Una nuova cura per l’epatite C.
Una nuova molecola impedisce la moltiplicazione virale
Nature online ha pubblicato la notizia che una nuova molecola, siglata come Biln2061,
sembra efficace nel bloccare l'attività della Ns3 proteasi, una proteina del virus dell'epatite C,
impedendo così la moltiplicazione virale.
La nuova molecola è stata sperimentata in test di laboratorio e su pazienti infetti con il virus
del genotipo 1, il più resistente ai farmaci e tra i più diffusi in Europa.
Ora però la Biln2061 dovrà essere ulteriormente testata per stabilire dosaggio e durata
della terapia, e per saggiarne tossicità e capacità di produrre resistenza.
Nei paesi industrializzati l’'infezione da virus dell'epatite C (HCV) è la causa più frequente
di epatite cronica, di cirrosi e di tumori del fegato; in Italia il virus C da solo o con altri fattori
(alcool, HBV) è presente nel 60-70% delle cirrosi e dei tumori del fegato.
Il virus dell'epatite C è trasmesso soprattutto attraverso il sangue: il contagio per via
transmucosa (per esempio contatti sessuali) sembra raro. Molte persone non sanno di aver contratto
il virus perché talvolta l’infezione è asintomatica: cioè non dà disturbi di rilievo.
L’infezione può anche guarire spontaneamente nel 30 per cento dei casi acuti.
Il restante 70% evolve in un'epatite cronica, con possibili complicanze (fibrosi, cirrosi,
carcinoma epatico). L’epatite cronica può diventare conclamata, anche grazie ad una serie di fattori
concomitanti: l’invecchiamento, l’uso di alcool, di droghe, di alcuni farmaci o prodotti chimici,
l’abbassamento del livello immunitario.
Attualmente il trattamento dell'epatite C viene effettuato con una combinazione di
interferone alfa e ribavirina, che ha successo con un paziente su due.
L’efficacia della cura è influenzata da diversi fattori: genotipo del virus ((80% di successo
con i genotipi 1 e 4, 50% con il 2 e il 3), carica virale, presenza di cirrosi, abuso di alcol, sesso ( ha
più successo con le donne).
La terapia con interferone e ribavirina ha effetti collaterali che, in alcuni casi, ne rendono
controindicato il trattamento.
Chiocciola 4.12.03