si può trovare un ramo anastomotico (arteria di Kugel) tra coronaria dx prossimale e ramo circonflesso da cui partono rami accessori per il nodo seno atriale. % interessamento stenosi critiche coronariche (>70-75%): Sedi elettive: ramo discendente anteriore e circonflessa coronaria sx; tronco principale coronaria dx; meno frequentemente arterie subepicardiche; ancora meno quelle intramiocardiche. % occlusione in caso di INFARTO TRANSMURALE: 1% infarto isolato del ventricolo dx. Nel restante 99% ventricolo sx eventualmente coinvolgendo porzioni del miocardio dx. 50% occlusione a carico del ramo discendente anteriore (nostro caso!!!). Può essere infarto anterosettale coinvolge i 2/3 anteriori del setto, la punta e una piccola parte della parete anteriore del ventricolo sx) o anterolaterale coinvolge anche la parete anterolaterale in quanto l’occlusione si è verificata a monte dell’emergenza del primo ramo diagonale. 30% coronaria dx infarto inferosettale, che coinvolge il terzo post del setto, la parete inferiore del ventricolo sx; talvolta si estende alla parete post del ventricolo dx e al segmento post del ventricolo sx 20% ramo circonflesso infarto posterolaterale coinvolgendo i segmenti laterali e posteriori del ventricolo sx Raramente l’infarto può essere dovuto all’occlusione del primo ramo diagonale (infarto anteriore senza interessamento del setto), arteria del margine ottuso o addirittura tronco comune della coronaria sx con morte improvvisa anziché infarto. Quadro morfologico dell’infarto miocardio - prime 2 h alterazioni di ordine ultrastrutturale che quindi non si possono rilevare se non al microscopio elettronico (trasformazione vacuolare del Reticolo endoplasmatico, rigonfiamento mitocondri…) - 2-8 h aspetto normale , a meno che non si testi con tecniche istochimiche [sale di tetrazolio] su un tratto di miocardio l’attività di enzimi ossidativi (succinato deidrogenasi), che è diminuita perché tali enzimi vengono dimessi dalle fibre muscolari. - 6-12 h compare il primo segno istologico: alla periferia della zona ischemia compaiono fibre miocardiche nettamente assottigliate che presentano una ondulazione (waving) dovuta all’assenza di contrazione dell’area infartuata per cui le fibre miocardiche poste tra tessuto infartuato e tessuto sano vengono stirate. Tale fenomeno rende mal definibile il contorno dell’area infartuata. - 12-24 h Macro: pallore dell’area infartuata. Micro: iniziale miocitolisi e necrosi colliquativa con lieve separazione delle fibre; alterazioni citoplasmatiche con bande di contrazione e perdita della striatura trasversale; picnosi del nucleo; lieve aumento del numero di leucociti - 24h-3 gg Macro: muscolo morto di colorito giallo pallido,omogeneo, opaco e di consistenza aumentata, il tutto per il completamento del processo di necrosi coagulativa; alone rosso ai margini per iperemia con piccole aree emorragiche. Micro: le miocellule hanno perso nucleo e striatura trasversale, i citoplasmi diventano eosinofili, PMN e macrofagi aumentano di numero. - 3-4 gg Macro: il tessuto giallo-grigiastro va incontro a riassorbimento a partire dalla periferia, ai margini sempre alone di congestione. Micro: neutrofili digeriscono con enzimi proteolitici il tessuto necrotico, le fibre sono separate e riassorbite. - 7-10 gg La colliquazione si completa entro 7-10gg. Macro: la consistenza del focolaio diminuisce progressivamente fino al rammollimento (miomalacìa). Micro: ai margini compare tessuto di granulazione, i macrofagi rimpiazzano i neutrofili e inizia il processo riparativo con tessuto connettivo ricco di fibroblasti. - 2-3 settimana Macro: ampia zona di tessuto di granulazione roseo o grigiastro ancora cedevole che man mano si arricchisce di fibre collagene; avanzato riassorbimento necrotico. Micro: tessuto di granulazione ben formato con attività fibroblastica. - dopo 6 settimane/mesi Macro: tessuto fibroso biancastro denso, compatto e non più cedevole. Nei casi più favorevoli simula un giunto tendineo che unisce i due monconi di muscolatura sana, consentendo una buona funzione ventricolare a seguito di ipertrofia compensatoria. Micro: connettivo in cui possono essere comprese fibre muscolari sopravvissute. COMPLICANZE: Minuti / ore 1- aritmie (FV o blocco di conduzione) scompenso cardiaco acuto 2- shock cardiogeno con deficit di pompa Se il pz sopravvive agli eventi acuti che si verificano nelle prime due ore comincia il suo decorso postinfartuale che può essere non complicato (10-20%) o più frequentemente caratterizzato da complicanze distinte in precoci e tardive: Precoci (primi gg) 3- rimodellamento post-infartuale precoce (3gg- prime 2 settimane): il termine di espansione infartuale è stato coniato per definire l’assottigliamento della parete e la dilatazione acuta e l’espansione dell’area infartuata dovuti all’indebolimento del muscolo necrotico con stiramento passivo, assottigliamento e dilatazione dell’area infartuata con allungamento dei fasci muscolari, distruzione delle normali cellule miocardiche e perdita di tessuto nelle regione necrotica. E’ tipico degli infarti transmurali antero-settali. Macroscopicamente si osserva assottigliamento e allungamento del tratto di parete colpito: si ha espansione del profilo endocardico, mentre il contorno epicardico resta immutato. Microscopicamente si notano lo stiramento e slittamento dei fasci delle miocellule necrotiche (slippage), dovuto alla distruzione dei ponti di collagene tra le miocellule ad opera delle collagenasi. Può essere frequentemente associato a trombosi murale. Nella sua forma estrema l’espansione della parete può assumere una configurazione di un aneurisma acuto e portare a rottura del cuore. La riperfusione precoce limita il rischio di espansione. 4- Rottura del cuore (3gg- 10 gg -prime due settimane): - Rottura parete esterna: complica il 5-10% degli infarti transmurali e interessa generalmente il ventricolo sx. E’ più frequente nelle donne e negli anziani. Si crea una breccia lineare che apre sull’epicardio causando emopericardio e tamponamento cardiaco (è acuto, pochi cc sono sufficienti) con morte per ostacolo al ritorno venoso (compressione di cave e atrio dx). La rottura del cuore è una complicanza precoce, che interviene o nei primi tre gg quando inizia la miocitolisi e la colliquazione del tessuto necrotico per infiltrazione dei PMN e si verifica per la miomalacia, cioè la diminuita consistenza del muscolo necrotico o all’inizio delle seconda settimana quando il tessuto muscolare è sostituito da un tessuto connettivo ancora giovane e cedevole. - Rottura di un muscolo papillare: 1% improvvisa insufficiente mitralica acuta scompenso cardiaco acuto. Più frequente è una disfunzione del muscolo con insufficienza mitralica. - Rottura del setto interventricolare: 1% di frequenza rottura con comunicazione interventricolare; rapida insufficienza ventricolare e morte in poche ore. Pseudoaneurisma: la rottura della parete libera ( interviene nel miocardio necrotico, sede di processi infiammatori) può verificarsi in qualsiasi momento, ma è più frequente dopo 3-7- giorni, quando cioè la necrosi coagulativa, l'infiltrato neutrofilo e la lisi del tessuto connettivo miocardico hanno sensibilmente indebolito il miocardio infartuato. Almeno un quarto avviene però nelle prime 24 ore. Avviene più frequentemente in sede apicale o posteriore (uptodate). Fattori di rischio per la rottura sono età >60 anni, sesso femminile, ipertensione preesistente, assenza di ipertrofia ventricolare sinistra, assenza precedenti infarti (limitano la zona fibrotica). La presenza di aderenze pericardiche può limitare la rottura, che può esitare in un pseudoaneurisma/ falso aneurisma (rottura tamponata che esita in un ematoma saccato)la parete dello pseudoaneurisma è formata solo dall'epicardio e dal pericardio parietale aderente. Molti vanno incontro a trombizzazione, ma la metà si rompe (30-45%). Altre cause di pseudoaneurisma possono essere interventi chirurgici valvolari e traumi. 5- Trombosi parietale (II-IV settimana o anche prima) - Trombosi murale: si forma in corrispondenza del focolaio necrotico che espone un’area altamente trombogenica, come un’esile pellicola aderente all’endocardio su cui nei gg successivi si depositano nuove stratificazioni; il trombo è disomogeneo, friabile per fenomeni litici dei neutrofili embolie sistemiche (encefalo, rene, intestino, arti inferiori) - Trombosi atriale: soprattutto in caso di disturbi del ritmo atriale nelle auricole - Embolia polmonare: da trombi a carico delle vene degli arti inferiori per stasi venosa favorita dell’immobilità, dalle condizioni pressorie e umorali dello shock. 6- Pericardite acuta fibrinosa, che interessa il tratto di pericardio corrispondente alla zona dell’infarto entro i primi 4 gg. Tardive: 7- Pericardite di Dressler: probabilmente di origine autoimmune scatenata dallo smascheramento di antigeni nel corso dell’infarto. 8- Scompenso cardiaco cronico: può comparire a cicatrizzazione già iniziata, quando l’estensione dell’infarto è tale da comportare particolari difficoltà nell’esercizio dell’azione di pompa. 9- Disfunzione del muscolo papillare con insufficienza mitralica: oltre che acuta, l’insufficienza mitralica può essere cronica per gli esiti cicatriziali dell’infarto di un muscolo papillare o per la dilatazione del ventricolo sx. 10- Aneurisma ventricolare cronico: compare nel 12-15% dei pz sopravvissuti ad infarto. Quando l’infarto è transmurale ed molto esteso la cicatrice si modella a mo’ di lamina; la retrazione del tessuto sclerotico e l’azione plastica della pressione concorrono nel ridurre lo spessore di tale lamina cicatriziale, che può divenire molto sottile e sfiancarsi con una distensione graduale della cicatrice fibrosa. Ne consegue la formazione di un aneurisma cronico che può interessare la punta, le pareti anteriore e posteriore del ventricolo sx e il setto interventricolare. Questa è una zona non solo acinetica, ma anche discinetica, in quanto si estroflette durante la sistole. Le zone più interessate sono apice, parete anteriore o posteriore del ventricolo sx ed il setto interventricolare. L’aneurisma cronico comporta ulteriori complicanze che ne impongono la resezione chirurgica: a) Trombosi per rallentamento del circolo nell’aneurisma che è una zona fibrotica, quindi non contrattile: il trombo assume un aspetto di disco stratificato. Quando sono organizzati i trombi possono essere utili al consolidamento della parete e alla riduzione dello spazio morto; tuttavia vi è sempre pericolo di ulteriori trombosi e di embolie arteriose. b) Scompenso cardiaco congestizio: il miocardio è fibrotico e la cicatrice è sede di un movimento paradosso in sistole che comporta un aumento del residuo telesistolico ventricolare. c) Rottura con tamponamento cardiaco: caso rarissimo. E’ molto difficile che un miocardio fibrotico vada incontro a rottura, ma non si può escludere. Secondo l’Harrison non sono associati aneurisma cronico e rottura. d) Aritmie: aritmie ventricolari minacciose come una tachicardia ventricolare 11- Miocardiopatia dilatativa post infartuate: l’espansione post infartuate precoce può essere seguita già nelle prime settimane dall’infarto da una serie di modificazioni strutturali e dinamiche che vanno sotto il nome di rimodellamento del ventricolo allo scopo di rendere la gittata cardiaca adeguata. Tali modificazioni vanno dalla dilatazione precoce del ventricolo, alla fibrosi, alla dilatazione, all’ipertrofia compensatoria efficace, etc. Tuttavia in alcuni casi (quando l’area non contrattile supera il 30-40%) l’aumento dello stress parietale dovuto alla dilatazione del ventricolo sx innesca un circolo vizioso che porta a progressiva dilatazione del ventricolo stesso fino ad un quadro di cardiomiopatia dilatativi postinfartuale. 12- Recidiva dell’infarto La tendenza a sviluppare complicanze specifiche e la prognosi dipendono dalle dimensioni dell’area lesa, dalla sede, dall’estensione transmurale (cioè dallo spessore della frazione di parete miocardica danneggiata: subendocardica e transmurale) - Infarti transmurali estesi causano più frequentemente shock cardiogeno, aritmie, insufficienza cardiaca congestizia secondaria . - Infarto transmurale anteriore: sono a rischio di sviluppare dilatazione regionale, trombosi murale, o rottura di cuore con un decorso clinico peggiore di quello dei pz affetti da infarto posteriore-inferiore - Infarti transmurali posteriori: complicanze più frequenti sono blocchi di conduzione, coinvolgimento del ventricolo dx. - Nel 10% dei casi di IMA si può osservare un fenomeno tromboembolico evidente clinicamente, ma lesioni emboliche si riscontrano nel 20% degli esami autoptici: - tromboembolia spesso silente. La tromboembolia è associata ad infarti estesi, specialmente anteriori. Pericardite, rottura di cuore, aneurismi ventricolari sono eventi rari. Esame citologico dell’escreato: materiale necrotico essudatizio, cellule cilindriche cigliate e pavimentose metaplastiche e lembi di epitelio pavimentoso fortemente atipico, cheratinizzante, indicativo per carcinoma bronchiale. ________________________________________________________________________________ - DISCUTERE LE INDICAZIONI DEI VARI TIPI DI ESAMI CITOLOGICI (ESCREATO, BRONCOASPIRATO, LIQUIDO DI TORACENTESI, FNB) IN RAPPORTO CON I DIVERSI TIPI DI NEOPLASIE POLMONARI - DOVENDO FAR SEGUIRE AD UN PAZIENTE L’ESAME DELL’ESCREATO, PRECISARE LE INDICAZIONI NECESSARIE PER UNA CORRETTA ESECUZIONE. ESPETTORATO L’escreato può essere raccolto sia tramite espettorazione spontanea sia dopo inalazione di aerosol irritanti come una soluzione salina ipertonica; quest’ultimo è l’espettorato indotto. Modalità di raccolta ed invio del campione: - Si deve raccogliere l’espettorato di primo mattino (accumulo di secrezioni nelle notte), prima di colazione e dopo aver sciacquato la bocca solo con H2O per ridurre i residui di cibo e la contaminazione batterica. - L’espettorazione deve essere profonda: il pz deve inspirare profondamente quindi espirare tossendo. In pz con difficoltà nell’espettorazione possono respirare profondamente su un aerosol di soluzione fisiologica o espettoranti. - L’espettorazione va fatta in un contenitore sterile (capsula Petri) a bocca larga, che va recapitato entro 1-2 h al laboratorio. Se non fosse possibile rispettare questi termini di tempo, si può espettorare direttamente nel contenitore contenente fissativo, costituito da alcool all’70%, in tal modo il materiale può essere conservato per qualche giorno, questa procedura però tende a indurire il campione, quindi si opta preferibilmente per una soluzione di formalina al 2% in soluzione di RInger. - Il prelievo va ripetuto per tre mattine consecutive (80% di casi da carcinoma polmonare) - E’ necessario far pervenire al laboratorio la scheda di richiesta opportunamente compilata dal medico curante o dal richiedente l’esame. L’escreato è costituito prevalentemente da secrezioni provenienti dall’albero tracheobronchiale più che dalle alte vie aeree. Il riscontro di macrofagi alveolari e di altre cellule infiammatorie indica che il campione ha origine dai segmenti più distali dell’albero respiratorio, mentre la presenza di cellule squamose epiteliali in un campione di espettorato segnala una contaminazione con secrezioni provenienti dalle vie aeree superiori. Indicazioni: tosse produttiva, emottisi, escreato striato di sangue Un campo di applicazione di questo esame è rappresentato dai processi infettivi (polmoniti, bronchiti...), nei quali rappresenta un mezzo per identificare il patogeno coinvolto. Un campione di espettorato con più di 25 leucociti PMN e meno di 10 cellule epiteliali squamose per campo è idoneo alla coltura. Tra i criteri per valutare l'adeguatezza di un campione di escreato oggi vengono particolarmente seguiti quelli di Bartlett, basati sulla quantità di cellule squamose, quale indice di inquinamento oro-faringeo, e su quella di neutrofili, quale indice di provenienza profonda dell'escreato, visibili per campo microscopico a basso ingrandimento (100x). CRITERI DI BARTLETT Neutrofili per campo >25 +2 Neutrofili per campo 10-5 +1 Presenza di Muco +1 Cellule squamose per campo 10-25 -1 Cellule squamose per campo >25 -2 PUNTEGGIO < 0 Contaminazione orofaringea > 1 Idoneo per la coltura Chiaramente l'escreato presenta il vantaggio di essere un metodo semplice e non invasivo, ma è dotato di alcuni svantaggi, che sono: Ø Impossibilità di ottenere un escreato adeguato da un’elevata percentuale di pazienti; Ø Inevitabile contaminazione da parte della flora orofaringea. Questo problema è particolarmente importante in soggetti, soprattutto ospedalizzati, in cui si sia avuta colonizzazione orofaringea da parte di batteri frequentemente responsabili di polmoniti; Ø Inutilizzabilità dei campioni per le culture in anaerobiosi La colorazione per l’esame citologico finalizzata alla ricerca delle cellule neoplastiche può essere utile nel sospetto di neoplasia: è un’indagine che può confermare la dx di malignità nel 45-90% dei pz; la raccolta dell’espettorato è superiore per lesioni centrali (80-90%) rispetto a quelle periferiche (45%); risulta idoneo per identificare tumori squamosi e microcitomi. Il tipo istologico è individuabile nel 70-90%. I tre campioni saranno osservati a fresco e poi colorati con il metodo Papanicolau (per alcuni 5 gg consecutivi). Dopo averlo raccolto in un contenitore sterile deve essere subito portato in laboratorio, dove sarà fissato con una miscela alcool-formolo-acetico prima di essere processato. Tipi di risposta: 1) materiale non idoneo (solo saliva, assenza di macrofagi alveolari). 2) negativo per cellule neoplastiche 3) atipie cellulari non specificate e non conclusive per neoplasia. 4) quadro sospetto consigliata ripetizione dell’esame. 5) positivo per cellule neoplastiche L’escreato può essere colorato, dopo fissazione con alcol 80% con le normali colorazioni citologiche (Papanicolau), oppure può essere citoincluso, fissato utilizzando la miscela di Duboch (alcol e acido picrico) e incluso in paraffina, diventa cosi un campione trattabile con le normali colorazioni istologiche ed immunoistochimiche. Il citoincluso può essere effettuato anche per broncoaspirati (non per il BAL) CITOLOGIA: Espettorato Broncoaspirato Spazzolamento Broncolavaggio Lavaggio broncoalveolare Agobiopsia transbronchiale Agobiopsia transtoracica Toracentesi Note metodologiche generali L'esame citologico è di notevole utilità nella diagnosi del carcinoma polmonare, sia in fase preclinica (prevenzione secondaria), ove rappresenta l'unica indagine morfologica attuabile, sia durante l'accertamento clinico nei pazienti sintomatici. L'esame citologico è oggi valido sia per il riconoscimento della neoplasia, sia per la sua tipizzazione istologica. E' utilizzabile ai fini della diagnosi citologica: a) materiale di origine bronchiale, rappresentato da espettorato, broncoaspirato, liquido di lavaggio bronchiale e materiale ottenuto mediante spazzolamento della mucosa bronchiale; MA COME SI PORTA FINO ALL’ANATOMIA PATOLOGICA??????????? b) materiale ottenuto per agoaspirazione transtoracica di versamenti pleurici o di masse pleuropolmonari mediante ago sottile (FNAB: "fine needle aspiration biopsy"). COME SI PORTANO FINO ALL’ANATOMIA PATOLOGICA????????????? Possibilità e limiti delle indagini citologiche All'esame citologico deve essere riconosciuto un preciso ruolo nella diagnosi delle lesioni neoplastiche. Secondo uno schema pratico, al posto della vecchia suddivisione in cinque classi secondo Papanicolaou, i referti citologici bronco-polmonari sono ascrivibili a cinque gruppi: 1. 2. 3. 4. 5. materiale inadeguato; assenza di cellule neoplastiche; presenza di cellule neoplastiche; presenza di cellule atipiche non conclusive per neoplasia; quadro sospetto consigliata la ripetizione dell’esame. In caso di presenza di cellule neoplastiche il referto dovrà indicare la possibile tipizzazione istologica; qualora ciò non fosse possibile è sempre utile segnalare se può essere escluso o meno il carcinoma a piccole cellule (microcitoma) Il referto di "cellule atipiche non conclusive per neoplasia" identifica i casi con: 1) cellule displastiche (metaplastiche atipiche) dell'epitelio bronchiale; 2) cellule con atipie dovute a fenomeni regressivi, cause flogistiche, rigenerative, iatrogene, ecc.; 3) cellule atipiche con rapporto nucleo-citoplasmatico alterato, ma in numero non sufficiente per consentire una diagnosi di malignità. La validità della citologia deve essere considerata sia in senso diagnostico, sia come possibilità di consentire la tipizzazione istologica della neoplasia. Per quanto riguarda il primo punto, la citologia deve essere valutata sia in riferimento alla possibilità di accertare la neoplasia (sensibilità), sia come affidabilità della diagnosi (specificità). In particolare, la sensibilità della citologia nei confronti del carcinoma del polmone si aggira in media attorno all'80%. Per quanto riguarda l'espettorato tale percentuale aumenta sino a valori superiori al 90%, qualora vengano esaminati almeno 5 campioni. La sensibilità dell'esame citologico dell'espettorato è maggiore nel carcinoma in sede ilare che non in quello periferico; in quest'ultimo la sensibilità diagnostica citologica può essere ugualmente elevata qualora vengano utilizzate tecniche più sofisticate come lo spazzolato bronchiale o l'agoaspirazione transtoracica sotto controllo TAC. Per quanto riguarda la specificità della citologia, attualmente si deve riconoscere alla diagnosi effettuata con tale metodica un’ottima affidabilità: le probabilità di un "falso positivo" sono infatti minime (inferiori all'1%). le cause dei falsi positivi sono per lo più da ricollegare alla presenza di infezioni polmonari (specifiche e non come micosi), di bronchiectasie o a pregressi trattamenti radio e chemioterapici. Un’accurata valutazione delle notizie cliniche potrà permettere di ridurre ulteriormente l’eventualità di errori diagnostici. Per quanto riguarda la possibilità di una precisa tipizzazione istologica della neoplasia, i dati della letteratura e dell'esperienza quotidiana sono più che confortanti. Disponendo di un preparato idoneo si può caratterizzare correttamente la neoplasia in una percentuale molto elevata di casi. Tale possibilità è sopratutto in funzione del tipo istologico e/o del grado di differenziazione del tumore. Per quanto riguarda gli istotipi, sono sopratutto il carcinoma a cellule squamose ed il carcinoma a piccole cellule (specialmente nella variante "oat-cell") quelli più facilmente identificabili. Secondo alcuni recenti dati della letteratura il carcinoma a piccole cellule (varietà "oat-cell") potrebbe essere correttamente riconosciuto addirittura in oltre il 95% dei casi. In conclusione le possibilità e i limiti dell'indagine citologica in campo broncopolmonare, possono essere così riassunti: - l'esame citologico è in grado di evidenziare in modo conclusivo in una buona percentuale di casi l'esistenza di una neoplasia broncopolmonare; - un esame citologico ripetutamente negativo in un paziente asintomatico permette di escludere con sufficienti garanzie l'esistenza di una lesione neoplastica; - un esame citologico ripetutamente negativo in un paziente sintomatico (o con un quadro radiologico sospetto) non autorizza ad escludere la presenza di una neoplasia; - un referto citologico positivo può avere nel contesto della valutazione globale del paziente valore diagnostico conclusivo; - ai fini della terapia, un referto citologico positivo per carcinoma a piccole cellule può avere valore conclusivo, mentre uno positivo per carcinoma epidermoidale o per adenocarcinoma va considerato assai probante per quanto riguarda la tipizzazione, ma non esclude in modo assoluto il carcinoma a piccole cellule, data la possibilità di neoplasie con aspetti combinati, epidermoidali, ghiandolari e appunto, a piccole cellule. INDAGINI CITOLOGICHE 1. Su materiale di origine bronchiale: a) ESPETTORATO b) MATERIALI PRELEVATI IN CORSO DI BRONCOSCOPIA 1) BRONCOASPIRATO Nonostante il prelievo sia più mirato, la sensibilità non supera quella dell'escreato. Il materiale deve essere prefissato in alcool 50° oppure strisciato direttamente sui vetrini facendo seguire immediata fissazione; 2) LIQUIDO DI LAVAGGIO BRONCHIALE E' particolarmente consigliato dopo lo spazzolato bronchiale per raccogliere le cellule disperse nel lume bronchiale. Lavaggio + aspirazione. Il liquido di lavaggio (soluzione salina) va inviato al laboratorio prefissato in alcool 95° o con il fissativo di Saccomanno, in quantità uguale al liquido da analizzare; 3) SPAZZOLATO BRONCHIALE ("brushing"). I preparati citologici possono essere allestiti direttamente da chi esegue l'esame; in questo caso è necessario che il materiale sia strisciato delicatamente ed il velo assai sottile e fissato immediatamente in alcool 95° o con fissativo di pellicola (spray in commercio). In alternativa la spazzola può essere posta in una provetta con alcool 50° curando di ruotarla energicamente nel liquido fissativo. 4) BAL 2. Materiale ottenuto per agoaspirazione a) AGOASPIRATO TRANSTRACHEOBRONCHIALE b) ASPIRAZIONE TRANSTORACICA CON AGO SOTTILE (FNAB) da masse polmonari, possibilmente sotto guida TAC. La metodica da ottimi risultati in caso di neoplasie periferiche non altrimenti raggiungibili. Il materiale aspirato viene esaminato su striscio allestito all'atto del prelievo e immediatamente fissato; c) LIQUIDO DI VERSAMENTO PLEURICO. Questa indagine serve per valutare l'eventuale diffusione del tumore alla pleura. La tipizzazione istologica è problematica poiché il liquido di versamento, ricco di proteine, è un terreno in cui le cellule modificano la loro morfologia. Al momento dell'estrazione è consigliabile aggiungere al liquido eparina o sostanze similari onde evitare la formazione di coaguli. Il liquido può essere esaminato su preparati allestiti per striscio del sedimento o mediante citocentrifugazione. E' consigliabile, ove possibile, allestire anche sezioni con la tecnica citoistologica del "cell block". Ove si adotti esclusivamente quest'ultima tecnica può essere omessa l’eparinizzazione del liquido pleurico . ISTOLOGIA Biopsia endobronchiale Biopsia transbronchiale Biopsia transtoracica (in disuso) Biopsia a cielo coperto e videotoracoscopia Biopsia a cielo aperto e toracotomia Mediastinoscopia-mediastinotomia e prelievo linfonodi sovraclaveari e scaleni Note metodologiche generali Il prelievo, il più ampio possibile, deve essere eseguito possibilmente su una zona esente da fenomeni necrotico flogistici. E' buona norma procedere al prelievo di più frammenti bioptici per evitare che il materiale inviato in esame risulti insufficiente. Qualora il prelievo sia di dimensioni idonee, potrebbe essere utile effettuare una prima valutazione del materiale su sezioni al criostato. E' importante ricordare che il patologo necessita di una serie di informazioni (notizie anamnestiche, sede e tipo di prelievo, aspetto macroscopico e/o radiologico della zona dove è stata effettuata la biopsia, eventuali osservazioni broncoscopiche o intraoperatorie, ecc.) che sono indispensabili per un corretto inquadramento del caso e per una precisa ed attendibile formulazione diagnostica (in Appendice V si allega una scheda tipo di accompagnamento del materiale inviato per esame istologico). Il clinico deve farsi altresì carico della fissazione dei frammenti bioptici: è superfluo sottolineare che quest'ultima, per consentire il risultato migliore, deve essere immediata ed effettuata con un liquido fissativo idoneo ed in congrua quantità (rapporto di almeno 1:20). Come fissativo di uso generale si consiglia la formalina 10%; da evitare l'uso dell'alcool. Si ricorda che una corretta metodologia diagnostica del carcinoma polmonare richiede, oltre alle consuete colorazioni morfologiche, almeno una metodica istochimica che permetta la visualizzazione delle mucine (PAS-diastasi, Alcian blu, ecc.), ed in casi particolari l'applicazione di metodologie immunoistochimiche che prevedono l'uso di anticorpi (anti-citokeratine, antimarkers neuroendocrini, anti-cellule mesoteliali e antimarkers linfocitari). Possibilità e limiti delle indagini istologiche Un prelievo bioptico eseguito ed allestito correttamente consente nella totalità dei casi la diagnosi di malignità. La tipizzazione, invece, anche in situazione ottimale, può in rari casi, offrire un qualche margine all'errore: ciò per motivi inerenti ora le caratteristiche della neoplasia ora la soggettività interpretativa del patologo. La diagnostica istopatologica preterapeutica ha pertanto taluni limiti sopratutto per quanto attiene la precisa tipizzazione istologica. Le cause obiettive di errore diagnostico possono essere così classificate: 1) Cause inerenti la scelta da parte del clinico del tipo di indagine diagnostica (inidoneità in riferimento alla sede della neoplasia); 2) Cause inerenti la non corretta esecuzione pratica del prelievo. Il prelievo può avvenire, infatti, in una zona sbagliata o comunque non totalmente rappresentativa (ad esempio su displasia limitrofa ad un carcinoma invasivo); il prelievo può essere di dimensioni troppo piccole o danneggiato per compressione, frammentazione, non tempestiva o corretta fissazione, etc; 3) Cause inerenti un non adeguato allestimento dei preparati istologici; 4) Cause inerenti alcune caratteristiche della neoplasia stessa (estesi fenomeni necrotico-flogistici; variabilità di aspetti istologici da zona a zona nelle forme combinate, ecc.). Per quanto attiene la precisa tipizzazione è opportuno ricordare come questa abbia una diversa importanza nella fase diagnostica preterapeutica e nello "staging" patologico. Difatti, mentre nel caso dello "staging" patologico è necessario definire la neoplasia secondo lo schema classificativo della W.H.O., nella fase di accertamento diagnostico l'elemento fondamentale ai fini terapeutici, è rappresentato dalla discriminazione tra carcinoma a piccole cellule e carcinoma non a piccole cellule. Ovviamente, nei casi giudicati inoperabili, il patologo sarà chiamato a definire l'istotipo sui soli prelievi bioptici e laddove i frammenti bioptici risultassero palesemente inidonei, dovrà essere valutata l'opportunità di eseguire nuovi prelievi. INDAGINI ISTOLOGICHE Un corretto approccio terapeutico al carcinoma del polmone non può prescindere da una precisa caratterizzazione istologica della neoplasia nella fase diagnostica preterapeutica, e a tale scopo devono essere eseguite, in sequenza ben definita, tutte le indagini diagnostiche idonee. Soltanto nel caso di esito negativo di tali procedure il paziente, laddove la situazione clinica lo consenta, può essere portato al tavolo operatorio senza una diagnosi precisa. In tal caso l'accertamento della neoplasia è demandato all'esame istologico intraoperatorio, che, in evenienze del genere, deve essere considerato "obbligatorio". Procedure diagnostiche: 1. Biopsia bronchiale 2. Biopsia polmonare transbronchiale 3. Agobiopsia polmonare transparietale (controllo TAC) Questa indagine è da riservare ai casi di carcinoma del polmone localizzati perifericamente o comunque con endoscopia negativa. E' necessario che il prelievo sia TAC guidato, onde evitare di raccogliere materiale non significativo. Tale metodica è oggi sostituita, con risultati molto soddisfacenti, dall'agoaspirazione con ago sottile (FNAB), che rientra nel novero delle indagini di pertinenza citologica. Di recente applicazione l'uso di un ago sottile sotto controllo ultrasonografico che permette il prelievo di frustoli di tessuto delle dimensioni di 1.7 mm x 1.2 mm con possibilità di allestire fino a 70 sezioni di 4µ di spessore, cosi da soddisfare tutte le esigenze di carattere immunoistochimico. 4. Biopsia pleurica sotto controllo endoscopico Può essere utile per la diagnosi di neoplasie polmonari periferiche. In caso di neoplasie centrali può fornire, unitamente ad altre indagini diagnostiche, elementi per un quadro completo sulla diffusione della neoplasia (interessamento della pleura viscerale e/o parietale) e sulla operabilità o meno del paziente. Di fronte ad una lesione neoplastica della pleura il patologo può avere problemi di diagnosi differenziale, sovente di non facile soluzione, quale per esempio la discriminazione tra tumore primitivo pleurico e tumore primitivo polmonare. Come pure non facile, e in certi casi impossibile (adenocarcinoma e carcinoma a grandi cellule del polmone) può essere la distinzione da un tumore metastatico. 5. Biopsia polmonare toracotomica La biopsia polmonare toracotomica è stata ormai quasi del tutto abbandonata in campo oncologico come pura e semplice metodica diagnostica. E' invece largamente utilizzata la biopsia intraoperatoria nel corso di toracotomia con intenti terapeutici, in pazienti portatori di sospette lesioni neoplastiche non precedentemente accertate. 6. Biopsia mediastinica (mediastinoscopica e/o mediastinotomica) Questa indagine diagnostica, elettiva per le neoplasie primitive del mediastino, può essere altrimenti utilizzata per valutare la diffusione mediastinica di una neoplasia polmonare e, quindi, l'eventuale operabilità. E' di particolare utilità in questi casi l'applicazione di metodiche immunoistochimiche (ad esempio per distinguere un linfoma da un tumore ad origine epiteliale). 7. Biopsia su supposte metastasi a distanza Non è infrequente che il carcinoma polmonare venga diagnosticato in fase molto avanzata. La biopsia eseguita su sospette lesioni metastatiche può costituire in casi del genere la prima e talora l'unica possibilità diagnostica. La corretta tipizzazione, specialmente nelle forme meno differenziate, non sempre è possibile sulla sola base morfologica. Anche in questi casi l'immunoistochimica può costituire un utile e spesso dirimente mezzo diagnostico. La biopsia osteomidollare è un’indagine che può avere una duplice applicazione. La prima, diagnostica, è volta ad accertare la natura metastatica di lesioni ossee sospette radiologicamente e/o scintigraficamente, e può essere effettuata in qualunque momento dell'iter diagnosticoterapeutico. La seconda invece ha finalità di staging (cTNM) ed è da riservare ai casi di carcinoma a piccole cellule. A questo fine, una biopsia osteomidollare può essere attuata in tutti i casi di carcinoma a piccole cellule accertati istologicamente, anche in assenza di lesioni ossee radiologicamente o scintigraficamente evidenti. Ricordiamo che la positività della biopsia osteomidollare è più elevata se l'indagine è eseguita bilateralmente sulle creste iliache. 8. Biopsia al criostato ("frozen sections") Esame estemporaneo deve essere fatto velocemente su materiale congelato. Sono allestite sezioni al criostato. Si fa una colorazione rapida e si dà la risposta in meno di 20 min. Si recupera quindi il materiale residuo con un liquido di fissazione per l’esame istologico finale. Essa può essere utilizzata con vari intendimenti. In primo luogo per ottenere la certezza diagnostica nel corso dell'intervento chirurgico, in tutti i casi in cui non vi sia una diagnosi istologica pre-operatoria. In questi casi la biopsia intraoperatoria si considera d'obbligo. Essa può altresì essere utilizzata per avere conferma della operabilità e per fornire elementi utili alla scelta dell'intervento più idoneo. In ultima istanza essa può essere utilizzata per valutare in tempi brevi la significatività o meno, ai fini diagnostici, del materiale bioptico. Per quel che riguarda le indicazioni, ricordiamo come la biopsia intraoperatoria debba essere effettuata in tutti i casi in cui essa può fornire elementi utili a modificare la strategia dell'intervento chirurgico. 1 - Diagnosi della natura di un nodo periferico, se questa non si è potuta effettuare prima dell’intervento (importante DD tra carcinomi periferici primitivi, metastasi, tubercolosi, amartocondromi) 2 - Presenza o meno di MTS in linfonodi asportati in corso di intervento o di invasione di pareti vasali, tronchi nervosi, gangli. 3 - Esame estemporaneo anello bronchiale - DISCUTERE GLI EVENTUALI RAPPORTI FRA METAPLASIA DELL’EPITELIO BRONCHIALE E CARCINOMA. - INDIVIDUARE IL SIGNIFICATO DELLE INDAGINI IMMUNOISTOCHIMICHE IN QUESTO CAMPO DELL’INDAGINE CITOLOGICA METAPLASIA: modificazione reversibile per la quale un tipo cell differenziato (epiteliale o mesenchimale) viene sostituito da un altro tipo cell differenziato. Essa può rappresentare una sostituzione adattiva di cellule sensibili allo stress con un tipo cellulare più adatto a sopportare condizioni ambientali sfavorevoli. Deriva da una riprogrammazione di cellule staminali presenti negli epiteli o di cell mesenchimali indifferenziate presenti nel tessuto connettivo per modificazioni di segnali generati da citochine, fattori di crescita e componenti di matrice extracell presenti in ambiente esterno. Sono coinvolti geni specifici e di differenziamento. La metaplasia più comune è quella da epitelio cilindrico a squamoso che si verifica nell’apparato respiratorio in risposta a stimoli irritativi cronici. Nei fumatori abituali,il normale epitelio cilindrico ciliato sella trachea e dei bronchi viene spesso localmente o in gran parte sostituito da un epitelio squamoso stratificato. Quest’ultimo è molto più resistente e sopravvive a stimoli che il normale epitelio cilindrico non sarebbe in grado di sopportare, ma nonostante ciò si viene a perdere un funzione importante: la produzione di muco. Esempi di metaplasie sono: - metaplasia pavimentosa stratificata dell’epitelio polmonare normalmente cilindrico; - calcoli dei dotti escretori di ghiandole salivari, pancreas, dotti biliari che causano sostituzione dell’epitelio cilindrico secretorio in epitelio pavimentoso stratificato non funzionale; - deficit di vitamina A che comporta una metaplasia pavimentosa dell’epitelio respiratorio che diventa più resistente ma incapace di secernere muco (l’aumento di vitamina A invece sopprime la cheratinizzazione). La persistenza degli stimoli metaplastici però può indurre trasformazione cancerosa con evoluzione in K a cell pavimentose stratificate; - esofago di Barret che è una metaplasma da epitelio pavimentoso a quello cilindrico intestinale con aumento del rischio di evoluzione in adenocarcinoma ghiandolare; - metaplasma del tessuto connettivo con formazione di cartilagine, osso o tessuto adiposo (tutti tessuto mesenchimali) in tessuto che normalmente non li contengono. Esempi: miosite ossificante dopo fratture ossee anche se questa non è una metaplasia da adattamento. Se lo stimolo che predispone alla metaplasia persiste allora ci è la possibilità di trasformazione neoplastica. Infatti la forma comune di cancro delle vie respiratorie consta di cellule epiteliali squamose che originano da aree di metaplasia squamosa del normale epitelio cilindrico. Può anche verificarsi una metaplasia inversa dal tipo squamoso al cilindrico come per esempi nell’Esofago di Barret,in cui l’epitelio esofageo squamoso viene sostituito da cellule cilindriche di tipo intestinale sotto l’influenza del reflusso dell’acido gastrico(evoluzioni in adenocarcinomi ghiandolari) DISPLASIA: significa proliferazione disordinata caratterizzata da diverse modificazioni come perdita di uniformità dell’aspetto delle singole cell e loro orientamento nell’architettura del tessuto. C’è pleomorfismo cioè variazione di forma e dimensioni con nuclei ipercromici e voluminosi rispetto al diametro cell; c’è anche aumento di mitosi con aspetto normale ma localizzate sparse nell’epitelio (e non confinate a strati precisi come nella norma) e anarchia architetturale con ammassi di cell. Quando la displasia coinvolge l’intero spessore dell’epitelio è considerata neoplasia pre-invasiva detta k in situ. La displasia non evolve necessariamente in k. Modificazioni lievi e moderate che non coinvolgono l’intero spessore dell’epitelio possono essere reversibili dopo l’eliminazione del fattore responsabile. Lesioni Precancerose: Sono riconosciute tre tipi di lesioni precancerose: 1) displasia squamosa e carcinoma in situ 2) iperplasia adenomatosa atipica 3) iperplasia diffusa polmonare idiopatica di cellule neuroendocrine. Il termine precancerosa non implica necessariamente il fatto che la progressione a lesione invasiva avvenga. Attualmente non è possibile distinguere tra le lesioni preinvasive che rimarranno tali e quelle a progressione. Non è ancora chiaro se l'iperplasia a cellule basali, la metaplasia squamosa e la displasia lieve debbano essere considerate solo delle modificazioni di tipo reattivo od invece veri precursori neoplastici (il numero di alterazioni genetiche accumulate in tali lesioni non è ancora sufficiente ad innescare quella autonomia di crescita tipica delle cellule neoplastiche), mentre la displasia media e severa ed i carcinomi in situ sono lesioni preinvasive ad alto grado a tutti gli effetti, con il 40% o più di individui destinati a sviluppare carcinomi infiltranti negli anni a seguire. Tumori polmonari e immunoistochimica (quasi assente!!). Carcinomi centrali originano in sede ilare o parailare partendo dalla mucosa di un bronco di mediogrande calibro. Hanno solitamente l’aspetto di placca ulcerata che tende ad accrescere endoluminalmente ma anche verso il parenchima circostante. I k centrali più tipici sono: K SQUAMOSO, parte di solito dai bronchi segmentari, solitamente da problematiche infettive o atelettasiche alla diagnosi. Tende a presentare necrosi centrale. La storia naturale di questo k passa dall’esposizione al fumo o a sostanze irritanti, alla metaplasia pavimentosa dell’epitelio bronchiale (che solitamente ha epitelio ghiandolare) alla displasia o k in sito per finire al k franco. Istologicamente forma lamine e nidi con tendenza alla cheratinizzazione sulla quale si basa il grading (quanto è differenziato???). Nella mucosa circostante è possibile rinvenire aree di metaplasia o k in situ. Si sono dimostrate sequenze di HPV nel 20% dei casi. Carcinoma squamoso: positivo per citocheratine ad alto perso molecolare (5-6), CEA e p63 K A PICCOLE CELLULE, parte sempre da un grande bronco ma stavolta questo viene avvolto e stenosato da una massa biancastra che si espande verso l’esterno. Presenta granuli neuro secretori ed è possibile che sia + per cromogranina, Leu7, enolasi neuro-specifica. Potrebbe partire dalle cellule basali dell’epitelio bronchiale che in corso di differenziazione assumono aspetti neuroendocrini. Molto responsivo a chemio. Remissioni tra 6 mesi ad 1 anno. I sintomi sono tosse, perdita di peso, dolore e possibile emottisi. Importanti sono le complicanze infiammatorie dovute all’ostruzione bronchiale. Microcitoma: positivo per CD56, cromogranina, sinaptofisina. 90% positivo per TTF1, <10% negativo per markers neuroendocrini. Al microscopio elettronico sono inoltre visibili granuli neuroendocrini Carcinomi periferici originano dall’albero bronchiale distale, hanno aspetto di nodulo o massa rotondeggiante. I sintomi sono tardivi e dovuti ad invasione pleurica o di un bronco. I k periferici sono solitamente: ADENOK, aspetto gelatinoso e produce mucina. Interessa la pleura nel 70% dei casi e può insorgere da pregresse cicatrici o polmoni a nido d’ape. Il muco delle cellule è positivo per il PAS. Invade i vasi ematici peritumorali nel 90% dei casi. Deve essere fatta diagnosi differenziale nel sospetto che sia una metastasi. I primitivi del polmone hanno + per l’apoproteina surfactante e il TTF1. Adenocarcinoma: positivo per TTF1 (diagnosi differenziale con metastasi da carcinoma tiroideo, tireoglobuline -), e citocheratina 7 K A GRANDI CELLULE, grandi cellule pleomorfe senza netta differenzazione squamosa o ghiandolare. Carcinoma a grandi cellule: positivo per CD56, cromogranina, sinaptofisina. 50% positivo per TTF1, raramente positivo per citocheratine BRONCHIOLO ALVEOLARE K ADENOSQUAMOSO Sintomi in generale: 1. LEGATI ALLA NEOPLASIA, emoftoe, tosse, dispnea, focolai di broncopolmonite per quelli centrali mentre per i periferici ritroviamo dolore toracico e versamento pleurico. 2. DIFFUSIONE REGIONALE, alla pleura (dolore e versamento), alla parete toracica (dolore), alla cava superiore (sindrome mediastinica venosa), plesso bronchiale, diffusione della parete toracica e dell’apice polmonare TUMORE DI PANCOST da dolore alla spalla e si irradia al braccio per invasione dei nervi del plesso brachiale, la sindrome di CLAUDE-BERNARD-HORNER (miosi, enoftalmo, ptosi palpebrale), nervo ricorrenziale (paralisi ricorrenziale), nervo frenico (paralisi frenica del lato coinvolto), infiltra inoltre trachea e esofago (per dare disfagia deve essere infiltrato per almeno 2/3) e in ultimo il pericardio. 3. MTS, encefalo, surreni, scheletro e fegato. 4. SINDROMI PARANEOPLASTICHE (non frequenti), Chushing (eccesso di ACTH), iponatremia e sindrome di Lambert-Eaton (neuropatie e miopatie). Per approfondimento sindromi paraneoplastiche vedi pagg 899-900 Bonadonna. Esame estemporaneo su anello bronchiale: anello di parete bronchiale indenne da neoplasia. Esame del pezzo chirurgico: MACRO: lobo polmonare flaccido e congesto. Il lume del bronco lobare è parzialmente ostruito da una massa necrotica, friabile, che infiltra a manicotto la parete e si estende al circostante parenchima, formando una nodosità del diametro complessivo di 3,5 cm. Pleura indenne. A parte, 7 linfonodi antracotici (peribronchiali). MICRO: carcinoma bronchiale di epitelio pavimentoso corneificante. Bronchite cronica con focolai di metaplasia pavimentosa dell’epitelio bronchiale. Atelettasia con focolai di polmonite da ostruzione bronchiale (polmonite tipica endogena). Metastasi focali in 2 su 7 linfonodi. STADIAZIONE: pT2a N1 MX ________________________________________________________________________________ - CHIARIRE IL SIGNIFICATO DELL’ESAME INTRAOPERATORIO SULL’ANELLO BRONCHIALE. L’esame dell’anello bronchiale ha lo scopo di esaminare il punto in cui il chirurgo effettua la sutura del bronco (se è interessato dal tumore bisogna estendere ulteriormente la resezione del bronco). La biopsia intraoperatoria va sempre eseguita in corso di delicati interventi di recente introduzione, come la "resezione a manicotto" ("sleeve resection"), onde valutare l'eventuale interessamento della trancia di sezione bronchiale. Il materiale per tale indagine deve essere ovviamente consegnato fresco. La colorazione istologica di "routine" e l'ematossilina-eosina, che deve sempre essere affiancata da almeno una colorazione per le mucine (PAS-diastasi, Alcian blu, ecc.). Nell’esame estemporaneo il materiale va inviato a fresco (contenitore senza liquido) perché deve essere congelato (acqua nelle cellule al momento del congelamento potrebbe determinarne la rottura), ma se il frammento è piccolo lo si può avvolgere in garze imbevute di fisiologica. OCT fa la funzione della paraffina (congela e fissa). Il materiale deve essere congelato per abbassamento di temperatura a -25° 1 vetrino va fissato con fissativo che scioglie OCT e colorato con ematossilina rapida di Harris 1 vetrino va colorato con blu di toluidina Il pezzo chirurgico viene fissato in formalina. Valutandolo macroscopicamente devo osservare: peso, dimensioni, superficie pleurica per vedere eventuali retrazioni o ulcerazioni. Al taglio valutazione del nodo patologico (consistenza, superficie del taglio, dimensioni), i rapporti con il tessuto circostante per la valutazione di eventuali infiltrazioni di grosse strutture E’ necessario poi compiere multipli prelievi sul pezzo chirurgico che dovranno essere posti in apposite biocassette, per poi seguire la normale pro cessazione. E’ anche necessario fare un prelievo del parenchima adiacente per valutare eventuali infezioni (broncopolmonite) - IDENTIFICARE ALTRI TIPI DI NEOPLASIA PRIMITIVA CHE COINVOLGONO I GROSSI BRONCHI E POSSONO CAUSARE ATELETTASIA. I principali tumori che causano atelectasia sono i carcinomi squamocellulari e i carcinoidi (raramente anche i microcitomi, anche se di solito sono di piccole dimensioni) Tumori broncopolmonari Le neoplasie benigne del polmone rappresentano meno del 5% di tutti i tumori primitivi ed includono forme di origine epiteliale e mesenchimale che, per l’abituale sviluppo endobronchiale, sono spesso causa di fenomeni bronco-ostruttivi più o meno gravi. - - - - - - Papilloma squamo cellulare bronchiale: tumore papillare composto da un asse connettivale rivestito da epitelio squamoso o talora da un epitelio di tipo transazionale. Insorge per lo più nei soggetti giovani e nel laringe, può presentarsi come lesione esofitica o più raramente come papilloma invertito, può essere circoscritto o diffuso. HPV è un fattore eziologico possibile. Istologicamente è composto da un asse connettivo-vascolare rivestito da epitelio squamoso non cheratinizzante. Ha elevata incidenza di evoluzione in carcinoma (fumo è il principale promotore), però in alcuni casi possono regredire Adenoma bronchiale simil-ghiandole salivari: origina dalle cellule delle ghiandole bronchiali sottomucose e assume aspetto morfologico analogo ai tumori delle ghiandole salivari Adenoma alveolare: lesione periferica di diametro non superiore ai 2 cm, si osserva per lo più in soggetti anziani e non tende a recidivare dopo l’asportazione chirurgica. Istologicamente consiste di spazi irregolari vuoti o contenenti scarso materiale eosinofilo, separati da setti sottili vascolarizzati Cistoadenoma mucinoso: lesione cistica ben delimitata che contiene una gran quantità di materiale mucoide, gelatinoso. Istologicamente presenta parete fibrosa rivestita da monostrato di cellule mucipare e ricolma di muco. La parete fibrosa presenta spesso infiltrato infiammatorio Amartoma bronchiale: si riscontra soprattutto in soggetti maschili di età avanzata, ha per lo più sede periferica e non provocano sintomi; circa8% degli amartomi sono endobronchiali. Aspetto lobulato, composto in prevalenza da isole di cartilagine ialina, che può essere calcificata e ossificata, separata da fessure rivestite da epitelio cilindrico o cubico simile a quello bronchiale; al di sotto di esso è presente spesso tessuto adiposo e muscolare liscio. Tumore benigno a cellule chiare (sugar tumour): neoformazione periferica di pochi cm di diametro ben demarcata con aree emorragiche. Microscopicamente l’aspetto è piuttosto uniforme con nidi di grosse cellule rotondeggianti, caratteristica è l’abbondanza di glicogeno intracitoplasmatico, mentre mancano i lipidi. Esprime vimentina e la proteina S-100, mentre è di solito negativo alle citocheratine Tumore a cellule granulose: nodulo endobronchiale o placca mucosa. Il tumore è sottomucoso ed è formato da cordoni o isole di cellule con ampio citoplasma eosinofilo, l’epitelio bronchiale sovrastante può essere normale o metaplastico. Immunopositività per la proteina S-100 I carcinomi broncopolmonari sono attualmente il tipo di tumore più comune nei paesi occidentali Rapporto M7F è di 1,5/1 >90% dei pazienti ha più di 40 anni al momento della diagnosi 2-5% di tutti i casi sono tumori multipli 20% dei casi associazione con carcinomi della testa e collo I tumori polmonari si riscontrano con maggiore frequenza nel polmone di destra e nei lobi superiori, originando con maggior frequenza nei grossi bronchi in corrispondenza delle loro biforcazioni Fattori di rischio fumo di sigaretta: il rischio aumenta con il numero di sigarette fumate ed è direttamente proporzionale al tempo, aumentando ulteriormente in coloro che iniziano in giovane età. Il rischio diminuisce negli ex fumatori ma solo dopo 15 dalla sospensione. Fumo di sigaretta contiene oltre 5000 sostanze carcinogene ( benzopirene, cadmio, nitrosamine, idrazina, arsenico, piombo) - carcinogeni ambientali (inquinamento atmosferico) - radiazioni ionizzanti: fattore di rischio soprattutto per carcinoma squamoso e carcinoma a piccole cellule - radon - fattori genetici: carcinoma a piccole cellule associato ad HLA-BW44 - fattori dietetici: carenza vitamina A (svolge un ruolo protettivo sull’epitelio respiratorio) - HPV, EBV - fibrosi polmonare diffusa Molti dei carcinogeni citati agiscono inducendo modificazioni dei geni che controllano la crescita cellulare, sia attivando proto-oncogeni che inattivando geni soppressori. Una mutazione è insufficiente, si ritiene che siano necessarie almeno 20 mutazioni successive per indurre modificazioni cancerogene. Oncogeni coinvolti sono K-ras e c-myc, iperespressione di bcl-2, alterazione del gene della p53 e del retinoblastoma. Sono inoltre presenti i fattori di crescita autocrini secreti dalla neoplasia (EGFR, erbB2, TGFR) I carcinomi si suddividono in centrali e periferici Carcinomi centrali: originano in sede ilare o parailare, quindi partono dalla mucosa di un bronco di grande o medio calibro. Aspetto di placca ulcerata che tende ad accrescersi sia verso il lume del bronco che verso il parenchima polmonare circostante. Sintomi sono tosse, perdita di peso, dolore, possibile emottisi e complicanze infiammatorie dovute all’ostruzione Carcinomi periferici: originano dall’albero bronchiale distale; aspetto di nodo o massa rotondeggiante ; sintomi molto tardivi legati all’invasione di un bronco o della pleura. Talvolta il primo sintomo è legato all’insorgenza di una metastasi nei linfonodi scaleni o sovraclaveari o nell’encefalo. Carcinomi periferici del solco polmonare superiore possono determinare la sindrome di Pancoast (dolore nel territorio di distribuzione del nervo ulnare), spesso accompagnata da sindrome di Horner (interessamento della catena del simpatico) La distinzione in tipi istologici è fondamentale sia per la prognosi che per l’impostazione terapeutica. La diagnosi può essere fatta preoperatoriamente o sul pezzo operatorio CARCINOMA SQUAMOSO: è il tipo istologico più frequente e si osserva in maggioranza in soggetti di sesso maschile, tipico tumore associato al fumo di sigaretta. Ha origine nella gran parte dei casi dai bronchi segmentari (carcinoma centrale), ma in rari casi può essere periferico o sub pleurico. Macroscopicamente si presenta come una massa a sede ilare o parailare di dimensioni varie, di colorazione bianco-grigiastra, mal delimitata ed infiltrante il parenchima polmonare con estensione ai bronchi segmentari o sub segmentari. Nel bronco interessato il carcinoma può assumere uno sviluppo endobronchiale oppure peribronchiale sottoforma di infiltrazione diffusa della parete bronchiale a manicotto. Al momento della diagnosi nel 50% dei pazienti ci sono segni di ostruzione bronchiale come polmonite broncostruttiva, atelectasia e bronchiectasie. Possono presentare necrosi centrale con estesa colliquazione (cancro-ascesso). Istologicamente è formato da lamine e nidi di cellule neoplastiche che ricordano quelle degli epiteli pavimentosi, separate da stroma; tendenza alla cheratinizzazione, sulla cui quantità si basa il grading istologico. Nella mucosa bronchiale circostante il carcinoma sono presenti tratti di displasia grave o carcinoma in situ Varianti istologiche - carcinoma squamo cellulare papillare: caratteristica crescita endobronchiale - variante a piccole cellule: forma scarsamente differenziata costituita da cellule di piccole dimensioni - a cellule chiare - variante basaloide: organizzazione a palizzata dei nuclei alla periferia delle travate neoplastiche (prognosi peggiore) I carcinomi squamo cellulari mostrano diffusa ed intensa positività per le citocheratine a basso peso molecolare, sebbene le forme ben differenziate esprimano anche le citocheratine ad alto peso molecolare e il CEA. E’ possibile una focale positività per l’antigene epiteliale di membrana (EMA) ADENOCARCINOMA: rappresenta la metà dei tumori polmonari del sesso femminile, è il tipo istologico che sta mostrando il maggior aumento di frequenza. E’ anch’esso correlato al fumo di sigaretta, ma si osserva spesso on non fumatori o ex fumatori. Macroscopicamente si presenta come nodi o masse grigio-giallastre di aspetto gelatinoso se producono mucina. Localizzazione periferica come massa ben delimitata che può essere localizzata in pieno parenchima polmonare senza apparenti rapporti con l’albero bronchiale o in sede periferica con associato inspessimento della pleura viscerale, talvolta con aspetto a corazza che simula un mesotelioma. Insorgenza su pregressa cicatrice o polmone a nido d’ape. I criteri istologici per la diagnosi includono la presenza di strutture ghiandolari o di muco nelle cellule neoplastiche 5 varianti istologiche: - acinare: cellule formano acini o tubuli - papillare: predominanza di strutture papillari - solido con formazione di muco: proliferazione solida di cellule contenenti muco intracitoplasmatico - con aspetti misti: aspetti di crescita di tipo acinare, papillare, solido e bronchiolo alveolare - CARCINOMA BRONCHIOLOALVEOLARE: adenocarcinoma con una crescita bronchiolo alveolare pura in assenza di infiltrazione stromale e pleurica. Si può presentare come nodo unico periferico o sotto forma di noduli multipli diffusi ad entrambi i polmoni. Istologicamente la struttura alveolare rimane perfettamente riconoscibile e le cellule neoplastiche appaiono regolarmente stratificate sulla superficie interna degli alveoli sostituendo l’epitelio normale 3 istotipi - variante non mucinosa: nodo periferico unico, composta da elementi cuboidali o colonnari, a tratti l’epitelio si solleva in papille sporgenti nel lume alveolare. Microscopia elettronica mostra cellule neoplastiche che hanno caratteristiche delle cellule di Clara (pneumociti tipo 2) - variante mucinosa: cellule cilindriche con variabile quantità di muco nel citoplasma, gli spazi alveolari sono spesso ricolmi di muco - variante mista: aree di tipo mucinoso e di tipo non mucinoso CARCINOMA A GRANDI CELLULE: tumore molto aggressivo che si presenta come grandi masse periferiche spesso necrotiche costituite da cellule voluminose e pleomorfe; non mostra evidente differenziazione squamosa o ghiandolare. - a cellule giganti: cellule grandi con nuclei bizzarri - a cellule di forma fusata: simulanti quelle dei sarcomi ma positive per antigeni epiteliali - linfoepitelioma-like: lamine di cellule con nuclei vescicolosi, strettamente commiste con una popolazione di accompagnamento di piccoli linfociti Immunoistochimicamente esprimono sia le citocheratine che la vimentina CARCINOMA ADENOSQUAMOSO: meno del 10% di tutti i tumori polmonari. Presenta aspetti commisti sia di adenocarcinoma che di carcinoma squamoso. Sono frequentemente periferici e insorgono su cicatrici. Hanno prognosi peggiore CARCINOMA A CELLULE CHIARE: dubbio che rappresenti un tipo a sé stante, poiché campi con cellule chiare possono essere visti nel carcinoma squamoso, a grandi cellule e nell’adenocarcinoma. E’ composto da cellule con ampio citoplasma chiaro per la presenza di glicogeno. Diagnosi differenziale con metastasi di carcinoma a cellule chiare del rene. TUMORI NEUROENDOCRINI: rappresentano uno spettro di entità patologiche fenotipicamente distinte, con gradi diversi di aggressività, che condividono caratteristiche differenziative tipiche delle cellule APUD e sono quindi fenotipicamente caratterizzate dall’espressione di marcatori neuroendocrini. In genere per definire un tumore come neuroendocrino è necessario che siano espressi almeno 2 marcatori: la cromogranina A e la sinaptofisina. Utili sono anche le molecole di adesione delle cellule neurali (NCAM) riconosciute dagli anticorpi Leu 7 (CD57), Leu19 (CD56), e 123-C3. La cromogranina e la sinaptofisina si presentano come granuli citoplasmatici, mentre i marcatori NCAM hanno un’espressione solo di membrana. Le cellule dei tumori neuroendocrini esprimono inoltre citocheratine a basso e medio peso molecolare (7,8,17,18) riconosciute dagli anticorpi KL1, Cam5.2 o dal cocktail di citocheratine AE1/AE3 I tumori neuroendocrini del polmone comprendono i tumori carcinoidi (tipici e atipici), il carcinoma neuroendocrino a grandi cellule e a piccole cellule CARCINOIDI TIPICI: 1-2% dei tumori primitivi del polmone, incidenza massima tra 50-55 anni, senza predilezione di sesso e senza alcuna correlazione con il fumo di sigaretta. In genere si rendono evidenti con sintomi di tipo ostruttivo, mentre solo raramente si presentano con manifestazioni endocrine per ipersecrezione di ormone antidiuretico, ACTH e GH. Inusuale è la comparsa di sindrome da carcinoide. Oltre il 90% ha sede centrale prendendo origine nella parete delle vie aeree di medio e grosso calibro per estendersi al parenchima polmonare circostante e protrudere nel lume bronchiale sollevandone la mucosa che può rimanere intatta. Nel 10% dei casi è periferico. Istologicamente ha struttura variabile con aspetti trabecolari, cordonali, insulari, papillari e fusocellulati, lo stroma è ricco di vasi e conferisce al tessuto neoplastico un aspetto lobulato. Le cellule possono contenere granuli di neurosecreto o di melanina, oppure sono chiare. Piccole quantità di muco sono riscontrabili con facilità nei lumi ghiandolari e nel citoplasma delle cellule di carcinoide. Le cellule del carcinoide sono sempre negative alla reazione argentaffine, mentre è frequente una variabile argirofila (colorazione istochimica secondo Grimelius). Il microscopio elettronico fa cogliere i caratteri dei granuli di neurosecreto. Esprimono cromogranina A, sinaptofisina e i marcatori NCAM, inoltre positività puntiforme per le citocheratine a basso peso molecolare. Nei carcinoidi possono anche essere identificati granuli neuro secretori ed ormoni come la serotonina, la bombesina, VIP, gastrina, leuencefalina, ACTH, prolattina, calcitonina, HCG. L’antigene carcinoembrionario (CEA) è evidenziato in circa il 50% ei carcinoidi e la sua presenza sembra essere associata ad una prognosi più severa. Ci possono essere cellule positive alla proteina S-100 frammiste alle cellule tumorali. I carcinoidi tipici non esprimono TTF1 né le citocheratine 1,5,10,14 CARCINOIDE ATIPICO: prevalenti nei maschi, sono neoplasie spesso associate al fumo di sigaretta, che danno metastasi ai linfonodi ilari e a distanza in oltre il 60% dei casi La prognosi è meno favorevole rispetto al carcinoide tipico Si presentano spesso come noduli periferici ben delimitati di colorito giallo. Hanno struttura simile a quella dei carcinoidi tipici, però hanno attività mitotica più elevata, presenza di aree di necrosi focale La maggioranza dei carcinoidi atipici esprimono positività per i marcatori neuroendocrini meno diffusa e marcata rispetto ai carcinoidi tipici. Invece con maggior frequenza sono immunopositivi per alcuni ormoni, in particolare per ACTH e per il CEA. Non esprimono il TTF1 e le citocheratine CARCINOMA NEUROENDOCRINO A GRANDI CELLULE: è una variante del carcinoma a grandi cellule caratterizzata dalla differenziazione neuroendocrina. Riscontrato in soggetti di età media di 65 anni, forti fumatori, non si associa alla produzione di ormoni ectopici e comporta una prognosi severa. Può essere centrale o periferico, di dimensioni variabili con estese aree emorragiche e di necrosi. Le cellule neoplastiche sono pleomorfe, di grandi dimensioni; l’attività mitotica è elevata I marcatori neuroendocrini sono espressi in modo meno diffuso ed intenso rispetto ai tumori carcinoidi, Esprimono inoltre le citocheratine, il CEA e il TTF1, mentre sono negativi per le citocheratine 1,5,10,14. Rispetto ai tumori carcinoidi c’è intensa positività per p53 CARCINOMA A PICCOLE CELLULE (MICROCITOMA): 10-20% di tutti i tumori polmonari. Colpisce soprattutto maschi con età media di 60, 85% fumatori. Tipico carcinoma centrale o perilare estesamente necrotica, occasionalmente periferico; partenza quasi costante da un grosso bronco che viene avvolto e stenosato da una massa biancastra con estensione verso l’esterno. Biopsia broncoscopia ed escreato quasi sempre positivi 3 forme istologiche - classica: accumuli solidi, cordoni, nidi di cellule poco più grandi dei linfociti, di forma affusolata con citoplasma scarso - mista a piccole e grandi cellule: cellule come le precedenti frammiste ad altre con le stesse caratteristiche ma più grandi - combinata: aspetti preponderanti di carcinoma a piccole cellule con associati campi di carcinoma squamoso o di adenocarcinoma Attività mitotica elevata Presenza di granuli secretori Aspetti di differenziazione neuroendocrina variabile (marcatori neuroendocrini): positività per cromogranina A, sinaptofisina, Leu7, enolasi neurono-specifica Espressione delle molecole di adesione delle cellule neurali (NCAM), il TTF1 è espresso nell’85% dei casi Tumore molto sensibile alla chemioterapia, ma le remissioni non durano più di 6 mesi-1 anno Sindromi metaboliche e cliniche associate - secrezione ACTH: iperplasia surrenalica, aumentato cortisolo ematico e sindrome di Cushing - secrezione ADH: oliguria, edema e iponatremia - secrezione PTH: ipercalcemia Diffusione all’interno del polmone - diretta: il tumore distrugge e sostituisce il tessuto polmonare. La proliferazione neoplastica zaffa gli alveoli e può passare da un alveolo all’altro tramite i pori di Kohn - linfatica: avviene lungo i linfatici peribronchiali e periva scolari. I bronchi e i vasi appaiono come inguainati da un collare bianco di tessuto neoplastic. I più piccoli linfatici dei lobuli, specialmente nella regione sub pleurica, possono essere zaffati da cellule neoplastiche producendo un fine reticolo biancastro Diffusione diretta al di fuori del polmone - diffusione al bronco contro laterale - diffusione al cavo pleurico e pericardico (soprattutto tumori periferici). La diffusione alla pleura da luogo ad un versamento emorragico; la diffusione al pericardio, oltre al versamento pericardico, comporta la possibilità di interessamento per contiguità del cuore - interessamento a manicotto dei grossi vasi (soprattutto carcinoma a piccole cellule). Ciò determina compressione della vena cava con ostacolo al riempimento dell’atrio dx, interessamento dell’arteria polmonare con ostacolo alla circolazione polmonare, interessamento delle vene polmonari con formazione di trombi neoplastici. - Interessamento dei tronchi nervosi (soprattutto adenocarcinoma e carcinoma a piccole cellule). Interessamento nervo laringeo ricorrente determina paralisi delle corde vocali, interessamento nervo frenico determina paralisi del diaframma, interessamento nervo vago determina effetti vari su cuore e polmoni, interessamento della catena simpatica determina la sindrome di Horner (ptosi palpebrale, pupille piccole e assenza di sudorazione facciale dallo stesso lato) Diffusione linfatica Di solito piuttosto precoce e molto estesa - linfonodi ilari sono la prima stazione, soprattutto per i carcinomi centrali, mentre i carcinomi periferici possono saltare questa stazione e diffondersi subito ai linfonodi mediastinici - tipica la metastasi al surrene dx per diffusione retrograda linfatica attraverso il diaframma (soprattutto adenocarcinoma e carcinoma a piccole cellule) - invasione del dotto causa ascite chilosa - a volte possono essere interessati i linfonodi para aortici - tipica è la metastasi al linfonodo sovraclaveare (soprattutto per l’adenocarcinoma), segno di estensione extraregionale Diffusione per via ematica Molto frequente. Può essere dovuta a invasione diretta di una vena polmonare - fegato 33% - surreni 20-30% - ossa 15-20%: prevalentemente locale (coste, sterno, vertebre), ma anche a distanza (bacino) - encefalo 18%: talvolta primo segno clinico - reni 10% Tumori metastatici del polmone Polmone è una sede molto tipica di metastasi Macroscopicamente possono presentarsi come: - nodosità multiple e bilaterali ben delimitate più frequenti ai lobi inferiori: tipici dei carcinomi della mammella, del tratto GI, del rene, dei sarcomi e dei melanomi - interessamento diffuso dei linfatici peribronchiali e periva scolari (linfangite carcinomatosa) con conseguente dispnea e ipertensione polmonare: quadro tipico dei carcinomi dello stomaco, mammella, pancreas e prostata - nodi isolati centralmente necrotici che possono simulare un tumore primitivo: quadro tipico dei carcinomi squamosi del tratto aereo-digestivo superiore, adenocarcinomi del colon e leiomiosarcomi - masse polipoidi invadenti la parete dei grossi bronchi: carcinomi della mammella, rene e grosso intestino - embolizzazioni tumorali nei rami dell’arteria polmonare: quadro associato ai carcinomi della mammella, rene e grosso intestino Diagnosi differenziale con il tumore primitivo non è sempre facile, l’immunoistochimica è di scarso aiuto tranne che nei tumori che presentano antigeni specifici (come il carcinoma della prostata) CLASSIFICAZIONE TNM Stadiazione TNM per il carcinoma polmonare 7° edizione 2009 Tumore primitivo T Fattore T1 T1a Tumore del diametro <3 cm circondato da parenchima pomonare o pleura viscerale con al massimo infiltrazione del bronco lobare Tumore del diametro < 2 cm T1b Tumore del diametro > 3 cm T2 Tumore del diametro > 3 cm ma < 7 cm ovvero tumore associato a: 1. 2. 3. infiltrazione del bronco principale, con distanza > 2 cm dalla carena infiltrazione della pleura viscerale atelettasia o polmonite ostruttiva che dall’ilo si porta alla pleura viscerale senza però interessare l’intero parenchima T2a Tumore del diametro < 5 cm T2b Tumore del diametro > 5 cm T3 Tumore del diametro < 7 cm ovvero con invasione: 1. 2. 3. T4 parete toracica, diaframma, nervo frenico, pleura mediastinica, pericardio, bronco principale ad una distanza < 2 cm dalla carena (senza coinvolgimento della carena) atelettasia o polmonite ostruttiva dell’intero polmone omolaterale lesioni tumorali multicentriche nello stesso lobo Tumore di qualsiasi diametro che infiltri. 1. il mediastino, cuore, grossi vasi, trachea, nervo laringeo ricorrente, esofago, corpo vertebrale, carena 2. lesioni tumorali multicentriche in lobi diversi Fattore Linfonodi loco-regionali N NX Assenza dei requisiti minimi per definire lo stato dei linfonodi regionali N0 Assenza di metastasi linfonodali N1 Metastasi linfonodali peribronchiali o ilari omolaterali ovvero intrapolmonari incluso l’interessamento per continuità Metastasi linfonodali mediastiniche e/o sottocarenali N2 N3 Fattore Metastasi nei linfonodi mediastinici contro laterali, ilari contro laterali, sopraclavicolari ovvero omolaterali o contro laterali a carico della catena del m. scaleno Metastasi a distanza M MX Assenza dei requisiti minimi per definire la presenza di metastasi a distanza M0 Assenza di metastasi a distanza M1 Metastasi a distanza M1a M1b Noduli neoplastici nel polmone contro laterale, localizzazioni pleuriche, versamento pleurico o pericardico con citologia positiva Metastasi a distanza Stadio Stadio di malattia Ia Ib IIa T1a-T1b T2a T1a-T2a T2b T2b T3 T 1a-T3 T3 T4 T4 T1a-T4 Tutti i T IIb IIIa IIIb IV N0 NO N1 NO N1 N0 N2 N1 N0-1 N2 N3 Tutti gli N M0 MO MO MO MO MO MO MO MO MO MO M1a o M1b - IDENTIFICARE LE CAUSE NON NEOPLASTICHE DI ATELETTASIA POLMONARE DA OSTRUZIONE BRONCHIALE. Atelettasia primaria: difetto più o meno completo di distensione e aerazione indipendentemente dal grado e dalla patogenesi. Le atelettasie primarie sono: - Atelettasia del neonato - incapacità dei polmoni di espandersi alla nascita. E’ caratterizzata dalla mancanza di atti respiratori alla nascita ed è tipica dei prematuri; istologicamente presenta spazi aerei obliterati e cavità tappezzate da cell cuboidali, contenenti liquido. Patogenesi multifattoriale caratterizzata da inefficienza dei centri respiratori associata a mancanza del surfactante. - Malattie a membrane ialine - interessa i neonati con mortalità nel 30% dei casi;differisce dall’atelettasia per il tempo di insorgenza. Fattori associati: prematuranza, parto cesareo e diabete materno. La respirazione è inizialmente normale,poi nel giro di poche ore si instaura un insufficienza respiratoria. Si ha una marcata difficoltà ad espandere gli alveoli con conseguente respirazione faticosa supportata dall’ausilio dei muscoli accessori come SCM e conseguente ipossia e cianosi. I polmoni sono raggrinziti come nell’atelettasia e se le alterazioni sono meno diffuse,si ha un quadro a carta geografica in cui aree collassate più congeste, sono circondate da parenchima normale. Istologicamente gli alveoli sono collassati,mentre i bronchioli respiratori sono distesi e cosparsi di una sostanza ialina eosinofila di aspetto proteinaceo. La causa principale è probabilmente l’immaturità del tessuto polmonare che,prima della 34^ settimana di gestazione,ha una scarsa capacità di secernere lecitina,il principale componente del surfactante che a sua volta ha più funzioni: abbassa la tensione superficiale,previene il collabimento delle pareti alveolari e quindi ne favorisce l’apertura con la pressione inspiratoria. Infine fa in modo che il fluido alveolare si diffonda come un film sulle pareti proteggendo le cell dal contatto diretto con l’aria che causerebbe necrosi e irritazione delle cell,esasperate nella malattia dall’ipossia dovuta alla difficoltà ad aprire ed aerare gli alveoli. Questa necrosi causerebbe essudazione di proteine plasmatiche con formazione di membrane ialine e collabimento degli alveoli. L’ ipossia inoltre favorirebbe emorragie ed episodi trombotici disseminati. Atelettasia secondaria: detta anche collasso, è quella che insorge su polmoni precedentemente espansi. La divisione delle atelettasie secondarie prevede atelettasie: - Da ostruzione: l’ostruzione di un bronco comporta assorbimento di aria dagli spazi aerei non funzionanti con conseguente collasso che microscopicamente si presenta come una superficie depressa ricoperta da pleure raggrinzita. A questo si associano alterazioni vascolari con dilatazione reattiva dei capillari alveolari, ristagno di sangue a cui consegue essudazione di fluido e aumento di Hb ridotta, responsabili entrambi di edema ed arrosamento purpureo della zona interessata. Conseguenze: le secrezioni si accumulano al di là dell’ostruzione, possono infettarsi e suppurare con formazione di ascessi. Se invece non si infettano ma collasso persiste, gli pneumociti granulosi degli alveoli proliferano con successiva fibrosi mentre i rami dell’arteria polmonare sono ristretti per fibroelastosi intimale. Cause dell’ostruzione Acuta: - corpi estranei (per i grossi bronchi); - muco nelle infezioni polmonari,bronchite cronica,asma bronchiale (per i piccoli bronchi). Cronica: - carcinomi squamosi e carcinoidi della parete bronchiale; - carcinomi o linfonodi ingrossati comprimenti un bronco (linf da TBC, linfomi, carcinomi periferici comprimenti un grosso bronco) - Da compressione: collasso diffuso solitamente dovuto ad aria o liquido nel cavo pleurico con conseguente spostamento del cuore,del polmone controlaterale e strutture mediastiniche e depressione diaframmatica. Cause: - aria nel cavo pleurico da rottura di bolla enfisematosa, ferite penetranti, fistole con stomaco o esofago x k maligni o ferite. - versamenti pleurici da infezioni(TBC), carcinomi polmonari o pleurici e insufficienza cardiaca congestizia - sopraelevazione diaframmatici da peritoniti, ascessi sottodiaframmatici e complicanze post-chirurgiche - empiema pleurico da diffusione di polmonite - emotorace x trauma, rottura aneurismi, invasione da carcinoma. Le conseguenze della compressione sono: infiammazione con passaggio di fluido negli alveoli e infezioni; inoltre se la causa di atelettasia non viene eliminata l’essudato può organizzarsi con esito in fibrosi polmonare. - Da contrazione: per modificazioni fibrotiche che impediscono l’espansione polmonare; - Focale: per perdita di surfactante come la ARDS caratterizzata da danno alveolare diffuso e necrosi dell’epitelio alveolare. Si manifesta con tachipnea, dispnea e ipossiemia improvvisa con edema polmonare dopo 1-2 gg e diminuita compliance polmonare. Microscopicamente è caratterizzata da iniziali fenestrature dell’endotelio capillare con allargamento delle giunzioni intercellulari dovuti ad attivazione neutrofila da parte del complemento con liberazione di radicali liberi dell’ossigeno ed enzimi idrolitici. Dopo 24-48 h si ha edema polmonare importante con successiva necrosi degli pneumoniti di tipo I, formazione di membrane ialine e iperplasia dei pneumociti di tipo II; dopo 4-7 gg si ha infiltrazione interstiziale linfoplasmacellulare con proliferazione fibroblastica. La guarigione è possibile con restituito ad integrum funzionale ma non anatomica poiché il polmone subisce rimodellamento “a nido d’ape” con spazi cistici disseminati, separati da tessuto fibroso e tappezzati da pneumociti di tipo II, epitelio bronchiale o cell squamose. Cause: shock traumatico o settico, semiannegamento, aspirazione di contenuto gastrico, esposizioni a radiazioni ionizzanti, droghe. - DESCRIVERE IL QUADRO MORFOLOGICO DELLA POLMONITE LIPIDICA. La polmonite lipidica può essere suddivisa in esogena o endogena, a seconda della provenienza dell’agente lipidico. La polmonite lipidica endogena è caratterizzata dal rilascio di materiale lipidico [secrezioni e surfactante che è costituito da una componente lipidica (fosfolipidi e lecitina)] all'interno dello spazio alveolare in conseguenza di una ostruzione delle vie aeree, per lo più causata da una neoplasia polmonare; altri casi sono stati descritti come secondari a condizioni infiammatorie, come bronchiectasie o ascesso polmonare. La polmonite lipidica esogena si verifica allorquando una sostanza oleosa raggiunge lo spazio alveolare, sia per aspirazione che per inalazione. La reazione tissutale polmonare al materiale lipidico dipende in massima parte dalla natura del materiale stesso. Olio di origine animale (ad esempio l’olio di fegato di merluzzo) può determinare un’intensa infiammazione, mentre l’olio di origine vegetale (ad esempio l’olio di oliva) può indurre solo una lieve reazione flogistica. L’olio minerale, relativamente inerte, viene inizialmente emulsionato e fagocitato dai macrofagi. A seguito di aspirazione ripetute, l’olio minerale può indurre una reazione da corpo estraneo che può portare fino alla fibrosi. Con il progredire della fibrosi, il materiale lipidico può confluire fino a formare accumuli sempre più grandi, delimitati da tessuto fibroso e cellule giganti, partecipando alla formazione di una massa simil-tumorale definita paraffinoma. La causa più comune di polmonite lipidica esogena è rappresentata dalla aspirazione cronica di olio minerale usato come lassativo; meno frequentemente può verificarsi a seguito di inalazione di gocce nasali oleose. Studi condotti sugli animali e sugli esseri umani hanno dimostrato, infatti, che le gocce di olio minerale non inducono il riflesso della tosse e, viceversa, danneggiano la clearance muco ciliare favorendo la loro penetrazione all’interno delle vie aeree. Fattori predisponenti per l’aspirazione, come ad esempio l’età avanzata, il reflusso gastroesofageo, gli stati debilitanti, e i disturbi neurologici, i quali possono interferire con la tosse o con il riflesso della deglutizione, possono essere tutti associati con casi di polmonite lipidica esogena; tuttavia, molti casi possono verificarsi anche in pazienti che non presentano alcuna condizione predisponente. La maggioranza dei pazienti con polmonite lipidica esogena sono anziani, tra la sesta e la settima decade di vita. Circa la metà dei pazienti non riferisce sintomi di esordio, e possono essere riconosciuti solo grazie al riscontro radiografico. I pazienti sintomatici riferiscono più comunemente tosse cronica o dispnea; meno frequentemente viene riferita febbre, perdita di peso, dolore toracico o emottisi. L’esame obbiettivo può essere del tutto normale, oppure mette in evidenza la presenza di rantoli crepitanti o respiro sibilante. La radiografia del torace in corso di polmonite lipidica esogena mostra frequentemente la presenza di un addensamento; sono possibili aspetti radiografici di tipo reticolare, misto alveolare/interstiziale e lesioni nodulari. Tali riscontri sono per lo più a carico dei lobi inferiori oppure del lobo medio, e possono avere aspetto multifocale e bilaterale. La TC e la TC ad alta risoluzione possono mostrare opacità, aspetto a vetro smerigliato, alterazioni interstiziali, e lesioni nodulari. La caratteristica più comune riscontrabile alla TC è rappresentata da una consolidazione o una massa dalle caratteristiche lievemente attenuate. Al momento la risonanza magnetica non sembra di particolare aiuto, rispetto alla TC, nella diagnosi di polmonite lipidica. La diagnosi di polmonite lipidica esogena si basa essenzialmente sull’anamnesi, sul reperto radiografico compatibile, ed anche sulla presenza di macrofagi con citoplasma a contenuto lipidico nell’espettorato o nel liquido del lavaggio broncoalveolare. Nei casi di diagnosi dubbia, può essere necessario il ricorso alla biopsia transbronchiale o alla biopsia polmonare a cielo aperto. Se ne distinguono due forme: - diffusa, con lesioni focali presenti solitamente nei lobi inferiori con tendenza a confluire tra loro sino ad interessare un intero lobo che appare sodo, consistente e giallastro; - localizzata, massa soda singola, rotondeggiante, di colorito pallido spesso confusa con k Microscopicamente è caratterizzata inizialmente da macrofagi con citoplasma schiumoso inglobanti lipidi e cell giganti plurinucleate; in un secondo momento invece compaiono linfociti e fiboblasti che sostituiscono i macrofagi e cell adipose. Complicanze: broncopolmonite batterica da sovrainfezione. - IDENTIFICARE LE ALTERAZIONI MORFOLOGICHE NECESSARIE PER LA DIAGNOSI DI BRONCHITE CRONICA Bronchite cronica: La bronchite cronica,patologia molto comune tra i fumatori e i soggetti che abitano in città in quinate.Se persiste per anni può progredire fino a una bronco- pneumopatia cronica ostruttiva,portare al cuore polmonare o all’insufficineza cardiaca, causare metaplasia atipica e displasia dell’epitelio respiratorio, fornendo un ricco terreno per la trasformazione neoplastica. La bronchite viene definita principalmente nei modi seguenti: 1) Bronchite cronica di per sé definita clinicamente:.Ne viene considerato affetto ogni paziente che presenti tosse produttiva persistente per almeno 3 mesi per almeno 2 anni consecutivi,in assenza di qualsiasi altra causa identificabile. 2) Bronchite cronica semplice:i pazienti presentano tosse produttiva,ma non segni obiettivi di ostruzione delle vie aeree. 3) Bronchite cronica asmatica:dimostrata da una iperattivitdall’ipereattività delle vie aeree con broncospasmo respiratorio e sibili respiratori. 4) Bornchite cronica ostruttiva:Principalmetne pazienti fumatori sviluppano ostruzione cronica del flusso ,solitamente associato a segni di enfisema. Patogenesi: Il fattore primario o scatenante nella genesi della bronchite cronica sembra essere un’irritazione cronica da parte di sostanze inalatorie come il fumo di tabaccoo polvere di granaglie,cotone o silicio. Le infezioni batteriche o virali sono importanti nel dare inizio a un’esacebazione della malattia. Sono coinvolti entrambi i sessi a tutte le età,ma la bronchite cronica è più frequente nei maschi di mezza età. Inizia tutto con un eccessiva produzione di muco nelle grandi vie respiratorie ,associata ad una ipertrofia delle ghiandole sottomucose(sono ghiandole muco secernenti) nella trachea e nei bronchi in quanto i neutrofili rilasciano sostanze chiamate elastasi neutrofila e catepsina le quali vanno a stimolare la secrezione di muco. Man mano che la bronchite cronica persiste(soprattutto al persiste dello stimolo irritativo come per esempio il fumo di sigaretta) si può osservare un marcato incremento delle ghiandole caliciformi nelle piccole vie aeree,nei bronchi e nei bronchiole,che porta ad un ulteriore incremento di produzione di muco che contribuisce all’ostruzione delle vie respiratorie.(vedi anche morfologia) Questo incremento delle ghiandole sottomucose pare sia dovuto ad una reazione metaplastica protettiva contro il fumo di tabacco .Molti degli effetti degli agenti irritanti ambientali sull’epitelio respiratorio sono ritenuti mediati dal recettore del fattore di crescita epiteliale EGF. L’ostruzione può essere anche un processo piuttosto precoce,sono infatti stati studiate le piccole vie aeree dei giovani fumatori nelle quali sono state rilevate:1)metaplasia delle cellule caliciformi con tappi mucosi nel lume.2)raggruppamento di macrofagi alveolari pigmentati.3)infiltrazione infiammatoria.4)fibrosi della parete bronchiale. Per quanto riguarda invece le INFEZIONI pare che non abbiano un ruolo principale nello sviluppo della bronchite ma solo ne mantenerla e possono essere decisive nel produrre esacerbazioni acute. Si può parlare di bronchite cronica quando si abbia tosse persistente con espettorazione per un minimo di 3 mesi e per almeno 2 anni. Viene classificata in: - semplice: non c’è evidente ostruzione al flusso d’aria; - asmatica: iperreattività delle vie aeree con broncospasmo intermittente e respiro affannoso; - ostruttiva: ostruzione cronica al flusso con associato enfisema. Morfologicamente è caratterizzata da ipersecrezione di muco viscido a livello delle vie aeree di diametro maggiore,con ipertrofia delle ghiandole della tonaca sottomucosa di bronchi e trachea. Se persiste si ha un aumento del numero di cellule caliciformi mucipare dei piccoli bronchi e bronchioli. Cause: fumo di sigaretta che infiammando ripetutamente la mucosa bronchiale,ne induce una metaplasia squamosa e diossido di zolfo e azoto nell’inquinamento atmosferico che inducono iperplasia delle ghiandole mucipare con conseguente ipersecrezione mucosa. La tosse persistente è causata dall’ipersecrezione mucosa delle grandi vie respiratorie ma soprattutto dalle alterazioni a carico delle piccole vie respiratorie che alcuni studi hanno evidenziato essere: - metaplasia a cell caliciformi con muco che ostruisce il lume; - cumuli di macrofagi alveolari pigmentati; - infiltrazione flogistica e fibrosi della parete bronchiale. Fumo ed inquinamento oltre ad indurre ipertrofia ed iperplasia ghiandolare causano bronchiolite che è la componente principale della fase precoce di ostruzione al passaggio di aria. L’ infezione infatti non è l’agente iniziale della bronchite cronica ma ne è responsabile della riacutizzazione;il fumo inoltre favorisce le infezioni bronchiali perché danneggia l’apparato ciliato e inibisce l’azione difensiva dei leucociti bronchiali ed alveolari. Macroscopicamente è caratterizzata da iperemia, rigonfiamento ed edema della tonaca mucosa bronchiale associati ad abbondanti secrezioni mucose e mucopurulente stratificate su epitelio di superficie. Talvolta i bronchi e i bronchioli sono riempiti da densi cilindri di secrezioni e pus. L’aspetto istologico tipico della bronchite cronica è dato dall’infiammazione cronica delle vie aree(linfociti)e dall’ipertrofia delle ghiandole muco-secernenti tracheali e bronchiali. Il numero delle ghiandole caliciformi aumenta solo lievemente,ma è significativo l’incremento delle dimensioni ghiandolari (vedi sotto). A volte si riscontrano tappi di secreto e pus che riempiono bronchi e bronchioli. Microscopicamente invece il quadro è caratterizzato dall’aumento delle dimensioni delle ghiandole mucosecernenti (sottomucose) di trachea e bronchi e aumento del numero delle cell caliciformi e ghiandole mucose indicato dall’INDICE DI REID. Questo indice valuta il rapporto tra lo spessore dello strato ghiandolare mucoso e lo spessore della parete (misurata tra epitelio e cartilagine); il valore normale è < 0,4e aumenta in proporzione alla gravità e durata della bronchite cronica. L’epitelio invece presenta metaplasma pavimentosa e displasia. Metaplasia caliciforme dei bronchioli,muco addensato,flogosi e fibrosi causano restringimento dei bronchioli stessi fino ad obliterarli;in tal caso si parla di bronchiolite obliterante. N.B. Molti pazienti affetti da BPCO sono anche fatti affetti da enfisema. ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ RISCONTRO AUTOPTICO ESAME GENERALE ESTERNO E FENOMENI POST-MORTALI: condizioni generali scadute; scarse macchie ipostatiche fino alla linea ascellare media; rigidità presente in parte risolta. APPARATO TEGUMENTARIO: Cicatrici chirurgiche toraciche anteriore (da pregresso intervento cardiochirurgico) e laterale sx (da lobectomia). Edemi di discreto grado agli arti inferiori. SNC: arteriosclerosi di discreto grado al circolo di Willis. Circolo arterioso del Willis La vascolarizzazione complessiva dell’encefalo è fornita dalle arterie carotidi interne, dalle arterie vertebrali (rami collaterali dell’arteria succlavia) e dal tronco basilare che si anastomizzano fra loro alla base dell’encefalo per formare il circolo del Willis Circolo del Willis è un importante anello anstomotico situato nella cisterna interpeduncolare, in rapporto con la faccia inferiore dell’encefalo e circonda il chiasma ottico E’ formato: - in avanti dal tratto iniziale delle due arterie cerebrali anteriori (che originano dalla carotide interna) unite fra loro dall’arteria comunicante anteriore - sui lati dalle arterie comunicanti posteriori (che originano dalla carotide interna) che raggiungono l’arteria cerebrale posteriore dello stesso lato - in dietro dal tratto iniziale delle due arterie cerebrali posteriori derivanti dalla biforcazione del tronco basilare (che deriva dall’unione delle due arterie vertebrali) APPARATO CARDIOVASCOLARE: cuore del peso di 480 grammi con ipertrofia e dilatazione ventricolare sx e modesta dilatazione atriale sx. Estesa pericardite adesiva (esito di intervento di resezione dell’aneurisma). Grave coronarosclerosi con occlusione trombotica organizzata del ramo discendente anteriore della coronaria sx. Aterosclerosi aortica e dei grossi vasi di discreto grado. PERICARDITE ADESIVA = adesione delicata e filamentosa tra il foglietto pericardico parietale e quello viscerale. Raramente ostacola l'attività cardiaca. In alcuni casi il processo può esitare in una completa obliterazione del sacco pericardico. tipi di pericarditi: fibrinosa\siero fibrinosa:essudazione fibrinosa accompagnata da più o meno abbondante versamento. “a pane e burro”. L'essudato è poi sostituito da tessuto di granulazione. Ci può essere sfregamento pericardico udibile clinicamente. Eziologia:infarto miocardico, reumatismo articolare acuto (siero fibrinosa), uremia. Sierosa: eziologia virale (Coxakie). Versamento liquido sieroso giallastro in quantità variabile (talvolta può ostacolare l'attività cardiaca). Scarsi depositi di fibrina sulla superficie pericardica. Anche in collagenopatie (LES, artrite reumatoide). emorragica: da infiltrazione tubercolare o tumorale e in traumi. purulenta: complicanza di infezioni da batteri piogeni; è rara. Ad es in polmonite complicata da empiema. croniche: da attacchi recidivanti di reumatismo articolare acuto o di malattie correlate. Le alterazioni di base sono costituite dall'organizzazione e dal deposito di sali di calcio → il tessuto fibroso calcificato determina tenaci aderenze dei foglietti pericardici fino ad ostacolare il riempimento cardiaco (pericardite costrittiva), e stenosi degli ostii venosi con grave congestione venosa. APPARATO RESPIRATORIO: aderenze pleuriche bilaterali, più estese e tenaci a sx. Versamento sieroso bilaterale (1000cc). Esiti di lobectomia superiore sx. Focolai basali di broncopolmonite più estesi a sx. ________________________________________________________________________________ - CHIARIRE IL SIGNIFICATO E LE POSSIBILI ORIGINI DEL VERSAMENTO. Versamento pleurico bilaterale sieroso Un versamento pleurico si sviluppa come conseguenza di un’eccessiva formazione di liquido pleurico (dalla pleura parietale, dagli spazi interstiziali del polmone, dalla cavità peritoneale tramite) o da una ridotta rimozione di liquido da parte dei linfatici Differenze Trasudato Essudato Prot. liq. pleur. / Prot. sier. ‹ 0,5 › 0,5 LDH liq. pleur. / LDH sier. ‹ 0,6 › 0,6 Nell’essudato LDH del liquido pleurico superiore a più di due terzi del limite superiore dei valori normali dell’LDH sierico Chilotorace: liquido linfatico lattescente e torbido con TGL superiori a 110 mg/dl, chilomicroni >50%. Empiema pleurico: versamento purulento con aumento del numero dei leucociti superiore a 10000/ml prevalentemente granulociti neutrofili e batteri al microscopio ottico e alla coltura. Cause di versamento trasudatizio Malattia Frequenza relativa Meccanismo eziopatogenetico Insufficienza cardiaca congestizia 80 % elevata pressione idrostatica Cirrosi epatica 8% Ipoproteinemia, comunicazione pleuroperitoneale Sindrome nefrosica 4% Ipoproteinemia, sovraccarico del liquido sistemico Altre 8% dialisi peritoneale continua ambulatoriale Comunicazione pleuro-peritoneale ipoalbuminemia Ipoproteinemia urino-torace Uropatia ostruttiva atelectasia versamento ex vacuo pericardite costrittiva aumentata pressione venosa sistemica polmone incarcerato sarcoidosi embolia polmonare Cause di versamento essudatizio Malattie del tessuto connettivo lupus pleuritis pleurite reumatoide malattie del tessuto connettivo misto sindrome di Sjogren sindrome di Churg Strauss granulomatosi di Wegener Febbre mediterranea familiare Patologie gastrointestinali pancreatite pseudocisti pancreatica ascesso subfrenico ascesso epatico, splenico epatite ascite chilosa rottura dell'esofago Lesioni iatrogene e traumatiche catetere venoso centrale mal posizionato perforazione dell'esofago emotorace Patologie infettive polmonite batterica polmoniti atipiche parassiti nocardia infezioni micotiche tubercolosi Malattie neoplastiche carcinoma sarcoma linfoma/leucemia mesotelioma chilotorace Altre affezioni infiammatorie embolia polmonare radioterapia pleurite da asbesto sarcoidosi sindrome da distress respiratorio dell'adulto sindrome post-toracotomica pleurite uremica Affezioni varie sindrome di Meigs leiomiomatosi sindrome delle unghie gialle versamento da colesterolo chilotorace ipotiroidismo Causa del versamento Nel nostro caso il versamento è sieroso e bilaterale; si escludono quindi tutte le cause che potrebbero dare un versamento monolaterale, prima fra tutte una localizzazione di neoplasia. Inoltre il versamento non è siero-ematico, come ci aspetteremmo in caso di neoplasia; in più il carcinoma è centrale e non periferico, anche se cmq potrebbe dare mts pleuriche. L’ipotesi dello scompenso è la più probabile: È bilaterale. È sieroso. Presenta edemi declivi, fegato da stasi, versamento peritoneale. Pregresso infarto e intervento per aneurisma cardiaco. Assenza di altre cause di versamento bilaterale trasudatizio: può aver contribuito la cachessia del pz. Infine il versamento può essere reattivo al processo infiammatorio dovuto alla broncopolmonite basale bilaterale. Bisognerebbe capire se si tratta di essudato o trasudato. Caratteristiche degli altri versamenti pleurici in DD: Versamento parapneumonico: Con questa dizione si fa riferimento al versamento pleurico in corso di polmonite di natura batterica. Tale stretta relazione impone la ricerca di versamento pleurico ogni volta che si è verificata la presenza di polmonite, soprattutto se accompagnata a dolore toracico. Una raccolta pleurica saccata (non diffusa, limitata ad un sola sezione del cavo pleurico), un pH del liquido pleurico inferiore a 7,2 e una concentrazione di glucosio inferiore a 60 mg/dl sono dei reperti che assumono valore patognomonico se accompagnati dall'analisi microbiologica che attesti la presenza di batteri nelle colture e nei campioni isolati; nei casi in cui si ha raccolta di pus nel cavo pleurico si parla di piotorace o empiema pleurico. Un quadro particolare di infezione batterica è quella sostenuta da parte Mycobacterium tubercolosis; in tali casi si dovrebbe ricercare il bacillo nell'espettorato o rilativi antigeni nel siero del paziente. Versamenti pleurico secondari a neoplasie maligne: I tumori maligni che più comunemente danno versamento pleurico sono il tumore del polmone, il carcinoma della mammella e il linfoma. La diagnosi può essere posta ogni volta che si mostra un versamento in seguito a neoplasia toracica già precedentemente nota e all'analisi citologica liquido raccolto. Questo tipo di versamento rappresenta un fattore prognostico estremamente negativo. Il mesotelioma pleurico diffuso è un'altra condizione che molto frequentemente è associato a versamento pleurico. Ma il nostro è bilaterale! Le neoplasie che più frequentemente possono dare un interessamento pleurico sono: Adenocarcinoma metastatico. Mesotelioma. Carcinoma indifferenziato a piccole cellule. Linfoma. Melanoma metastatico. La diagnosi differenziale delle neoplasie pleuriche è resa particolarmente difficoltosa dalle caratteristiche dei campioni che arrivano al patologo (versamenti pleurici o biopsia toracoscopiche), che possono presentare una serie di problematiche: Piccole dimensioni. Artefatti da compressione. Perdita di aggregazione cellulare nei versamenti e negli aspirati. Cattiva fissazione. Per questo si ricorre all’indagine immunoistochimica che è consigliata sempre. Si raccomanda di usare pannelli di più marcatori in quanto le cellule neoplastiche possono perdere l’imunoreattività per alcuni marcatori o esprimere marcatori aberranti, e per la variabilità legata alla fissazione e alla processazione dei campioni. Esame citologico del liquido pleurico prelevato mediante toracentesi Il versamento pleurico è un segno molto frequente del carcinoma del polmone (68). L’esame citologico è certamente il metodo più semplice per ottenere la diagnosi, ma risulta positivo in non più del 60-75% dei pazienti con metastatizzazione pleurica, anche se una positività del 50-60% appare più realistica. Questo è dovuto anche al fatto che molti versamenti in corso di neoplasia maligna sono secondari ad ostruzione linfatica del mediastino o sono versamenti parapneumonici di polmoniti su base ostruttiva. La positività citologica è anche influenzata dall’istotipo. La migliore resa diagnostica si ha nell'adenocarcinoma, mentre la sensibilità si riduce per il carcinoma a piccole cellule. Un miglioramento della resa è ottenibile con ripetute toracentesi. INDICAZIONI: Presenza di versamento di eziologia ignota, ma probabilmente essudatizio. Infezioni di causa ignota. Infezioni resistenti alla terapia antibiotica. Stadiazione dei pz con tumori maligni. Terapeutico-evacuativa nei pz con patologie del collageno, nei pz con insufficienza respiratoria causata dal versamento stesso. CONTROINDICAZIONI: Pz non collaborante. Pz instabile a causa di ipossiemia, instabilità emodinamica cardiaca, del ritmo o con angina. Coagulopatie. Pz ventilato meccanicamente. Pz con enfisema PROCEDURA: Identificazione e localizzazione del versamento mediante esame obiettivo, Rx, TC (se malattia saccata). Pz seduto, piegato in avanti, braccia rilassate appoggiate su di un piano. Somministrazione eventuale di atropina per bloccare reazioni vaso-vagali durante l’aspirazione del fluido. NON somministrare narcotici o sedativi. Iniezione di lidocaina in un punto tra la linea ascellare media e la posteriore immediatamente sopra il margine superiore della costa inferiore. Si inserisce quindi ago di grosso calibro collegato a siringa e rubinetto con tre vie nello stesso punto, si effettua prelievo distribuendolo in diversi campioni utilizzai poi per: 1. esame citologico 2. conta cellulare 3. analisi biochimiche compreso peso specifico 4. esame colturale Immunoistochimica su versamento per differenziare adenocarcinoma da mesotelioma citocheratina ed EMA: positivi in entrambi adenocarcinoma: CEA, LEUM1, CD15, B27.3 mesotelioma: HBME1; calretinina e vimentina: V+C+ epiteliomorfo, V+C- sarcomatoide COMPLICANZE: Pneumotorace per perdita di aria dal rubinetto a tre vie o per trauma causato dall’ago. Emorragia nella cavità pleurica o nella gabbia toracica. Sincope. Embolia gassosa. Infezione. Perforazione della milza o del fegato. Alla toracocentesi si può talvolta associare la biopsia pleurica con ago qualora la toracentesi non assicuri una diagnosi eziologica specifica. - CHIARIRE IL SIGNIFICATO DELLE ADERENZE PLEURICHE. Le aderenze tenaci a sx sono il risultato dell’intervento chirurgico di lobectomia sx e possono essere combinate con la pericardite seguita all’intervento cardiochirurgico che potrebbe aver provocato aderenze anche a livello pleurico (raramente il pericardio viene richiuso). Ma sono bilaterali. La bronchite cronica può esserne la causa: le alterazioni infiammatorie nei bronchioli terminali si estendono alla pleura, i cui foglietti sono adesi tra loro e fibrotici Si tratta di abnorme accumulo di tessuto connettivale tra due organi interni del corpo umano, normalmente vicini, ma non connessi fra loro; di solito è la conseguenza di un' infiammazione o di un intervento chirurgico (in tal caso si parla di tessuto cicatriziale). Possono andare incontro ad aderenza il peritoneo, a causa ad esempio di una peritonite acuta o cronica, provocando una occlusione intestinale, oppure il pericardio che riveste il cuore, come conseguenza di una pericardite, e la pleura che riveste i polmoni. Le aderenze pleuriche sono le più frequenti e per lo più esiti di pleurite tubercolare, ma anche conseguenza di polmonite, broncopolmonite, ascesso polmonare. ____________________________________________________________ APPARATO GASTROENTERICO: nulla di patologico da segnalare FEGATO E VIE BILIARI: fegato del peso di 1600 grammi da stasi cronica. FEGATO A NOCE MOSCATA nello scompenso cardiaco il fegato è solitamente aumentato di dimensioni e di peso (epatomegalia congestizia) e sulla sezione di taglio mostra una notevole congestione passiva, il cosiddetto aspetto a noce moscata (aspetto chiazzato e variegato, espressione di emorragie e necrosi delle regioni centrolobulari). Le porzioni centrali dei lobuli epatici sono rosse e congeste ed appaiono circondate da regioni periferiche più chiare, talvolta giallastre. In alcuni casi, specie se è coinvolto anche il ventricolo sinistro, la grave ipossia centrale può provocare anche necrosi centrolobulare insieme con la congestione sinusoidale. Al microscopio si osserva una netta demarcazione tra gli epatociti periportali vitali e quelli necrotici pericentrali, con soffusione emorragica attraverso la regione centrolobulare. Con grave scompenso destro di lunga data le aree centrali possono diventare fibrotiche, creando la cosiddetta sclerosi cardiaca o cirrosi cardiaca, anche se raramente il danno soddisfa i criteri diagnostici di cirrosi (il tipo di fibrosi epatica è peculiare in quanto soprattutto centrolobulare). Lo scompenso destro può portare anche a elevata pressione nella vena porta → splenomegalia congestizia. Microscopicamente si può avere dilatazione sinusoidale. Anche edema cronico della parete dell'intestino che può talora interferire con l'assorbimento intestinale. Infine l'accumulo di trasudato nella cavità peritoneale può dare ascite. Nella maggior parte dei casi la sola evidenza clinica di necrosi centrolobulare è una lieve o moderata alterazione transitoria dei livelli sierici di aminotransferasi. Il danno parenchimale può essere sufficiente ad indurre un lieve ittero. PANCREAS: nulla di patologico da segnalare. PERITONEO E RETROPERITONEO: modesto versamento peritoneale trasudatizio MILZA ED ORGANI EMOPOIETICI: milza di tipo settico del peso di 290 grammi. Midollo osseo indenne all’esame macroscopico. Esame istologico: metastasi midollare di carcinoma. peso normale 150 grammi; lunghezza 12 cm; larghezza 7 cm; spessore 3 cm. La milza è l’organo che tipicamente reagisce di più ai processi infettivi, in cui risulta ingrandita. Si parla di tumore acuto di milza, ma sarebbe più esatto parlare di splenite acuta o di iperplasia settica. Il viscere si presenta molle, ricco di sangue con polpa diffluente. All’esame istologico i seni splenici risultano dilatati e pieni di polimorfonucleati; se l’infezione dura da più tempo si vedono anche plasmacellule, linfociti ed elementi reticoloendoteliali. I corpuscoli di Malpighi aumentano di volume, i linfociti periferici si diffondono dai margini del follicolo verso il parenchima (trattato di anatomia patologica clinica). La reazione splenica non specifica in queste infezioni è causata dagli agenti microbiologici stessi e dalle citochine rilasciate come parte della risposta immune.microscopicamente la principale alterazione è rappresentata dalla congestione acuta della polpa rossa, che può raggiungere e talvolta cancellare i follicoli linfoidi. A volte vi è necrosi acuta dei centri dei follicoli splenici, in particolare quando l’agente è uno streptococco beta emolitico. Raramente si ha la formazione di ascessi. Metastasi midollare da carcinoma: Le metastasi sono le più comuni forme di neoplasia dello scheletro. Vie di diffusione: - propagazione diretta - disseminazione linfatica o ematogena - disseminazioneintrarachidea (plesso venoso di Batson) Tutti i carcinomi possono metastatizzare all’ osso, ma negli adulti più del 75% delle metastasi scheletriche deriva da cancri della prostata, della mammella, del rene e dei polmoni. Le metastasi scheletriche sono tipicamente multifocali; tuttavia, è noto che il carcinoma del rene e della tiroide producono lesioni solitarie. Le metastasi possono verificarsi in ogni osso, ma il più delle volte colpiscono lo scheletro assiale (colonna vertebrale, bacino, coste, cranio, sterno), il femore prossimale e l’omero. Il midollo rosso in queste aree, con la sua ricca rete capillare, il circolo rallentato, costituisce l’ ambiente trofico favorevole all’ impianto e all’ accrescimento delle cellule tumorali. Raramente si riscontrano metastasi alle piccole ossa delle mani e dei piedi, derivanti soprattutto da carcinomi del polmone, del rene, del colon. Manifestazioni radiografiche: - puramente osteolitiche: le cellule metastatiche secernono sostanze come prostaglandine, interleuchine e PTHRP, che stimolano il riassorbimento dell’ osso da parte. Nel carcinoma del polmone (anche nel carcinoma del rene, del tratto gastrointestinale e nel melanoma maligno), sono più frequenti metastasi con le suddette caratteristiche. - puramente osteoaddensanti - miste litiche e addensanti Metastasi ossee da Carcinoma del Polmone: date dalla frequente diffusione per via ematogena la quale può essere conseguente a una invasione diretta di una vena polmonare. Circa il 90% dei pazienti presentano metastasi a più di un organo. Per quanto riguarda la frequenza, le metastasi ossee si ritrovano nel 15-20% dei casi. L’ invasione è prevalentemente locale (coste, sterno, vertebre) ma anche a distanza soprattutto nel carcinoma a piccole cellule (bacino, testa del femore) RENI AD APPARATO UROPOIETICO: reni del peso di 160 grammi (dx) e 140 grammi (sx). Esame istologico: nefroangiosclerosi benigna. Nefroangiosclerosi benigna Malattia renale che si associa alla sclerosi delle arteriole e delle piccole arterie renali L’effetto che ne risulta è un’ischemia focale del parenchima, irrorato da vasi con parete inspessita e lume conseguentemente ristretto. Nei riscontri autoptici un certo grado di nefroangiosclerosi è presente con il progredire dell’età anche in assenza di ipertensione. L’ipertensione e il diabete mellito tuttavia aumentano l’incidenza e la gravità delle lesioni Patogenesi - inspessimento della media e dell’intima come risposta a variazioni emodinamiche, invecchiamento, anomalie genetiche o una loro variabile associazione - deposizione di sostanza ialina nelle arteriole, in parte causata dallo stravaso di proteine plasmatiche attraverso un endotelio danneggiato e in parte da un’aumentata deposizione di matrice simil membrana basale Macroscopicamente i reni appaiono di dimensioni normali o lievemente ridotte. Le superfici corticali sono finemente granulari. La perdita della massa renale è fondamentalmente dovuta alle cicatrici corticali e alla retrazione cicatriziale. Istologicamente si osserva un restringimento dei lumi delle arteriole, causato dall’inspessimento e dalla ialinizzazione della parete (arteriosclerosi ialina) Le arterie arcuate e interlobulari mostrano lesioni caratteristiche che consistono nell’ipertrofia della media, reduplicazione della lamina elastica e aumento del tessuto miofibroblastico nell’intima, con conseguente restringimento del lume. Questo cambiamento, detto iperplasia fibroelastica, spesso accompagna l’arteriosclerosi ialina e diventa più grave con l’invecchiamento e in presenza di ipertensione. Conseguentemente al restringimento vascolare si osservano aree di atrofia ischemica, che consistono in focolai di atrofia tubulare e fibrosi interstiziale e una serie di alterazioni glomerulari (collasso delle membrane basali glomerulari, deposizione di collagene nella capsula di Bowman, fibrosi periglomerulare, sclerosi totale del glomerulo). Quando il danno ischemico è marcato e interessa varie aree di parenchima si possono formare cicatrici regionali. Caratteristiche cliniche Raramente la nefroangiosclerosi benigna non complicata può portare da sola all’insufficienza renale o all’uremia. Di solito si osserva una moderata riduzione del flusso plasmatico, ma il filtrato glomerulare è normale o solo lievemente ridotto, a volte c’è lieve proteinuria Nefroangiosclerosi maligna Forma di malattia renale associata ad una fase maligna o accelerata di ipertensione. Questo tipo di ipertensione si sovrappone spesso ad una ipertensione essenziale preesistente, oppure a forme di ipertensione secondaria o a una sottostante patologia renale cronica (GN) Patogenesi L’evento iniziale sembra essere una qualche forma di danno vascolare renale, questo potrebbe derivare da un’ipertensione benigna di lunga data con infine danno della parete arteriolare, o il danno potrebbe sorgere ex novo da un’arterite o da una coagulopatia che provoca aggravamento acuto dell’ipertensione. Si ha in ogni caso incremento della permeabilità capillare dei piccoli vasi al fibrinogeno e ad altre proteine plasmatiche, danno endoteliale, morte focale delle cellule della parete vascolare e deposizione di piastrine; ciò porta alla comparsa di necrosi fibrinoide delle arteriole, rigonfiamento dell’intima e trombosi intravascolare. I reni diventano marcatamente ischemici, il grave coinvolgimento delle arteriole afferenti renali comporta una potente stimolazione del sistema renina-angiotensina; in effetti i pazienti con ipertensione maligna presentano livelli particolarmente elevati di renina plasmatica. Ciò innesca un circolo che si automantiene in cui l’angiotensina 2 causa vasocostrizione intrarenale con la conseguente ischemia renale che perpetua la secrezione di renina. Anche i livelli di aldosterone sono alti e la ritenzione di Sali contribuisce all’aumento della pressione sanguigna. Le dimensioni del rene dipendono dalla durata e dalla gravità della malattia ipertensiva, piccole emorragie petecchiali a capocchia di spillo possono comparire sulla superficie corticale per rottura delle arteriole o dei capillari glomerulari Alterazioni istologiche - Necrosi fibrinoide delle arteriole: lesione granulare eosinofila della parete dei vasi, che si colora positivamente per la fibrina con tecniche istochimiche e di immunofluorescenza. Questo cambiamento rappresenta un evento acuto e può essere accompagnato da un modesto infiltrato infiammatorio all’interno della parete - Inspessimento intimale nelle arterie interlobulari e nelle arteriole causato da proliferazione di cellule muscolari lisce allungate, disposte concentricamente insieme a fini strati concentrici di collagene e accumulo di materiale poco colorato (proteoglicani e proteine plasmatiche). Questa alterazione è descritta a bulbo di cipolla. Le lesioni arteriolari causano un notevole restringimento dei lumi vascolari, con atrofia ischemica e a volte infarti nelle regioni distali irrorate dai vasi danneggiati Ipertensione maligna è caratterizzata da pressioni diastoliche >130 mmhg, papilledema, retinopatia, encefalopatia, alterazioni cardiovascolari e insufficienza renale. All’inizio del rapido innalzamento della pressione arteriosa si osserva una proteinuria marcata e talvolta macro o microematuria in assenza di alterazioni significative della funzione renale. Presto si manifesta però anche l’insufficienza renale APPARATO GENITALE: iperplasia prostatica