Associazione Medici Pensionati Ospedalieri Moscati
AMPOM
Nuove terapie per le epatiti croniche da virus C
20/09/2016
Dr. Nicola Acone
Duplice Terapia: c’è ancora spazio?
Dr. Nicola Acone
L'interferone
stimola la
risposta del
sistema
immunitario
contro il virus e
la ribavirina
interferisce
indirettamente
sulla replicazione
virale (sull’RNA
virale)
Terapia standard con Peg-interferone e Ribavirina
Obiettivi della terapia
Eradicare il virus ed eliminare l'infezione
Bloccare i sintomi e la progressione di malattia
Prevenire le complicanze: cirrosi e tumore del fegato
Il diritto alle cure
Si richiama l’ineludibile art. 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la
salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Esiste, quindi, un diritto alla miglior
cura.
L’Italia aderisce a tutti i piani dell’Unione Europea sulla sorveglianza e lotta
alla diffusione delle malattie infettive trasmissibili
Recentemente la Associazione EpaC (educazione e prevenzione sull’epatite)
è riuscita a stimare con una buona approssimazione il numero dei pazienti
diagnosticati ed eleggibili a un trattamento antivirale, di circa 160/180.000
unità.
Si calcola che approssimativamente 150-180 milioni di
persone nel mondo siano affette da epatite cronica C .
In Italia i portatori del virus sono più di 1,5 milioni con
maggiore prevalenza negli anziani e nelle regioni
meridionali. La maggior parte degli infetti non avendo
sintomi specifici non ne sono consapevoli, per cui la
malattia in anni può evolvere in cirrosi e quest'ultima
addirittura in cancro del fegato (epatocarcinoma), senza
che il paziente se ne accorga.
La mortalità annuale per queste complicazioni si aggira
nel mondo ogni anno intorno a 350.000 persone e 10.000
in Italia. Inoltre il virus dell'epatite C da solo è la causa di
più della metà delle cirrosi, dei carcinomi epatici e dei
trapianti di fegato.
Nel 2010 la World health assembly ha riconosciuto
l’epatite virale (in particolare l'epatite B e C) “un problema
di salute pubblica globale”.
Il virus dell'epatite C è stato scoperto nel 1989 e da
quell'anno si diede finalmente un nome specifico
all'epatite, denominata fino ad allora NonA, Non B
che conoscevamo da più di 15 anni.
«HCV è un virus ubiquitario, c’è un pò dovunque.
E’ presente nel sistema immune, nel sistema
nervoso centrale, probabilmente nell’endotelio
vascolare e, quindi, la possibilità di curarlo
anche in assenza di una malattia epatica
significativa vuol dire ridurre la mortalità per
tutte le cause».
Anche in assenza di malattia, la solo infezione da virus C contribuisce all’insorgenza una
notevole quantità di manifestazioni extraepatiche ed altri rischi di salute che riguardano altri
organi, in particolare:
• Compromissione delle funzioni cognitive, disordini neuropsichiatrici
• Manifestazioni autoimmuni: crioglobulinemia, tiroiditi, fibrosi polmonare, artriti, ecc.
• Problemi cardiovascolari (infarto e problemi al miocardio)
• Insulino resistenza
• Linfoma Non Hodgkin
• Problemi oftalmologi (ulcere di Mooren e malattia di Bechelet)
• Manifestazioni alle mucose (Lichen Planus)
Tutti gli studi concordano che la eradicazione virale dell’HCV, previene, migliora o risolve le
manifestazioni a carico di altri organi su indicate, indipendentemente dal grado di malattia.
Anche a causa del costo elevato di tali farmaci, l’AIFA ha ristretto l’utilizzo degli stessi per le seguenti
categorie di pazienti:
- Pazienti con cirrosi in classe di Child A o B e/o con epatocarcinoma con risposta completa a terapie
resettive chirurgiche o loco-regionali non candidabili a trapianto epatico nei quali la malattia epatica
sia determinante per la prognosi
- Epatite ricorrente HCV-RNA positiva del fegato trapiantato in paziente stabile clinicamente e con
livelli ottimali di immunodepressione (sono eleggibili anche pazienti con fibrosi F0-F1 secondo
METAVIR2)
- Epatite cronica con gravi manifestazioni extra-epatiche HCV-correlate (sindrome crioglobulinemica
con danno d'organo, sindromi linfoproliferative a cellule B)
- Epatite cronica con fibrosi METAVIR ≥3 (o corrispondente Ishack)
- In lista per trapianto di fegato con cirrosi MELD <25 e/o con HCC all'interno dei criteri di Milano con
la possibilità di una attesa in lista di almeno 2 mesi
- Epatite cronica dopo trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo con fibrosi METAVIR ≥2 (o
corrispondente Ishack).
- Epatite cronica con fibrosi METAVIR F0-F2 (questo criterio è valido solo per l’uso di simeprevir
associato a Peg-interferone e ribavirina)”
- Pazienti con genotipo 1. I tassi di risposta virologica sostenuta sono
estremamente elevati e si aggirano attorno al 90-95% con le varie
combinazioni a disposizione. L’uso della ribavirina è consigliato nei pazienti
che non hanno risposto ad un precedente trattamento con Peg-IFN + RBV. I
pazienti non-responder a inibitori di proteasi di prima generazione
(boceprevir, telaprevir) non dovrebbero essere trattati con combinazioni
contenenti inibitori della proteasi (simeprevir o paritaprevir). La dose di
ribavirina si basa sul peso corporeo (1000 mg, pari a 5 compresse al giorno,
per pazienti di peso corporeo inferiore a 75 kg e 1200 mg, pari a 6 compresse
al giorno, per soggetti di peso corporeo maggiore o uguale a 75Kg) e va
somministrata per via orale, suddivisa in due dosi, a stomaco pieno. Nei
pazienti con cirrosi epatica scompensata, la tollerabilità dei regimi contenenti
simeprevir non è ottimale, mentre in tali soggetti il regime a base di
paritaprevir/ritonavir/ombitasvir è controindicato.
Pazienti con genotipo 2. Il tasso di risposta sostenuta della combinazione
sofosbuvir e ribavirina (alle stesse dosi consigliate per i soggetti con infezione da
genotipo 1) per 12 settimane è eccellente (circa 95% nei soggetti senza cirrosi
epatica e circa 80% in quelli con cirrosi epatica anche prolungando la terapia ad
almeno 16 settimane in quest’ultimo caso). Assai di recente l’AIFA ha approvato
un regime terapeutico alternativo (daclatasvir + sofosbuvir per 12 settimane) per i
pazienti con infezione da genotipo 2 che presentano anemia basale o sono
intolleranti a ribavirina. I dati circa efficacia dell’associazione
sofosbuvir/daclatasvir nei soggetti con infezione da genotipo 2 sono ancora
scarsi. Da quanto oggi disponibile, la probabilità di eradicazione virale si aggira
attorno al 90%.
Pazienti con genotipo 3. Nei soggetti senza cirrosi epatica entrambe le
combinazioni disponibili (sofosbuvir+ribavirina per 24 settimane o
sofosbuvir+daclatasvir per 12 settimane) determinano percentuali di
successo elevate (90% circa). Per i soggetti con cirrosi epatica la
combinazione migliore è quella a base di sofosbuvir, daclatasvir e ribavirina
somministrata per 24 settimane che determina elevati tassi di risposta
sostenuta anche nei soggetti già trattati con interferone e ribavirina.
- Pazienti con genotipo 4. Le varie combinazioni disponibili assicurano
percentuali di eradicazione molto elevata (95%) circa.
- Pazienti con genotipo 5 o 6. I dati in questi soggetti sono estremamente
limitati. Tuttavia le combinazioni di sofusbivir + ledipasvir o sofosbuvir +
daclatasvir (unite alla ribavirina nei soggetti con cirrosi epatica) per 12-24
settimane sembrano altamente efficaci.
Importante sottolineare che molte delle combinazioni su descritte presentano
interazioni con farmaci comunemente impiegati nella pratica clinica. Ad
esempio si sono registrati casi di bradicardia gravissima (anche mortali) in
caso di utilizzo concomitante di sofosbuvir (associato a ledipasvir o
simeprevir) e dell’antiaritmico amiodarone. Per tali motivi prima dell’inizio è
necessario che il clinico interroghi dettagliatamente il paziente circa i farmaci
che egli assume e controlli le eventuali interazioni tra questi e gli antivirali
che intende somministrare. In caso di interazioni significative tra gli antivirali
e gli altri farmaci praticati dal paziente, si potrà optare (laddove possibile) per
la scelta di combinazioni antivirali che non presentano interazioni con i
farmaci in uso, oppure per modifiche (previo consulto dei relativi specialisti)
delle terapie che il paziente pratica per le altre patologie