La decolonizzazione
in Asia e Africa
Premesse della decolonizzazione/1
• Il processo di decolonizzazione, cioè di liberazione
di diverse regioni e popolazioni soprattutto di Asia
e Africa dai colonizzatori europei, fu fortemente
stimolato dalla II guerra mondiale
• Nelle regioni extraeuropee in cui si combatté il
conflitto esistevano gruppi che già da anni si
battevano per liberare i propri territori dalla
presenza dei colonizzatori europei
• Dopo essersi schierati ora con l’uno, ora con l’altro
dei belligeranti, tali gruppi alla fine della guerra
rimasero attivi per combattere contro i propri
colonizzatori
Premesse della decolonizzazione/2
• Il nuovo ordine mondiale favorì il processo di
decolonizzazione perché le due superpotenze
spinsero al fine allontanare da Asia e Africa i paesi
europei e sostituire alla colonizzazione europea la
propria influenza
• La Carta atlantica del 1941 aveva affermato il
principio dell’autodeterminazione dei popoli come
“base di un nuovo codice etico-politico
internazionale a cui l’Europa, ridimensionata e
indebolita dalla guerra, non poteva sottrarsi”
(Sabbatucci-Vidotto)
Effetti della decolonizzazione
• I lasciti del colonialismo sui paesi ex sottoposti furono importanti:
abitudini, cultura, lingua soprattutto (inglese e francese)
• Il sistema politico della democrazia occidentale stentò invece a
radicarsi
• In parte perché questi paesi avevano tradizioni politiche e
culturali lontane da quelle europee
• In parte perché i paesi europei avevano governato le colonie in
modo autoritario
• In parte perché i gruppi dirigenti di questi paesi ex coloniali
rappresentavano élites ristrette
• In parte, infine, perché i “nuovi” paesi partivano da situazioni
economiche e sociali di grande arretratezza, non favorevoli
all’instaurazione di una democrazia all’occidentale
• Questi paesi furono spesso governati da regimi autoritari, o a
partito unico, oppure da vere e proprie dittature militari
impegnate a tenerli uniti
La decolonizzazione dell’Asia: le cause
• L’Asia si decolonizzò per prima
• 1. perché aveva sempre avuto civiltà antiche e
complesse e religioni millenarie, che avevano dato
ai popoli asiatici un insieme di valori e
comportamenti che li rendeva aperti agli influssi
europei senza perdere la propria identità
• 2. la presenza europea aveva favorito la
formazione di élites autoctone che si formarono
nelle università francesi e inglesi senza perdere il
loro background culturale
• Queste élites guidarono poi il processo di
indipendenza
L’India: Gandhi, Nehru e il Partito del congresso
• L’India aveva un forte movimento nazionalista legato al
Partito del Congresso, rappresentante della borghesia
indiana, e alle iniziative del rivoluzionario non violento
Mohandas K.Gandhi
• Gandhi aveva guidato una serie di campagne di
disobbedienza civile e di boicottaggio delle istituzioni
inglesi tra gli anni Dieci e Trenta, ottenendo concessioni
come la costituzione federale (1935)
• Durante la II guerra mondiale, il Partito del congresso
guidato da Nehru, amico e collaboratore di Gandhi, aveva
attuato un’iniziativa di resistenza non violenta al conflitto,
ottenendo dagli inglesi la promessa che al termine del
conflitto l’India sarebbe stata un dominion, cioè una sorta
di stato indipendente
India e Pakistan dopo l’indipendenza
• Gandhi fu assassinato da un estremista indù nel 1948, in quanto
ritenuto responsabile di avere tradito l’India: si era detto
favorevole a dividere con il Pakistan le risorse patrimoniali lasciate
dagli inglesi
• Nehru guida l’UI fino alla sua morte (1964): l’India rimase
comunque un paese segnato da una forte povertà nelle
campagne; da una crescita demografica altissima; da forti
tensioni religiose tra indù e sikh; dalla permanenza di costumi
arcaici e della divisione in caste, cancellata per legge, ma sempre
viva nella mentalità
• Anche il Pakistan ebbe forti tensioni interne, soprattutto perché il
paese era diviso geograficamente in due regioni lontane, una delle
quali, quella orientale diventerà indipendente con il nome di
Bangladesh (1971).
• Inoltre nel paese si confrontavano due diverse prospettive
politiche: chi voleva farne uno stato integralista islamico; chi,
come la Lega musulmana, propendeva per uno stato laico. Le
tensioni portarono il Pakistan a diventare per due volte (1958-72 e
1977-1988) una dittatura militare.
Il dopoguerra: indù e musulmani, la posizione inglese
• Finita la guerra, la Gran Bretagna avviò il processo per il
trasferimento di sovranità, tramite l’elezione di una Assemblea
costituente che scrivesse una costituzione per un’India indipendente,
ma si aprì subito il problema religioso
• In India erano presenti tre religioni forti: induista, 300 milioni di
persone; musulmana, 100 milioni di persone; sikh, 4 milioni di
individui
• Gandhi e il Partito del congresso volevano un’India unita in cui le tre
religioni convivessero pacificamente, ma la comunità musulmana
voleva ottenere garanzie precise per la propria minoranza. Tuttavia
non ebbe risposte convincenti dagli indù, con i quali crebbe una forte
tensione fatta di manifestazioni e scontri
• I musulmani, guidati da Jinnah, chiesero allora con forza di avere un
proprio stato autonomo, anche perché ritengono che le due religioni
costituiscano di fatto due stati diversi
• La vicenda viene gestita dagli inglesi, soprattutto dal vicerè
Mountbatten, che optano per la formazione di due stati, uno a
maggioranza indù, l’altro a maggioranza musulmana
Nascita di Unione Indiana e Pakistan, un esodo tragico,1947
• I musulmani erano però radicati alle opposte estremità, occidentale e
orientale, della colonia inglese
• In queste zone, inoltre, vivevano anche forti minoranze religiose indù,
come nel centro dell’India erano numerose le comunità musulmane
• La soluzione trovata dagli inglesi fu di formare due aree geografiche
distinte, secondo il principio della partition: una all’Est e all’Ovest,
musulmana, avrebbe formato il Pakistan; l’altra al centro della penisola
indiana sarebbe diventata l’Unione Indiana, a prevalenza indù
• I due nuovi stati nacquero alla metà di agosto del 1947
• Subito cominciarono forti tensioni tra Unione Indiana e Pakistan, causate
dalla regione del Kashmir, regione a maggioranza musulmana, ma annessa
all’Unione Indiana perché il suo maharaja (principe governante) era indù
• Inoltre iniziò un esodo di 17 milioni di persone: indù e sikh che vivevano nei
confini del neonato Pakistan si spostarono verso l’Unione Indiana; lo stesso
percorso,ma in senso inverso fu compiuto da musulmani che vivevano
nell’UI
• Questo esodo fu spesso tragico: disagi come fame e sete, nonché la fatica
estrema di lunghi percorsi fatti a piedi, e gravissime violenze reciproche
tra le religioni portarono a un numero elevatissimo di morti, tra i 100.000 e
i 250.000
Effetti della “partition”
1971
Il sudest asiatico: Filippine, Myanmar, Sri Lanka
• Nel Sudest asiatico la decolonizzazione fu segnata da duri
confronti tra forze politiche nazionaliste e movimenti
comunisti, guidati da leader formatisi spesso in Europa e che
avevano i loro sostenitori principali tra i contadini. Le campagne
erano sovrappopolate e basate su rapporti di forza tra padroni
e contadini di tipo feudale.
• Nel 1946 gli Usa concessero l’indipendenza alle Filippine, in cui
però conservarono importanti privilegi economici e basi
militari. I governi filippini furono fino ad anni recenti regimi
autoritari (il più noto e lungo fu quello di Marcos, 1965-86) che
lottarono contro la guerriglia comunista e i gruppi musulmani
• La Birmania, ora Myanmar e Ceylon, ora Sri Lanka, divennero
indipendenti dalla Gran Bretagna nel 1948. In questi paesi
prevalsero regimi nazionalisti e la guerriglia comunista fu
duramente sconfitta
Il Vietnam lontano dalla Francia
• Nella penisola del Vietnam, in mano ai francesi, nel 1941 si formò una Lega
per l’indipendenza, il Vietminh, formata da tutte le forze politiche
antifrancesi, tra cui prevalsero i comunisti guidati da Ho Chi Minh
• Il Vietminh lottò dal ‘41 al ‘45 contro giapponesi e francesi del regime di
Vichy.
• Nel 1945, Ho Chi Minh proclamò l’indipendenza del paese la nascita a
Hanoi della Repubblica democratica del Vietnam.
• I francesi non riconobbero il nuovo stato e occuparono la parte
meridionale della penisola
• Dal 1946 cominciò una guerra lunga e logorante tra Vietminh e francesi
durata fino al 1954: le truppe del Vietminh, guidate molto bene dal
generale Giap, riuscirono con il tempo a indebolire l’esercito francese con
una guerra di guerriglia conclusasi con la caduta della piazzaforte di Dien
Bien Phu, in cui erano asseragliati i francesi.
• Con gli accordi di Ginevra del 1954, i francesi accettarono di ritirarsi da
tutta la regione dell’Indocina: Vietnam, Laos e Cambogia
• Si formarono due repubbliche del Vietnam: il Nord comunista e il Sud
nazionalista e filo-occidentale, il cui confine era posto al 17° parallelo
• Nacquero anche gli stati di Laos e Cambogia
L’Indocina nel 1954
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L’Indonesia di Sukarno
• L’Indonesia, sottoposta al governo olandese, vide la nascita di diversi
movimenti indipendentisti: di ispirazione islamica integralista o “liberale”; il
Partito comunista; il Partito nazionale indonesiano (1927) guidato da
Sukarno.
• Il Partito nazionale voleva costruire un’Indonesia indipendente, rispettosa
della religione islamica ma non uno stato integralista
• Nel ‘42 gli olandesi furono cacciati dai giapponesi, che ottennero la
collaborazione delle élite islamiche e nazionaliste, tra cui il Partito
nazionale
• Nel 1945, quando i giapponesi furono sconfitti, Sukarno proclamò
l’indipendenza dell’Indonesia, ma gli olandesi appoggiati dai britannici
cercarono di riprendersi il paese.
• Ne nacque una guerra durata cinque anni, al termine della quale gli
olandesi dovettero riconoscere l’indipendenza del paese
• L’Indonesia era sotto il controllo di Sukarno, ma nel paese pesavano
politicamente sia gli islamisti, sia i comunisti: ad esempio lo stato era laico
e parlamentare, ma alcune questioni sensibili come matrimoni e divorzi
erano trattate dai tribunali islamici
• Sukarto cercò di mantenere l’Indonesia equidistante dai due blocchi, ma nel
1965, dopo un tentativo fallito di rivoluzione comunista, il leader
nazionalista si indebolì fino a essere sostituito al potere dauna giunta
militare guidata dal generale Suharto dal 1967 al 1998
L’Indonesia
La nascita del movimento sionista
• Alla fine dell’800, si formò nell’Europa orientale un movimento
intellettuale e politico che proponeva di riunificare il popolo
d’Israele, in seguito a gravi e ripetuti episodi di intolleranza
antisemita in Russia, Romania e Polonia, da cui emigrarono in
Occidente (Europa e Usa) tra 1880 e 1912 più di tre milioni di ebrei.
• Tra i promotori del movimento la figura più importante fu il
giornalista ungherese Theodor Herzl che scrisse il libretto intitolato
«Lo stato ebraico» pubblicato nel 1896
• In base alla sua proposta alcuni organismi avrebbero liquidato i
patrimoni di tutti gli ebrei che avessero deciso di lasciare l’Europa
per trasferirsi in questo nuovo territorio, dove sarebbero state
create le strutture necessarie allo sviluppo economico
• Herzl inizialmente non indicò con chiarezza dove avrebbe dovuto
sorgere questo nuovo stato, ma l’influenza degli Amici di Sion lo
spinge poi a indicare come meta la Palestina
• Nel 1897 il movimento si costituì ufficialmente a Basilea e indicò
come suo obiettivo la creazione dello Stato di Israele
La dichiarazione Balfour e le sue conseguenze (1917-1945)
• Alla fine della I guerra mondiale la Palestina era passata sotto il controllo
della Gran Bretagna (prima era parte dell’impero ottomano) dopo una
spartizione territoriale che aveva portato alla Francia,invece, il controllo su
Libano e Siria
• Il ministro degli Esteri britannico Balfour nel 1917 aveva riconosciuto in
una dichiarazione ufficiale che il movimento sionista poteva creare una
sede nazionale, fatti salvi i diritti “civili e religiosi” delle comunità non
ebraiche. Con queste parole Balfour legittimò l’immigrazione sionista.
• A partire dagli anni ‘20 in Palestina si ebbero i primi scontri violenti tra gli
immigrati ebrei e i residenti arabi
• Nel 1939 la Gran Bretagna si impegnò a rendere indipendente la Palestina
entro dieci anni, ma la regione era ancora contesa tra ebrei e arabi.
• Durante la guerra i britannici, per mantenere l’”equidistanza” tra ebrei e
arabi impedirono l’accesso alla Palestina di buona parte degli ebrei che
volevano fuggire dall’Europa nazista
• Nel 1945 in Palestina c’erano 1.250.000 arabi e più di 500.000 ebrei.
• Il movimento sionista durante la guerra spinse con forza per la creazione di
un vero Stato d’Israele, e senza dubbio l’esito del conflitto con la
rivelazione dei milioni di ebrei sterminati dal nazismo aveva spinto
l’opinione pubblica democratica a ritenere legittima la richiesta sionista
Sionisti e Lega araba (1945-47), il ritiro della Gran Bretagna
• La Gran Bretagna non è in grado di gestire la situazione: i
sionisti, guidati da David Ben Gurion, sono sostenuti dagli
Usa, dove esisteva una comunità ebraica numerosa e
influente; i britannici non volevano inimicarsi gli Stati arabi,
che nel 1945 si erano riuniti in una Lega: Egitto, Siria e
Libano (liberatisi dei francesi), Yemen, Arabia Saudita,
Transgiordania (indipendente dalla Gran Bretagna)
• Tra ‘44 e ‘46 alcuni attentati terroristici organizzati da
ebrei causarono morti sia tra gli inglesi, sia tra gli arabi, sia
tra gli stessi ebrei
• Nel 1947 i britannici decisero di rinunciare al mandato
sulla regione palestinese, ritirarono le proprie truppe e
passarono la questione all’Onu
La nascita di Israele, prima guerra arabo-israeliana e il dramma palestinese
• L’Onu formulò nel novembre ‘47 un piano che prevedeva due stati, uno
ebraico d’Israele e uno arabo di Palestina, mentre Gerusalemme sarebbe
rimasta città libera. Tale piano fu approvato dall’Assemblea generale
• A dicembre ‘47 l’esercito del movimento sionista attacca i villaggi
palestinesi inclusi nei territori che l’Onu aveva attribuito alla comunità
ebraica, al fine di espellere i palestinesi dai propri futuri territori. Le azioni
antipalestinesi continuarono anche nei mesi successivi.
• Il 14 maggio 1948 Ben Gurion proclama la nascita dello Stato d’Israele,
riconosciuto da Usa, Urss e altri paesi, tra cui l’Italia
• La Lega araba non solo non lo riconosce, ma apre un conflitto con il nuovo
Stato che dura sette mesi
• Nel gennaio 1949 la guerra si concluse con la vittoria dell’esercito
israeliano, che si impadronì anche di territori che l’Onu aveva assegnato
agli arabi palestinesi (armistizio di Rodi)
• Anche in questi territori gli israeliani spingono i palestinesi fuori dai confini
• I “cacciati” saranno al termine di questi eventi 750.000 e esuleranno in
Libano Meridionale, Striscia di Gaza e Cisgiordania.
• 100.000 rimangono a vivere nei confini dello Stato d’Israele
La situazione della Palestina tra 1947 e 1949
Israele, una democrazia all’occidentale in Medio Oriente
• Israele si organizza politicamente come una democrazia
occidentale di tipo parlamentare
• Economicamente integrava il capitalismo industriale e
l’esperienza delle cooperative gestite da comunità agricole, i
kibbutz, create dai sionisti fin dalle prime emigrazioni
• Lo Stato d’Israele mostrò da subito una forza superiore alle sue
ridotte dimensioni: sia grazie agli aiuti delle comunità ebraiche
europee e statunitensi, sia per merito delle doti politiche dei
suoi leader , sia grazie al forte patriottismo dei suoi abitanti
• Anche la Transgiordania occupò permanentemente alcuni
territori teoricamente assegnati allo Stato arabo di Palestina,
conquistati durante la guerra contro Israele.
• Per i palestinesi comincia dal 1949 un dramma ancora irrisolto
L’Egitto di Nasser
• L’Egitto era una monarchia parlamentare sotto il protettorato
britannico dal 1922
• Nel 1936 i britannici si impegnarono a evacuare le proprie truppe, a
parte le zone del Canale di Suez
• Tale evacuazione durante la II guerra mondiale non avviene, tanto
che gli indipendentisti si mobilitarono sia contro i britannici, che
contro il sovrano accusato di debolezza verso gli occidentali
• Gli indipendentisti si dividevano in due gruppi
• 1. i Fratelli musulmani che volevano la formazione di uno stato
islamico basato sulla Sharia (legge coranica)
• 2. Il Comitato degli ufficiali liberi, militari che volevano fondare uno
stato moderno e non confessionale
• Il Comitato ebbe un vasto seguito nell’esercito egiziano, che compie
un colpo di stato militare contro il re nel 1952: a guidarlo furono
Gamal Nasser e Anwar Sadat
• Con tale colpo di stato viene instaurato un regime militare laico e i
britannici sono costretti a ritirarsi anche dal Canale di Suez
La guerra di Suez (1956)
• Il regime di Nasser attuò riforme come la redistribuzione della terra e la
nazionalizzazione delle attività economiche principali
• Inoltre Nasser firmò con l’Urss accordi di tipo economico e militare
• Queste mosse del leader egiziano scatenarono la reazione negativa degli
Usa che fecero in modo di bloccare i finanziamenti che la Banca mondiale
aveva concesso all’Egitto per costruire la diga di Assuan sull’alto Nilo, che
doveva consentire l’elettrificazione dell’intero paese
• Nasser reagì nazionalizzando la Compagnia del Canale di Suez, in cui
francesi e inglesi avevano interessi importanti
• Nel 1956 Israele attaccò l’Egitto in accordo con Francia e Gran Bretagna
occupando gran parte della penisola del Sinai, mentre francesi e inglesi a
loro volta occuparono militarmente la zona del Canale
• Gli Usa, però, condannarono queste iniziative
• L’Urss lanciò un ultimatum a Israele, Francia e Gran Bretagna, intimando
loro di ritirarsi, cosa che avvenne sia nel Sinai, sia nella zona del Canale
• Grazie a questa vittoria il prestigio dell’Egitto e soprattutto di Nasser
aumentò, tanto che il leader egiziano diventò il punto di riferimento dei
paesi islamici e delle nazioni in via di sviluppo
Il Maghreb francese: Marocco, Tunisia e Algeria
• Nella zona del Maghreb Marocco e Tunisia si sollevarono negli
anni ‘50 contro i colonizzatori francesi.
• I francesi cercarono di trattare la situazione alternando la
repressione militare con proposte di un parziale autogoverno,
ma nel 1956, ormai non riuscendo a controllare Marocco e
Tunisia dovettero concedere ai due paesi l’indipendenza
• In Algeria la situazione era più grave, perché erano presenti un
milione di coloni francesi che non volevano fare alcuna
concessione, sostenuti dall’opinione pubblica della madrepatria
• Il successo di Nasser nella guerra di Suez determinò una
radicalizzazione dello scontro, perché la guida dell’opposizione
antifrancese fu assunta da Mohamed Ben Bella, leader del
Fronte di liberazione nazionale (Fln), che si ispirava all’azione
politica del leader egiziano
• Fln era un movimento clandestino radicato nelle città e che
aveva come unico obiettivo la piena indipendenza
Dalla battaglia di Algeri all’indipendenza
• Nel 1957 si svolse la battaglia di Algeri, una guerriglia urbana di
nove mesi molto violenta durante la quale tutta la città principale
dell’Algeria fu solidale con il Fln contro le truppe francesi.
• I francesi ebbero la meglio, ma il loro modo di reprimere
l’insurrezione suscitò impressione nel mondo: uso sistematico della
tortura contro i prigionieri e eliminazione fisica dei ribelli
• L’anno successivo i coloni francesi più radicali e alcuni membri
dell’esercito formarono a Algeri un Comitato di salute pubblica,
mentre in Francia sembrava imminente un colpo di stato militare
• La Quarta repubblica entrò in crisi e per risolvere una situazione
complicata sia in Francia, che in Algeria tornò al potere il generale De
Gaulle
• De Gaulle inizialmente voleva mantenere l’Algeria come colonia, ma
poi ebbe l’intelligenza politica di capire che la Francia non era più in
grado di governare la sua colonia
• Avviò un processo di progressivo disimpegno militare e politico della
Francia dall’Algeria, fino a che nel 1962 gli accordi di Evian stabilirono
l’indipendenza dell’Algeria
L’Africa subsahariana: 1957-60
• Il processo di decolonizzazione nell’Africa subsahariana cominciò
tardi rispetto a Asia e Nord Africa, ma procedette con maggiore
velocità perché “alla fine degli anni ‘50 le potenze europee avevano
rinunciato a contrastare quel processo e si erano anzi risolte a
assecondarlo” (Sabbatucci-Vidotto)
• Il primo paese a emanciparsi fu il Ghana, che si liberò dal dominio
inglese nel 1957 grazie a un forte movimento nazionalista
• La Guinea fu il primo paese subshariano a ottenere l’indipendenza
dalla Francia
• Il 1960 fu ricordato come “l’anno dell’Africa” perché diciassette
nuovi stati si formarono, tra cui Nigeria, Zaire, Senegal e Somalia
• In Somalia il protettorato affidato all’Italia scadde proprio nel 1960
• Di solito il processo indipendentista fu relativamente pacifico e fu
guidato dagli ex paesi colonizzatori, che mantennero con i nuovi
paesi legami economici e culturali
La decolonizzazione violenta: Kenya, Zimbabwe, Congo
• Più difficili e sanguinose furono le emancipazioni di Kenya,
indipendente dal 1963 dopo che gli inglesi avevano ferocemente
represso le azioni terroristiche della setta dei Mau-Mau; e Rhodesia
del Sud dove la minoranza bianca che segregava la popolazione di
colore decise l’indipendenza del paese per profondi contrasti con gli
inglesi nel 1965. Qui la guerra interna tra bianchi e neri durò fino al
1980, quando la maggioranza nera ebbe la meglio e il paese prese il
nome di Zimbabwe
• L’emancipazione più violenta fu quella del Congo belga, a cui il paese
europeo concesse l’indipendenza senza prepararla con un percorso
adeguato di preparazione politica e istituzionale
• In Congo scoppiò una violenta guerra civile e la ricca regione
mineraria del Katanga cercò di staccarsi dal nuovo stato, grazie
all’azione dei mercenari pagati dalle compagnie minerarie belghe. Si
arrivò al rapimento e all’uccisione del presidente congolese Patrice
Lumumba
• Si instaurò poi un regime militare guidato dal generale Mobutu, ma
solo l’intervento delle truppe inviate dall’Onu riuscì a ripristinare la
faticosa unità del paese
L’Africa decolonizzata nel 1975
Le cause della debolezza subsahariana
• La debolezza dell’indipendenza subsahariana fu dovuta al fatto
che i leader indipendentisti dovettero accettare il
mantenimento sia delle frontiere “artificiali”, sia degli apparati
amministrativi ereditati dagli ex colonizzatori
• Questa situazione fu dovuta al fatto che le società africane
erano e sono spesso divise profondamente in etnie e tribù con
lingue e religioni diverse che solo un’organizzazione statale
unitaria sembrava in grado di aggregare e tenere insieme,
anche se faticosamente.
• Il problema fu che l’”importazione” delle istituzioni
democratiche e parlamentari europee, in presenza di queste
problematiche etniche, religiose e sociali fu spesso fallimentare
• Spesso per questo si imposero al potere in questi paesi regimi
militari di natura dispotica
Tra “neocolonialismo” e esperimenti marxisti
• La debolezza economica fu un problema ulteriore, per cui i nuovi
paesi erano fortemente dipendenti dagli ex colonizzatori e dai paesi
più avanzati attraverso aiuti economici e rapporti commerciali
fortemente squilibrati.
• Si creò così una situazione chiamata di “neocolonialismo”
• Contro tale situazione dalla metà degli anni ‘60 si formarono
movimenti decisi a realizzare un processo di decolonizzazione più
radicale, ispirato al marxismo e sostenuto dall’Urss
• Fu il caso della Tanzania, del Benin, dell’Angola e del Mozambico:
questi due ultimi paesi si staccarono dal Portogallo solo nel 1975
• Questi nuovi stati tentarono la strada, non sempre vincente, del
distacco dai grandi paesi industrializzati, puntando sullo sviluppo
del proprio mercato interno guidato dalla pianificazione statale
• Sia nei paesi del neocolonialismo, sia in quelli “socialisti”, tuttavia, si
verificarono i medesimi problemi: povertà cronica, carestie,
disgregazione sociale e emarginazione dal mercato globale
I “paesi non allineati” e il Terzo Mondo
• I paesi nati dal processo di decolonizzazione ritenevano di
essere portatori di patrimonio comune, quello della lotta
di liberazione, e di avere interessi comuni
• Tali paesi cercarono di mantenersi autonomi dai due
blocchi che si stavano dividendo il mondo per evitare di
passare dal dominio coloniale delle potenze alla
subordinazione alle superpotenze
• L’India e l’Egitto, con la Jugoslavia, si fecero promotori del
movimento dei “paesi non allineati”, cioè non dipendenti
dalle superpotenze
• Essi vennero identificati con il termine di Terzo Mondo,
cioè un’insieme di paesi distinto sia dal blocco capitalista
sia dall’Est comunista
La conferenza di Bandung, 1955
• A Bandung, in Indonesia, nel 1955 si tenne la prima
conferenza afroasiatica dei paesi non allineati, cui presero
parte 29 nazioni, (alcune in attesa di diventare indipendenti
come il Ghana), tra cui la Cina
• La conferenza proclamò:
• 1. l’eguaglianza di tutte le nazioni
• 2. il sostegno ai movimenti impegnati nella lotta al
colonialismo
• 3. il rifiuto di alleanze militari con le superpotenze
• In questa occasione si cominciò a parlare di
terzomondismo, cioè la prospettiva per cui questi paesi
“non allineati” potevano diventare “il principale fattore di
mutamento e rinnovamento”(Sabbatucci-Vidotto) nel
mondo
I paesi che parteciparono alla conferenza di Bandung, 1955
La difficoltà di essere “non allineati”
• L’idea che guidò il movimento dei “non allineati” fu di attuare
un neutralismo attivo per ridurre l’egemonia delle
superpotenze e cambiare il clima politico internazionale creato
dalla guerra fredda
• In realtà il movimento fu molto eterogeneo, tra stati
filooccidentali e nazioni legate comunque all’orbita sovietica
come Cuba (dopo la rivoluzione castrista del 1960) e il Vietnam
del Nord
• La divisione del mondo in blocchi si rivelò condizionante più di
quanto il movimento avesse previsto, tanto che specie tra gli
anni ’60 e ‘70 diversi paesi cercarono di avvicinare i “non
allineati” all’Urss, ritenuta naturalmente vicina a causa del suo
antiimperialismo
• Il movimento si ampliò con l’avanzare della decolonizzazione
fino a contare 75 nazioni nel 1975 alla conferenza di Algeri
Il problema del “sottosviluppo”
• Il Terzo Mondo fu fortemente segnato dal problema del
sottosviluppo: “arretratezza o ritardo rispetto allo sviluppo
economico dei paesi di più antica industrializzazione, nonché
rispetto alle attese di crescita nate dall’incontro con i paesi più
ricchi” (Sabbatucci-Vidotto)
• Caratteri del sottosviluppo:
• 1. agricoltura arretrata, sia nell’organizzazione economica, sia nei
rapporti di lavoro
• 2. strutture industriali scarse e carenti
• 3. ruolo secondario dei paesi del Terzo Mondo rispetto alle grandi
correnti di traffico commerciale globale
• 4. ampia sproporzione tra risorse disponibili e crescita demografica
• Effetto di questa situazione era (in molti casi è) una fortissima
povertà, determinata da un reddito pro-capite basso o bassissimo
• Inoltre ampio era l’analfabetismo
• Arretrate le strutture igieniche e sanitarie
• una sottoalimentazione diffusa
Bibliografia
• A.M.Banti, Il senso del tempo, Bari, Laterza, vol.3
• G.Sabbatucci-V.Vidotto, Il mondo contemporaneo.
Dal 1848 a oggi, Bari, Laterza