Introduzione alla teoria delle decisioni in condizioni di rischio

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Introduzione alla teoria delle decisioni in condizioni di rischio
Progetto Lauree Scientifiche.
Liceo Scientifico Benedetti – Venezia
Elio Canestrelli, 15 dicembre 2005
Nella Matematica del XX secolo, quindi nel secolo appena passato, si è fatto un grande sforzo per
cercare di modellizzare, controllare, in qualche modo dominare, l'incertezza.
Il vero risultato, a mio parere, della Matematica del secolo scorso è proprio quello di aver
cominciato a gestire in modo molto più rigoroso l'incertezza mediante vari approcci, ma
principalmente mediante il calcolo delle probabilità e più recentemente anche mediante la
cosiddetta logica sfocata. Incorporare l'incertezza è una sfida ancora in corso, che non è stata ancora
completamente vinta, ma in cui che vale la pena di cimentarsi, perché le ricadute saranno copiose e
fruttifere.
Non voglio con questo affermare che nei secoli precedenti non sia stato fatto nulla, come vedremo
fra poco, ma intendo soltanto sottolineare che precedentemente il problema non era ben
formalizzato, non c'era sufficiente attenzione alla proposizione e successiva risoluzione di problemi
in condizioni di rischio. Lo sforzo era rivolto principalmente nella formulazione e soluzione di
problemi in condizioni di certezza. L'obiettivo ora da raggiungere, e in alcuni casi già conseguito, è
quantificare il rischio, per riuscire a incorporarlo, governarlo, a darne un contenuto scientifico e
logicamente fondato.
Pensiamo, per esempio, all'Economia, ai passi giganteschi che ha fatto anche per l'uso sistematico
della Matematica. Non a caso molti recenti studiosi premi Nobel per l'Economia sono matematici.
Negli ultimi decenni ciò è risultato evidente. Il caso più famoso è quello di John Nash (1928-), che
il film “A Beautiful mind” ha portato sugli schermi all'attenzione di tutti, ma non è l'unico.
In parte tutto ciò è dovuto al fatto che non esiste un premio Nobel per la Matematica, e quindi molti
matematici sviluppano settori affini, riuscendo talvolta a produrre ottimi risultati. Comunque lo
sviluppo della Matematica per l'Economia va di pari passo con lo sviluppo della Matematica in
condizioni di incertezza.
Ma veniamo più concretamente al tema di oggi: il rischio. Vediamo di inquadrare storicamente il
concetto di rischio da un punto di vista matematico – statistico – quantitativo e di rispondere,
nell'attuale periodo storico, alla domanda "come prendere decisioni in condizioni di rischio?"
Esiste un metodo, un protocollo per usare una parola che va molto di moda, una procedura in
qualche maniera consolidata, che consentano di esaminare, valutare e assumere decisioni rischiose?
Cerco prima di tutto di chiarire "cos'è il rischio?", e subito dopo, "come lo si misura?". Ho bisogno
allora di una definizione di rischio e di criteri di misura del rischio. Così procede un approccio di
tipo scientifico-quantitativo.
È stato detto poco fa che per la Scienza RISCHIO = PERICOLO. Quindi, ammesso che
l'uguaglianza sia vera, una possibile via per definire il rischio è quella di definire il pericolo. Quindi
il problema permane, viene solo trasferito dalla parola RISCHIO alla parola PERICOLO.
Per quanto mi riguarda, resterei un po' impreciso e direi, per il momento, che rischio è la possibilità
che si realizzi un risultato diverso da quello che ci si aspetta, cioè dal cosiddetto "risultato atteso".
La parola atteso ha statisticamente un significato ben preciso, perché valore atteso vuol dire valor
medio, media.
Una possibile misura del rischio può quindi essere fornita dalla misura della dispersione dei
possibili risultati dal risultato atteso. Ma in statistica un indicatore di questo tipo già esiste, è molto
usato e si chiama varianza.
Media e varianza. Quindi stiamo già parlando di un concetti che, nelle scienze quantitative, hanno
un preciso significato.
Vediamo ora come utilizzare questi ed altri elementi quantitativi per prendere decisioni. Per meglio
chiarire il problema, semplifichiamolo. Supponiamo che le alternative possibili siano solo due:
prendere la decisione A oppure prendere la decisione B. E formuliamo la domanda: "in condizioni
di rischio, quale tra le due decisioni aleatorie A e B conviene scegliere?".
Si può enunciare un criterio che indichi al decisore razionale la scelta migliore tra le due alternative
possibili A e B?
Esaminiamo alcuni criteri formulati storicamente.
Blaise Pascal (1623-1662) sostiene che l'uomo non può sottrarsi alla scommessa (le pari)
sull'esistenza di Dio, perché imprigionato nel gioco assurdo e tragico dell'esistenza. Esponendo la
sua tesi di fatto Pascal propone un criterio di scelta tra possibili decisioni.
Per meglio chiarire questo punto è utile seguire l'impostazione che János Lájos von Neumann
(1903-1957), uno dei più grandi matematici del XX secolo, ha suggerito nel 1928 nell'articolo
"Sulla teoria dei giochi di società".
È utile ricorrere cioè ad una matrice delle perdite/guadagni. In colonne inseriamo i due possibili
stati del mondo: Dio esiste oppure Dio non esiste. A ciascuno di essi associamo una probabilità
finita: rispettivamente p e (1 – p). Per righe consideriamo le due possibili decisioni per l'uomo:
comportarsi come se Dio esistesse (decisione A) oppure non esistesse (decisione B).
DIO
ESISTE
DIO
NON ESISTE
Mi comporto
come se Dio
Esistesse (A)
Una infinità
di vita
infinitamente
felice (+inf.)
Rinuncia ai
piaceri mondani
Mi comporto
come se Dio non
Esistesse (B)
Dannazione
eterna (-inf.)
Godimento dei
piaceri mondani
All'interno della matrice assegniamo un valore ai risultati conseguenti all'incrocio tra i possibili stati
del mondo e le decisioni dell'uomo.
In corrispondenza a ciascuna decisione Pascal suggerisce di calcolare, mediante le probabilità p e
(1 – p), il risultato atteso (valore medio). Un semplice calcolo matematico stabilisce che il risultato
atteso è +infinito per la decisione A e –infinito per la decisione B, in quanto i valori assegnati a
rinuncia/godimento dei piaceri mondani non possono che essere finiti (hanno durata limitata nel
tempo). La decisione A evidentemente ha un risultato atteso maggiore di quello associato alla
decisione B, quindi va scelta.
Conclusione di Pascal: conviene comportarsi come se Dio esistesse.
Al di là della discutibile conclusione razionale di Pascal, quello che interessa sottolineare ora è che
egli implicitamente ha proposto un criterio di scelta tra possibili decisioni in condizioni di rischio:
CRITERIO DI SCELTA IN CONDIZIONI DI RISCHIO di B. Pascal (1658 ca.):
MASSIMIZZAZIONE DEL RISULTATO ATTESO.
Prescindendo dall'ambito nel quale il criterio è stato utilizzato dal suo autore, ad una prima
superficiale analisi esso sembra ragionevole. Di fronte a possibili decisioni in condizioni di rischio,
conviene assumere quella che, in media, fornisce il risultato maggiore.
Tale criterio viene però demolito da Daniel Bernoulli (1700-1782), che nel 1738 discute su un
argomento che viene chiamato paradosso di San Pietroburgo. In esso viene proposto un gioco che
consiste nel lancio ripetuto di una moneta non truccata. In sintesi:
• se esce TESTA al primo lancio il giocatore vince 1 (una posta unitaria),
• se invece esce CROCE, si rilancia la moneta e se esce TESTA al secondo lancio, il giocatore
vince 2 (due volte la posta),
• se invece esce ancora CROCE, si rilancia la moneta e se esce TESTA al terzo lancio il giocatore
vince 4 (quattro volte la posta),
• e così via, raddoppiando la vincita dopo ogni lancio;
• il gioco termina la prima volta che esce TESTA.
Si osservi che il giocatore (decisore) che entri in questo gioco vince sempre almeno 1 (una posta).
Quanto è disposto a pagare un decisore per entrare nel gioco? O meglio, quanto sarebbe equo
pagare per partecipare al gioco? Alternativamente, intervistiamo un buon numero di individui,
spieghiamo il gioco e chiediamo loro quanto sarebbero disposti a pagare e successivamente
esaminiamo le risposte.
evento
Valore conseguito
Probabilità
Esce testa al primo lancio
2
1/2
Esce testa per la prima volta al 4
secondo lancio
1/4
Esce testa per la prima volta al 8
terzo lancio
1/8
Esce testa per la prima volta al 16
quarto lancio
1/16
.....
.....
.....
n
Esce testa per la prima volta 2
all'n-esimo lancio
1/2n
.....
.....
.....
Facciamo due calcoli matematici. Il valore atteso (media) del risultato del gioco è:
1
1
1
1 1 1
(1 " ) + ( 2 " ) + ( 4 " ) + ... = + + + ... = +! (+ infinito).
2
4
8
2 2 2
Se si ritiene equo pagare in un gioco un importo pari al valor medio del risultato del gioco stesso,
allora in questo gioco l'importo da pagare è infinito.
Ma quello che qui interessa sottolineare è che seguendo il criterio di massimizzazione del risultato
atteso di Pascal, la decisione di entrare in questo gioco è da preferirsi a qualsiasi importo monetario
(comunque grande), da cui il paradosso. Ma un decisore non si comporta in questo modo. Quindi il
criterio di Pascal non è sempre valido; almeno in questo caso va rigettato.
Può essere sostituito da un altro criterio? Lo stesso D. Bernoulli ne suggerisce uno: calcolare il
logaritmo dei possibili risultati e poi farne la media.
CRITERIO DI SCELTA IN CONDIZIONI DI RISCHIO di D. Bernoulli (1738):
MASSIMIZZAZIONE DEL VALORE ATTESO DEL LOGARITMO DEL RISULTATO.
Nello stesso periodo, il matematico Gabriel Cramer (1704-1752), in corrispondenza epistolare con
D. Bernoulli, propone un criterio simile, in cui al logaritmo va sostituita la radice quadrata.
CRITERIO DI SCELTA IN CONDIZIONI DI RISCHIO di G. Cramer (1742 ca.):
MASSIMIZZAZIONE DEL VALORE ATTESO DELLA RADICE QUADRATA DEL
RISULTATO.
Ciò che non risulta chiaro con gli ultimi due criteri di Bernoulli e Cramer è il perché i risultati
vadano trasformati mediante una funzione matematica tipo logaritmo o radice quadrata (o altra
conveniente funzione). Purtroppo i tempi non erano maturi per rispondere a tale domanda.
L'economia e il calcolo delle probabilità non si erano ancora sviluppate a sufficienza. Bisognerà
quindi attendere due secoli prima che tale questione venga risolta.
Il chiarimento definitivo viene sviluppato nel 1944 dal già citato J.L. von Neumann assieme a Oskar
Morgenstein (1902-1977), i quali con il lavoro "Theory of games and Economic Behavior" pongono
i fondamenti della teoria dell'utilità. Presentano cioè una teoria non solo in grado di descrivere le
interazioni puramente economiche, ma anche applicabile ad un più vasto contesto di questioni
industriali, politiche, militari, ambientali, ecc…
In estrema sintesi.
Ogni decisore possiede una propria funzione di utilità u(x), ad esempio:
•
la funzione di B. Pascal (utilità del risultato = valore del risultato, quindi funzione identica:
u(x) ≡ x);
•
la funzione di D. Bernoulli (utilità del risultato = logaritmo del valore del risultato, quindi
funzione logaritmo u(x) ≡ log(x));
•
la funzione di G. Cramer (utilità del risultato = radice quadrata del valore del risultato, quindi
funzione radice quadrata: u(x) ≡ radq(x));
La funzione di utilità del decisore
rischio:
Funzione di utilità concava =
Funzione di utilità convessa =
Funzione di utilità lineare =
tiene conto e incorpora l'atteggiamento del decisore verso il
decisore avverso al rischio
decisore propenso al rischio
decisore indifferente al rischio
f. convessa= decisore propenso al rischio
f. concava = decisore avverso al rischio
3,500
3,000
2,500
2,000
concava
convessa
1,500
1,000
0,500
0,000
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
0
10
20
30
mista
f. lineare= decisore indifferente al rischio
6
400
5
350
300
4
250
3
lineare
200
mista
150
2
100
1
50
0
0
10
20
30
40
0
0
10
20
30
40
Si noti che un decisore molto spesso è sia propenso sia avverso al rischio. Si può anzi affermare che
generalmente è propenso al rischio quando sono in gioco piccoli valori, e che invece è avverso al
rischio per valori elevati. La sua funzione di utilità è quindi mista, cioè inizialmente convessa e poi
concava.
Seguendo la teoria dell'utilità possiamo formulare un nuovo criterio di scelta in condizioni di
rischio, che ovviamente generalizza (ma non contraddice) i tre criteri precedentemente formulati: il
decisore scelga l'alternativa alla quale corrisponda l'utilità attesa più elevata.
Nel 1934 il matematico austriaco Karl Menger (1902-1985) osserva che modificando leggermente il
Paradosso di S. Pietroburgo, questo mantiene ancora la sua valenza demolitrice anche utilizzando le
funzioni di utilità proposte da Bernoulli e Cramer.
Infatti basta considerare valori che crescano molto rapidamente in modo tale da annullare l'effetto
dovuto alla funzione di utilità.
Ad esempio, con la funzione di utilità u( x ) = ln(x ) , e con i valori del tipo x = exp( 2 n ) , risulta
u( n) = ln(exp( 2 n )) = 2 n e quindi E( u( L)) = +! .
Il Paradosso di S. Pietroburgo si ripresenta quindi intatto e viene vanificato lo sforzo speso con
l'introduzione delle funzioni logaritmo e radice quadrata.
Anche il principio "Massimizzazione dell'utilità attesa" viene messo in crisi? No, se si introduce
l'ipotesi che le funzioni di utilità siano limitate superiormente. In questo caso allora le funzioni
logaritmo (di Bernoulli) e radice quadrata (di Cramer) non sono funzioni di utilità accettabili.
Prima il logico inglese Frank Ramsey (1903-1930) nel 1931 (in un'opera postuma, dopo la sua
morte avvenuta a quasi 27 anni) e poi soprattutto nel 1944 John von Neumann e Oskar Morgerstern
dimostrano la superiorità della teoria dell'utilità attesa rispetto ad ogni altra teoria proponibile sul
comportamento razionale in condizioni di incertezza.
Per quanto riguarda il concetto di rischio possiamo citare John R. Hicks (1904-1989), che nel 1946,
nei suoi studi sulle curve di indifferenza, associa il concetto di varianza del rendimento con quello
di rischio. Egli afferma infatti: " a parità di rendimento atteso l'aumento della dispersione del
rendimento fa diminuire l'appetibilità di un investimento". Sottolinea anche che l'indice di
asimmetria, terzo momento di una distribuzione, spesso influenza le decisioni di un investitore.
CRITERIO DI SCELTA IN CONDIZIONI DI RISCHIO secondo la teoria dell'utilità:
MASSIMIZZAZIONE DELL’UTILITÀ ATTESA.
Da cui si può ricavare la seguente procedura per assumere decisioni in condizioni di rischio:
1.
determinare la funzione di utilità del decisore;
2.
per ciascuna decisione A, B, ecc…
•
•
•
•
3.
valutare i possibili risultati conseguenti alla decisione,
associare ai risultati una distribuzione di probabilità,
calcolare l’utilità associata a ciascun possibile risultato,
mediante la distribuzione di probabilità calcolare l’utilità attesa (utilità media).
Ottenuta così l’utilità attesa associata ad ogni decisione A, B, ecc…, il decisore razionale
assuma quella decisione a cui corrisponda la massima utilità attesa.
È facile seguire questa procedura?
Certamente no, ma, come ho detto all'inizio, è un approccio che tenta di gestire razionalmente il
rischio, dal quale non si può prescindere nel nostro quotidiano vivere.
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