14. Mobilitazione industriale e politiche economiche del fascismo L’Italia nella Grande Guerra • L’entrata in guerra dell’Italia venne preceduta da ampie manifestazioni di piazza promosse da vari gruppi politici, che facevano parte del cosiddetto fronte interventista. • In Parlamento sedeva una maggioranza favorevole alla neutralità dell’Italia, mentre nelle piazze dominavano i nazionalisti, i democratici irredentisti, che volevano completare l’unità nazionale con Trento e Trieste, e persino alcuni gruppi provenienti dal socialismo. Un esponente di questi ultimi gruppi era Benito Mussolini. • A sostenere l’intervento vi erano inoltre gli industriali che vedevano nella guerra la soluzione ai problemi di stagnazione ed eccesso di capacità produttiva che si erano verificati nel 1913-14. • L’apparato industriale italiano necessitava di quelle materie prime che i belligeranti si contendevano e si temeva che l’Italia rischiasse l’isolamento se non si fosse presentata sui mercati internazionali come un paese co-belligerante. • Soltanto un’alleanza con Francia e Inghilterra poteva garantire sicure prospettive di sufficienti rifornimenti alimentari e materie prime. Anche per questo l’Italia con il Patto di Londra del 26 aprile 1915 entrò in guerra a favore degli alleati. • L’apparato produttivo nazionale era però ben poco preparato a sostenere un conflitto di ampie dimensioni. Nel 1914, mentre l’Italia era in grado di produrre poco meno di un milione di tonnellate di acciaio, la Germania ne produceva 18 milioni, l’Inghilterra 8, la Francia 6,6 e l’Impero austro-ungarico 2,6. Mentre l’Italia aveva 618 mitragliatrici, la Germania ne aveva 3.000, la Francia 2.000, l’Impero austro-ungarico 1.500. • Quando il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra, l’apparato statale si dovette dunque impegnare in un grosso sforzo non solo di finanziamento e conduzione delle operazioni militari, ma anche di propulsione della produzione bellica e di reperimento e allocazione delle risorse non disponibili sul territorio nazionale. • Un decreto del giugno 1915 diede inizio alla mobilitazione industriale, dando al governo la facoltà di dichiarare “ausiliari” gli stabilimenti industriali utili alla guerra e di imporre loro determinate lavorazioni. Particolare attenzione venne rivolta alle importazioni di carbone, cercando di supplire con altre fonti di energia interne. • Gli stabilimenti dichiarati ausiliari da 221 alla fine del 1915 diventarono 797 nel giugno 1916; 932 alla fine del 1916 e 1976 alla fine della guerra. Nel luglio 1918 gli addetti a questi stabilimenti militari erano pari a 902.000 unità. • Il governo italiano finanziò la guerra attraverso un aumento della tassazione ma soprattutto attraverso i cosiddetti «prestiti di guerra». • Nel complesso la mobilitazione industriale risultò efficace; certamente più efficace di quella che si sarebbe avuta in seguito con la seconda guerra mondiale. • L’industria italiana riuscì a mettere a disposizione dell’esercito gran parte degli armamenti impiegati, fatto questo tutt’altro che scontato prima dello scoppio del conflitto. Dopoguerra e politiche economiche del fascismo • Dopoguerra e crisi dello Stato liberale • Prima della guerra partito liberale saldamente al potere • Nel dopoguerra (1919) nascono due nuovi partiti: il Partito popolare di don Sturzo e i Fasci di combattimento di Mussolini • Le elezioni del 1919, le prime con il nuovo sistema elettorale, vedono la vittoria di socialisti e popolari, che tuttavia non riescono a dar vita a governi stabili • Difficile riconversione da industria di guerra a industria di pace • Crisi industriali (Ansaldo) e bancarie (Banca italiana di sconto) • Nuove misure di politica economica: aumentata l’imposta sui patrimoni, nominatività dei titoli azionari, avocazione dei sovrapprofitti di guerra • La disoccupazione e l’inflazione esasperano il conflitto sociale che esplode nel «biennio rosso» 1919-1920, con l’occupazione delle terre e delle fabbriche • Il 28 ottobre del 1922 Mussolini sale al potere a seguito della «marcia su Roma» • 1922-1925: fase «liberista» della politica economica fascista (Alberto De’ Stefani) • Si cerca di favorire la ripresa dell’attività produttiva facendo però aumentare l’inflazione • Nel 1925 si ha l’avvicendamento alle Finanze tra De’ Stefani e Giuseppe Volpi, un industriale veneziano • Nell’agosto del 1926 Mussolini rivaluta la lira alla cosiddetta «quota 90» (1 sterlina = 90 lire) • Ne consegue una grave crisi economica • Nel 1926 si ha una prima riforma bancaria fascista: Banca d’Italia unico istituto di emissione • Nel 1924 iniziano i progetti di «bonifica integrale» • Oltre la metà del territorio nazionale viene interessato da lavori di bonifica, ma i risultati furono inferiori alla attese • Insieme alla «battaglia della lira» Mussolini porta avanti la «battaglia del grano», con scarsi risultati • I veri interessi del regime si concentrano sull’industria • Accanto alle aziende tradizionali (elettriche) nascono nuove aziende nei settori delle fibre artificiali (Snia Viscosa), del petrolio (Agip), della chimica • Quando la «crisi del 1929» arriva in Italia, colpisce soprattutto il sistema bancario; si assiste ad una crisi delle banche miste (settembre 1931) • La prima risposta del regime è la creazione dell’Istituto Mobiliare Italiano (IMI, novembre 1931), con il compito di provvedere al finanziamento industriale in luogo delle banche fallite • Nel 1933 viene creato l’Istituto di Ricostruzione Industriale (IRI), sotto la guida di Alberto Beneduce • Lo scopo era quello di scorporare le partecipazioni industriali dalle banche miste creando una holding di proprietà dello Stato • Pensato come temporaneo, l’IRI diventa permanente nel 1937 • Nel 1936 l’Italia esce dal gold standard • Nel 1936 si ha la seconda riforma bancaria fascista • Veniva creato l’Ispettorato per la difesa del risparmio e l’esercizio del credito • Ampi poteri alla Banca d’Italia • Di fatto, venivano abolite le banche miste o universali • Con la creazione delle Corporazioni, nel 1934, veniva completato il processo avviato con l’abolizione dei sindacati • Nel 1935 si ha una svolta in senso imperialista ed espansionista nella politica estera fascista • La guerra d’Etiopia (1935-36) costa al paese l’imposizione di sanzioni da parte della Società delle Nazioni • Le sanzioni e l’isolamento determinato dall’alleanza con la Germania nazista spingono il regime ad una svolta autarchica