L’ITALIA FASCISTA Il Concordato con la Chiesa Per trovare l’appoggio dei cattolici nel 1929 Mussolini volle chiudere la Questione Romana, che contrapponeva la Chiesa e lo Stato italiano ormai dal 1870. Furono perciò stipulati i Patti Lateranensi, così chiamati perché sottoscritti nella chiesa di san Giovanni in Laterano. Lo Stato italiano riconobbe alla Chiesa la sovranità sullo Stato del Vaticano, assegnò un indennizzo in denaro per l’‘occupazione di Roma e si impegnò a far insegnare religione nelle scuole, mentre la Santa Sede riconobbe il Regno d’Italia con capitale Roma. La vita nell’Italia fascista Il fascismo controllava tutti gli ambiti della vita, come famiglia, educazione, sport e tempo libero. Per quanto riguarda l’ambito familiare, il fascismo volle favorire l’incremento demografico. Vennero perciò elargiti premi in denaro per le famiglie numerose e introdotta una tassa sul celibato, che colpiva i cittadini maschi non sposati. Fu stabilito anche un apposito ente dedicato all’assistenza alle famiglie in difficoltà e le madri lavoratrici. Per ottenere il consenso delle masse Mussolini migliorò la legislazione sociale, istituendo assicurazioni obbligatorie per gli infortuni sul lavoro e creando l’Opera Nazionale Dopolavoro, che organizzava attività per il tempo libero e colonie al mare o in montagna per i figli delle famiglie povere. In campo educativo, già nel 1923 venne varata la riforma Gentile (dal nome del ministro della Pubblica Istruzione). Essa prevedeva una gerarchia tra le scuole: il liceo classico era riservato ai benestanti, lo scientifico e tecnici alla borghesia, i corsi professionali alle classi più povere, destinate a svolgere un lavoro manuale. In tutte le scuole veniva insegnata la cultura fascista e si esaltavano la figura del Duce e il nazionalismo, abituando gli italiani, fin da piccoli, a concepire se stessi in funzione dello Stato, secondo lo slogan “credere, obbedire, combattere”. Per il tempo libero dei giovani dai 6 ai 18 anni venne creata l’ Opera Nazionale Balilla. Tutti i bambini dai 6 agli 8 anni erano figli e figlie della lupa, poi i maschi diventavano balilla (8-14 anni) e avanguardisti (14-18), mentre le femmine diventano piccole italiane e giovani italiane. Ragazzi e ragazze dovevano partecipare alle parate, in divisa, e allenarsi con esercizi ginnici. I maschi venivano anche preparati fin da piccoli alla guerra (uno dei motti fascisti era “Libro e moschetto, fascista perfetto”). Nel 1935 fu inoltre istruito il sabato fascista, per tutta la popolazione: il pomeriggio del sabato, che fino ad allora era stato lavorativo, fu da quel momento dedicato alle adunate propagandistiche, durante le quali il regime informava il popolo sulla politica del Duce. L’antifascismo Dopo le leggi fascistissime molti capi dei partiti di opposizione furono incarcerati, come il comunista Gramsci, il socialista Turati, il cattolico De Gasperi, oppure furono costretti ad emigrare all’estero, come don Sturzo. Molti altri vennero uccisi, come il sacerdote Giovanni Minzoni, i professori Carlo e Nello Rosselli, il giornalista Piero Gobetti. Oltre a questi nomi importanti, nel corso del ventennio fascista moltissimi uomini e donne furono condannati al confino o alla prigione. Ogni opposizione politica attiva doveva perciò svolgersi nella clandestinità oppure all’estero: ricordiamo ad esempio il movimento Giustizia e Libertà, fondato a Parigi da Carlo Rosselli. Oltre a questo antifascismo organizzato vi fu una opposizione culturale, come quella del filosofo Benedetto Croce, autore del Manifesto degli intellettuali antifascisti.