4 > DOSSIER “Dossier” Dialogo sui farmaci • n. 1/2005 Il test di valutazione di riferimento per questo dossier è disponibile nella sezione Formazione a Distanza nel sito internet: www.dialogosuifarmaci.it (con scadenza il 15 maggio 2005). EPATITE C: alcuni strumenti per il medico di famiglia ASPETTI EPIDEMIOLOGICI n Italia, la prevalenza di soggetti anti-HCV positivi (virus dell’epatite C) è intorno al 3%, con un gradiente crescente Nord-Sud: • 3,2% Nord1; • 10-12% in Campania e in Sicilia2, 3. Il 65-70% di soggetti anti-HCV positivi sono HCV-RNA positivi, e dunque potenzialmente infettanti1, una percentuale compresa fra il 35%1 e il 50%3 di questi ha valori di ALT normali. In tutti gli studi di popolazione la prevalenza di soggetti anti-HCV e HCV-RNA positivi cresce assai nettamente con l’età2: • 1,3% sotto i 30 anni; • 5% fra 40 e 49 anni; • 33% oltre i 60 anni. Il dato indica un effetto di coorte: l’Italia, come gli altri Paesi industrializzati, ha attraversato un’endemia di epatite C con un picco tra gli anni ‘60 e ‘804, probabilmente in gran parte iatrogena (trasfusioni di sangue ed emoderivati, siringhe non a perdere, strumentazione mal sterilizzata)3. Attualmente nel mondo industrializzato l’incidenza di nuovi casi di epatite C è in riduzione. La coorte di casi infettati ha alimentato in passato la mortalità per cirrosi, che ora tende a decrescere, mentre aumenta la I I pazienti con epatite cronica sono spesso asintomatici, anche l’esame fisico è negativo in assenza di cirrosi. La cirrosi iniziale da virus C nella grande maggioranza dei casi non ha segni fisici patologici. L’infezione acuta da HCV decorre di solito inavvertita e senza sintomi: il 75% cronicizza. Il medico di famiglia identifica i soggetti a rischio e gestisce con l’assistito l’iter diagnostico e il trattamento. tabella 1 LA TRASMISSIONE • La trasmissione attraverso trasfusioni di sangue o emoderivati è oggi un evento eccezionale. • La maggior parte delle nuove infezioni a genesi identificata sono da droga parenterale. • In molti casi la genesi dell’infezione rimane sconosciuta. • Eccezionale o inesistente è l’infezione sessuale per rapporti monogami5. • La trasmissione verticale madre-neonato avviene in circa il 5% dei casi6. • La trasmissione per punture con ago contaminato, di particolare interesse per le professioni sanitarie, avviene in circa il 3% delle punture7. tabella 2 mortalità per carcinoma epatocellulare nella coorte di cirrotici in fase avanzata, perché la migliore gestione terapeutica ne ha allungato la sopravvivenza. L’epatite C si trasmette esclusivamente p e r v i a p a r e n t e r a l e ; altre modalità non sono mai state chiaramente dimostrate (ttabella 1). STORIA NATURALE pazienti con epatite cronica sono in maggioranza asintomatici; alcuni manifestano astenia e facile stancabilità. Anche l’esame fisico è negativo in I PRIMI INDIZI DI CIRROSI DA VIRUS C I primi indizi di cirrosi sono quelli dell’ipertensione portale: • piastrinopenia (< 140.000/mmc); • vena porta di calibro > 13 mm; • assenza delle variazioni di calibro delle vene splenica e mesenterica con il respiro8. assenza di cirrosi. La cirrosi iniziale da virus C tuttavia nella maggioranza dei casi non ha segni fisici patologici (ttabella 2). L’infezione acuta da HCV decorre di solito inavvertita e senza sintomi. Con le riserve dovu- GLOSSARIO ALT: alanina aminotransferasi, enzima endocellulare della classe delle transaminasi rilasciato nel sangue dagli epatociti danneggiati. AST: aspartato aminotransferasi, enzima endocellulare della classe delle transaminasi rilasciato nel sangue dagli epatociti danneggiati. HCV-RNA: materiale genetico che indica la replicazione del virus e pertanto la persistenza dell’infezione. SVR, RISPOSTA VIROLOGICA SOSTENUTA: definita come la presenza di HCVRNA<100 copie ml-1,valore mantenuto anche a seguito della cessazione del trattamento. La misura è usualmente eseguita dopo 24 settimane dal termine della terapia. EVR, RISPOSTA VIROLOGICA PRECOCE: comportamento di HCV-RNA alla 12a settimana di trattamento. DOSSIER < 5 Dialogo sui farmaci • n. 1/2005 te alla difficoltà di identificare le infezioni acute da HCV, si stima che il 75% cronicizzi9, anche se non mancano casistiche con percentuali di cronicizzazione attorno al 50%10. La storia naturale dell’epatite cronica C è condizionata da molti fattori, è perciò difficile stabilire la prognosi nei singoli pazienti. In assenza di cirrosi, l’epatite cronica C non pone a rischio la vita e non altera in misura clinicamente significativa le funzioni del fegato. Cruciale per la storia naturale sono pertanto il rischio e i tempi della progressione in cirrosi (ttabella 3). L’indice più accurato della probabilità di progressione è il grado di attività necro-infiammatoria e di fibrosi alla biopsia11. Il rischio di cirrosi è pressoché nullo nei pazienti con sola portite, e può raggiungere il 50% a 5 anni in quelli con setti fibrotici (bridging) e attività necro-infiammatoria severa14. In Europa e in Nord-America, ma non in Giappone, il carcinoma epatocellulare (HCC) è pressochè esclusivo dei pazienti con cirrosi, ed è più frequente nelle cirrosi da virus C che in quelle da altra eziologia15. L’incidenza di HCC è di circa 2-3% per anno ed è maggiore nel sesso maschile e nella cirrosi più avanzata16. DIAGNOSI pazienti con epatite cronica sono in maggioranza asintomatici, pertanto la diagnosi deriva generalmente dal risultato positivo della ricerca dei markers virali in soggetti nei quali un controllo casuale ha rilevato un aumento delle transaminasi (AST/ALT, con ALT generalmente > AST). Si ricerca prima l’anti-HCV, che nei soggetti immunocompetenti e senza ipo/a-gammaglobulinemia ha sensibilità e specificità prossime al 100%4. Quasi tutti i soggetti con iperAST/ALT e anti-HCV positivo sono HCV-RNA I tabella 3 RISCHIO E TEMPI DELLA PROGRESSIONE IN CIRROSI • Il tempo medio di progressione dalla diagnosi alla cirrosi è stato stimato in 30 anni11. • La percentuale di pazienti che progredisce in cirrosi a 20 anni dalla diagnosi è stimata attorno al 10-15%9 (cifra media con ampia variabilità). • Sono associati a maggior probabilità o rapidità di progressione: - l’età di infezione > 40 anni, - la trasmissione post-trasfusionale, - l’eccesso di peso, - un consumo di alcool > 50-30 g/die9,11. • Non supera il 2-4% l’incidenza di cirrosi nelle giovani donne e nei bambini9. • È assente o minima la progressione in cirrosi nelle donne infettate da immunoglobuline anti-Rh contaminate12,13. positivi; tuttavia, HCV-RNA viene generalmente ricercato, con tecnica qualitativa, per conferma dell’infezione attiva, e perché solo i soggetti HCV-RNA positivi sono candidati al possibile trattamento. Anche per HCV-RNA le tecniche attuali hanno sensibilità e specificità prossime al 100%. Nei soggetti con AST/ALT elevate e anti-HCV e HCV-RNA positivi è teoricamente possibile un’epatite acuta. In assenza di potenziali eventi infettanti questa possibilità è remota. Prima di decidere un’eventuale terapia è opportuno seguire nel tempo l’andamento di AST/ALT e di HCVRNA: si definisce epatite cronica la persistenza delle alterazioni di laboratorio per > 6 mesi. Stabilita la diagnosi di epatite cronica C, è necessario valutare il danno del fegato conseguente all’infezione. I test funzionali sono troppo poco sensibili per una valutazione accurata. È però importante, soprattutto per la prognosi, stabilire se il paziente è già cirrotico. La cirrosi iniziale da virus C nella grande maggioranza dei casi non ha segni fisici patologici, possono essere presenti: - fegato duro a margine acuto; - milza palpabile; - eritema palmare. I primi indizi di cirrosi sono quelli dell’ipertensione portale (ttabella 2). La possibile utilità di uno screening per l’epatite C in soggetti a rischio è stata esaminata dallo US Preventive Services Task Force USA, che ha dato parere negativo17; un dibattito con ragioni pro e contro lo screening è stato pubblicato sullo stesso giornale nel novembre 200417. In Italia, la diffusione dell’infezione cronica da virus C è maggiore che negli Stati Uniti, un dato che potrebbe incidere sull’eventuale utilità dello screening. Una Consensus Conference è stata indetta dall’Istituto Superiore di Sanità per il 5-6 maggio 2005. TRATTAMENTO pazienti con epatite C vengono di solito afflitti con liimita zioni dietetiche, del tutto im motivate . È probabilmente opportuna la limitazione del sale nei soggetti con cirrosi avanzata anche se ancora anascitici, per la possibilità di facilitare la comparsa di ascite già impending (incombente). È invece necessaria la limitazione dell’alcool: a meno di 30 g/die18 negli uomini e a quantità più basse nelle donne, mentre va abolito nei cirrotici e nei pazienti in corso di trattamento. Non ci sono farmaci specificamente a rischio nei soggetti con epatite cronica. Tuttavia, nei cirrotici, la prescrizione di: anti-aggreganti, FANS e anticoagulanti di solito per patologia cardiovascolare, espone al rischio di emorragie digestive da varici o da lesioni mucosali, ed esige la difficile valutazione del rapporto rischio/beneficio. L’attuale trattamento dell’epatite cronica C è basato sulla combinazione di peg-interferone (pegbox 1). Molifn) e ribavirina (rb) (b te informazioni provengono da I 6 > DOSSIER Dialogo sui farmaci • n. 1/2005 tabella 4 box 1 TRATTAMENTO ALGORITMO DI COMPORTAMENTO IN UN SOGGETTO ANTI-HCV POSITIVO GENOTIPO 1 GENOTIPI 2 O 3 ➧ ➧ 48 24 1.000-1.200, sec. il peso 800 Probabilità di SVR%: senza cirrosi o bridging 57 87 Probabilità di SVR%: con cirrosi o bridging 41 75 Durata trattamento (settimane) Dosi di ribavirina (mg/die) Anti-HCV +vo HCV-RNA -vo +vo STOP tre grandi RCT, e sono concordanti19-21. Tutti gli studi assumono come risposta terapeutica la negativizzazione di HCV-RNA, generalmente parallela alla normalizzazione di AST/ALT, persistente per 6 mesi dopo la fine del trattamento. Le ragioni di questa scelta sono tre: 1) circa la metà dei pazienti che negativizzano HCV-RNA alla fine del trattamento si ripositivizzano; 2) quasi nessuno dei pazienti con negativizzazione persistente per 6 mesi (risposta virologica sostenuta, SVR) si ripositivizza; 3) i pazienti con SVR presentano nel tempo un miglioramento fino alla normalizzazione delle lesioni necroinfiammatorie ed entro certi limiti della fibrosi pre-trattamento e non sono descritti casi di progressione in cirrosi22-24. Questi ed altri RCT di precedenti regimi di trattamento con interferone hanno concordemente dimostrato che la probabilità di SVR è maggiore per i genotipi 2 e 3 rispetto al genotipo 1, ed è maggiore in assenza di cirrosi o di fibrosi con setti (bridging). Altri fattori che riducono la probabilità di risposta sono l’eccesso di peso25, l’età avanzata25 e il consumo di alcool18. I dati della tabella 4 sono ricavati da un trial che impiegava peg-ifn α 2a 21; sono simili i dati ottenuti con peg-ifn α 2b19. Nella pratica corrente, i risultati della terapia dell’epatite C possono essere meno favorevoli. Gli RCT infatti (particolarmente quelli sponsorizzati da ditte farmaceutiche, come sono tutti quelli dei trattamenti antivirali) tendono a esagerare i vantaggi del trattamento sperimentale28, 29. Discutibile è per esempio l’aggregazione della cirrosi con la fibrosi con bridging (setti), che ha come conseguenza probabile la sopravvalutazione dell’efficacia del trattamento nei pazienti con cirrosi. C’è una forte spinta commerciale a trattare con peg-ifn + ribavirina il maggior numero possibile di pazienti con epatite cronica C. Per decidere se prescrivere un trattamento che altera per tempi non brevi la qualità di vita ed è costoso, è opportuno considerare due elementi: • a parte l’efficacia del trattamento su un end point surrogato come la SVR, qual è la sua capacità di modificare in meglio la storia naturale del paziente? • quali sono le evidenze di tale capacità? RCT, studi di coorte metodologicamente validi, studi retrospettivi, etc? Il trattamento dei pazienti con epatite cronica senza cirrosi modifica la storia naturale della malattia perché evita la progressione in cirrosi, e perché la cirrosi è il passaggio obbligato per lo scompenso funzionale del fegato (ascite, emorragie da ALT? Stabilmente normale Elevata Monitoraggio Peg-IFN + ribavirina? Biopsia: attività necroinfiammatoria intensa e/o fibrosi significativa? No Non indizi sospetti di cirrosi e attesa di vita < 10 -20 anni; Non indizi sospetti di cirrosi e durata di infezione > 10-20 anni; Fibrosi assente o minima (F1). Sì Attesa di vita > 10-20 anni; Assenza di seria comorbidità; Infezione contratta in età avanzata; Genotipo 2 o 3; ALT molto elevata (> 4-5 x N); Motivazione del paziente. 12a settimana: EVR? No Sì Stop al trattamento Continua il trattamento Cruciale per la storia naturale sono il ri DOSSIER < 7 Dialogo sui farmaci • n. 1/2005 varici, encefalopatia), lo HCC e la morte. Le evidenze sono numerose e concordanti22-24. È tuttavia dubbio il vantaggio del trattamento in soggetti con epatite istologicamente lieve (attività necroinfiammatoria e fibrosi assenti o modeste), specie se la mancanza di tendenza alla progressione è suggerita da una lunga durata della malattia (10-20 anni)14. Nei pazienti giovani o di mezza età senza seria comorbidità con attesa di vita pari o superiore ai 20 anni e con AST/ALT elevate, il bilancio beneficio/svantaggi è favorevole e il trattamento è la decisione generalmente più appropriata30,31, specie se il genotipo 2 o 3 consente una elevata probabilità di risposta a un regime di 6 mesi di peg-ifn più ribavirina. Al contrario, è dubbio il vantaggio del trattamento in soggetti in cui l’assenza di indizi sospetti per cirrosi dopo 10-20 anni di durata dell’infezione suggerisce che l’epatite non ha tendenza alla progressione, nelle giovani donne, particolarmente se infettate da immunoglobuline anti-Rh, o nei soggetti in cui una comorbidità importante predice un rischio di mortalità più vicina rispetto a quella ipotizzabile per l’epatite C, o controindica il trattamento (esempio, una grave depressione). Più difficile, quando ad esempio l’infezione è stata contratta in età avanzata o si ha un aumento notevole delle transaminasi che fanno temere una progressione accelerata, o quando si esclude il rischio di progressione accelerata prima di decidere di non trattare. In questi casi, e più in generale ogni volta che in base agli indizi clinici il bilancio beneficio/ svantaggi del trattamento è incerto, informazioni spesso decisive si ricavano dalla biopsia. Il reperto istologico di attività necro-infiammatoria intensa e soprattutto di uno stadio relativamente avanzato di fibrosi sono forti elementi a favore del trattamento14 . Nei pazienti con cirrosi prevalgono i dati che riportano un rallentamento dello scompenso e una ridotta incidenza di HCC. Tuttavia, la qualità delle evidenze è bassa, e i vantaggi sono riportati soprattutto in studi retrospettivi32. Nonostante la povertà di evidenze di efficacia sulla storia naturale della cirrosi, il trattamento con peg-ifn più ribavirina è autorizzato nella nota AIFA n. 32. Nei pazienti che hanno una riattivazione dell’epatite dopo la precedente risposta di fine trattamento con ifn standard associato o no a ribavirina (relapsers), il ri-trattamento con pegifn più ribavirina è autorizzato nella nota 32 alla fine del trattamento. Dato che il trattamento con peg-ifn più ribavirina ha una maggior efficacia dei regimi a base di ifn standard associato o no a ribavirina, il ri-trattamento nei relapsers è logicamente giustificato, anche se le evidenze della letteratura sono modeste33. Il ri-trattamento dei pazienti senza risposta di fine trattamento non è autorizzato dalla nota 32 e avrebbe ancor meno evidenze a sostegno. Il monitoraggio del trattamento con peg-ifn + ribavirina si basa sulla determinazione qualiquantitativa dell’HCV-RNA, che consente di prevedere nel corso del trattamento la probabilità di risposta sostenuta (SVR) ed eventualmente di sospendere il trattamento se questa probabilità è molto bassa, evitando gli inconvenienti clinici e i costi di un trattamento prolungato. Le raccomandazioni della NIH Consensus Conference del 2002, ba- schio e i tempi della progressione a cirrosi sate sui dati di due grandi RCT, assumono come criterio per decidere se sospendere o seguitare il trattamento il comportamento di HCV-RNA la risposta virologica precoce (EVR), cioè alla 12a settimana di trattamento. I pazienti nei quali alla 12a settimana di trattamento la concentrazione di HCV-RNA nel siero (metodo quantitativo) si è ridotta di almeno 2 logaritmi hanno una probabilità di SVR pari al 68% valore predittivo positivo ); nei (v pazienti nei quali una simile riduzione non si è ottenuta, la vaprobabilità di SVR è del 2% (v lore predittivo negativo ). Se si usa la determinazione qualitativa dell’HCV-RNA, la probabilità di risposta sostenuta è dell’80% se alla 12a settimana HCV-RNA si negativizza (valore predittivo positivo); mentre scende al 15% se è ancora positivo (valore predittivo negativo). Le raccomandazioni conseguenti sono di usare come criterio base il comportamento dell’HCVRNA quantitativo alla 12a settimana, che ha un maggior valore predittivo negativo rispetto al test qualitativo, e di sospendere il trattamento se non c’è stata una riduzione pari o superiore a 2 logaritmi34. REAZIONI AVVERSE egli RCT con trattamento peg-ifn + ribavirina per 48 settimane, le sospensioni per reazioni avverse (ADR) sono tra il 1020e il 16%21; intorno al 30% sono le riduzioni di dose dell’uno o dell’altro farmaco per reazioni avverse. È probabile che nella pratica l’incidenza di ADR sia più alta, perché gli studi in generale sottostimano l’incidenza delle ADR35 e per il variabile rigore con cui i singoli medici applicano i criteri di N 8 > DOSSIER Dialogo sui farmaci • n. 1/2005 box 2 DEPRESSIONE COSTO DEI TRATTAMENTI DELL’EPATITE C (a cura della redazione di Dialogo sui farmaci) Confronto del costo del trattamento con ifn e ifn pegilati (in associazione o meno a ribavirina) di un paziente per 48 settimane (peso del paziente 70 kg). Per la comparazione sono stati utilizzati i prezzi ex-factory IVA esclusa. 7 16.896,00 peg-ifn α2a (180 mcg sett) + ribavirina alternative terapeutiche peg-ifn α2b (1,5 mcg/kg sett) + ribavirina 7 14.496,00 7 9.840,00 peg-ifn α2a (180 mcg sett) 7 7.440,96 peg-ifn α2b (1,5 m cg/kg sett) ifn α2a (180 mcg sett) + ribavirina 7 9.493,92 ifn α 2b (1,5 mcg/kg sett) + ribavirina 7 9.432,00 ifn α2a (180 mcg sett) 7 2.437,92 ifn α2b (1,5 mcg/kg sett) 7 2.376,00 7 2.000 7 6.000 7 10.000 7 14.000 a depressione combinata o meno ad ansia, irritabilità e insonnia, può essere severa a rischio di suicidio e può obbligare alla sospensione del trattamento. Pazienti con storia di importante depressione pre-trattamento sono stati sistematicamente esclusi dagli RCT, e non dovrebbero essere trattati nella pratica corrente. Se il trattamento è ritenuto necessario (elevato score istologico di attività necroinfiammatoria e di fibrosi), il contemporaneo uso di antidepressivi può consentire la terapia36. L 7 18.000 DISFUNZIONE TIROIDEA costo/48 settimane I regimi terapeutici considerati sono autorizzati nella nota AIFA n. 32, anche se nella pratica i trattamenti più utilizzati sono quelli con peg-ifn + ribavirina. Il confronto dei costi vorrebbe sensibilizzare anche all’aspetto economico, in un momento caratterizzato da esigenze di contenimento della spesa. La più recente novità nel trattamento dell’epatite cronica C è rappresentata dagli peg-ifn. In commercio sono disponibili 2 diverse molecole: il peg-ifn α2a e il peg-ifn α2b. Nessuno degli studi clinici attualmente pubblicati ha valutato l’efficacia del trattamento con peg-ifn α2a vs peg-ifn α2b. Al termine del 2003 SCHERING PLOUGH ha annunciato l’inizio di un RCT multicentrico* (n~3000) disegnato per confrontare l’efficacia terapeutica di entrambi. In attesa dei risultati dello studio IDEAL non vi sono dati che suggeriscano quale dei regimi terapeutici sia maggiormente efficace. * Studio IDEAL (Individualized Dosing Efficacy vs flat dosing to Assess optimaL pegilated interferon therapy) in http://www.idealstudy.com esclusione. ADR frequenti, ma raramente causa di sospensione, sono: • astenia (50-64%); • reazioni eritemato-papulose nella sede di iniezione (3658%); • febbre post-iniezione di pegifn (43-56%); • artromialgie (27-56%)36. Più rare ma più serie sono le condizioni autoimmuni: • ipo- o iper-tiroidismo; • anemia emolitica da autoanticorpi; • porpora trombocitopenica autoimmune; • una varietà di effetti come aritmie cardiache, esacerbazione di psoriasi, sindrome nefrosica e altri. Meritano una breve analisi: • anemia (12-22%); • depressione (21-34%); • ipo- o iper-tiroidismo (1,6%)37,38 e percentuali di disfunzione tiroidea (1,6%) riguardano la comparsa di dati di laboratorio anormali (aumento o diminizione di TSH e ormoni tiroidei); più rare sono le manifestazioni cliniche. Le disfunzioni tiroideee sono più frequenti nelle donne, e soprattutto nelle donne nelle quali è dimostrabile prima del trattamento la positività di anti-tireoglobulina e anti-microsomi37. La presenza di disfunzioni tiroidee ha motivato l’avvio del trattamento specifico, mantenendo quello antivirale38. L MONITORAGGIO DEI PAZIENTI NON TRATTATI ANEMIA anemia è prevalenteemolisi mente dovuta all’e d a r i b a v i r i n a con depressione midollare da pegifn. Può rendere necessaria una riduzione del dosaggio della ribavirina, che si riflette in una ridotta efficacia del trattamento. Un RCT recente ha dimostrato l’efficacia di eritropoietina per prevenire/ correggere l’anemia senza ridurre la dose di ribavirina39. L’ a un terzo a metà dei soggetti HCV-RNA positivo hanno transaminasi normali. Questi soggetti hanno in genere lesioni istologiche minime, non hanno, o hanno minima progressione della fibrosi in biopsie ripetute e non sono riportati casi di progressione dall’epatite alla cirrosi40-43. In pazienti con ALT normali è stato condotto un RCT con peg-ifn + ribavirina, con percentuali di risposta sostenuta non differenti D DOSSIER < 9 Dialogo sui farmaci • n. 1/2005 da quelle ottenute nei pazienti con transaminasi elevate44; ma in mancanza di una dimostrata potenzialità di progressione verso la cirrosi rimane incerta la base razionale al trattamento. Il monitoraggio consiste nel dosaggio delle transaminasi ogni 3-4 mesi. Aumenti anche transitori ma ripetuti delle transaminasi devono farli equiparare ai pazienti con transaminasi stabilmente alte. 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Pertanto, l’eventuale decisione di non trattare non può essere basata sulle sole transaminasi, ma sui criteri considerati in precedenza (vedi “Trattamento), ed eventualmente le informazioni della biopsia. F D EL Z OTTI e C M ELOTTI , MMG, ULSS 20 di Verona - L M ASIERO , Servizio Epidemiologia e Biostatistica, ULSS 20 di Verona - F ANTONUCCI, Redazione Dialogo sui Farmaci 16. Donato MF et al. High rates of hepatocellular carcinoma in cirrhotic patients with high liver cell proliferative activity. Hepatology 2001; 34: 523-8. 17. U.S. Preventive Services Task Force. Clinical Guidelines. Screening for hepatitis C virus infection in adults: Recommendation statement. Ann Intern Med 2004; 140: 462-79. 18. Peters MG et al. Alcohol use and hepatitis C. Hepatology 2002; 36: S220-5. 19. Manns MP et al. Peginterferon alfa-2b plus ribavirin compared with interferon alfa-2b plus ribavirin for initial treatment of chronic hepatitis C: a randomised trial. Lancet 2001; 358: 958-65. 20. 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