4. La dinamica dei sistemi microscopici I sistemi microscopici richiedono quindi una nuova sistemazione teorica (una nuova meccanica) che sarà basata sui seguenti principi: • Si assume come punto di partenza la relazione di De Broglie, abbandonando il concetto classico di particella localizzata. • La posizione di una particella sarà quindi distribuita secondo l’ampiezza di un’onda. • Al posto del concetto classico di traiettoria si introduce il concetto di funzione d’onda (ψ). • La nuova meccanica (meccanica quantistica) dovrà essere in grado di calcolare ψ e di interpretarne il significato. 4.1 L’equazione di Schrödinger Nel 1926 il fisico-matematico austriaco Erwin Schrödinger (esperto di matematica delle onde) propose una equazione per la determinazione della funzione d’onda ψ di un qualsiasi sistema quantistico. La formula di Schrödinger è ricavata dall’equazione delle corde vibranti di D’Alembert (XVIII secolo) e per un corpo di massa m in moto unidimensionale con energia E assume la forma (nel caso indipendente dal tempo): − h 2 d 2ψ + V ( x )ψ = Eψ 2m dx 2 dove h = h = 1.05457 × 10 − 34 Js 2π La formulazione di Schrödinger può apparire arbitraria e, in effetti, dovrebbe essere accettata come un postulato, almeno a questo livello di studi. E’ tuttavia abbastanza semplice verificare che essa consente di ottenere in modo agevole relazioni già note (=non contrasta con quanto è già accettato). 4.1.1 Verifica: la relazione di De Broglie Consideriamo il caso di una particella in moto unidimensionale in una regione di potenziale costante. In questo caso, l’equazione di Schrödinger si riduce a d 2ψ dx 2 =− 2m h 2 (E − V )ψ che ammette come soluzione generale ψ = eikx = cos kx + i sin kx, k = 2 m( E − V ) / h 2 Ora, cos kx o sin kx rappresentano un’onda di lunghezza λ=2π/k, dove k prende il nome di numero d’onda 1. Essendo costante il potenziale, la quantità (E−V) è eguale all’energia cinetica, Ek, della particella, che vale p2 Ek = 2m Ma poiché l’energia è legata a k dalla relazione E k = k 2 h 2 / 2m , si ha che p = kh = 2π h h = λ 2π λ che è esattamente la relazione di De Broglie. Come si vede, l’approccio quantistico porta esattamente ad una conclusione già nota e sperimentalmente verificata. E’ sufficiente confrontare cos kx con la forma standard di un’onda armonica cos 2πx/λ 1 4.1.2 Approfondimento: la matematica dell’equazione di Schrödinger a) Per sistemi in moto unidimensionale: − h 2 d 2ψ + V ( x )ψ = Eψ 2m dx 2 b) Per sistemi in moto tridimensionale − h2 2 ∇ ψ + V (r )ψ = Eψ 2m dove 2 ∇ = ∂2 ∂x 2 + ∂2 ∂y 2 + ∂2 ∂z 2 c) Nel caso generale, indipendente dal tempo: Hψ = Eψ dove H rappresenta l’operatore Hamiltoniano (l’energia totale), dato da h2 2 H =− ∇ −V 2m d) Nel caso generale, dipendente dal tempo: Hψ = ih ∂ψ ∂t 4.2 L’interpretazione di Born della funzione d’onda Occorre premettere che uno dei fondamenti della meccanica quantistica consiste nel fatto che la funzione d’onda ψ contiene tutte le informazioni dinamiche sul sistema che descrive. L’interpretazione di Born ha a che fare con la localizzazione della particella descritta dalla funzione d’onda. Essa è basata su di una analogia con la teoria ondulatoria della luce, secondo cui il quadrato dell’ampiezza dell’onda elettromagnetica ne determina l’intensità e quindi, in termini quantistici, la probabilità di trovare un fotone in una certa regione dello spazio. Nel caso di particella in moto tridimensionale, secondo Born si ha che: se la funzione d’onda di una particella assume un valore ψ in un punto r dello spazio, allora la probabilità di trovare la particella in un elemento infinitesimo di volume dτ = dx dy dz attorno al punto r è proporzionale a ψ 2 dτ . 2 2 Si ricordi che ψ 2 = ψ *ψ N.B. L’interpretazione di Born assegna significato fisico solo al quadrato del modulo della funzione d’onda, che è una quantità positiva e reale. In realtà, la presenza di regioni in cui la funzione assume valore negativo (positivo) è di grande importanza indiretta perchè offre la possibilità di interferenze distruttive (costruttive) tra funzioni d’onda differenti. 4.2.1 La normalizzazione della funzione d’onda Dal punto di vista puramente matematico, se ψ è una soluzione dell’equazione di Schrödinger allora anche Nψ lo è. E’ quindi sempre possibile trovare un fattore di normalizzazione tale che la probabilità di trovare la particella in un punto qualunque dello spazio sia uguale a 1. Il fattore di normalizzazione viene determinato considerando che la probabilità di trovare la particella in una regione dτ vale (Nψ*)(Nψ)dτ. Inoltre, la somma su tutto lo spazio deve dare l’unità (=la certezza), per cui si ha: 2 N +∞ * ∫ ψ ψdτ = 1 −∞ da cui si ottiene: N= 1 1/ 2 +∞ * ∫ ψ ψdτ −∞ In generale, ove non sia diversamente specificato, si assume che funzioni d’onda utilizzate siano normalizzate a 1, cioè che valga la relazione +∞ * ∫ ψ ψdτ = 1 −∞ 4.2.2 Restrizioni sulla forma della funzione d’onda L’interpretazione di Born impone alcune restrizioni sulla forma delle funzioni d’onda: (a) deve essere continua (poiché l’equazione di Schrödinger contiene la derivata seconda di ψ); (b) la sua derivata prima deve essere continua (per la stessa ragione). (c) deve avere un solo valore in ogni punto dello spazio (altrimenti diverse probabilità competerebbero ad un singolo punto); (d) la ψ non può andare all’infinito in alcun punto (in caso contrario la costante di normalizzazione dovrebbe essere zero)3; Inoltre: la ψ non può essere identicamente nulla (perché la particella da qualche parte deve pur trovarsi). In pratica, tutte queste restrizioni fanno sì che, in generale, soluzioni accettabili della equazione di Schrödinger non esisteranno per valori arbitrari dell’energia, E. In altre parole, una particella potrà possedere soltanto certi valori dell’energia (quantizzazione). I valori accettabili dell’energia (livelli energetici) vengono ottenuti risolvendo l’equazione di Schrödinger con il potenziale appropriato. 3 Eccezione: la delta di Dirac (funzione infinita in un solo punto). 5. I principi della meccanica quantistica 5.1 Approccio deduttivo (formulazione assiomatica) Assioma I Lo stato di un sistema a n gradi di libertà è descritto da una funzione ψ = ψ(q1, q2,…,qn, t) delle coordinate generalizzate e del tempo, chiamata funzione d’onda. Se ψ* rappresenta la sua complessa coniugata, allora ψ*ψdτ fornisce la probabilità che al tempo t le coordinate generalizzate siano interne all’elemento di volume dτ (densità di probabilità). La funzione d’onda, per ragioni fisiche, deve essere ad un solo valore, continua con la derivata prima e tale che il suo integrale su tutto lo spazio sia finito. Normalmente si avrà che ∫ψ *ψdτ = 1 e la ψ prenderà il nome di funzione d’onda normalizzata. Assioma II Ad ogni grandezza fisica misurabile (osservabile) si associa un operatore costruito secondo la seguente regola: • si scrive l’espressione classica dell’operatore in termini delle coordinate generalizzate qi, dei momenti generalizzati pi, e del tempo. • Nella corrispondente espressione quantistica le qi e il tempo compaiono semplicemente come operatori di moltiplicazione, mentre ogni momento pi è sostituito dalla espressione − ih ∂ . ∂qi Assioma III Per un sistema descritto dalla funzione di stato ψ i valori possibili che possono essere ottenuti per una grandezza M, come risultato di una misura, sono quelli che soddisfano l’equazione agli autovalori Mψ = mψ Dove M rappresenta l’operatore ottenuto con le regole riportate all’assioma II, m si dice autovalore, la ψ costituisce una autofunzione dell’operatore e lo stato da essa descritto è un autostato della grandezza M nel senso che, in questo stato, essa assume il valore m. 5.2 Approccio induttivo (impariamo da un caso semplice) Consideriamo il caso di una particella di massa m libera di muoversi parallelamente all’asse x in una regione di potenziale nullo. L’equazione di Schrödinger si riduce a d 2ψ dx 2 =− 2m h 2 Eψ (1) la cui soluzione più generale assume la forma ψ = Ae ikx + Be − ikx con h 2k 2 E= 2m (2) dove A e B sono costanti. Per verificare che si tratti veramente di una soluzione della equazione, è sufficiente sostituirla al primo membro, operare la derivazione e verificare che si ottiene Eψ. 5.2.1 La densità di probabilità Supponiamo che nella soluzione (2) sia B = 0. Ciò corrisponde a considerare un’onda progressiva che avanza nel verso delle x positive e il cui momento lineare è costante. Per determinare la posizione della particella occorre costruire il modulo quadro della funzione d’onda: ( )( ) ( )( ) * ψ 2 = Ae ikx Ae ikx = A*e − ikx Ae ikx = A 2 La densità di probabilità è indipendente da x. Ciò significa che, se la funzione d’onda è data dalla (2) con la condizione B = 0, non è possibile determinare la posizione della particella. Lo stesso risultato viene ottenuto ponendo A = 0 e B ≠ 0. Se il momento lineare, p, è univocamente definito, la probabilità di trovare la particella in un punto qualsiasi dell’asse x è una costante. Supponiamo ora che sia A = B. Allora la soluzione (2) diviene ψ = A(e ikx + e − ikx) = 2 A cos kx 4 e la densità di probabilità assume la forma ψ 2 = (2 A cos kx )* (2 A cos kx ) = 4 A 2 cos 2 kx 2 In questo caso la densità di probabilità varia tra 0 e 4 A . I punti in cui la funzione vale 0 si chiamano nodi. La probabilità di trovare la particella in un punto esatto dello spazio non è più costante poichè il momento lineare non è più definito esattamente. La funzione d’onda è la somma di due stati (progressivo e regressivo). 4 Infatti, vale la relazione cosθ = ( 1 iθ e + e − iθ 2 ) 5.2.2 Autovalori e autofunzioni Ricordiamo che l’equazione di Schrödinger può essere scritta nella forma succinta Hψ = Eψ dove (3) h2 2 H =− ∇ − V (r ) 2m rappresenta l’operatore 5 Hamiltoniano (l’energia totale) in uno spazio tridimensionale. Una equazione del tipo (3) prende il nome di equazione agli autovalori (operatore)×(funzione) = (fattore costante)×(medesima funzione) Se indichiamo con Ω̂ un generico operatore e con ω un fattore costante l’equazione assume la forma generale Ωˆ ψ = ωψ dove ω prende il nome di autovalore e la ψ si chiama autofunzione. Risolvere una equazione agli autovalori significa trovare gli autovalori e le autofunzioni dell’operatore Ω̂ . N.B. Nel caso specifico dell’operatore Hamiltoniano, le autofunzioni sono le funzioni d’onda e gli autovalori sono le energie permesse. In generale, si definisce “operatore” qualcosa che esegue una operazione matematica sulla funzione (nel nostro caso, la ψ). 5 L’importanza del formalismo delle equazioni agli autovalori nella meccanica quantistica consiste principalmente nel fatto che lo schema esemplificato dalla equazione di Schrödinger (3) può essere ripetuto per altre osservabili (o quantità misurabili) del sistema quantistico, come ad esempio il momento di dipolo elettrico o il momento lineare. Quindi, se conosciamo sia la funzione d’onda ψ e l’operatore corrispondente all’osservabile Ω di nostro interesse, e la funzione d’onda è una autofunzione dell’operatore Ω̂ , allora possiamo predire il risultato di una misura della quantità Ω semplicemente determinando il fattore ω nell’equazione agli autovalori Ωˆ ψ = ωψ Nota importante: Le autofunzioni corrispondenti a differenti autovalori dello stesso operatore sono ortogonali, vale cioè la relazione * ∫ψ i ψ j dτ = 0 5.2.3 Operatori Lo studio di sistemi quantistici richiede quindi la conoscenza della forma dell’operatore corrispondente ad una data grandezza osservabile. Regola per le osservabili che dipendono da variabili spaziali (caso monodimensionale): Le osservabili sono rappresentate da operatori costruiti utilizzando i seguenti operatori di posizione e momento lineare: x̂ = x × pˆ x = h d d = −ih i dx dx Verifichiamo che l’espressione dell’operatore momento lineare sia almeno sensata. Scriviamo l’equazione agli autovalori pˆ xψ = p xψ nella forma h dψ = p xψ i dx Assumendo che la funzione d’onda abbia la forma ψ = Ae ikx si ha h dψ h de ikx h = A = Aike ikx = hkAe ikx = hkψ i dx i i dx da cui si ricava 6 che p x = hk = 6 h 2π h = (Relazione di De Broglie) 2π λ λ Si ricordi che cos kx descrive un’onda di lunghezza λ=2π/k La costruzione dell’operatore Hamiltoniano Usiamo le regole per costruire gli operatori che contengono variabili spaziali: 1) La parte di energia cinetica p2 1 h d h d h2 d2 ˆ Ek = → Ek = =− 2m 2m i dx i dx 2 m dx 2 2) La parte di energia potenziale V ( x ) → Vˆ (Es: V ( x ) = 1 2 1 kx → Vˆ = kx 2 ) 2 2 ⇓ 2 2 h d + Vˆ Hˆ = Eˆ k + Vˆ = − 2 2m dx 5.2.4 Sovrapposizioni e valori di aspettazione Consideriamo una funzione d’onda della forma ψ = A(e ikx + e − ikx) = 2 A cos kx se cerchiamo di calcolare il momento lineare utilizzando il formalismo degli operatori, non otteniamo una equazione agli autovalori. Infatti: h dψ 2h d cos kx 2kh = A = A sin kx dx i i dx i Se forma d’onda scelta non è una autofunzione dell’operatore, allora la proprietà corrispondente all’operatore non ha un valore definito. In questo caso, la funzione d’onda scelta è combinazione lineare di funzioni con stati di momento definiti ψ = ψ → +ψ ← Se noi misuriamo ripetutamente il momento lineare di una particella quantistica descrittala questa funzione d’onda, otterremo sempre in modulo il valore kh , ma metà delle misure forniranno il valore kh e metà il valore − kh . La stessa interpretazione si applica a qualsiasi funzione d’onda scritta come combinazione lineare di autofunzioni di un operatore ψ = c1ψ 1 + c 2ψ 2 + ... = ∑ c kψ k k dove i ck sono coefficienti numerici e le ψk corrispondono a diversi stati del momento. Le ψk formano un set completo di autofunzioni, nel senso che ogni funzione può essere espressa come loro combinazione lineare. La meccanica quantistica afferma che: • come risultato di una singola misura, si troverà uno degli autovalori corrispondenti alle ψk; • la probabilità di ottenere, in una determinata misura, l’autovalore 2 corrispondente a ψk è proporzionale a c k ; • il valore medio su un grande numero di misure è dato dal valore di aspettazione Ω dell’operatore Ω̂ , definito come Ω = ∫ψ *Ωˆ ψdτ 5.3 Il principio di indeterminazione Abbiamo visto che se conosciamo esattamente il momento di una particella non possiamo determinarne la posizione e viceversa. ⇓ E’ impossibile specificare simultaneamente, con precisione arbitraria, posizione e momento di una particella (Heisenberg, 1925). Le grandezze momento e posizione si dicono complementari e sono legate dalla relazione 1 2 ∆p∆q ≥ h dove ∆p e ∆q sono le incertezze, definite come ( ) 1/ 2 ∆p = p 2 − p 2 ( ) 1/ 2 ∆q = q 2 − q 2 Il principio di indeterminazione ha validità più generale e si applica ad altre coppie di grandezze complementari (es.: tempo ed energia). In particolare, due osservabili Ω1 e Ω2 si dicono complementari se vale la relazione Ωˆ 1 (Ωˆ 2ψ ) ≠ Ωˆ 2 (Ωˆ 1ψ ) In questo caso si dice che i due operatori non commutano. I risultati della applicazione di due operatori in ordine differente vengono espressi introducendo il commutatore di due operatori, definito come [Ωˆ 1, Ωˆ 2 ] = Ωˆ 1Ωˆ 2 − Ωˆ 2 Ωˆ 1 In particolare, il commutatore degli operatori momento e posizione vale: [xˆ, pˆ x ] = ih Il concetto di commutatore è di così vitale importanza in meccanica quantistica, che è preso come elemento fondamentale di distinzione tra l’approccio classico e quello quantistico. Nel caso generale di due osservabili Ω1 e Ω2, il principio di indeterminazione di Heisenberg assume la forma ∆Ω1∆Ω 2 ≤ [ 1 ˆ ˆ Ω1 , Ω 2 2 ]